lunedì 9 settembre 2013

ZEN - CAPITOLO N. 179

Capitolo n. 179 – zen


Il sangue si era raggrumato anche tra le ciocche brizzolate di Vincent.
Louis lo notò, al risveglio, dopo essersi distaccato dal suo abbraccio caldo e piacevole.

“Ti preparo un bagno …” – disse emozionato e confuso il ragazzo.
Lux inspirò.
“Tesoro … Dobbiamo parlare”
Lou annuì.


Geffen, rasato e con un completo scuro si avviò all’ospedale.
Ingranò la marcia della sua Ferrari, accelerando un paio di volte, prima di partire: il suono di quel motore lo esaltava sempre, era così rabbioso e non dava scampo a chi volesse competere con esso, almeno per chi ci credeva, anche comparandolo ad altri più potenti.

Aprì il garage, lasciando che la luce delle nove di mattina colpisse le sue iridi celesti e riposate.
Salì la rampa, guardando appena ai lati della strada e, sgommando, accelerò ulteriormente.
L’asfalto era come inghiottito da quel rombo, un po’ come lui aveva fatto con la vita.
Il sapore dolce del caffè ed il profumo buono di Jared, che ancora aveva nelle narici dal giorno prima, dopo che il cantante aveva posato un bacio sulla fronte dell’avvocato, appoggiandoci poi la guancia sinistra, credendo che lui dormisse, sembravano iniettargli una fiducia rinnovata nel domani.

La salute sembrava abbandonarlo a fasi alterne, ma lui non si sarebbe arreso.
Aveva accumulato e mescolato così tanti malesseri in quegli anni turbolenti, da non sapere più come definire i suoi disturbi e la sua malattia.

Forse poteva darle il nome di Leto oppure di Downey, ma sarebbe stato ingiusto: o forse no.
Sorrise.
Accelerò, superando altri due mezzi, una Lamborghini ed una Lotus, che gli fecero gli abbaglianti.
Lui aumentò ancora l’andatura, facendo il dito medio, sinistro, fuori dal finestrino: rideva, come un ragazzino e quelli, lo inseguirono.

Un’auto della polizia li intercettò, dopo il terzo svincolo, mettendosi loro alla calcagna.
A quel punto Glam inchiodò, trovandosi ai lati i suoi avversari, che lo evitarono per un soffio, sbandando per poi accostare ai margini della carreggiata: scesero, inveendo, contro di lui ed anche gli sbirri, pronti ad armarsi di manganelli, per sedare quell’imminente rissa.

Geffen ridacchiò, aprendo la portiera, con un bel sorriso.

“Scusate agenti, ma devo fare una chemio e non posso tardare” – nel dirlo sicuro, esibì loro un certificato del reparto oncologico e la lista di appuntamenti fissati per quel mese, con Mason.
Dopo una telefonata lo lasciarono andare, non senza multarlo.
Agli altri due andò peggio: sanzione e ritiro della patente per un mese.


Louis gli lavò i capelli con delicatezza, inginocchiato nella vasca, tra le gambe di Lux, che non aveva mai smesso di fissarlo, in silenzio.

“Mon petit … Io … Io so di avere sbagliato” – ammise composto.
“Su cosa?”
“Ti ho criticato e giudicato”
“Come ha sempre fatto Harry, si è vero Vincent, terribilmente vero e … triste, per me che mi ero affidato a te senza alcuna remora: ho annullato le mie difese, perché mi avvicino sempre agli altri con troppo entusiasmo o è solo il bisogno disperato di essere amato per ciò che sono”
Lux gli diede una carezza sulla guancia destra, che Lou visse a pieno.

“Sono un essere umano e forse mi credevi migliore o … o perfetto, ma non ci riesco a fingere, ad andare oltre certi limiti dettati dalla gelosia e dal senso di possesso, che nutro nei tuoi riguardi, Louis: ciò nonostante voglio migliorare, voglio crescere insieme a te, smussando quegli spigoli e quelle brutture caratteriali, che adesso mi fanno meritare il tuo disprezzo”
“Ma … ma io non ti disprezzo, Vincent, anzi …” – gli sorrise candido.
“Ti ho deluso, però”
“Forse … Forse ho dato per scontate delle cose … Ed anch’io ho sbagliato”
“No, non smorzare la tua spontaneità, mon petit! … E’ ciò che ti rende solare, unico, adorabile …” – e lo abbracciò, dandogli un bacio carico di commozione.

I rispettivi sguardi si incontrarono in quel luogo, dove era nato il loro amore, così, dal niente, come un’esplosione improvvisa, senza avvisaglie, senza strategie o pianificazioni di sorta.
Senza neppure frequentarsi.

Tornarono a letto e lì si addormentarono più sereni, fino al tardo pomeriggio, senza neppure bere o mangiare: non serviva.


Tom gli sfiorò il polso e Geffen schiuse le palpebre, voltando il capo verso di lui.

“Ciao …” – gli sorrise ed il terapista fece altrettanto.
“Buongiorno Glam, sono passato da Jim a ritirare una prescrizione e mi ha detto che eri qui …”
“Una … ricetta? Per chi, la bimba forse?” – chiese preoccupato, il tono flebile e rauco.
“No, no, è per un collega … La madre ha un cancro ai polmoni, ecco …”
“Ah capisco … Come sta Luna? E Chris?”
“Alla grande, lui si è preso un’aspettativa, per la paternità, sai ne abbiamo diritto anche noi” – rivelò felice.
“Non te lo aspettavi eh zuccone?” – replicò divertito il legale.
“In effetti Glam … Mi stupisce ogni giorno ed ogni notte, anche se l’ultima l’abbiamo passata in bianco” – e sbadigliò simpatico – “… Sai le coliche dei neonati …”
“Già … tra qualche mese ne saprò qualcosa, anche se non andrò a convivere con Pam, però dovrò assisterla e sarà bellissimo … Meno per lei, temo di essere una frana … Ieri sono passati Jay ed Amy ed io non mi sono fidato a prenderla in braccio, sai, per i capogiri … la pressione” – e tossì.
“Fai attenzione, non muovere questo …” – e gli sistemò la flebo nell’avambraccio destro.
“Premuroso come al solito …” – disse dolce l’uomo, fissando Tom, che arrossì.
“E la tua cervicale? Vediamo …”
“Insomma … che fai?” – rise.
Il fisiatra abbassò lo schienale ed iniziò a massaggiarlo intorno al collo.
Notò a propria volta il calo di peso di Geffen, ma fece finta di nulla, per non angosciarlo con le sue osservazioni.

“Sei un tesoro Tommy … sto già meglio …” – mormorò un po’ sognante.

Mason li stava osservando e lanciò un’occhiata a Tom.

“Rilassati … Magari se dormissi Glam …”
“Sì, sono così stanco … anche se … non ho fatto granché oggi, ma … Ma se anche dovessi andarmene ora, sarei contento, perché ho accanto il ragazzo più …” – inspirò, ormai ad occhi chiusi.
Forse non si rendeva conto di ciò che diceva.
Jim scosse la testa, avvicinandosi.
Geffen pronunciò ancora poche parole – “Tom ti amo tanto sai …?” – poi perse quasi i sensi.
“Glam …?”
“Non temere, era previsto, anche … la sua alterazione …”
Tom si rimise seduto, inarcando un sopracciglio, ma sempre educato ribatté – “Glam ha reso la vita migliore a tanta gente, sai?”
Mason si grattò la nuca – “Non lo metto in dubbio …”
“E’ tardi, Chris mi aspetta … Hugh ed il cucciolo stanno bene? Progetti per Natale?”
“Sì, a meraviglia … Nasir è una peste” – sorrise imbarazzato, davanti al candore di Tom.
“Ok … Ci si vede … Diresti a Glam che …”
“Sì?”
Tom respirò, guardandolo ancora – “No, a posto così. Ciao Jim”
“Arrivederci Tommy …”


“E trovo quindi giusto pagarti un affitto Louis …”
Il discorso di Haz non faceva una piega, ma Lou stava guardando l’albero, con il puntale storto ed il presepe, con i robot, con cui giocavano da piccoli: un allestimento poco ortodosso, ma che li aveva divertiti parecchio, appena lo misero in atto.

“Co cosa?”
“Louis parlavo del loft … Non posso mica abitarci a sbafo, è tuo!” – rise, preparandogli una cioccolata.
“Ma figurati …” – scrollò le spalle, accomodandosi sul divano.
Harry lo scrutò, contenendo un’agitazione generale e la voglia di saltargli addosso, senza mezzi termini.

Sarebbe stata una mossa azzardata ed idiota, ma se anche a Louis l’idea fosse piaciuta?
Meglio non rischiare, pensò Harry, affiancandolo con due tazze colme.

“Ecco qui … senza panna per te”
“E con panna per te Haz”
Risero piano.

“Rimani qui quanto vuoi” – disse calmo.
“Non è … corretto … Sì insomma”
“E piantala” – Louis rise – “Vorrà dire che se avrò bisogno di una consulenza, mi rivolgerò a te, gratis!”
“Ok … Affare fatto …” – e gli porse la mano.
Louis la strinse, percependola fresca quanto la sua.
I cristalli di entrambi tremarono, liquidi e costernati per una richiesta di perdono reciproca rimandata da troppo tempo.
Si strinsero, come se fosse la cosa più naturale del mondo.

“Ora Lou vorresti dirmi chi ti ha ridotto lo zigomo così?” – e lo delineò con delicatezza,  nel domandarglielo cauto.
“Siamo … siamo stati aggrediti, Vincent ed io, al nuovo centro commerciale, sai quello dove …” – deglutì a vuoto – “… dove andavamo per lo squash anche tu ed io Haz”
“Mio Dio … Ti hanno fatto male?”
“Erano in tre, ma Vincent li ha tenuti a bada, non senza prendersi delle botte, ma poi ha estratto un coltello, ne ha ferito uno, sì insomma un graffio, perché in realtà era una penna, con nascosta una lametta tagliacarte, capisci Harry?”
Quel suo modo di giustificare e difendere l’operato di Lux, colpì il giovane aspirante procuratore.

“Lui ha … Ha protetto chi ama, a qualsiasi costo, vero?” – chiese con una tenerezza, che spiazzò Louis.
“Sì … farebbe qualsiasi cosa per me, però … Però dopo abbiamo avuto una discussione, come se con il mio modo di vestire avessi attirato le molestie di quei teppisti” – confessò cupo.
Ne era ancora scosso.

Harry si alzò, le labbra contorte in un’espressione affranta.

“Nessuno di noi riesce a lasciarti respirare, Louis, è … assurdo”
“Nel caso di Vincent è per il suo senso paterno, per preservarmi da qualsivoglia pericolo, incazzandosi anche con me, anche se era mortificato e ci siamo chiariti” – e lo raggiunse al centro della stanza.
“Nel mio caso invece?” – bissò quasi provocatorio Haz, puntandolo, le mani sui fianchi esili, quanto quelli del suo interlocutore.
Era smagrito e solo allora Lou ci fece caso.

“Cosa guardi?”
“No è che … quelli non erano miei?” – ed indicò i jeans attillati di Harry, che avvampò.
“Sì … cioè no!”
“Sì o no?” – Louis rise.
“Ok, non mi andava di comprarne un paio nuovi ed ho … approfittato curiosando nel tuo armadio, non dovevo”
“Ti stanno benissimo Haz … E poi sei il solito spilorcio” – rise di nuovo.
“Hai svicolato l’argomento, ma ci torneremo sopra e poi non sono spilorcio e te lo dimostro!” – e corse in camera, prendendo da una cassapanca un pacchetto.

“Ecco, è per te” – e glielo porse con un sorriso incantevole, inclinando un po’ la testa.
“Grazie Harry, ma non … Cos’è?”
“Lo aprirai a Natale … nella tua nuova casa, penso avrete molti amici, alla vigilia insomma, Lux conosce un mare di gente”
“E cosa ne sai? Neppure io lo so” – sorrise amichevole.
“Giù Lou, scusami …”
“La smetti di scusarti?” – si imbronciò, dandogli un cazzotto leggero sul petto.
Harry lo afferrò al volo, per il polso, infilando poi il palmo sinistro di Louis sotto la camicia già aperta a metà.
Il suo cuore era a mille.

Louis indietreggiò senza alcuna veemenza, ma Harry ne rimase oltremodo amareggiato.

“De devo andare Haz”
“Sì, ok” – e tirando su dal naso, andò ad aprirgli la blindata.
“Ci si vede, per … per le mie cose, verrò a ritirarle … Prima o poi” – sorrise mesto.
“Nessun problema, fammi solo una telefonata” – replicò trafelato, socchiudendo l’uscio.

“Ehi non mi hai detto della tua appendice!” – quasi lo bloccò Louis, ma inutilmente.
“E’ sotto controllo, ciao”
La barriera venne sigillata ed i polpastrelli di entrambi vi tremarono sopra, sentendosi, come neppure avrebbero saputo spiegare.

Louis corse via, stritolando il dono di Harry tra le dita.
Una volta in macchina lo aprì, con una voracità di sapere cosa fosse, che raramente lo aveva colto in frangenti simili.
Si trattava di una raccolta di cd, masterizzati da Haz, con i brani preferiti dalla ex coppia.
Inoltre c’era un libro sui fossili, un’edizione piuttosto rara, che doveva essergli costata parecchio.
Lou si pentì di avergli dato del taccagno.

“Ma io scherzavo …” – disse tra sé e sé, con un groppo in gola, che liberò attraverso un pianto dapprima debole, ma poi via via più frustrato, mentre fuori aveva iniziato a piovere.

Così come dentro di lui, così distante da chi amava, sia da Vincent che da Harry, per una volta simili, anche se per la peggiore delle ragioni.








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