TRIAD
– Zen’s spin off
Vi avviso da subito
che questo spin off è un puro delirio dell’autrice di Zen.
Io non la conosco,
non so bene chi sia ehhehe
Ok, talvolta alcune
di voi mi hanno scritto nei commenti che per risolvere la questione
Glam+Jared+Colin, sarebbe stato bello vederli andare a vivere tutti e tre sotto
lo stesso tetto …
Giammai … O perché no?
La breve shot del
passato, Kevin’s desires, mi pare si intitolasse così, ergo autrice rinco,
narrava qualcosa del genere, in chiave hot.
Bene, ora tocca ad
Harry, Louis e Vincent e questa è …
Triad
A chi fosse venuto in mente di preciso, nessuno lo
ricordava.
Erano infatti
trascorsi sei mesi, da quella notte in cui Vincent Lux li ospitò a casa sua, a
Los Angeles, per questioni pratiche.
Da quel momento, però, Louis ed Harry non se ne
erano più andati via.
“Dorme ancora?”
Vincent sbadigliò, preparando il caffè.
“Come un ghiro … Buongiorno” – Harry sorrise,
dandogli un bacio sulla nuca.
Anche l’uomo sorrise, rendendogli una pacca sul
sedere.
“Potresti non andare in giro mezzo nudo così?”
Haz indossava solo i boxer, aderenti e ridotti.
“Perché Lou sì ed io no?” – obiettò,
apparecchiando per la colazione.
Ognuno aveva i suoi compiti precisi.
Tranne Louis, che
veniva coccolato ad oltranza: non doveva stancarsi, non doveva preoccuparsi,
non doveva semplicemente assumersi alcuna responsabilità, nemmeno quella di
lavare un bicchiere.
“Marmellata di more o
mirtilli?”
“Meglio albicocca o
pesca, sai che a Lou quei semini si infilano nei denti, poi si lagna e non
vuole andare”
“Dal dentista!” –
chiusero in coro.
Risero.
Era pronto.
“Salgo io a
svegliarlo, ti dispiace Harry?” – chiese dolce.
“No, figurati … In
ogni caso muovetevi, perché alle nove ho un’udienza ed Hopper userà l’arringa
che gli ho scritto … E’ la prima volta” – sorrise a trentadue denti.
“Sono fiero di te,
mon petit garcon” – e nel dirlo, gli stampò un bacio in fronte, dopo avergli
afferrato gli zigomi lisci ed arrossati per l’emozione.
Lou sentì i suoi
passi lungo le scale e, con maliziosa premeditazione, si girò a pancia in giù,
completamente nudo, facendo cadere il lenzuolo sul parquet.
Lux ridacchiò, appena
lo vide, mentre faceva finta di sonnecchiare, come un bel gatto pronto a fargli
le fusa.
Prese degli slip dal
cassettone e glieli infilò, facendo guizzare Louis come una rana.
“Ehi!!!”
“Dai vestiti, Harry
ha fretta …”
“No, no e no …” –
mormorò gattonando sino al suo collo, dove posò un bacio colmo di ardore e
desiderio di lui.
Intanto quell’indumento
minimo, era già finito sull’abat jour.
“Tesoro …” – ansimò l’uomo,
ritrovandosi in un secondo tra le gambe del ragazzino, che gli aveva rubato
letteralmente il cuore, senza la possibilità di divincolarsi; in onestà, senza
la minima voglia di sottrarsi a quell’urgenza, che Louis gli stava dimostrando,
di essere posseduto.
La testata in legno,
un po’ sbilenca rispetto al muro, causa precedenti amplessi epocali, ma a tre,
iniziò a sbatterci contro ritmicamente, ad ogni colpo, che Vincent assestava
nella fessura bagnata e torbida dell’acerbo amante.
Lui non lo divideva
con Haz: lo viveva ed aveva, insieme a lui.
Eppure erano loro ad
essere in balia di Louis, non certo il contrario, in alcun modo.
“Mioddio mioddioo” –
cominciò a gemere, le petit enfant e Lux pensò di restarci secco.
Harry, dal piano
terreno friggeva e non solo le uova al bacon, tanto amate dal suo fidanzato.
“Volete finirla??!” –
tuonò con una buffa esasperazione.
Quando il silenzio
prese il posto di ansiti e smottamenti tellurici, tirò un sospiro di sollievo –
“Oh bene, almeno non arriverò in ritardo”
Brendan Laurie
spostava quel lecca lecca dall’angolo destro al sinistro dentro la sua bocca,
poi da sinistra a destra, quasi ipnotizzando Vincent, che stava aspettando da
cinque minuti, che la loro seduta di analisi cominciasse.
Tossì.
“Ops … stavo
prendendo appunti … Dunque Vinny, posso chiamarti così?” – ed allungò le gambe,
appoggiando i piedi sopra la scrivania.
“Sei forse incinto …
Hai i polpacci gonfi?” – sibilò il fratello Hugh, in transito per frugare nel
proprio schedario.
Brendan sbuffò – “Quando
avrò un loculo tutto mio??”
“Appena si libererà
qualche antibagno, ok? Arrivederci Vincent, buona fortuna” – bofonchiò, per poi
dileguarsi.
“Dunque dicevamo di
Louis …”
“Oui! Mon petit
enfant”
“Ma se ha ventidue
anni … O qualcosa del genere, no?” – obiettò, rimettendosi composto ed
accendendo una sigaretta.
Lux sbirciò il
cartello con il divieto e Brendan sbuffò nuovamente – “Ok, ok, che palle questo
posto, almeno da me faccio ciò che voglio!”
“Hai uno studio
privato a Londra?”
“Certo!” – sorrise – “Con
anticamera, segretaria con due tette così” – e fece il gesto.
“Te la scopi?” – lo
provocò il francese, ridendo.
“NO. Sono gay, come
sei tu … Anzi, diciamo che sei … quasi gay”
“Amo Lou, gli altri
non mi interessano” – precisò.
“Sì, sì, questo me l’hai
già detto la volta scorsa … Ti credo poco, ma ti credo” – e gli fece l’occhiolino.
“Fai come ti pare …”
“E di Harry? Cosa mi
racconti?”
“Gli voglio bene,
come ad un figlio … No, diciamo che non è proprio così … Non so bene come sia,
all’inizio l’amore per Louis ci divideva, mettendoci su fronti opposti, ma poi
lo stesso sentimento ci ha uniti e siamo … amici” – rivelò, non senza una
latente perplessità.
“Amici eh …?”
“Cos’è quel
sorrisetto?” – ringhiò l’affarista.
“No, no, io nel
frattempo scrivo …” – e diligentemente lo psicologo annotò la loro
conversazione, fischiettando un motivetto degli Abba .
Appena l’appuntamento
giunse al termine, lo stesso brano partì dallo stereo di Brendan.
L’inglese schizzò
dalla poltrona, iniziando a ballare con disinvoltura, in quei jeans neri
aderenti, che facevano il paio con la camicia, stessa tinta ed elasticizzata,
con il colletto ed i polsini bianchi.
Troppo preso dal
ritmo, Brendan quasi non salutò Lux, che si congedò da solo, squadrando poi il
suo strizzacervelli, attraverso i vetri, gli occhi e le mani al cielo, per
quella scelta a dire poco infausta.
Appena salito in
auto, Vincent accese la radio ed anche lì Dancing
queen gracchiava felice.
“Mon Dieu! E’ una
persecuzione!” – imprecò, scorgendo poi Louis alla fermata dell’autobus.
Il sangue gli salì
alla testa: si era raccomandato un migliaio di volte di andare in macchina od
in taxi dovunque volesse, senza esporsi a stupidi pericoli.
Lo stupido, però, era
lui, pensò: a poco più di vent’anni, studente, Louis aveva tutto il diritto di
avere una vita normale e non custodita sotto l’ipotetica campana di vetro,
temprato, che Lux gli avrebbe voluto imporre.
“Mon petit!” – ed inchiodò,
aprendo lo sportello del passeggero.
“Ciao Vincent!” – il giovane
salì, sporgendosi allegro per dargli un bacio.
“Tesoro … sei rimasto
senza benzina un’altra volta?”
“Uhm … sì!” – ed avvampò,
inforcando gli occhiali scuri di Harry.
“Glieli hai presi di
nuovo!?”
“Lo so che si
incazza, ma potrebbe regalarne un paio anche a me! Uguali!”
“Volevo farlo io e”
“Deve pensarci LUI!!”
– protestò, alzando la voce, (Brendan avrebbe detto starnazzando, dopo avergli
parlato per cinque minuti, un mese prima).
“Ti porto a pranzo?”
“Non cambiare
discorso, Vincent”
“Qua quale discorso?!”
“Sei andato da quel
tizio … quello svitato …” – e si spalmò sul sedile, i jeans a vita bassa e
sotto un bel niente.
Un bel fico secco di
niente, rimuginò Lux, tornando con la mente alla fermata del bus, dove Louis
era in vetrina, come la migliore delle prede.
“Sì, ci sono andato,
ok?”
“Perché ti incazzi?
Vedi, quando ci vai, poi, dopo, sei sempre nervoso!”
“Non è vero Louis …” –
sospirò.
“Comunque ho voglia
di cheese burger e tu?” – e sorrise, recuperando all’istante il buon umore.
“D’accordo … se
insisti …”
“Insisto!”
Lux odiava il cibo
spazzatura, ma non sapeva dirgli di no.
Su nulla.
Harry stava ripetendo
a memoria tutti i passaggi dell’arringa di Hopper, esaltandosi su come la
giuria fosse attenta e coinvolta dalle parole redatte dal giovane.
“E poi il verdetto,
in sole due ore! Abbiamo vinto” – e si lisciò le bretelle, mentre Vincent
condiva la nizzarda e Louis sbucciava le pesche, da servire con vino bianco e
crema pasticcera, come dessert.
Entrambi lo
fissavano, ascoltando Haz, appollaiati ai bordi della penisola in marmo, mentre
il futuro procuratore si era lanciato in un’oratoria invidiabile, al centro del
living, con gesti teatrali ed un po’ tronfi.
Gli spettatori
applaudirono, guardandosi a sorrisi smaglianti e palpebre semi chiuse.
“Antipatici!!”
“Harry … ma no,
scherzavamo!” – si affrettò a scusarsi Louis, ma fu inutile.
Harry scappò al piano
di sopra.
“Cavoli, se l’è
presa! Vado a vedere di recuperare” – e lo rincorse.
“Alle otto si cena!” –
sbottò il più anziano, sapendo bene come avrebbe rimediato l’altro a quell’oltraggio
alla corte.
Louis posò un bacio
sulla spalla sinistra di Harry, seduto ed imbronciato, sul davanzale, le
braccia incrociate, lo sguardo lucido.
“Ehi …”
“Vaffanculo Lou” –
disse teso ed a mezza voce.
“Perdonaci …”
“Parla per te!” – e non
si voltò ancora, irrigidendosi, mentre Lou lo avvolgeva caldo.
“Quindi non ti
importa delle beffe di Vincent e ce l’hai solo con me?” – chiese lusingato.
“Forse le sue mi
divertono e le tue mi stanno sul cazzo, ok?”
Louis si ritrasse,
ferito.
I suoi fanali,
riflessi nei vetri, arrivarono al cuore di Harry, diretti ed impietosi.
“Lou …”
“Tu non cambierai
mai!” – e sparì.
Harry gli dava le
spalle, Louis, supino, guardava per aria, nel mezzo, come sempre, mentre
Vincent, girato sul fianco, lo stava scrutando.
“Spengo la luce?” –
chiese Lux con delicatezza.
“Sì” – sussurrò Haz –
“No!” – esclamò Lou.
“Non stai mica
leggendo!” – protestò, scuotendo i suoi riccioli l’avvocato in erba.
“Invece mi serve
accesa! Sto facendo un controllo” –
sibilò.
“A cosa?” – ringhiò Harry.
Lou fece una risatina
– “Dobbiamo imbiancare il soffitto …” – e si coprì la bocca, trattenendo una
risata.
Lux non se ne
preoccupò, sghignazzando come un matto e così Harry, che iniziò a prendere a
cuscinate entrambi.
Inginocchiati tra le
lenzuola madide, Louis non aveva cambiato posizione.
Era sempre tra loro, la
bocca in quella di Vincent, mentre Harry risaliva in lui, con lentezza e
metodo, brandendogli la vita sottile, per agevolarne il movimento sensuale sul
proprio membro, che a tratti usciva da Louis, per poi rientrarci con maggiore
vigore, facendolo inarcare, alla ricerca di ossigeno, a labbra schiuse e
gonfie, per avere in precedenza lubrificato entrambi i sessi dei suoi amanti.
Lux lo raccolse poi
per i fianchi, ad un cenno di Harry, sollevandolo per portarselo sopra le cosce
piegate, metterlo seduto per impalarlo, affinché lo ricevesse a pieno, largo e
duro, mentre l’altro lo cinturava per il busto, sostenendolo in quella
cavalcata, senza mai lasciarlo andare.
Louis chinava la
testa, lasciando che Haz lo leccasse e mordesse nel collo, per poi affondare in
lui, con baci infuocati.
Vincent, nel
frattempo, perdeva quasi il controllo dei propri fianchi, che come imbizzarriti,
si spingevano energici e continui nella voragine di muscoli del suo petit, del
loro petit enfant.
Erano quasi al
culmine; Haz si spostò lasciando crollare Louis sul morbido, a gambe e braccia
dispiegate e pervase dagli spasmi dell’imminente orgasmo.
La sua erezione,
pronta ad esplodere, finì nella bocca di Harry, premuroso e capace, mentre con
la mano sinistra Louis provvedeva a masturbarlo, in piena estasi reciproca.
Lux dilagò, baciando
ogni centimetro raggiungibile del ventre di Louis, così i suoi capezzoli scuri
e tumidi, alternandosi ad Harry, che di tanto in tanto si ricordava di
respirare e cercava i baci dei suoi complici.
Fu un’apoteosi di
umori, che raggiunsero Louis dentro e fuori, in un’appartenenza totalizzante,
alla quale non avrebbe mai rinunciato, da quando l’aveva accettata, nello
stesso modo in cui ci era riuscito Harry.
Con gli sguardi ed i
sorrisi carichi di appagamento, i componenti di questa triade si rannicchiò,
riequilibrando la respirazione, facendosi poi degli innocenti dispetti.
“A chi tocca andare a
prendere il gelato?” – domandò Vincent, scompigliando i capelli ai suoi
cuccioli.
“A te!!” –
replicarono all’unisono, ridendo.
“Ok … Poi mi
spiegherete un giorno il perché tocca sempre a moi!” – e si allontanò.
Harry e Louis si
guardarono, penetranti, ricominciando a fare l’amore dopo un istante.
Lux si accese una
sigaretta, percorrendo gli scalini canticchiando qualcosa.
Dancing
queen.
“Mon Dieu, come quel
pazzo!” – mormorò stranito.
Il suo problema
maggiore, per quella notte, così per tutte le notti a venire, restava comunque
uno soltanto: scegliere tra cioccolato o fior di latte.
Se sbagliava, avrebbe
dormito sul divano.
Da lì, in ogni caso,
gli sarebbe bastata la visione di Louis ed Harry, al sicuro, portatori di gioia
alla sua esistenza, che, finalmente, aveva di nuovo un senso.
The End
BRENDAN LAURIE
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