Capitolo n. 184 – zen
Harry rimestava i
cornflakes nel latte, mentre Louis guardava fuori la finestra: era il penultimo
giorno di quell’anno complicato, pieno di sole, in California.
“Ehi …” – disse improvviso
Haz, attirando finalmente la sua attenzione.
“Ehi …” – Lou sorrise,
gli occhi lucidi.
Harry tossì piano,
fissando il centro del petto del suo ragazzo.
“Stai pensando a lui?”
– chiese diretto, tanto non aveva nulla da perdere: Louis era ancora in un altro
mondo, dove Vincent Lux la faceva da padrone, “invadendo” il loro presente,
peggio che se fosse stato lì, nel mezzo di quella cucina un po’ desolata, con
la carta da regalo dimenticata sulle mensole, accartocciata, più o meno come lo
stomaco di Harry.
Louis fece un lungo
respiro.
“Non posso farne a
meno, non è così semplice” – spiegò calmo, quasi rassegnato.
Haz inspirò a propria
volta.
“Certo, non ho mai
creduto che fosse un’avventura … la vostra”
Ammetterlo faceva
così male, che quasi faticò a regolarizzare il fiato, ormai corto nei suoi
polmoni.
“Non stai bene?” –
chiese allarmato Louis, alzandosi.
Harry si scostò,
guadagnando il davanzale, dove un bonsai stava appassendo.
Lo aveva trascurato e
certe piante, a dire poco incredibili, necessitavano della massima cura.
Di un metodo preciso.
Adesso, invece,
quando ormai sembrava sul punto di non ritorno, di una soluzione.
Come lo stato d’animo
di Louis.
“Vuoi prenderti una
pausa?” – nel dirlo, Haz lo puntò, ma senza alcuna minaccia intrinseca, anche
se avrebbe voluto spaccare tutto.
“Una pausa ...?”
“Ok, forse non dovrei
dirlo, forse dovrei avere pazienza, ma proprio non ci riesco!” – sbottò il più
giovane.
Louis ne rimase
piacevolmente stupito: era come se Harry avesse spalancato una porta, fino ad
allora semplicemente socchiusa timidamente.
Quasi uno scrigno,
che svelava il proprio contenuto.
“Haz è giusto
affrontare l’argomento e”
“Ovvio, anzi,
dobbiamo sviscerarlo, perché abbiamo fatto finta di niente, ma vedo che non
migliori e ci stai marcendo in questa malinconia! Ti sei messo con Lux troppo
in fretta e poi sei tornato da me, quasi di corsa, come se avessi visto chissà
cosa in quell’uomo, sia prima che dopo ed io non capisco cosa!!”
Louis arrossì.
“Mi sono innamorato
di Vincent”
Il candore, con cui
lo ammise, era destabilizzante, ma terribilmente sincero.
“Perché volevi un
padre?”
“No … o forse in parte
sì, Harry …”
“Quando, però, sei
passato di qui per prendere le tue cose, hai cambiato idea”
“Sì e ti ho spiegato
come mi sentivo, dopo che anche Vincent mi aveva giudicato e criticato, come
accadeva spesso con te” – replicò fermo.
“Una sola volta? Ed
io parecchie, giusto? Mi hai perdonato, ma con lui no, perché?!”
Louis tremò – “Perché
… perché tu non sarai mai come mio padre … ed è la persona che odio di più al
mondo e per un istante, forse, Vincent me lo ha ricordato in un modo talmente
distruttivo, da fare saltare in aria la nostra relazione, seppure io …”
“Seppure tu lo abbia
amato profondamente e non hai smesso Louis: TU non hai smesso, non ancora ed io
rimango qui a guardare, ad aspettare, non che sia sbagliato, però non ne vedo
la fine, di questa agonia e credo di conoscerne il motivo. E non è l’amore che
ti lega a Lux, credimi.”
Tom aprì la tuta da
neve, a sacco, in cui Luna stava dormendo, da quando erano atterrati in
Svizzera.
Chris la prese
attento sul petto, dove la cucciola sembrava ancora più piccola.
“Siete incantevoli …”
– disse piano il terapista, posando un bacio sulla schiena della figlia, mentre
il tenente accarezzava i capelli ad entrambi.
“Ringrazia Glam anche
da parte mia, Tom: è stato gentile ad invitarci qui, dopo l’Irlanda. Mi sto
divertendo in queste feste sai? Con la nostra famiglia, tu, io e Luna” – e gli
diede un bacio.
Tom annuì, dopo
essersi staccato da lui, così massiccio e rassicurante – “Lo farò, credo stia
preparando la cena con Lula: che dici, li aiuto?”
“Ottima idea … Io
faccio un sonnellino, metto Luna nella culla e restiamo qui in camera per un
paio d’ore”
“Ok, a dopo, io
scendo …”
Erano al terzo piano
dello chalet di Geffen, in un’ala nuova, che era stata costruita durante l’estate.
Una modifica
richiesta dall’avvocato, per potere ospitare almeno altre sei persone, all’abbisogna.
Robert e Jude erano
vicini della coppia, con Diamond e Camilla, mentre Sammy, con Dean e Casper,
completavano il gruppo di nuovi arrivi.
Jared e Colin, alla
fine, si erano aggregati, con Violet, Becki, Amèlie, Florelay ed Amy, tutte riunite
in una mega camera, nella “vecchia” mansarda, tutta tappezzata di rosa.
Shannon, Tomo e Josh
avevano altresì accettato la proposta di Geffen di unirsi al resto del gruppo
vacanze.
Kevin e Tim erano al
piano terra insieme a Glam, che provò un minimo di rammarico, al rifiuto di
Scott e Jimmy, volati a Londra per un capodanno romantico.
In compenso, a
sorpresa, Preston, Denny e le gemelle, erano arrivati dagli Stati Uniti, per
salutare il 2021 insieme al resto della famiglia.
Almeno di quella
parte di essa.
Glam gironzolava per
casa, con Lula al seguito, indossando una maglietta con sopra scritto “Better
alone that …” e relativa linguaccia alla Rolling Stones.
Shannon rise di
gusto, appena lo vide spuntare con le ciotole per l’insalata.
“E quella? Meglio
solo che … Male accompagnato?”
“Infatti” – Geffen rise.
“Peraltro ti sei
portato a letto la maggiore parte dei presenti” – bisbigliò complice il
batterista; adorava Glam, era reciproco.
“Più o meno …” – e gli
fece l’occhiolino.
“Ah con me non attacca!”
– esclamò ridendo, con simpatia.
“Eh non si sa mai,
Shan … Ma no, scherzo ahahahh”
“Ti vedo in forma, le
cure funzionano?” – chiese sereno.
“Oggi sì, domani
chissà … Ci sono giorni in cui non sto affatto bene, sai?” – disse perplesso – “Poi
faccio strani sogni, dico cose un po’ folli … ad esempio, sono convinto di
avere detto a Tommy di amarlo … Non che non sia così, chi non amerebbe Tom?”
Shan inarcò un
sopracciglio – “Ehm ti ricordo, caro Glam, che Tom si porta appresso un armadio
quattro stagioni, che rischi di vedere tutte, in un’unica soluzione, se lo fai
ingelosire”
“Intendevo come
amico!” – protestò avvampando.
“Tu e lui, però,
siete in un certo senso intimi … Quei massaggi” – sussurrò malizioso e
provocatorio.
Tom piombò davanti a
loro, con le gote vermiglie.
“Salve … Avete
bisogno una mano?” – domandò teso ed imbarazzato.
Leto senior fece
cadere il coltello – “No … sì, cioè …” – poi sbuffò – “Io avrei bisogno di una
voragine, dove sparire”
Risero.
Geffen andò ad
abbracciarlo – “Ciao Tommy, non temere, Shan non è come sembra, è anche peggio!”
“Uhm simpatico lui …
Oh arriva anche Tomo, adesso ho chi mi difende!” – scherzò.
Il chitarrista lo
strinse alle spalle – “Che combini, mostro?” – e lo baciò nel collo.
Shannon catturò le
sue labbra carnose, in maniera sensuale.
Glam e Tom si
defilarono elegantemente.
“Prendiamo una
boccata d’aria o devi risalire da Chris e Luna?” – domandò dolce, infilandosi
la giacca.
“No Glam, riposano …
Li rivedremo a tavola” – e prese anche lui un piumino, sciarpa e cuffia.
Geffen glieli sistemò,
paterno.
Downey vide la scena,
mentre arrivava dalla scala a chiocciola.
“Ciao gente, dove
andate?”
“Volevo offrire una
cioccolata a Tommy, vieni con noi, Rob?”
“Volentieri … Avviso
Jude”
Law spuntò dal
pianerottolo superiore – “Vai pure tesoro, io penso alle bimbe” – e gli
sorrise.
“Ok … vi porterò dei
biscotti” – e si affrettò a coprirsi, per poi seguire i due amici, già in
veranda, a ridere e parlare dei festeggiamenti, ormai prossimi.
Lux indossò una
camicia bianco latte, su dei pantaloni neri, scarpe in tono, cappotto scuro, di
panno, aderente come il resto, che gli stava una meraviglia.
Si era rasato e
tagliato i capelli, da un barbiere italiano, che conosceva da quando si era
trasferito in America.
Renoir lo teneva d’occhio,
in maniera non invasiva.
“Allora hai deciso?”
“No Jerome, non
voglio fuggire, è assurdo alla mia età. Troverò il sistema per andare avanti,
già da domani: servo alla mensa dell’orfanotrofio, quello di miss Gramble, hai
presente?”
L’ex commissario
scrollò il capo brizzolato – “Bella idea … Ti spiace se mi aggrego?”
Vincent sorrise – “Ne
sarei onorato …”
“Sì, ma adesso, così
elegante, dove te ne vai, Vinny?” – chiese un po’ aspro.
“Ho un appuntamento,
devo fare un breve viaggio, ma ci rivediamo stanotte o verso l’alba al massimo,
ok?”
Il colonnello
Tomlinson si raddrizzò le mostrine.
Aggiustò la cravatta
e si lisciò il berretto d’ordinanza.
Regolò l’orologio, controllando
quello della sala, all’interno del cottage dove ancora abitava con il
primogenito.
Per poco.
Brent si sarebbe
sposato nel giorno di San Valentino: la futura moglie, dattilografa civile alla
palazzina centrale della caserma, aveva scelto la data, unica concessione da parte
del suocero, che avrebbe sponsorizzato l’evento.
Un compromesso
accettabile.
Un po’ meno il mancato
trasferimento, negato a Brent, sicuramente per l’ingerenza del padre,
morbosamente legato a lui ed alla carriera di quel figlio, che già vedeva
generale, traguardo al quale il “vecchio” Tomlinson non sarebbe arrivato mai.
Harry scese dal taxi,
controllando i documenti, che avrebbe presentato da lì a poco alla guardiola,
dove una recluta, dagli occhi grandi ed i capelli cortissimi, li controllò
velocemente.
“La sta aspettando?
Il suo nome non mi risulta in lista.”
“Sono dello studio
legale Geffen ed è per una pratica importante. Il mio capo mi ucciderà se torno
a mani vuote, senza avere fatto alcune domande al colonnello Tomlinson” –
affermò deciso.
“Ho degli ordini
precisi anch’io. Comunque … Mi lasci fare ancora una chiamata” – e gli sorrise
timido.
Quando vide il suo
volto riflesso nella lastra davanti a sé, Haz perse un battito.
Si voltò di scatto,
mormorando stranito – “E tu cosa diavolo ci fai qui?!”
KEVIN COSTNER è il colonnello Brent Tomlinson Senior
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