lunedì 16 settembre 2013

ZEN - CAPITOLO N. 184

Capitolo n. 184 – zen


Harry rimestava i cornflakes nel latte, mentre Louis guardava fuori la finestra: era il penultimo giorno di quell’anno complicato, pieno di sole, in California.

“Ehi …” – disse improvviso Haz, attirando finalmente la sua attenzione.
“Ehi …” – Lou sorrise, gli occhi lucidi.
Harry tossì piano, fissando il centro del petto del suo ragazzo.
“Stai pensando a lui?” – chiese diretto, tanto non aveva nulla da perdere: Louis era ancora in un altro mondo, dove Vincent Lux la faceva da padrone, “invadendo” il loro presente, peggio che se fosse stato lì, nel mezzo di quella cucina un po’ desolata, con la carta da regalo dimenticata sulle mensole, accartocciata, più o meno come lo stomaco di Harry.

Louis fece un lungo respiro.
“Non posso farne a meno, non è così semplice” – spiegò calmo, quasi rassegnato.
Haz inspirò a propria volta.
“Certo, non ho mai creduto che fosse un’avventura … la vostra”
Ammetterlo faceva così male, che quasi faticò a regolarizzare il fiato, ormai corto nei suoi polmoni.

“Non stai bene?” – chiese allarmato Louis, alzandosi.
Harry si scostò, guadagnando il davanzale, dove un bonsai stava appassendo.
Lo aveva trascurato e certe piante, a dire poco incredibili, necessitavano della massima cura.
Di un metodo preciso.
Adesso, invece, quando ormai sembrava sul punto di non ritorno, di una soluzione.
Come lo stato d’animo di Louis.

“Vuoi prenderti una pausa?” – nel dirlo, Haz lo puntò, ma senza alcuna minaccia intrinseca, anche se avrebbe voluto spaccare tutto.
“Una pausa ...?”
“Ok, forse non dovrei dirlo, forse dovrei avere pazienza, ma proprio non ci riesco!” – sbottò il più giovane.
Louis ne rimase piacevolmente stupito: era come se Harry avesse spalancato una porta, fino ad allora semplicemente socchiusa timidamente.
Quasi uno scrigno, che svelava il proprio contenuto.

“Haz è giusto affrontare l’argomento e”
“Ovvio, anzi, dobbiamo sviscerarlo, perché abbiamo fatto finta di niente, ma vedo che non migliori e ci stai marcendo in questa malinconia! Ti sei messo con Lux troppo in fretta e poi sei tornato da me, quasi di corsa, come se avessi visto chissà cosa in quell’uomo, sia prima che dopo ed io non capisco cosa!!”
Louis arrossì.

“Mi sono innamorato di Vincent”
Il candore, con cui lo ammise, era destabilizzante, ma terribilmente sincero.

“Perché volevi un padre?”
“No … o forse in parte sì, Harry …”
“Quando, però, sei passato di qui per prendere le tue cose, hai cambiato idea”
“Sì e ti ho spiegato come mi sentivo, dopo che anche Vincent mi aveva giudicato e criticato, come accadeva spesso con te” – replicò fermo.
“Una sola volta? Ed io parecchie, giusto? Mi hai perdonato, ma con lui no, perché?!”
Louis tremò – “Perché … perché tu non sarai mai come mio padre … ed è la persona che odio di più al mondo e per un istante, forse, Vincent me lo ha ricordato in un modo talmente distruttivo, da fare saltare in aria la nostra relazione, seppure io …”
“Seppure tu lo abbia amato profondamente e non hai smesso Louis: TU non hai smesso, non ancora ed io rimango qui a guardare, ad aspettare, non che sia sbagliato, però non ne vedo la fine, di questa agonia e credo di conoscerne il motivo. E non è l’amore che ti lega a Lux, credimi.”


Tom aprì la tuta da neve, a sacco, in cui Luna stava dormendo, da quando erano atterrati in Svizzera.
Chris la prese attento sul petto, dove la cucciola sembrava ancora più piccola.

“Siete incantevoli …” – disse piano il terapista, posando un bacio sulla schiena della figlia, mentre il tenente accarezzava i capelli ad entrambi.
“Ringrazia Glam anche da parte mia, Tom: è stato gentile ad invitarci qui, dopo l’Irlanda. Mi sto divertendo in queste feste sai? Con la nostra famiglia, tu, io e Luna” – e gli diede un bacio.
Tom annuì, dopo essersi staccato da lui, così massiccio e rassicurante – “Lo farò, credo stia preparando la cena con Lula: che dici, li aiuto?”
“Ottima idea … Io faccio un sonnellino, metto Luna nella culla e restiamo qui in camera per un paio d’ore”
“Ok, a dopo, io scendo …”
Erano al terzo piano dello chalet di Geffen, in un’ala nuova, che era stata costruita durante l’estate.
Una modifica richiesta dall’avvocato, per potere ospitare almeno altre sei persone, all’abbisogna.

Robert e Jude erano vicini della coppia, con Diamond e Camilla, mentre Sammy, con Dean e Casper, completavano il gruppo di nuovi arrivi.

Jared e Colin, alla fine, si erano aggregati, con Violet, Becki, Amèlie, Florelay ed Amy, tutte riunite in una mega camera, nella “vecchia” mansarda, tutta tappezzata di rosa.

Shannon, Tomo e Josh avevano altresì accettato la proposta di Geffen di unirsi al resto del gruppo vacanze.

Kevin e Tim erano al piano terra insieme a Glam, che provò un minimo di rammarico, al rifiuto di Scott e Jimmy, volati a Londra per un capodanno romantico.

In compenso, a sorpresa, Preston, Denny e le gemelle, erano arrivati dagli Stati Uniti, per salutare il 2021 insieme al resto della famiglia.
Almeno di quella parte di essa.

Glam gironzolava per casa, con Lula al seguito, indossando una maglietta con sopra scritto “Better alone that …” e relativa linguaccia alla Rolling Stones.

Shannon rise di gusto, appena lo vide spuntare con le ciotole per l’insalata.

“E quella? Meglio solo che … Male accompagnato?”
“Infatti” – Geffen rise.
“Peraltro ti sei portato a letto la maggiore parte dei presenti” – bisbigliò complice il batterista; adorava Glam, era reciproco.
“Più o meno …” – e gli fece l’occhiolino.
“Ah con me non attacca!” – esclamò ridendo, con simpatia.
“Eh non si sa mai, Shan … Ma no, scherzo ahahahh”
“Ti vedo in forma, le cure funzionano?” – chiese sereno.
“Oggi sì, domani chissà … Ci sono giorni in cui non sto affatto bene, sai?” – disse perplesso – “Poi faccio strani sogni, dico cose un po’ folli … ad esempio, sono convinto di avere detto a Tommy di amarlo … Non che non sia così, chi non amerebbe Tom?”
Shan inarcò un sopracciglio – “Ehm ti ricordo, caro Glam, che Tom si porta appresso un armadio quattro stagioni, che rischi di vedere tutte, in un’unica soluzione, se lo fai ingelosire”
“Intendevo come amico!” – protestò avvampando.
“Tu e lui, però, siete in un certo senso intimi … Quei massaggi” – sussurrò malizioso e provocatorio.

Tom piombò davanti a loro, con le gote vermiglie.
“Salve … Avete bisogno una mano?” – domandò teso ed imbarazzato.
Leto senior fece cadere il coltello – “No … sì, cioè …” – poi sbuffò – “Io avrei bisogno di una voragine, dove sparire”
Risero.
Geffen andò ad abbracciarlo – “Ciao Tommy, non temere, Shan non è come sembra, è anche peggio!”
“Uhm simpatico lui … Oh arriva anche Tomo, adesso ho chi mi difende!” – scherzò.
Il chitarrista lo strinse alle spalle – “Che combini, mostro?” – e lo baciò nel collo.
Shannon catturò le sue labbra carnose, in maniera sensuale.
Glam e Tom si defilarono elegantemente.

“Prendiamo una boccata d’aria o devi risalire da Chris e Luna?” – domandò dolce, infilandosi la giacca.
“No Glam, riposano … Li rivedremo a tavola” – e prese anche lui un piumino, sciarpa e cuffia.
Geffen glieli sistemò, paterno.
Downey vide la scena, mentre arrivava dalla scala a chiocciola.

“Ciao gente, dove andate?”
“Volevo offrire una cioccolata a Tommy, vieni con noi, Rob?”
“Volentieri … Avviso Jude”
Law spuntò dal pianerottolo superiore – “Vai pure tesoro, io penso alle bimbe” – e gli sorrise.
“Ok … vi porterò dei biscotti” – e si affrettò a coprirsi, per poi seguire i due amici, già in veranda, a ridere e parlare dei festeggiamenti, ormai prossimi.


Lux indossò una camicia bianco latte, su dei pantaloni neri, scarpe in tono, cappotto scuro, di panno, aderente come il resto, che gli stava una meraviglia.
Si era rasato e tagliato i capelli, da un barbiere italiano, che conosceva da quando si era trasferito in America.

Renoir lo teneva d’occhio, in maniera non invasiva.
“Allora hai deciso?”
“No Jerome, non voglio fuggire, è assurdo alla mia età. Troverò il sistema per andare avanti, già da domani: servo alla mensa dell’orfanotrofio, quello di miss Gramble, hai presente?”
L’ex commissario scrollò il capo brizzolato – “Bella idea … Ti spiace se mi aggrego?”
Vincent sorrise – “Ne sarei onorato …”
“Sì, ma adesso, così elegante, dove te ne vai, Vinny?” – chiese un po’ aspro.
“Ho un appuntamento, devo fare un breve viaggio, ma ci rivediamo stanotte o verso l’alba al massimo, ok?”


Il colonnello Tomlinson si raddrizzò le mostrine.
Aggiustò la cravatta e si lisciò il berretto d’ordinanza.
Regolò l’orologio, controllando quello della sala, all’interno del cottage dove ancora abitava con il primogenito.
Per poco.

Brent si sarebbe sposato nel giorno di San Valentino: la futura moglie, dattilografa civile alla palazzina centrale della caserma, aveva scelto la data, unica concessione da parte del suocero, che avrebbe sponsorizzato l’evento.
Un compromesso accettabile.
Un po’ meno il mancato trasferimento, negato a Brent, sicuramente per l’ingerenza del padre, morbosamente legato a lui ed alla carriera di quel figlio, che già vedeva generale, traguardo al quale il “vecchio” Tomlinson non sarebbe arrivato mai.

Harry scese dal taxi, controllando i documenti, che avrebbe presentato da lì a poco alla guardiola, dove una recluta, dagli occhi grandi ed i capelli cortissimi, li controllò velocemente.

“La sta aspettando? Il suo nome non mi risulta in lista.”
“Sono dello studio legale Geffen ed è per una pratica importante. Il mio capo mi ucciderà se torno a mani vuote, senza avere fatto alcune domande al colonnello Tomlinson” – affermò deciso.
“Ho degli ordini precisi anch’io. Comunque … Mi lasci fare ancora una chiamata” – e gli sorrise timido.

Quando vide il suo volto riflesso nella lastra davanti a sé, Haz perse un battito.
Si voltò di scatto, mormorando stranito – “E tu cosa diavolo ci fai qui?!”





 KEVIN COSTNER è il colonnello Brent Tomlinson Senior




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