martedì 30 luglio 2013

ZEN - CAPITOLO N. 160

Capitolo n. 160 – zen


Shannon guidava nel traffico intenso, verso Palm Springs, in silenzio, con l’idea che una qualsiasi conversazione avrebbe importunato il suo passeggero.
Sbagliava.
Geffen avrebbe voluto dirgli molte cose.
Innanzitutto un grazie speciale, per averlo fatto sentire benvoluto ed assistito, in un pomeriggio davvero complicato per lui.

“Tomo è di una dolcezza, disarmante, almeno quanto sei tu, vi sono grato”
“Figurati” – gli sorrise sincero – “Con tutto quello che hai fatto per noi, Glam, da sempre”
“Mai abbastanza, forse …” – mormorò deluso, rannicchiandosi un po’ sul sedile.
“No assolutamente … Lo dici perché certe persone non hanno riconosciuto i tuoi sacrifici od apprezzati sino in fondo. Come mio fratello.”
“Jared ha fatto le sue scelte e spesso le ho fatte io per lui o per Kevin …”
“Sì, hai un carattere particolare” – rise complice.
“In materia di casini senza dubbio …”

Si fermarono ad un semaforo, il rosso era appena scattato.
Shannon lo fissò.

“Tu ami ancora Jared?”
“Sì, non smetterò mai” – replicò guardandolo, con una fermezza assoluta.

“Sai Glam, agli inizi, spesso ho desiderato spaccare la faccia a Colin, tu non sai quante volte … E Jared tornava sempre da lui, appena chiamava o frignava, drogato perso od ubriaco fradicio. In fondo erano inferni, che anch’io conoscevo bene, ma Jared salvò il sottoscritto, così avvenne con Farrell”
“La storia la conosco, c’ero anch’io dietro le quinte, ero il legale di Colin, attraverso il suo manager, che mi aveva assunto sia per i contratti, sia per i guai combinati dalla sua perla irlandese” – sorrise, rammentando qualche episodio, senza rivelarlo.
“E di Jared cosa sapevi?”
“Onestamente dopo il loro film, il Marocco ed il resto, mi ritrovai un Farrell diverso, molto preso dal suo collega, mi accennò qualcosa, ma non capii o meglio non accettati quella strana novità, finché non lo conobbi, ma accadde molto tempo dopo … E fu incredibile” – quasi si commosse.
“Colin gay non era credibile?”
“Con quello che si calava, avrei considerato anche l’ipotesi di vederlo uscire a cena con un paracarro, comunque …” – sospirò divertito.
“Certo che siamo due stronzi Glam ahahah”
“Già … Voglio bene a Colin”
“Sì … Alcune cose, però, non gliele perdonerò mai, non ci riesco, anche se la serenità in famiglia è basilare e poi lui è cambiato senza finzioni e tratta Jared come un Dio in terra, anche quando non lo merita”
“Forse non si dovrebbe mai amare per compensazione … Tornando al discorso iniziale, Shan, ciò che ho fatto per Jared non aveva la pretesa di un tornaconto” – ammise onesto e senza alcuna enfasi.
“Gli avresti dato una bellissima famiglia, sarebbe stato felice …” – ribatté malinconico.
“Io … l’ho sposato … Ed ho voluto il meglio, persino in qualità di padre, anche se anagraficamente è un’assurdità, per il resto è autentica anche questa sfumatura del nostro rapporto … Od è come il nostro matrimonio, una bugia vera e bellissima” – e si rilassò, ripercorrendo mentalmente la sequenza di quel giorno sulla spiaggia, dove tutto sembrava fiabesco.

“Sei stanco …?”
“Sì Shan … Come mai prima d’ora … Chiudo gli occhi un attimo, ti dispiace …?”


Louis si guardava intorno, nello studio di Geffen, notando mille particolari, mentre aspettava Harry, impegnato nella stesura di un’arringa insieme a Denny.
“Vi porto un caffè?” – chiese improvviso, grattandosi gli addominali sotto la t-shirt aderente.
“Sì grazie Lou” – gli sorrise il fidanzato.
“Ok datemi un minuto” – e si avviò a spalancare la porta, chiusa ermeticamente, affinché nessuno li disturbasse.

Il sorriso da canaglia di Lux si stampò su quello del giovane, che si bloccò all’istante.
Poi le labbra di Vincent ebbero un lieve tremolio, così le sue iridi, di colpo liquide e contemplative.
“Salve … Ho quelle informazioni … Per Geffen”
“Buonasera … Io non lavoro qui, c’è il … il mio Harry” – e lo indicò.
Il giovane si alzò, salutandolo freddamente – “Credevo telefonasse, Glam lo sa?”
“No … Piacere sono Vincent Lux” – e diede la mano a Louis, impacciato, ma incuriosito – “Sono Louis …” – disse piano, ma Harry sembrò frapporsi tra loro, in qualche modo, che Denny notò con un sorriso.

“Prego si accomodi, lo avviso io” – disse fermo e Louis sparì.
Quando tornò, accolto da un’occhiata benevola di Vincent, che si affrettò ad aiutarlo con il vassoio, c’era tra i caffè anche una bibita – “Spero le piaccia signor Lux”
“Certo, grazie, troppo gentile”
Lou arrossì.

“Glam non è raggiungibile” – sbottò Harry.
“Nessun problema, qui c’è il dossier e qui i miei numeri” – e porse a Louis un biglietto da visita, che Harry quasi gli strappò dalle dita – “Ok, le faremo sapere noi, per ora la ringrazio anche a nome del boss” – e sorrise a fatica.
“Sì … ok … E’ stato un piacere … salve” – si congedò, assurdamente timido per la sua indole.
Nella stanza calò un gelo, che Denny tentò di mitigare, senza riuscirci.


Jared sbucò dal bagno, con un asciugamano sul volto, e le spalle curve.
Colin lo sostenne, dandogli un bacio tra i capelli spettinati e lunghi.
“Amore vieni, ho preparato del caffè”
“Dio Cole … Sono troppo vecchio per queste stronzate …”
“Bere il mio caffè?” – rise sonoro.
“Cavoli la mia testa …” – si lamentò il cantante accasciandosi sul divano.
Quindi si guardò nella specchiera a parete, inorridendo.
“Cazzo … Sto uno schifo”
Le sue occhiaie, il colorito spento, gli zigomi segnati, in effetti non rendevano merito al suo fascino, ancora solido.
Di sicuro non quel mattino.
Farrell gli passò la brodaglia nera e fumante, invitandolo a trangugiarla sino all’ultima goccia.

Leto fece una smorfia al solo sentore di quell’aroma, per lui, pungente e fastidioso.

“Voglio morire …”
“Si dice sempre così … Almeno quando si riesce a parlare” – l’attore rise ancora, più pacato.
“A proposito Jay, ti è cascato il cellulare nel bagno e Justin lo sta portando qui, spero non ti dia noia, so che è essenziale per te quell’aggeggio”
Jared sorrise mesto, pensando acre § … e forse, per te, lo è lui, essenziale, ora? §
La gelosia gli stava corrodendo lo stomaco.
Scorgere poi nel parco, un Justin in piena forma, sulla propria bici, sorridente nei jeans neri, bomber modaiolo, scarpe in tinta e sorriso cangiante, su quel viso arrossato dall’inverno imminente, ma su di lui amplificatore di una freschezza intonsa, fu per Jared un’ulteriore, piccola, umiliazione.

“Oh eccolo” – Farrell gli fece un cenno dal davanzale, andando alla blindata senza indugiare.
Justin si fermò sul vialetto, salutandolo allegro e restituendogli immediato il telefono di Jared, che li spiava attento.

Dai loro gesti, il leader dei Mars capì che Colin voleva trattenerlo, ma Justin aveva molta fretta.

Con Brian non si sarebbero di certo riposati dopo l’inaugurazione del pub: la sera stessa avevano ingaggiato una band, come incentivo per la clientela, che si auguravano numerosa e pagante.

Colin si sporse quindi per stringerlo e lasciarlo andare dopo un bacio sulla guancia: Jared si sentì perso, anche se l’atteggiamento del marito era innocente.

Salì così al piano superiore, provando un’amarezza nuova, alla quale, secondo lui, doveva abituarsi ormai.


Le grida di Harry arrivarono sino a Malibu.
Louis era stampato contro il muro della cucina, a sorbirsi la sua ira, senza muovere un muscolo, nell’attesa che sbollisse.

“E cosa stavi pensando, che ti saresti sistemato a vita??!! Eh Louis?? Quello ti scopava con gli occhi e tu a fargli i sorrisini, ad avvampare come una quindicenne, per COSA?? Fargli credere che sei un ingenuo, un fiorellino del prato sotto casa?? Sei una puttana SOLO QUESTO OK??!!”
La misura era colma: partì un ceffone, da Louis ad Harry.
Ne seguì una spinta, con cui Haz atterrò Lou, schiacciandolo con la sua statura più massiccia, ma il compagno era agile e schizzò via o almeno ci provò.
Venne infatti riacciuffato per una caviglia e le dita di Harry gli sembrarono una morsa.
Altre sberle, un po’ ovunque, tranne che sui loro visi, stravolti da quel male recondito, sul quale non si erano mai confrontati: era ciò che Harry pensava di Louis, senza tenere in considerazione le sue motivazioni.
Anche dopo avere saputo di suo padre e del fratello, Haz non riusciva a staccare la spina dal pregiudizio maturato verso Lou: questi era pronto a tutto pur di fare il salto di qualità, mettendosi persino con uno come Steadman.

Harry se ne vergognò, più volte, ma voleva sputarglielo in faccia quel peso.
Louis conosceva i propri limiti, ma mai come in quell’attimo si sentì così sporco, da fuggire in lacrime, senza che l’altro potesse impedirglielo.

Fuori pioveva.


Kevin salì alla mansarda, ritrovando Glam girato sul fianco, verso la finestra.
Sentendolo arrivare, l’ex nascose qualcosa sotto al cuscino, per poi voltarsi ed accoglierlo sul proprio petto.

“Ehi …”
“Ciao daddy … Shan mi ha detto di te e”
“Kevin, calmati” – gli sussurrò, stringendolo piano.
“Come stai ora?” – chiese fissandolo.
Stava tremando.
Geffen gli diede una carezza, carica di attaccamento a lui e di amore pulito.

“Tesoro sto facendo una cura con effetti collaterali … multipli” – si sforzò di sorridere.
“Lo so, ho telefonato a Scott … perdonami”
“Scherzi? Hai sempre avuto cura di questo coglione …” – e spostandosi rivelò ciò che stava scrutando.
Le fedi nuziali, utilizzata per Kevin, quella per Robert, rimasta senza destino e la triad, dono di Jared, durante quella cerimonia davanti al mare, in cui Glam pensava di avere gettato tutto l’amore del mondo.

“La tua Kevin … E’ quella che mi turba maggiormente, sai?” – ammise, con gli occhi lucidi.
“Daddy …”
“Non smettere mai … di dirlo e di amare Tim” – e gli baciò l’anello, che egli stesso, con Lula, scelse per le nozze con il suo giovane sposo: Kevin si emozionò a tale punto da non respirare.

“Lo amo da morire, Glam …”
“E’ la tua fortuna, il tuo domani … Vorrei aveste anche un bimbo vostro sai? Ma … Ma dovreste farmi un immenso favore … Pensare ai gemelli, di Pamela, come se fossero vostri: è egoistico, probabilmente da parte mia, anche se”
“Cosa sono questi discorsi daddy?” – domandò angosciato.
“E’ ciò di cui avrò bisogno … Lula penserà a me, non temere” – e sorrise.

Soldino restava in veranda, a giocare calmo, coinvolgendo anche Ivan ed Amos, senza alcun disagio verso l’indisposizione del padre.
Questo aveva tranquillizzato Kevin.
O almeno così credeva.









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