Capitolo n. 160 – zen
Shannon guidava nel
traffico intenso, verso Palm Springs, in silenzio, con l’idea che una qualsiasi
conversazione avrebbe importunato il suo passeggero.
Sbagliava.
Geffen avrebbe voluto
dirgli molte cose.
Innanzitutto un
grazie speciale, per averlo fatto sentire benvoluto ed assistito, in un
pomeriggio davvero complicato per lui.
“Tomo è di una
dolcezza, disarmante, almeno quanto sei tu, vi sono grato”
“Figurati” – gli sorrise
sincero – “Con tutto quello che hai fatto per noi, Glam, da sempre”
“Mai abbastanza,
forse …” – mormorò deluso, rannicchiandosi un po’ sul sedile.
“No assolutamente …
Lo dici perché certe persone non hanno riconosciuto i tuoi sacrifici od
apprezzati sino in fondo. Come mio fratello.”
“Jared ha fatto le
sue scelte e spesso le ho fatte io per lui o per Kevin …”
“Sì, hai un carattere
particolare” – rise complice.
“In materia di casini
senza dubbio …”
Si fermarono ad un
semaforo, il rosso era appena scattato.
Shannon lo fissò.
“Tu ami ancora Jared?”
“Sì, non smetterò mai”
– replicò guardandolo, con una fermezza assoluta.
“Sai Glam, agli
inizi, spesso ho desiderato spaccare la faccia a Colin, tu non sai quante volte
… E Jared tornava sempre da lui, appena chiamava o frignava, drogato perso od
ubriaco fradicio. In fondo erano inferni, che anch’io conoscevo bene, ma Jared
salvò il sottoscritto, così avvenne con Farrell”
“La storia la
conosco, c’ero anch’io dietro le quinte, ero il legale di Colin, attraverso il
suo manager, che mi aveva assunto sia per i contratti, sia per i guai combinati
dalla sua perla irlandese” – sorrise, rammentando qualche episodio, senza
rivelarlo.
“E di Jared cosa
sapevi?”
“Onestamente dopo il
loro film, il Marocco ed il resto, mi ritrovai un Farrell diverso, molto preso
dal suo collega, mi accennò qualcosa, ma non capii o meglio non accettati
quella strana novità, finché non lo conobbi, ma accadde molto tempo dopo … E fu
incredibile” – quasi si commosse.
“Colin gay non era
credibile?”
“Con quello che si
calava, avrei considerato anche l’ipotesi di vederlo uscire a cena con un
paracarro, comunque …” – sospirò divertito.
“Certo che siamo due
stronzi Glam ahahah”
“Già … Voglio bene a
Colin”
“Sì … Alcune cose,
però, non gliele perdonerò mai, non ci riesco, anche se la serenità in famiglia
è basilare e poi lui è cambiato senza finzioni e tratta Jared come un Dio in
terra, anche quando non lo merita”
“Forse non si
dovrebbe mai amare per compensazione … Tornando al discorso iniziale, Shan, ciò
che ho fatto per Jared non aveva la pretesa di un tornaconto” – ammise onesto e
senza alcuna enfasi.
“Gli avresti dato una
bellissima famiglia, sarebbe stato felice …” – ribatté malinconico.
“Io … l’ho sposato …
Ed ho voluto il meglio, persino in qualità di padre, anche se anagraficamente è
un’assurdità, per il resto è autentica anche questa sfumatura del nostro
rapporto … Od è come il nostro matrimonio, una bugia vera e bellissima” – e si
rilassò, ripercorrendo mentalmente la sequenza di quel giorno sulla spiaggia,
dove tutto sembrava fiabesco.
“Sei stanco …?”
“Sì Shan … Come mai
prima d’ora … Chiudo gli occhi un attimo, ti dispiace …?”
Louis si guardava
intorno, nello studio di Geffen, notando mille particolari, mentre aspettava
Harry, impegnato nella stesura di un’arringa insieme a Denny.
“Vi porto un caffè?” –
chiese improvviso, grattandosi gli addominali sotto la t-shirt aderente.
“Sì grazie Lou” – gli
sorrise il fidanzato.
“Ok datemi un minuto”
– e si avviò a spalancare la porta, chiusa ermeticamente, affinché nessuno li
disturbasse.
Il sorriso da
canaglia di Lux si stampò su quello del giovane, che si bloccò all’istante.
Poi le labbra di
Vincent ebbero un lieve tremolio, così le sue iridi, di colpo liquide e
contemplative.
“Salve … Ho quelle
informazioni … Per Geffen”
“Buonasera … Io non
lavoro qui, c’è il … il mio Harry” – e lo indicò.
Il giovane si alzò,
salutandolo freddamente – “Credevo telefonasse, Glam lo sa?”
“No … Piacere sono
Vincent Lux” – e diede la mano a Louis, impacciato, ma incuriosito – “Sono
Louis …” – disse piano, ma Harry sembrò frapporsi tra loro, in qualche modo,
che Denny notò con un sorriso.
“Prego si accomodi,
lo avviso io” – disse fermo e Louis sparì.
Quando tornò, accolto
da un’occhiata benevola di Vincent, che si affrettò ad aiutarlo con il vassoio,
c’era tra i caffè anche una bibita – “Spero le piaccia signor Lux”
“Certo, grazie,
troppo gentile”
Lou arrossì.
“Glam non è
raggiungibile” – sbottò Harry.
“Nessun problema, qui
c’è il dossier e qui i miei numeri” – e porse a Louis un biglietto da visita,
che Harry quasi gli strappò dalle dita – “Ok, le faremo sapere noi, per ora la
ringrazio anche a nome del boss” – e sorrise a fatica.
“Sì … ok … E’ stato
un piacere … salve” – si congedò, assurdamente timido per la sua indole.
Nella stanza calò un
gelo, che Denny tentò di mitigare, senza riuscirci.
Jared sbucò dal
bagno, con un asciugamano sul volto, e le spalle curve.
Colin lo sostenne,
dandogli un bacio tra i capelli spettinati e lunghi.
“Amore vieni, ho
preparato del caffè”
“Dio Cole … Sono
troppo vecchio per queste stronzate …”
“Bere il mio caffè?” –
rise sonoro.
“Cavoli la mia testa …”
– si lamentò il cantante accasciandosi sul divano.
Quindi si guardò
nella specchiera a parete, inorridendo.
“Cazzo … Sto uno
schifo”
Le sue occhiaie, il
colorito spento, gli zigomi segnati, in effetti non rendevano merito al suo
fascino, ancora solido.
Di sicuro non quel
mattino.
Farrell gli passò la
brodaglia nera e fumante, invitandolo a trangugiarla sino all’ultima goccia.
Leto fece una smorfia
al solo sentore di quell’aroma, per lui, pungente e fastidioso.
“Voglio morire …”
“Si dice sempre così …
Almeno quando si riesce a parlare” – l’attore rise ancora, più pacato.
“A proposito Jay, ti
è cascato il cellulare nel bagno e Justin lo sta portando qui, spero non ti dia
noia, so che è essenziale per te quell’aggeggio”
Jared sorrise mesto,
pensando acre § … e forse, per te, lo è
lui, essenziale, ora? §
La gelosia gli stava
corrodendo lo stomaco.
Scorgere poi nel
parco, un Justin in piena forma, sulla propria bici, sorridente nei jeans neri,
bomber modaiolo, scarpe in tinta e sorriso cangiante, su quel viso arrossato
dall’inverno imminente, ma su di lui amplificatore di una freschezza intonsa,
fu per Jared un’ulteriore, piccola, umiliazione.
“Oh eccolo” – Farrell
gli fece un cenno dal davanzale, andando alla blindata senza indugiare.
Justin si fermò sul
vialetto, salutandolo allegro e restituendogli immediato il telefono di Jared,
che li spiava attento.
Dai loro gesti, il leader
dei Mars capì che Colin voleva trattenerlo, ma Justin aveva molta fretta.
Con Brian non si
sarebbero di certo riposati dopo l’inaugurazione del pub: la sera stessa
avevano ingaggiato una band, come incentivo per la clientela, che si auguravano
numerosa e pagante.
Colin si sporse
quindi per stringerlo e lasciarlo andare dopo un bacio sulla guancia: Jared si
sentì perso, anche se l’atteggiamento del marito era innocente.
Salì così al piano
superiore, provando un’amarezza nuova, alla quale, secondo lui, doveva
abituarsi ormai.
Le grida di Harry
arrivarono sino a Malibu.
Louis era stampato
contro il muro della cucina, a sorbirsi la sua ira, senza muovere un muscolo,
nell’attesa che sbollisse.
“E cosa stavi
pensando, che ti saresti sistemato a vita??!! Eh Louis?? Quello ti scopava con
gli occhi e tu a fargli i sorrisini, ad avvampare come una quindicenne, per
COSA?? Fargli credere che sei un ingenuo, un fiorellino del prato sotto casa??
Sei una puttana SOLO QUESTO OK??!!”
La misura era colma:
partì un ceffone, da Louis ad Harry.
Ne seguì una spinta,
con cui Haz atterrò Lou, schiacciandolo con la sua statura più massiccia, ma il
compagno era agile e schizzò via o almeno ci provò.
Venne infatti
riacciuffato per una caviglia e le dita di Harry gli sembrarono una morsa.
Altre sberle, un po’
ovunque, tranne che sui loro visi, stravolti da quel male recondito, sul quale
non si erano mai confrontati: era ciò che Harry pensava di Louis, senza tenere
in considerazione le sue motivazioni.
Anche dopo avere
saputo di suo padre e del fratello, Haz non riusciva a staccare la spina dal
pregiudizio maturato verso Lou: questi era pronto a tutto pur di fare il salto
di qualità, mettendosi persino con uno come Steadman.
Harry se ne vergognò,
più volte, ma voleva sputarglielo in faccia quel peso.
Louis conosceva i
propri limiti, ma mai come in quell’attimo si sentì così sporco, da fuggire in
lacrime, senza che l’altro potesse impedirglielo.
Fuori pioveva.
Kevin salì alla
mansarda, ritrovando Glam girato sul fianco, verso la finestra.
Sentendolo arrivare,
l’ex nascose qualcosa sotto al cuscino, per poi voltarsi ed accoglierlo sul
proprio petto.
“Ehi …”
“Ciao daddy … Shan mi
ha detto di te e”
“Kevin, calmati” –
gli sussurrò, stringendolo piano.
“Come stai ora?” –
chiese fissandolo.
Stava tremando.
Geffen gli diede una
carezza, carica di attaccamento a lui e di amore pulito.
“Tesoro sto facendo
una cura con effetti collaterali … multipli” – si sforzò di sorridere.
“Lo so, ho telefonato
a Scott … perdonami”
“Scherzi? Hai sempre
avuto cura di questo coglione …” – e spostandosi rivelò ciò che stava
scrutando.
Le fedi nuziali,
utilizzata per Kevin, quella per Robert, rimasta senza destino e la triad, dono
di Jared, durante quella cerimonia davanti al mare, in cui Glam pensava di
avere gettato tutto l’amore del mondo.
“La tua Kevin … E’
quella che mi turba maggiormente, sai?” – ammise, con gli occhi lucidi.
“Daddy …”
“Non smettere mai …
di dirlo e di amare Tim” – e gli baciò l’anello, che egli stesso, con Lula,
scelse per le nozze con il suo giovane sposo: Kevin si emozionò a tale punto da
non respirare.
“Lo amo da morire,
Glam …”
“E’ la tua fortuna,
il tuo domani … Vorrei aveste anche un bimbo vostro sai? Ma … Ma dovreste farmi
un immenso favore … Pensare ai gemelli, di Pamela, come se fossero vostri: è
egoistico, probabilmente da parte mia, anche se”
“Cosa sono questi
discorsi daddy?” – domandò angosciato.
“E’ ciò di cui avrò
bisogno … Lula penserà a me, non temere” – e sorrise.
Soldino restava in
veranda, a giocare calmo, coinvolgendo anche Ivan ed Amos, senza alcun disagio
verso l’indisposizione del padre.
Questo aveva
tranquillizzato Kevin.
O almeno così
credeva.
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