Capitolo n. 161 – zen
Le ciocche erano
sparpagliate ai bordi della specchiera antica, sopra quel tavolino da toeletta
dell’800.
Un mobile prezioso,
anche troppo, per il cottage di Colin e Jared, ma che questi aveva acquistato
da un rigattiere parigino, passandoci poi un’estate, anni prima, per
restaurarlo personalmente.
Farrell scrutò quei
dettagli, le forbici e poi il suo sguardo liquido e commosso, andò a posarsi
sulla schiena del compagno.
Leto stava riverso
sul letto, le iridi perse oltre le vetrate, rannicchiato e spento, come spesso
accadeva, quando il mondo non riusciva a capirlo ed ad accettare le sue
emozioni sincere.
“Amore …” – mormorò l’irlandese.
A volta basta un’unica
parola, il modo in cui la si dice, per rincuorare anche la persona più triste e
svilita, distesa tra la trapunta colorata ed il soffitto, il suo pianto sospeso
nell’aria, in un tremolio appena percettibile, ma che Colin sentiva nitido ed
in grado di bruciargli l’anima, come nulla al mondo.
Si precipitò a
stringerlo, senza che Jared si voltasse. Lo avvolse, come il più impaurito dei
cuccioli, mentre, con quei cinque anni in più, rispetto a lui, il cantante
doveva essere quanto meno più saggio e composto, anche nei propri eccessi di
insicurezza, inspiegabili con un consorte tanto amorevole e presente.
Eppure sembrava non
bastare mai, come se la terra gli mancasse sotto ai piedi, ogni volta Colin si
distraesse un minimo, senza colpa, senza malizie.
Certo si erano traditi
ripetutamente, in passato, forse anche ora, ciò che legava Jared a Glam era un
adulterio bello e buono o forse l’amicizia tra Colin e Jude, sapeva di
sentimenti rinnegati, attrazione fisica dominata ed intesa, mai a pieno
vissuta.
Erano in un turbine,
di interrogativi irrisolti, prigionieri anche di quella felicità, di cui mai si
erano sentiti meritevoli pienamente.
Erano loro: Colin e
Jared, l’incontro, lo scontro, la fusione, l’implosione di due anime gemelle.
Che mai si sarebbero
lasciate.
Mai.
“Ehi ragazzino, vuoi
buscarti una polmonite??!”
L’esclamazione di
Vincent lo trafisse, come la pioggia, che Louis sentiva gocciolargli addosso,
rendendo i suoi vestiti zuppi ed il disagio al culmine di una disperazione, che
nessuno voleva ascoltare.
Per lui, purtroppo,
non esisteva un amico, un padre, un fratello, una ragazza, ai quali raccontare
di quanto amasse Harry, di come si sentisse spesso inadeguato nei suoi
riguardi, per la sua intelligenza estrema, per l’integrità morale, che lo
distingueva dalla massa.
Louis non era una
frana sui libri, in fondo non lo era in nulla, ma non sarebbe mai stato all’altezza
di Harry, pronto ad arrivare alla meta, anche senza di lui.
L’impiego allo studio
Geffen ne era la testimonianza più palese; ed a Louis cosa restava?
Sedurre un tipo come
Lux?
Probabilmente sì …
Se ne restava
cristallizzato, sul marciapiede, le mani nelle tasche della felpa, con il
cappuccio abbassato, lo sguardo nudo, ma a Vincent sembrò che il giovane lo
fosse completamente, con gli occhi grandi, impauriti.
Louis fece un passo
indietro, appena Lux gli si avvicinò, veloce, togliendosi la giacca, per
ripararlo – “No dico, ma cosa ti succede?” – gli chiese, un po’ agitato,
sovrastando il frastuono del temporale.
Lui non rispose; salì
sul suv, tenendosi ancora le mani dov’erano prima e quell’indumento di Vincent,
che sapeva di uomo, un buon dopo barba forse, che sapeva di sigaretta, Louis le
vide nel vano oggetti rimasto aperto, che gli raccontava già qualche cosa di
quel tizio, probabilmente l’ennesimo lupo cattivo: lo avrebbe divorato senza
problemi, quella notte stessa.
Louis ne era convinto
e non gli importava un cazzo.
Strizzò le palpebre,
appena ripartirono.
Poi balbettò – “Vuoi
scoparmi?”
Lux lo fissò, perplesso
e sul punto di ridere, ma non c’era niente per cui farlo.
“Sei fuori di testa?”
Louis fece cenno di
no, senza guardarlo ancora.
“Dove ti porto? Ce l’hai
un posto dove andare?”
“No …”
“Aspetta provo a sentire
una persona allora …”
“Una pe persona …?” –
era di nuovo spaventato.
“Oh miseria … Sì,
pronto, senti dovrei passare da te, sei in città? … No? Ok, ok, ci vengo, anche
se il tempo è da cani … e non solo il tempo” – sospirò, riattaccando.
Il resto del viaggio
lo fecero in silenzio, spiandosi.
C’era una coperta sul
sedile dietro e Vincent gliela porse, con gentilezza, quasi con timore, ma
sorridendogli pulito.
Louis vi si
raggomitolò, come quei gattini trovati accanto ai bidoni della spazzatura.
Harry lo aveva fatto
sentire in quel modo e lui non riusciva a smettere di pensarci; così Haz di
cercarlo, come un pazzo, prima a piedi e poi in taxi, per almeno cinque
quartieri, limitrofi a quello in cui vivevano, senza esito alcuno.
Colin delineò il suo
profilo con l’indice sinistro, poi la sua bocca incontrò quella di Jared, che
lo guardava senza più battiti, perché viveva dei suoi, del suo amico, amante,
amore assoluto, del padre dei suoi figli, così radicalmente amati da Leto,
neppure li avesse concepiti sul serio, in un universo parallelo, dove tutto era
possibile.
Anche la loro storia,
sopravvissuta a tempeste di ogni genere, sino a quel pomeriggio, in cui il
corpo di Farrell si univa al suo, con pazienza, contemplazione, appartenenza
senza compromessi od alterazioni.
Il calore di Colin,
le sue carezze, le sue labbra morbide e bagnate, scendevano in Jared lenti, con
un riguardo totalizzante, capace di farlo sentire al sicuro, finalmente.
“Co Cole io … io non”
Il suo busto
asciutto, madido e ricettivo, ad ogni stimolo, come il suo addome, che si
contraeva, segnato dai suoi stessi umori, incontenibili in presenza di
sollecitazioni continue da parte di Colin, sembrò precipitare tra le lenzuola,
per una resa senza condizioni.
Jared allargò le
braccia, come a spiccare il volo, il capo reclinato all’indietro, tra i cuscini
stropicciati e setosi, mentre Farell si sollevava, inginocchiandosi, senza mai
staccarci da lui, aprendogli le gambe sino al punto giusto, per poterlo sentire
nell’affondo generoso e definitivo, che li portò oltre il cielo plumbeo, ma
rassicurante.
Erano nel loro
presente, al riparo dalle invidie, dalle maldicenze, da chi li voleva ancora
dipendenti da vizi oppure semplicemente depressi, definendoli persino arroganti
e corrotti, nel volere reclamare il loro diritto legittimo ad essere una coppia
come quelle etero, con le stesse aspirazioni, non ultima quella di amare i
bimbi, che abitavano la End House, adottati o naturali, non c’era differenza.
Glam scese nel
living, per conoscere Ivan ed Amos.
Aveva preferito
consumare un pasto caldo comodamente in poltrona, nella mansarda dove si erano
susseguite le visite anche di Tim, Vas e Peter, mentre Lula giocava ancora
sulla spiaggia.
Appena lo vide, però,
soldino corse verso di lui, distratto dalle presentazioni, che Kevin stava
facendo.
“Perdonatemi, ma devo
dare una coccola a questa peste … Amore mio …” – e si piegò per prenderlo in
braccio, ma Vas lo anticipò, tirando su Lula, che si sporse per dare un bacio
sonoro al suo papà.
“Grazie Vas … sono un
po’ malconcio in effetti …” – Geffen sorrise, porgendo poi la mano ad Ivan ed
Amos, un po’ in soggezione.
“So che farete un
ottimo lavoro per Kevin e Tim … A Lula pensano già Vas e Peter, ma anche voi
dategli un’occhiata ogni tanto, vero campione?”
“Loro sono super!
Ivan è cintura nera ed Amos … faceva … mmm Wres …”
“Wrestling soldino!” –
l’uomo rise.
“Yeahh quella roba lì,
papi!”
“Ok … I miei affetti,
sapete, sono numerosi … Ma questi tre cuccioli, sono la mia vita, non
dimenticatelo mai … Sarete ampiamente ripagati per la vostra devozione, se
avete un problema, non esitate a chiedere, sarò sempre disponibile …” – poi fece
una pausa, forse quel discorso lo stava emozionando oltre misura.
“Daddy vuoi salire …?”
– gli domandò apprensivo Kevin, mentre Tim andò immediato a sostenerlo, anche
se Glam era stabile e fermo.
“No … io devo parlare
con Scott … Ho bisogno di cambiare cura … Non so, non ho le idee chiare in
questo momento …”
Il telefono di casa
squillò.
Era Robert.
Kevin rispose e provò
a passare la chiamata all’ex, ma Geffen fece una smorfia simpatica – “Digli che
lo richiamo io …”
“Mi sembra
preoccupato …”
“Ok, vado in biblioteca
… Scusatemi”
“Robert …”
“Glam, tutto bene?”
“Ciao …” – sorrise.
Downey respirò più
intenso – “Ok, sono uno stronzo, OK? Io, io ti volevo chiedere scusa e”
“Vuoi stare un po’
zitto?” – ora rideva – “Rammenti quando eri tu a farlo?”
“Cosa …?” – chiese
sommesso – “Provare a farti … tacere?” – sorrise imbarazzato ed con un nodo in
gola ingestibile.
“Glam …”
“Adesso non piangere …
Dove ti trovi, Rob?”
“In auto … Sono
uscito a prendere una medicina per Dady”
“Non sta bene?”
Downey liberò due
lacrime pesanti.
“E’ solo una colica …
Non allarmarti”
“Torna subito da lei,
cosa aspetti, tesoro?”
“Sì … Sono arrivato,
ora vado …”
Geffen si ossigenò,
poi mise in un angolo il suo rimpianto, per salutarlo dolce ed amorevole, come
d’abitudine.
“Dalle un bacio, a
lei e Camy … E salutami Jude, vi abbraccio, a presto”
“Sì Glam … a presto,
ciao …”
Tim bussò piano.
“Tesoro vieni pure …”
Geffen lo accolse con
un sorriso.
“Ti ho portato un
caffè e … un certo Vincent Lux ti ha portato qui Louis” – gli comunicò con un
candore adorabile.
“Louis? Non lo
aspettavo e tanto meno con Lux … Veramente lui mi ha cercato prima …” – sbuffò -
“Dov’è Louis?”
“Sotto al patio, con
Lula, che lo sta consolando … Usa Brady 2” – rise.
“Allora è grave” – e scosse
il capo, sorseggiando l’ottimo espresso, che Kevin sapeva preparare a
meraviglia.
“Faresti accomodare
Lux? Ci parlo e poi vi raggiungo, grazie Tim.”
I suoi cieli, erano
accesi verso il giardino, dove avrebbe voluto uscire, anche nudo, mentre Colin
dormiva sereno.
Avevano rifatto l’amore,
poi Farrell era crollato, non senza ripetere quanto lo amasse, senza comunque
parlare di Justin.
Jared scivolò verso
il davanzale, scrutandosi nella lastra di vetro doppio, che rifletteva la sua
immagine asciutta e provata.
L’emicrania era
passata, ma le sue iridi sembravano dilatarsi, ad ogni respiro.
Prese una boccetta,
dal giubbotto di jeans, dimenticato sopra la sedia lì vicino: la fissò a lungo,
poi trangugiò due pillole; non avevano sapore, come il resto, in assenza di
Colin, che mai come allora stava vivendo quanto un’ossessione.
Se lo avesse perduto,
niente lo avrebbe salvato da sé stesso.
Decise che era meglio
tornare a Los Angeles, anticipando la partenza di un paio di giorni; lo avrebbe
comunicato a Farrell appena si fosse svegliato, ma, soprattutto, volle avvisare
Laurie, con una e-mail stringata ed esaustiva.
§
Ciao doc … sono di nuovo a terra, ho bisogno del tuo aiuto. So che credevi in
me, lo hanno fatto anche altri e li ho delusi uno ad uno, senza mai scusarmi
abbastanza. Ci si vede lunedì … Che tu lo voglia o no … JJ §
“E così lui dice la
sua … stronzata …”
Lux era perplesso, ma
anche arrossato, nel rivelare a Geffen i dettagli di quella serata particolare.
“Sono così acerbi e
così arrabbiati con quelli come noi, dall’esistenza comoda …”
“Allora mi detesterà …”
“Ti importa, Vincent?”
L’amico non rispose
immediato.
“Vorrei che tu non
raccontassi a Louis certe cose, su di me …”
“Quali scusa?”
“Lo sai che non sono
immacolato, Glam!”
“E chi lo è, tra noi?”
– sorrise mesto, crogiolandosi sulla chaise long, dalla quale lo stava
ascoltando.
Lux, al contrario,
camminava avanti ed indietro, nervosamente.
“D’accordo, Glam,
però tu non entrare nello specifico”
“Le tue ex mogli?”
“Oh quelle dai …” – e
fece una smorfia da canaglia.
“Del resto so poco”
“Meglio!”
“Sei bisex?”
“NO! … Cioè conosco
gay ovunque, abbiamo rapporti idilliaci, figurati” – si schernì affabile.
“Non è quello che ti
ho chiesto, Vinny” – ridacchiò complice.
“Oh smettila, Geffen!”
“Bene, cambiando
discorso, ho letto il dossier su Alain … Quando partiamo?”
“Dopo il week end,
direi …”
“Devi esserci anche
tu Vincent, sul serio?”
“Ovvio che sì! E tu …
chi ti porti?” – domandò, sulle spine.
“Direi Harry … E
Denny, ma anche Louis, se fanno pace ed ovviamente Sylvie”
“Certo che faranno
pace … Si amano, giusto?” – e si grattò la nuca.
Glam inarcò un
sopracciglio.
“E adesso che ti
prende, cavoli!?”
“Nulla, Vincent …
Nulla.”
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