giovedì 1 agosto 2013

ZEN - CAPITOLO N. 161

 Capitolo n. 161 – zen


Le ciocche erano sparpagliate ai bordi della specchiera antica, sopra quel tavolino da toeletta dell’800.
Un mobile prezioso, anche troppo, per il cottage di Colin e Jared, ma che questi aveva acquistato da un rigattiere parigino, passandoci poi un’estate, anni prima, per restaurarlo personalmente.

Farrell scrutò quei dettagli, le forbici e poi il suo sguardo liquido e commosso, andò a posarsi sulla schiena del compagno.
Leto stava riverso sul letto, le iridi perse oltre le vetrate, rannicchiato e spento, come spesso accadeva, quando il mondo non riusciva a capirlo ed ad accettare le sue emozioni sincere.

“Amore …” – mormorò l’irlandese.

A volta basta un’unica parola, il modo in cui la si dice, per rincuorare anche la persona più triste e svilita, distesa tra la trapunta colorata ed il soffitto, il suo pianto sospeso nell’aria, in un tremolio appena percettibile, ma che Colin sentiva nitido ed in grado di bruciargli l’anima, come nulla al mondo.

Si precipitò a stringerlo, senza che Jared si voltasse. Lo avvolse, come il più impaurito dei cuccioli, mentre, con quei cinque anni in più, rispetto a lui, il cantante doveva essere quanto meno più saggio e composto, anche nei propri eccessi di insicurezza, inspiegabili con un consorte tanto amorevole e presente.
Eppure sembrava non bastare mai, come se la terra gli mancasse sotto ai piedi, ogni volta Colin si distraesse un minimo, senza colpa, senza malizie.

Certo si erano traditi ripetutamente, in passato, forse anche ora, ciò che legava Jared a Glam era un adulterio bello e buono o forse l’amicizia tra Colin e Jude, sapeva di sentimenti rinnegati, attrazione fisica dominata ed intesa, mai a pieno vissuta.

Erano in un turbine, di interrogativi irrisolti, prigionieri anche di quella felicità, di cui mai si erano sentiti meritevoli pienamente.
Erano loro: Colin e Jared, l’incontro, lo scontro, la fusione, l’implosione di due anime gemelle.
Che mai si sarebbero lasciate.
Mai.


“Ehi ragazzino, vuoi buscarti una polmonite??!”
L’esclamazione di Vincent lo trafisse, come la pioggia, che Louis sentiva gocciolargli addosso, rendendo i suoi vestiti zuppi ed il disagio al culmine di una disperazione, che nessuno voleva ascoltare.
Per lui, purtroppo, non esisteva un amico, un padre, un fratello, una ragazza, ai quali raccontare di quanto amasse Harry, di come si sentisse spesso inadeguato nei suoi riguardi, per la sua intelligenza estrema, per l’integrità morale, che lo distingueva dalla massa.
Louis non era una frana sui libri, in fondo non lo era in nulla, ma non sarebbe mai stato all’altezza di Harry, pronto ad arrivare alla meta, anche senza di lui.
L’impiego allo studio Geffen ne era la testimonianza più palese; ed a Louis cosa restava?
Sedurre un tipo come Lux?
Probabilmente sì …

Se ne restava cristallizzato, sul marciapiede, le mani nelle tasche della felpa, con il cappuccio abbassato, lo sguardo nudo, ma a Vincent sembrò che il giovane lo fosse completamente, con gli occhi grandi, impauriti.
Louis fece un passo indietro, appena Lux gli si avvicinò, veloce, togliendosi la giacca, per ripararlo – “No dico, ma cosa ti succede?” – gli chiese, un po’ agitato, sovrastando il frastuono del temporale.
Lui non rispose; salì sul suv, tenendosi ancora le mani dov’erano prima e quell’indumento di Vincent, che sapeva di uomo, un buon dopo barba forse, che sapeva di sigaretta, Louis le vide nel vano oggetti rimasto aperto, che gli raccontava già qualche cosa di quel tizio, probabilmente l’ennesimo lupo cattivo: lo avrebbe divorato senza problemi, quella notte stessa.
Louis ne era convinto e non gli importava un cazzo.

Strizzò le palpebre, appena ripartirono.
Poi balbettò – “Vuoi scoparmi?”
Lux lo fissò, perplesso e sul punto di ridere, ma non c’era niente per cui farlo.

“Sei fuori di testa?”
Louis fece cenno di no, senza guardarlo ancora.

“Dove ti porto? Ce l’hai un posto dove andare?”
“No …”
“Aspetta provo a sentire una persona allora …”
“Una pe persona …?” – era di nuovo spaventato.
“Oh miseria … Sì, pronto, senti dovrei passare da te, sei in città? … No? Ok, ok, ci vengo, anche se il tempo è da cani … e non solo il tempo” – sospirò, riattaccando.

Il resto del viaggio lo fecero in silenzio, spiandosi.
C’era una coperta sul sedile dietro e Vincent gliela porse, con gentilezza, quasi con timore, ma sorridendogli pulito.
Louis vi si raggomitolò, come quei gattini trovati accanto ai bidoni della spazzatura.
Harry lo aveva fatto sentire in quel modo e lui non riusciva a smettere di pensarci; così Haz di cercarlo, come un pazzo, prima a piedi e poi in taxi, per almeno cinque quartieri, limitrofi a quello in cui vivevano, senza esito alcuno.


Colin delineò il suo profilo con l’indice sinistro, poi la sua bocca incontrò quella di Jared, che lo guardava senza più battiti, perché viveva dei suoi, del suo amico, amante, amore assoluto, del padre dei suoi figli, così radicalmente amati da Leto, neppure li avesse concepiti sul serio, in un universo parallelo, dove tutto era possibile.
Anche la loro storia, sopravvissuta a tempeste di ogni genere, sino a quel pomeriggio, in cui il corpo di Farrell si univa al suo, con pazienza, contemplazione, appartenenza senza compromessi od alterazioni.

Il calore di Colin, le sue carezze, le sue labbra morbide e bagnate, scendevano in Jared lenti, con un riguardo totalizzante, capace di farlo sentire al sicuro, finalmente.

“Co Cole io … io non”
Il suo busto asciutto, madido e ricettivo, ad ogni stimolo, come il suo addome, che si contraeva, segnato dai suoi stessi umori, incontenibili in presenza di sollecitazioni continue da parte di Colin, sembrò precipitare tra le lenzuola, per una resa senza condizioni.
Jared allargò le braccia, come a spiccare il volo, il capo reclinato all’indietro, tra i cuscini stropicciati e setosi, mentre Farell si sollevava, inginocchiandosi, senza mai staccarci da lui, aprendogli le gambe sino al punto giusto, per poterlo sentire nell’affondo generoso e definitivo, che li portò oltre il cielo plumbeo, ma rassicurante.

Erano nel loro presente, al riparo dalle invidie, dalle maldicenze, da chi li voleva ancora dipendenti da vizi oppure semplicemente depressi, definendoli persino arroganti e corrotti, nel volere reclamare il loro diritto legittimo ad essere una coppia come quelle etero, con le stesse aspirazioni, non ultima quella di amare i bimbi, che abitavano la End House, adottati o naturali, non c’era differenza.


Glam scese nel living, per conoscere Ivan ed Amos.
Aveva preferito consumare un pasto caldo comodamente in poltrona, nella mansarda dove si erano susseguite le visite anche di Tim, Vas e Peter, mentre Lula giocava ancora sulla spiaggia.
Appena lo vide, però, soldino corse verso di lui, distratto dalle presentazioni, che Kevin stava facendo.

“Perdonatemi, ma devo dare una coccola a questa peste … Amore mio …” – e si piegò per prenderlo in braccio, ma Vas lo anticipò, tirando su Lula, che si sporse per dare un bacio sonoro al suo papà.
“Grazie Vas … sono un po’ malconcio in effetti …” – Geffen sorrise, porgendo poi la mano ad Ivan ed Amos, un po’ in soggezione.

“So che farete un ottimo lavoro per Kevin e Tim … A Lula pensano già Vas e Peter, ma anche voi dategli un’occhiata ogni tanto, vero campione?”
“Loro sono super! Ivan è cintura nera ed Amos … faceva … mmm Wres …”
“Wrestling soldino!” – l’uomo rise.
“Yeahh quella roba lì, papi!”
“Ok … I miei affetti, sapete, sono numerosi … Ma questi tre cuccioli, sono la mia vita, non dimenticatelo mai … Sarete ampiamente ripagati per la vostra devozione, se avete un problema, non esitate a chiedere, sarò sempre disponibile …” – poi fece una pausa, forse quel discorso lo stava emozionando oltre misura.
“Daddy vuoi salire …?” – gli domandò apprensivo Kevin, mentre Tim andò immediato a sostenerlo, anche se Glam era stabile e fermo.
“No … io devo parlare con Scott … Ho bisogno di cambiare cura … Non so, non ho le idee chiare in questo momento …”
Il telefono di casa squillò.
Era Robert.
Kevin rispose e provò a passare la chiamata all’ex, ma Geffen fece una smorfia simpatica – “Digli che lo richiamo io …”
“Mi sembra preoccupato …”
“Ok, vado in biblioteca … Scusatemi”

“Robert …”
“Glam, tutto bene?”
“Ciao …” – sorrise.
Downey respirò più intenso – “Ok, sono uno stronzo, OK? Io, io ti volevo chiedere scusa e”
“Vuoi stare un po’ zitto?” – ora rideva – “Rammenti quando eri tu a farlo?”
“Cosa …?” – chiese sommesso – “Provare a farti … tacere?” – sorrise imbarazzato ed con un nodo in gola ingestibile.
“Glam …”
“Adesso non piangere … Dove ti trovi, Rob?”
“In auto … Sono uscito a prendere una medicina per Dady”
“Non sta bene?”
Downey liberò due lacrime pesanti.
“E’ solo una colica … Non allarmarti”
“Torna subito da lei, cosa aspetti, tesoro?”
“Sì … Sono arrivato, ora vado …”

Geffen si ossigenò, poi mise in un angolo il suo rimpianto, per salutarlo dolce ed amorevole, come d’abitudine.
“Dalle un bacio, a lei e Camy … E salutami Jude, vi abbraccio, a presto”
“Sì Glam … a presto, ciao …”


Tim bussò piano.
“Tesoro vieni pure …”
Geffen lo accolse con un sorriso.
“Ti ho portato un caffè e … un certo Vincent Lux ti ha portato qui Louis” – gli comunicò con un candore adorabile.
“Louis? Non lo aspettavo e tanto meno con Lux … Veramente lui mi ha cercato prima …” – sbuffò - “Dov’è Louis?”
“Sotto al patio, con Lula, che lo sta consolando … Usa Brady 2” – rise.
“Allora è grave” – e scosse il capo, sorseggiando l’ottimo espresso, che Kevin sapeva preparare a meraviglia.

“Faresti accomodare Lux? Ci parlo e poi vi raggiungo, grazie Tim.”


I suoi cieli, erano accesi verso il giardino, dove avrebbe voluto uscire, anche nudo, mentre Colin dormiva sereno.
Avevano rifatto l’amore, poi Farrell era crollato, non senza ripetere quanto lo amasse, senza comunque parlare di Justin.

Jared scivolò verso il davanzale, scrutandosi nella lastra di vetro doppio, che rifletteva la sua immagine asciutta e provata.
L’emicrania era passata, ma le sue iridi sembravano dilatarsi, ad ogni respiro.
Prese una boccetta, dal giubbotto di jeans, dimenticato sopra la sedia lì vicino: la fissò a lungo, poi trangugiò due pillole; non avevano sapore, come il resto, in assenza di Colin, che mai come allora stava vivendo quanto un’ossessione.
Se lo avesse perduto, niente lo avrebbe salvato da sé stesso.
Decise che era meglio tornare a Los Angeles, anticipando la partenza di un paio di giorni; lo avrebbe comunicato a Farrell appena si fosse svegliato, ma, soprattutto, volle avvisare Laurie, con una e-mail stringata ed esaustiva.

§ Ciao doc … sono di nuovo a terra, ho bisogno del tuo aiuto. So che credevi in me, lo hanno fatto anche altri e li ho delusi uno ad uno, senza mai scusarmi abbastanza. Ci si vede lunedì … Che tu lo voglia o no … JJ §


“E così lui dice la sua … stronzata …”
Lux era perplesso, ma anche arrossato, nel rivelare a Geffen i dettagli di quella serata particolare.

“Sono così acerbi e così arrabbiati con quelli come noi, dall’esistenza comoda …”
“Allora mi detesterà …”
“Ti importa, Vincent?”

L’amico non rispose immediato.

“Vorrei che tu non raccontassi a Louis certe cose, su di me …”
“Quali scusa?”
“Lo sai che non sono immacolato, Glam!”
“E chi lo è, tra noi?” – sorrise mesto, crogiolandosi sulla chaise long, dalla quale lo stava ascoltando.
Lux, al contrario, camminava avanti ed indietro, nervosamente.

“D’accordo, Glam, però tu non entrare nello specifico”
“Le tue ex mogli?”
“Oh quelle dai …” – e fece una smorfia da canaglia.
“Del resto so poco”
“Meglio!”
“Sei bisex?”
“NO! … Cioè conosco gay ovunque, abbiamo rapporti idilliaci, figurati” – si schernì affabile.
“Non è quello che ti ho chiesto, Vinny” – ridacchiò complice.
“Oh smettila, Geffen!”
“Bene, cambiando discorso, ho letto il dossier su Alain … Quando partiamo?”
“Dopo il week end, direi …”
“Devi esserci anche tu Vincent, sul serio?”
“Ovvio che sì! E tu … chi ti porti?” – domandò, sulle spine.
“Direi Harry … E Denny, ma anche Louis, se fanno pace ed ovviamente Sylvie”
“Certo che faranno pace … Si amano, giusto?” – e si grattò la nuca.

Glam inarcò un sopracciglio.

“E adesso che ti prende, cavoli!?”
“Nulla, Vincent … Nulla.”










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