Capitolo n. 157 – zen
Shan gli prestò un
maglione, nonostante avesse ravvivato il caminetto, dopo essersi accomodato sul
tappeto, davanti ad esso, insieme al fratello.
“Hai ancora freddo
Jay?” – gli domandò dolce, posando un bacio tra i suoi capelli, ormai da
spuntare; gli arrivavano sulle spalle magre ed un po’ curve, rannicchiate sotto
l’ala destra del batterista.
“No, grazie, va
meglio”
“Parliamone, vuoi?
Prima che”
“Che faccia qualche
cazzata, Shan?” – ribatté depresso e pensieroso.
“In fondo lo sappiamo
entrambi: hai collocato Glam in un posto ben preciso del tuo cuore, quello
lasciato vacante da nostro padre, ma, come se non bastasse, continui a
conservarlo libero in troppi altri angoli di te, che non sai dominare, gestire
e … placare” – valutò senza severità, ma con profondo affetto per lui.
Jared lo fissò.
“Detta così sembra
semplice” – sorrise lieve e vulnerabile.
Shan lo strinse più
forte – “Non voglio che tu soffra, ma non mi resta che discuterne con te,
Jared, perché Geffen non centra niente stavolta”
“Lui, però … ecco,
non smette di …”
“Ti corteggia? Sul
serio?”
“No, ma mi ha ridato
il posto giusto, nella sua vita …”
“E tu non desideravi
altro, vero?” – divenne più serio.
Jared annuì triste – “Sono
uno stronzo … Non cambierò mai”
“Dici così, perché immagini
quanto Colin ci potrebbe rimanere male, nel vederti al punto di partenza, dopo
l’analisi, che sembrava avere dato un senso a questo casino ed un minimo di
pace a voi due!?”
“Sì, certo, ma dovevo
parlarne con qualcuno, che non fosse Laurie, lui mi massacra!” – si lamentò,
gli occhi lucidi.
“E cosa dovrebbe
fare? Cazzo Jay … C’è dell’altro?”
“C’è la salute di
Glam, che non mi convince, ecco! E nessuno mi vuole dire la verità accidenti!”
“Quale verità? E poi perché
ne dovresti essere informato? Lui non è tuo marito!”
Jared si sollevò – “Ora
anche tu ce l’hai con me Shan, mi pare logico ed evidente”
“Non fare la lagna! L’anno
prossimo compirai cinquant’anni! Vuoi crescere oppure no? Hai dieci figli
insieme a Colin, DIECI!”
Geffen la
riaccompagnò a casa.
Sylvie gli aveva
promesso di raccontagli quel segreto, che la tormentava da ormai quattro anni.
“E’ la sua età …” –
disse preparando un caffè, appena si accomodarono nel living del suo loft.
“Di tuo figlio,
Sylvie?” – chiese paterno lui.
“Infatti …” –
sorrise, ma con un nodo alla gola, mentre prendeva una foto dal portafogli.
“Eccolo … Alain … si
chiama così”
“E’ molto carino, ti
somiglia” – osservò sincero l’avvocato.
“Ero una ragazza
sbandata, all’università combinavo solo casini, preferivo le feste, ma gli
esami non andavano male, anzi … Alcuni per merito, i restanti per …”
“Corrompevi i
docenti?”
“Sì Glam, puoi
immaginare come ed ho mandato all’aria anche un matrimonio … Uno di loro è il
padre di Alain, la moglie lo defenestrò letteralmente, anche perché lei era
sterile, quindi si sentì umiliata … Peccato non avessimo un’autentica storia d’amore,
ma solo di sesso, anche squallido …”
“Che fine ha fatto
questo professore?”
“Se ne andò subito in
Australia, vinse una cattedra, poteva fare carriera e non gli importò nulla,
quando gli chiesi si seguirlo, che avremmo avuto un bimbo …”
“Quindi …?”
“Quindi mi diedi una
regolata, volevo laurearmi, senza ritardi, senza più compromessi, però Alain
era … un ostacolo … Una coppia di zii lo prese in affido, poi pretese di
adottarlo e quasi mi costrinsero a firmare un foglio di rinuncia ad ogni
diritto su di lui, dietro un lauto compenso, che non riuscii a rifiutare: mi
avrebbero pagato poi gli studi, una camera a Parigi ed il necessario per vivere
agiatamente, in attesa di un’occupazione stabile e di successo nella capitale …
Potevo spiccare il volo … Sono stata una pazza, perché dopo un mese, sparirono.
Per questo mi vidi costretta ad accettare la proposta di quella Madame …”
“Tu non sai dov’è
Alain?”
“Sì … Me l’hanno
strappato e negato … Ma la colpa è mia, solo mia!” – e scoppiò a piangere.
Geffen l’avvolse – “Non
temere, lo troveremo”
Ivan si guardò le
scarpe, Amos gli diede uno strattone.
Finalmente giunse
Vassily.
“Seguitemi”
Il corridoio del
secondo piano, alla Joy’s House era interminabile.
In fondo, nello
studio, dove Geffen un tempo lavorava, erano riuniti Kevin, Tim e Lula, per
valutare i nuovi body guard, proposti dal sovietico, in quanto suoi cugini.
Alla lontana.
“Yep siete
fichissimi!” – esclamò Lula.
Ivan sembrava così
timido, anche se prestante e solido.
Amos aveva un sorriso
simpatico, sopra un volto segnato da duri allenamenti e, forse, incontri
clandestini di boxe.
Kevin prese un
respiro – “Buongiorno … Guardate a me andate bene, cosa dovrei dire?”
Tim li fissò – “Non
stateci troppo addosso, ok?” – affermò incerto.
I due si guardarono
un po’ interdetti.
“Ma, se dobbiamo
vigilare su di voi …” – accennò Amos.
“Cosa intende, scusi?”
– si inserì Ivan, un po’ innervosito da quella strana richiesta.
“Noi siamo sposati,
questo vi infastidisce?” – chiese secco Kevin.
“No!” – replicò quasi
intimorito Amos.
“Di ciò che fate o
siete non mi riguarda, io sono qui per lavorare.” – asserì Ivan, dignitoso.
Lula gli si avvicinò.
“Andrai a casa per
Natale, te lo prometto” – gli disse solare.
Ivan lo prese in
braccio, ricambiando quel sorriso, ormai di piena intesa.
A questo punto Tim e
Kevin scambiarono un’occhiata esaustiva.
“Siete assunti” –
concluse il bassista soddisfatto.
Colin era al pc,
nella biblioteca della End House.
Conversava divertito
con qualcuno, di cui Jared non riconobbe subito la voce.
Il cantante si fermò
oltre la soglia, poi decise di entrare, per non fare la pessima figura di chi
origlia i discorsi altrui, accorgendosi che era in corso una video chat tra il
marito e Justin.
Redivivo dall’Irlanda,
da dov’era collegato.
“Sì lo abbiamo
ingrandito, sperando di non fallire: il pub andava bene anche stile buco, però
Brian voleva investire i risparmi, sai com’è” – disse radioso.
“Se avete bisogno di
aiuto … Non vorrei sembrarti arrogante, ma”
“Figurati Colin, ti
ringrazio, terremo presente” – rise.
Era cresciuto, aveva
l’aria più matura, i capelli tagliati in maniera diversa, ma rimaneva
incantevole e molto giovane.
“Ciao Cole …”
“Tesoro! Ciao guarda
chi ho beccato online su Facebook”
“Ti sei iscritto …?” –
chiese stranito, facendo un cenno, in favore di telecamera, ad un Justin
improvvisamente vermiglio, dalle gote al collo, senza una ruga.
Leto tossì – “Salve”
“Buongiorno Jared …” –
disse lui, guardando poi Colin.
Farrell era in pieno
relax ed aveva sparse sulla scrivania delle foto di Flo e di Diamond: le aveva
mostrate all’amico, aggiornandolo sulle recenti adozioni.
“Mi diceva Justin che
a Dublino non smette di piovere da una settimana, pensavo di andarci comunque,
te ne avevo parlato, mamma ci aspetta Jay”
“Volentieri … Ho
davvero bisogno di staccare”
“Ah ok … Ok amore,
ora saluto Justin e”
“Colin devo andare,
ci sono quelli dei serramenti … E’ stato un piacere, vi aspettiamo qui, per una
birra … Offerta! Ciao Jared”
“Ciao, salutaci Brian”
– concluse lui, facendo per andarsene, ma Farrell lo trattenne, chiudendo il
portatile.
“Che succede Jay?”
“Nulla … Eri così …
allegro mentre parlavi con lui … e …”
“Ma Jared …” –
replicò mortificato.
“No, non pensare che
io … insomma … Mio Dio sarebbe un attimo perderti, quando ti guardo … sei … sei
una meraviglia di uomo e chiunque farebbe carte false per te Cole” – si sciolse
in lacrime.
Era a pezzi e
detestava farsi vedere e percepire in quel modo, come una lagna, come diceva
Shannon.
La sua fragilità, in
compenso, ai sensi di Colin era ciò di più intenso ed autentico, il compagno
potesse esprimergli.
Confermava la sua
natura tormentata, ma anche la mancanza di maschere, anche se Leto, spesso, ne
indossava almeno una; sempre la stessa.
Si infilarono a
letto, nudi, abbracciandosi, semplicemente quello.
Geffen non avrebbe
fatto accadere nulla, glielo disse subito.
Lei si appese al suo
collo, aderendo al busto dell’uomo, sovrastandolo con la gamba sinistra,
piegata sinuosamente sopra il suo bacino massiccio.
“Come sono contenta,
che tu sia rimasto Glam … ritroveremo Alain?”
“Sì, ma adesso
dormiamo un po’, vuoi?”
“Quel farmaco vero?”
“Mi debilita, però
sto discretamente … Dopo ti porto a cena, mi racconterai i dettagli, i nomi …
Mi servono per le indagini” – e si assopì un secondo dopo.
Sylvie sorrise.
Gli diede un bacio
casto sulle labbra e, a propria volta, cadde in un sonno leggero, quanto
rassicurante.
Ad Ivan ed Amos venne
assegnata un’ala della residenza, dov’era stato ricavato un appartamento, con
due camere indipendenti, con bagno annesso, un salone, una cucina living ed il
giardino privato.
Kevin si era informato
circa la presenza di familiari, che avrebbe ospitato volentieri, ma, a ciò che
sapeva Vas, i due non avevano nessuno, in città almeno.
Nell’ex Unione
Sovietica, invece, vivevano gli anziani nonni di Ivan e la ex moglie di Amos.
C’erano alcuni
fratelli e sorelle, ma Vassily non li conosceva.
“Dove vuoi sistemarti
Ivan?”
“Scegli tu …
Preferisci il soppalco, c’è una bella vista dal letto …”
“Pare di sì … Ok, io
salgo” – rise, riprendendo il trolley.
Peter li stava
aiutando.
Ivan lo stava spiando
da un po’.
“E voi due … State
nel villino di ingresso?” – domandò improvviso, ma educato.
“Sì, è una bella
soluzione”
“E … state davvero
insieme, con Vas?”
“Da anni …”
“Non è che i padroni
pensano che io ed Amos”
“Che dici Ivan?” –
rise – “Mica assumono solo gay!”
“E poi tu non sei il
mio tipo!” – gridò Amos da sopra, facendo una grassa risata.
Era un buontempone.
“Quel bimbo è
adorabile …” – aggiunse Ivan, con aria mesta.
Peter lo notò.
“A proposito … Amos
scendi, devo dirvi una cosa su Lula. So che non sarà facile crederci, ma è
tutto vero … Ascoltate …”
Tim prese la brochure
del cinese e fece l’ordinazione.
“Che tu sappia daddy
passa di qui? Prendo qualcosa in più?”
Raramente apostrofava
Geffen in quella maniera, ma a Kevin non dispiaceva.
“Non ne ho idea
cucciolo … Ma sì, aggiungi dell’anatra arrosto, poi quelle verdure speziate …”
“Ok, capito, semmai
gliele riscaldiamo … E Lula?”
“Pizza, sempre pizza …”
– bofonchiò.
“Perfetto … Sì, senza
nulla … Ok, per le otto, vi aspettiamo, solito indirizzo, la ringrazio” – e riattaccò.
“Wow abbiamo venti
minuti dunque per …” – e gli saltò addosso, sopra il divano, come un
adolescente, ridendo e facendogli il solletico; Tim non se l’aspettava e non
riuscì ad evitare quell’amorevole attacco di coccole, che ben presto divennero
molto sensuali e lascive.
I vestiti si
polverizzarono tra le loro mani avide ed i corpi si incastrarono immediati,
dopo che Kevin, aiutandosi con un po’ di saliva, lubrificò entrambi, anche se
sommariamente.
Tim si voltò, a
pancia in giù, ansimando.
Il consorte si sentì
avvampare – “E’ così che vuoi farlo, piccolo?” – gli ringhiò nella nuca ed il
giovane diede il suo assenso, mordendo un cuscino ed afferrando il bracciolo
imbottito e prezioso.
Se lo sentì risalire,
fino alla gola, al cervello, con una virilità, a cui Kevin lo aveva abituato.
I colpi successivi
furono più cauti, ma poi, ridotto a carponi, il suo sembiante divenne il tempio
della libido più sfrenata, che l’amante più maturo, non gli negò affatto,
rendendo quell’amplesso tanto veloce, quanto sublime.
BRIAN E JUSTIN: LI RICORDATE? OGNI TANTO ... RITORNANO ;-)
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