mercoledì 24 luglio 2013

ZEN - CAPITOLO N. 157

Capitolo n. 157 – zen


Shan gli prestò un maglione, nonostante avesse ravvivato il caminetto, dopo essersi accomodato sul tappeto, davanti ad esso, insieme al fratello.

“Hai ancora freddo Jay?” – gli domandò dolce, posando un bacio tra i suoi capelli, ormai da spuntare; gli arrivavano sulle spalle magre ed un po’ curve, rannicchiate sotto l’ala destra del batterista.

“No, grazie, va meglio”
“Parliamone, vuoi? Prima che”
“Che faccia qualche cazzata, Shan?” – ribatté depresso e pensieroso.
“In fondo lo sappiamo entrambi: hai collocato Glam in un posto ben preciso del tuo cuore, quello lasciato vacante da nostro padre, ma, come se non bastasse, continui a conservarlo libero in troppi altri angoli di te, che non sai dominare, gestire e … placare” – valutò senza severità, ma con profondo affetto per lui.

Jared lo fissò.
“Detta così sembra semplice” – sorrise lieve e vulnerabile.
Shan lo strinse più forte – “Non voglio che tu soffra, ma non mi resta che discuterne con te, Jared, perché Geffen non centra niente stavolta”
“Lui, però … ecco, non smette di …”
“Ti corteggia? Sul serio?”
“No, ma mi ha ridato il posto giusto, nella sua vita …”
“E tu non desideravi altro, vero?” – divenne più serio.
Jared annuì triste – “Sono uno stronzo … Non cambierò mai”
“Dici così, perché immagini quanto Colin ci potrebbe rimanere male, nel vederti al punto di partenza, dopo l’analisi, che sembrava avere dato un senso a questo casino ed un minimo di pace a voi due!?”
“Sì, certo, ma dovevo parlarne con qualcuno, che non fosse Laurie, lui mi massacra!” – si lamentò, gli occhi lucidi.
“E cosa dovrebbe fare? Cazzo Jay … C’è dell’altro?”
“C’è la salute di Glam, che non mi convince, ecco! E nessuno mi vuole dire la verità accidenti!”
“Quale verità? E poi perché ne dovresti essere informato? Lui non è tuo marito!”
Jared si sollevò – “Ora anche tu ce l’hai con me Shan, mi pare logico ed evidente”
“Non fare la lagna! L’anno prossimo compirai cinquant’anni! Vuoi crescere oppure no? Hai dieci figli insieme a Colin, DIECI!”


Geffen la riaccompagnò a casa.
Sylvie gli aveva promesso di raccontagli quel segreto, che la tormentava da ormai quattro anni.

“E’ la sua età …” – disse preparando un caffè, appena si accomodarono nel living del suo loft.

“Di tuo figlio, Sylvie?” – chiese paterno lui.
“Infatti …” – sorrise, ma con un nodo alla gola, mentre prendeva una foto dal portafogli.
“Eccolo … Alain … si chiama così”
“E’ molto carino, ti somiglia” – osservò sincero l’avvocato.

“Ero una ragazza sbandata, all’università combinavo solo casini, preferivo le feste, ma gli esami non andavano male, anzi … Alcuni per merito, i restanti per …”
“Corrompevi i docenti?”
“Sì Glam, puoi immaginare come ed ho mandato all’aria anche un matrimonio … Uno di loro è il padre di Alain, la moglie lo defenestrò letteralmente, anche perché lei era sterile, quindi si sentì umiliata … Peccato non avessimo un’autentica storia d’amore, ma solo di sesso, anche squallido …”
“Che fine ha fatto questo professore?”
“Se ne andò subito in Australia, vinse una cattedra, poteva fare carriera e non gli importò nulla, quando gli chiesi si seguirlo, che avremmo avuto un bimbo …”
“Quindi …?”
“Quindi mi diedi una regolata, volevo laurearmi, senza ritardi, senza più compromessi, però Alain era … un ostacolo … Una coppia di zii lo prese in affido, poi pretese di adottarlo e quasi mi costrinsero a firmare un foglio di rinuncia ad ogni diritto su di lui, dietro un lauto compenso, che non riuscii a rifiutare: mi avrebbero pagato poi gli studi, una camera a Parigi ed il necessario per vivere agiatamente, in attesa di un’occupazione stabile e di successo nella capitale … Potevo spiccare il volo … Sono stata una pazza, perché dopo un mese, sparirono. Per questo mi vidi costretta ad accettare la proposta di quella Madame …”
“Tu non sai dov’è Alain?”
“Sì … Me l’hanno strappato e negato … Ma la colpa è mia, solo mia!” – e scoppiò a piangere.
Geffen l’avvolse – “Non temere, lo troveremo”


Ivan si guardò le scarpe, Amos gli diede uno strattone.
Finalmente giunse Vassily.
“Seguitemi”

Il corridoio del secondo piano, alla Joy’s House era interminabile.
In fondo, nello studio, dove Geffen un tempo lavorava, erano riuniti Kevin, Tim e Lula, per valutare i nuovi body guard, proposti dal sovietico, in quanto suoi cugini.
Alla lontana.

“Yep siete fichissimi!” – esclamò Lula.

Ivan sembrava così timido, anche se prestante e solido.
Amos aveva un sorriso simpatico, sopra un volto segnato da duri allenamenti e, forse, incontri clandestini di boxe.

Kevin prese un respiro – “Buongiorno … Guardate a me andate bene, cosa dovrei dire?”
Tim li fissò – “Non stateci troppo addosso, ok?” – affermò incerto.

I due si guardarono un po’ interdetti.

“Ma, se dobbiamo vigilare su di voi …” – accennò Amos.
“Cosa intende, scusi?” – si inserì Ivan, un po’ innervosito da quella strana richiesta.

“Noi siamo sposati, questo vi infastidisce?” – chiese secco Kevin.
“No!” – replicò quasi intimorito Amos.
“Di ciò che fate o siete non mi riguarda, io sono qui per lavorare.” – asserì Ivan, dignitoso.

Lula gli si avvicinò.
“Andrai a casa per Natale, te lo prometto” – gli disse solare.
Ivan lo prese in braccio, ricambiando quel sorriso, ormai di piena intesa.
A questo punto Tim e Kevin scambiarono un’occhiata esaustiva.
“Siete assunti” – concluse il bassista soddisfatto.


Colin era al pc, nella biblioteca della End House.
Conversava divertito con qualcuno, di cui Jared non riconobbe subito la voce.
Il cantante si fermò oltre la soglia, poi decise di entrare, per non fare la pessima figura di chi origlia i discorsi altrui, accorgendosi che era in corso una video chat tra il marito e Justin.
Redivivo dall’Irlanda, da dov’era collegato.

“Sì lo abbiamo ingrandito, sperando di non fallire: il pub andava bene anche stile buco, però Brian voleva investire i risparmi, sai com’è” – disse radioso.
“Se avete bisogno di aiuto … Non vorrei sembrarti arrogante, ma”
“Figurati Colin, ti ringrazio, terremo presente” – rise.
Era cresciuto, aveva l’aria più matura, i capelli tagliati in maniera diversa, ma rimaneva incantevole e molto giovane.

“Ciao Cole …”
“Tesoro! Ciao guarda chi ho beccato online su Facebook”
“Ti sei iscritto …?” – chiese stranito, facendo un cenno, in favore di telecamera, ad un Justin improvvisamente vermiglio, dalle gote al collo, senza una ruga.
Leto tossì – “Salve”
“Buongiorno Jared …” – disse lui, guardando poi Colin.
Farrell era in pieno relax ed aveva sparse sulla scrivania delle foto di Flo e di Diamond: le aveva mostrate all’amico, aggiornandolo sulle recenti adozioni.

“Mi diceva Justin che a Dublino non smette di piovere da una settimana, pensavo di andarci comunque, te ne avevo parlato, mamma ci aspetta Jay”
“Volentieri … Ho davvero bisogno di staccare”
“Ah ok … Ok amore, ora saluto Justin e”
“Colin devo andare, ci sono quelli dei serramenti … E’ stato un piacere, vi aspettiamo qui, per una birra … Offerta! Ciao Jared”
“Ciao, salutaci Brian” – concluse lui, facendo per andarsene, ma Farrell lo trattenne, chiudendo il portatile.

“Che succede Jay?”
“Nulla … Eri così … allegro mentre parlavi con lui … e …”
“Ma Jared …” – replicò mortificato.
“No, non pensare che io … insomma … Mio Dio sarebbe un attimo perderti, quando ti guardo … sei … sei una meraviglia di uomo e chiunque farebbe carte false per te Cole” – si sciolse in lacrime.
Era a pezzi e detestava farsi vedere e percepire in quel modo, come una lagna, come diceva Shannon.
La sua fragilità, in compenso, ai sensi di Colin era ciò di più intenso ed autentico, il compagno potesse esprimergli.
Confermava la sua natura tormentata, ma anche la mancanza di maschere, anche se Leto, spesso, ne indossava almeno una; sempre la stessa.


Si infilarono a letto, nudi, abbracciandosi, semplicemente quello.
Geffen non avrebbe fatto accadere nulla, glielo disse subito.
Lei si appese al suo collo, aderendo al busto dell’uomo, sovrastandolo con la gamba sinistra, piegata sinuosamente sopra il suo bacino massiccio.

“Come sono contenta, che tu sia rimasto Glam … ritroveremo Alain?”
“Sì, ma adesso dormiamo un po’, vuoi?”
“Quel farmaco vero?”
“Mi debilita, però sto discretamente … Dopo ti porto a cena, mi racconterai i dettagli, i nomi … Mi servono per le indagini” – e si assopì un secondo dopo.
Sylvie sorrise.
Gli diede un bacio casto sulle labbra e, a propria volta, cadde in un sonno leggero, quanto rassicurante.


Ad Ivan ed Amos venne assegnata un’ala della residenza, dov’era stato ricavato un appartamento, con due camere indipendenti, con bagno annesso, un salone, una cucina living ed il giardino privato.

Kevin si era informato circa la presenza di familiari, che avrebbe ospitato volentieri, ma, a ciò che sapeva Vas, i due non avevano nessuno, in città almeno.
Nell’ex Unione Sovietica, invece, vivevano gli anziani nonni di Ivan e la ex moglie di Amos.
C’erano alcuni fratelli e sorelle, ma Vassily non li conosceva.

“Dove vuoi sistemarti Ivan?”
“Scegli tu … Preferisci il soppalco, c’è una bella vista dal letto …”
“Pare di sì … Ok, io salgo” – rise, riprendendo il trolley.
Peter li stava aiutando.
Ivan lo stava spiando da un po’.

“E voi due … State nel villino di ingresso?” – domandò improvviso, ma educato.
“Sì, è una bella soluzione”
“E … state davvero insieme, con Vas?”
“Da anni …”
“Non è che i padroni pensano che io ed Amos”
“Che dici Ivan?” – rise – “Mica assumono solo gay!”
“E poi tu non sei il mio tipo!” – gridò Amos da sopra, facendo una grassa risata.
Era un buontempone.

“Quel bimbo è adorabile …” – aggiunse Ivan, con aria mesta.
Peter lo notò.
“A proposito … Amos scendi, devo dirvi una cosa su Lula. So che non sarà facile crederci, ma è tutto vero … Ascoltate …”


Tim prese la brochure del cinese e fece l’ordinazione.
“Che tu sappia daddy passa di qui? Prendo qualcosa in più?”
Raramente apostrofava Geffen in quella maniera, ma a Kevin non dispiaceva.

“Non ne ho idea cucciolo … Ma sì, aggiungi dell’anatra arrosto, poi quelle verdure speziate …”
“Ok, capito, semmai gliele riscaldiamo … E Lula?”
“Pizza, sempre pizza …” – bofonchiò.
“Perfetto … Sì, senza nulla … Ok, per le otto, vi aspettiamo, solito indirizzo, la ringrazio” – e riattaccò.
“Wow abbiamo venti minuti dunque per …” – e gli saltò addosso, sopra il divano, come un adolescente, ridendo e facendogli il solletico; Tim non se l’aspettava e non riuscì ad evitare quell’amorevole attacco di coccole, che ben presto divennero molto sensuali e lascive.

I vestiti si polverizzarono tra le loro mani avide ed i corpi si incastrarono immediati, dopo che Kevin, aiutandosi con un po’ di saliva, lubrificò entrambi, anche se sommariamente.
Tim si voltò, a pancia in giù, ansimando.
Il consorte si sentì avvampare – “E’ così che vuoi farlo, piccolo?” – gli ringhiò nella nuca ed il giovane diede il suo assenso, mordendo un cuscino ed afferrando il bracciolo imbottito e prezioso.

Se lo sentì risalire, fino alla gola, al cervello, con una virilità, a cui Kevin lo aveva abituato.
I colpi successivi furono più cauti, ma poi, ridotto a carponi, il suo sembiante divenne il tempio della libido più sfrenata, che l’amante più maturo, non gli negò affatto, rendendo quell’amplesso tanto veloce, quanto sublime.


 OMAGGIO AL CAST DI SPARTACUS :) BARRY DUFFIELD è AMOS mentre MANU BENNET è IVAN
 BRIAN E JUSTIN: LI RICORDATE? OGNI TANTO ... RITORNANO ;-)





Nessun commento:

Posta un commento