Capitolo n. 145
- zen
I pollici di Robert gli stavano massaggiando le
tempie madide, mentre si baciavano, stropicciati tra le lenzuola, dove Jude se
lo sentiva arrivare ovunque, quell’ardore che il compagno sembrava avere
ritrovato da settimane.
Lo amava così intensamente da fargli perdere la
cognizione del tempo e dello spazio, dove ogni cosa si dilatava, nel tremolio
rimandato dalle sue iridi illuminate da ciò che provava per lui, per quell’uomo
di sette anni più grande, raramente se lo ricordava, nel suo splendore di
persona unica, carismatica, contagiosa; neppure il cancro lo aveva fermato.
“Ro Rob …” – balbettò, percependolo schiudergli
maggiormente le gambe, come se fosse possibile arrivargli ancora più in fondo,
ma era ciò che Downey stava facendo, senza smettere di confortarlo tra baci e
carezze dolcissime, mentre l’erotismo dei suoi fianchi stava incedendo e
dilagando.
Robert gli afferrò i polsi, portandoglieli sopra
la testa, mentre lo colpiva inclinandosi di poco, per farlo godere in un modo
che Jude collegava ai loro primi amplessi, quando gli incontri erano fatti di
brevi saluti, quasi silenzi, per l’urgenza di appartenersi, incastrati in due
vite parallele, simili, opprimenti.
Sembrò come una tempesta, il suo quietarsi, dopo,
quando l’americano si rilassò sul petto del suo ragazzo inglese, ansimante
quanto lui, che era pronto a parlargli di qualcosa, rimandato sino a quell’istante
così perfetto.
“E tu quindi pensi che Geffen possa essere quel
padre, che ti è mancato Louis?”
Harry glielo domandò mentre si allacciavano
reciprocamente le camice bianche, prima di recarsi alla cerimonia di Kevin e
Tim.
“No … Comunque non dirò più nulla di equivoco”
“Il mio spauracchio è che lui possa equivocare, Louis” – sorrise arruffandogli
i capelli.
“E’ … molto adulto, non penso proprio che potrei
interessargli” – scherzò, ma le iridi liquide di Harry confermarono la sua
gelosia smodata verso chiunque dimostrasse interesse per Louis, il suo Louis.
“A volte sei buffo Haz, ma proprio non ti fidi di
me?” – chiese ridendo.
“Non mi fido delle nostre paure: spesso ci fanno
fare cose stupide” – affermò serio.
Louis gli raccolse le guance, dandogli un lungo
bacio, colmo di tenerezza.
Un sms li interruppe.
Era Jimmy, che li avvisava del passaggio di un taxi,
che li avrebbe recuperati per andare al matrimonio.
Ne sarebbe seguito un party sulla terrazza di un
hotel in centro, per i pochi presenti.
“Wow Louis … Siamo in ballo e quindi … Balliamo?” –
sorrise.
“Se ti va sì, se no saliamo sul primo aereo e ce
ne torniamo a Los Angeles” – replicò limpido.
“Vorrei dare una possibilità a questi bravi
ragazzi, ma sarò vigile per qualsiasi evenienza” – ribatté serio.
“Ok Haz, io non te ne darò motivo” – e lo baciò
nuovamente, facendogli dimenticare persino il suo nome.
Tim si intossicò del suo dopobarba, scivolando nel
collo di Kevin.
“Fare sesso prima delle nozze non era consentito …
una volta” – mormorò il giovane, giocherellando con la barba del bassista, che
gli sorrise, avvolgendolo meglio.
“Devo farmela … Non posso arrivare così davanti al
pastore.” – disse stiracchiandosi come un puma appagato.
“Ho sete, scusami Kevin” – e si alzò, cercando la
caraffa sopra il comodino; aveva come un’arsura alla gola, dovuta ai farmaci.
Kevin spiò il fisico di Tim, dopo essersi girato a
pancia in giù, avvinghiato sensualmente al cuscino.
C’erano ancora alcuni lividi sulla schiena, tra le
costole e lo sterno, oltre a qualche graffio sulle braccia, provocati
certamente dai rami, ai quali Tim si era di certo aggrappato, nel vano
tentativo di risalire sulla banchina; peccato non rammentasse nulla.
Il bernoccolo sulla nuca era quasi sparito, ma
doveva fare attenzione nel lavarsi e pettinarsi, cosa a cui provvedeva
amorevolmente Kevin, da quando si erano trasferiti in quella suite faraonica,
regalo di Glam e Lula, oltre alle fedi, già recapitate dal gioielliere e che la
coppia gradì molto.
“Tesoro vieni qui” – gli disse Kevin mettendosi
seduto sul bordo, porgendogli la mano.
Tim lo raggiunse trepidante.
“Che c’è ...?” – chiese malizioso.
“Fermo così …” – disse piano l’ex di Geffen,
segnandogli piano le sporgenze del bacino con l’indice ed il medio destri,
tendendo la pelle, dove cominciò a spargere baci leggeri, per poi succhiarne la
delicata porzione dal colorito più chiaro.
Con la sinistra, invece, Kevin si prese cura dell’erezione
del suo giovane sposo, che già considerava tale, guardandolo poi dal basso in
totale adorazione, che tolse il respiro a Tim, mentre il massaggio al suo
membro aumentava, così i suoi ansiti, fino ad un orgasmo sublime, che inondò la
gola dell’altro, ingordo di lui come non mai.
Law si dimenticò di respirare, senza ribattere;
non subito.
“Non sei contento amore? … Jude”
“No, no, aspetta Robert, certo che lo sono” – gli sorrise
imbarazzato, interrompendo la sua esternazione, già demoralizzata sul nascere
di quel discorso delicato.
“So che abbiamo già dei figli, ma vorrei dare una
sorellina a Camilla ed a tutti loro, ecco” – proseguì candido e spontaneo, con
quei quarzi grandi e liquidi, che stavano già scorrendo nel cuore di Jude
Il biondo arrise, finalmente, alle parole di
Downey, che gli si appese al collo, in preda ad un’ondata di gratitudine e
gioia.
“Grazie Judsie” – e lo baciò.
Law arricciò il naso, poi fece una battuta,
ritrovando a pieno la loro intesa complice ed anche amichevole, senza pari – “Dopo
stanotte, credo peraltro di essere incinto, non credi anche tu?”
Risero, stringendosi forte, ancora più uniti da
quel progetto imminente, che faceva comunque sorgere alcuni timori in Jude: li
avrebbe dissipati al più presto, ma non con Robert.
Lui andava protetto da qualsiasi contrattempo,
affinché fosse felice e realizzato in ogni minima aspettativa; lo meritava,
assolutamente.
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