mercoledì 3 luglio 2013

ZEN - CAPITOLO N. 143



Capitolo n. 143  -  zen


Le ante si aprirono lente, accompagnate da un suono di filo diffusione, che rimandava le note di una composizione di Chopin.
Robert e Jude, erano abbracciati contro lo specchio interno della cabina, rapiti da un bacio mozzafiato.

Geffen tossì leggermente, senza comunque distoglierli dal loro scrutarsi, profondo, dopo quel contatto altrettanto significativo.
Sembravano sospesi in un’altra dimensione.


Louis sgranò i suoi occhi su Harry, contrito nel vestirsi, dopo una doccia veloce e solitaria.
Solitamente si lavavano reciprocamente, facendosi dispetti e scambiando tenerezze, anche molto intime.

“Che ho fatto?” – chiese colpevole, parlando alla schiena ancora nuda di Harry.
“E me lo chiedi?!” – sbottò, senza girarsi.
“Stavo solo … scherzando, ecco … Glam è simpatico”
Harry a quel punto si voltò di scatto, fissandolo greve – “E tu insisti, non vuoi davvero capire con chi abbiamo a che fare! Geffen è di certo una brava persona, finché gli vai a genio, ma la cosa termina lì se solo gli tocchi chi ama o minacci la sua sicurezza od interferisci nel suo mondo!”
Louis tirò su dal naso – “Ne parli come se lo conoscessi …”
“Seguendo il suo lavoro, esclusivamente per motivi di studio, ho imparato alcune delle sue caratteristiche o, per meglio dire, della sua fama” – insistette serio.i,
“E cosa potrebbe farmi per averlo chiamato papi?” – rise.
Harry scrollò il capo pesante per una fastidiosa emicrania – “E’ come con Ivo, stesso registro, un incosciente, ecco cosa sei” – e provò a defilarsi.
Louis gli afferrò il braccio destro, arrabbiato, sentendosi stupido, poi sembrò scusarsi subito, abbracciandolo, con il bisogno di sentire i battiti del cuore di Harry contro i suoi, custoditi nei loro busti glabri, tatuati e suggellati, ora.
Si baciarono, tremando.


“Ok time out!” – esordì Geffen, facendo sobbalzare Rob e Jude, che scoppiarono a ridere, avvampando, come adolescenti beccati dal preside.
“Io avevo già pronte le bombole di ossigeno” – si inserì sibillino Scott.
“Noi stavamo parlando …” – sembrò giustificarsi Downey, facendo posto ai due amici, ma senza mollare la presa su Jude, che non chiedeva di meglio.
“Dove andate?” – chiese Uk buddy.
“A pranzo, ma adesso un drink, nell’attesa di Harry e Louis … Anche loro stavano facendo un discorso, prima, saltando sul materasso, li si sentiva dal corridoio” – replicò allegro Geffen.
“E voi, vecchi sporcaccioni, stavate ad origliare?” – lo provocò l’americano.
Glam gli diede una pacca sul sedere, spingendolo fuori, ormai giunti al piano terreno, dove alcuni ospiti dell’hotel riconobbero i due indimenticabili Holmes e Watson, trattenendoli per foto e autografi, senza possibilità di fuga.


Kevin non ne fu infastidito minimamente.
Jimmy era disteso a lato di Tim, circondato da lui, ma anche da Lula, appena giunto in quel di Parigi, scortato da Vassily e Peter.
Tutti e tre dormivano beati.
Soldino si accorse subito della presenza di Kevin e gli sorrise.

“Ciao papake!”
“Amore mio … Papi Glam sa che sei qui?”
“Non proprio!” – rise, appendendosi al suo collo.
“Credo sia al ristorante con zio Scott …”
Jimmy masticò un saluto, risvegliandosi lento.
Appena si accorse di Kevin fece un’espressione esilarante.

“Non agitarti, sono felice che tu sia qui” – lo tranquillizzò il bassista.
Anche Tim fece una smorfia sorniona, stiracchiandosi, per poi ritrovarsi sul petto di Kevin, che gli diede un bacio carico di tenerezza ed ammirazione.
“Hai riposato cucciolo?”
“Certo … E Lula mi ha tenuto compagnia, così Jimmy, mentre tu non c’eri” – replicò rannicchiandosi meglio.
“Avevo un impegno importante … con un pastore, sai?”
Lula fece un saltello di gioia – “Yipiii lo sapevo!”
“Ci farai da paggetto soldino?” – “Ovvio papà!”
“E tu mi farai da testimone?” – domandò Tim, rivolgendosi a Jimmy, che accettò senza esitazioni.


Louis stava scegliendo dei pomodori al buffet dell’insalata, asciugandosi repentino lo zigomo sinistro, appena gli si avvicinò Geffen.

“Quella era una lacrima?” – chiese dolce l’uomo.
“No … No, colpa della cipolla” – rise nervoso indicandola.
“Quello è finocchio tagliato a rondelle” – gli bisbigliò affabile Glam.
“Ah … ok …” – e lo scrutò, con quei due fanali accesi sul mondo, che tanto ambiva, ma solo per una ragione ben precisa.

Il benessere di Harry, l’ossessione quasi, di garantirgli un futuro migliore; qualcosa lo avevano già ottenuto, alloggiando a villa Meliti, ma Louis la viveva più come una cortesia temporanea e non certo una sistemazione solida, senza contare che la ragione principale, restava la vicenda legata a Tim.
Ne era sostanzialmente convinto.

Poi c’era un secondo motivo, ma non aveva mai avuto la forza di parlarne, neppure con Harry.

Geffen inspirò.
“Ok, tu sei a pezzi, Harry ha un muso lungo quanto la Senna: si può sapere che succede?” – domandò paterno.
“Nulla … Nulla, scaramucce tra fidanzati” – si affrettò a spiegare, posando la ciotola nel vassoio, ancora vuoto.
“Ne sono sicuro, siete così … piccoli” – sorrise.
“Sì, ma non sprovveduti come sembra!” – affermò con una veemenza adorabile.
“In ogni caso non hai risposto”
“A cosa?” – quasi balbettò.
“Quel papi …
“Non significa nulla, cosa avrò mai detto?” – si lamentò flebile, vedendo sopraggiungere Harry.
“E’ un’abitudine diffusa, chiamarmi in modi diversi, sai Louis?”
“Si, me ne sono accorto … Ehi ciao, vuoi delle verdure amore?” – domandò imbarazzato al compagno, che ormai gli si era appiccicato, con uno sguardo inquisitore.
“No, voglio ben altro!” – ribatté, senza alzare la voce.
Geffen se ne andò, accomodandosi alla tavolata, dove Scott, Jude e Robert erano già al primo.
Downey lo accolse con un pizzicotto, canzonandolo – “Stai diventando una capra quanto Jared?”
“Può darsi …” – rispose distrattamente, sbirciando le mosse di Harry e Louis, rendendosi conto che erano spariti.


Rossi chiuse la valigia, mentre seguiva un telegiornale alla tv.
La notizia sull’arresto di Ivo e la sua estradizione, stava facendo il giro del mondo.
Spense, perché qualcuno aveva bussato.
Era Reid.

“Già di partenza?” – chiese entrando, con la sua consueta timidezza.
“Sì, mi mancano troppo Kurt e Martin e poi devo seguire Steadman negli interrogatori a Quantico” – spiegò sereno, controllando passaporto e biglietto aereo.
“Ok … Speravo ti trattenessi per il matrimonio di Kevin e Tim”
“Così presto? Credevo svolgessero la cerimonia a Los Angeles francamente”
“A quanto pare Tim non è rimasto traumatizzato da questa città …”
“Buon per lui” – David sorrise, dando una carezza alle gote vivide di Spencer, dopo avere preso la valigia, con un’inconfondibile solerzia.
Reid deglutì a vuoto, poi prese un minimo di forza, dal groviglio, che sentiva al centro dello stomaco.
“E’ … è sempre bello poterti stare accanto Dave, anche se per poco …”
“Sì, lavoriamo alla grande, quando siamo insieme.” – disse leggero, con la testa altrove.
Spencer si impose un cenno di assenso, poi un congedarsi innocuo per entrambi, attraverso un bacio fugace sulla guancia dell’agente anziano, che gli regalò ancora un buffetto affettuoso, prima di chiudersi la porta della suite alle spalle, senza più guardarsi indietro.
E senza più guardare Reid, che si sentì come un fantasma.


Jared se lo ritrovò davanti nelle toilette, inaspettato.
“Ciao Glam … Credevo fossi in albergo” – disse asciutto.
“Ciao Jay, come ti senti?” – chiese gentile, ma distaccato, sciacquandosi la faccia un po’ tirata.
“Bene, grazie a Colin”
“Sì, ovvio …” – prese fiato, cogliendo il suo sarcasmo aspro.
“Io glielo dirò, sappilo.”
“Ed a che scopo?”
“E’ il mio percorso, è quello che tu”
“Ho rovinato, Jared?” – ribatté irritato.

Leto non fece in tempo a controbattere, che Farrell si palesò.
“Amore sei qui … Ciao Glam, che succede?”
“Colin io devo dirti una cosa e devo farlo subito!”
“Tesoro non agitarti …”
L’irlandese lo strinse, quasi cullandolo, ma il leader dei Mars voleva liberarsi di quel peso, correndo i propri rischi.
“No, ascoltami ti prego …” – disse in lacrime.
“Jay …?”
“Quando cercavamo Tim, stava diluviando, io ero intirizzito e con Glam ci siamo riparati in una torretta e poi … Poi ci siamo baciati”
“Cristo Jared smettila! E’ stato un semplice, fottutissimo bacio!!” – inveii l’avvocato, più per bloccare quel racconto sul nascere, prima che Leto rivelasse come si erano desiderati a vicenda.
L’attore diede avvolse meglio il consorte, rassicurandolo – “Jay torna in camera e vestiti, sei stato dimesso ed i tuoi esami vanno bene, ok?” – gli disse dolcemente.
“Colin io …”
“Ti amo Jared, non avere alcun dubbio: ti ringrazio per essere stato sincero, so che non è mai semplice esserlo in certe situazioni, ma ora vorrei parlare con Glam. Torno da te presto, solo pochi minuti.” – e lo avviò verso l’uscita, senza alcuna irruenza, per poi appoggiare la fronte all’anta in legno bianco, che Farrell sigillò con un sospiro pesante, come l’atmosfera, tra loro.

“Colin stammi a sentire”
“No, ascoltami tu, una volta tanto, se non è troppo disturbo, Glam” – ringhiò, sfidandolo quasi.
“Ti chiedo scusa”
“Chiedila a Jared!”
“L’ho fatto, non ho mai smesso e sono stufo marcio di farlo, va bene??!”
“Mio marito è tornato in analisi, onde evitare di ricadere negli psicofarmaci e nelle dipendenze peggiori, al fine di ritrovare un equilibrio, che probabilmente non ha mai neppure conosciuto e tu lo sai benissimo, cazzo!!” – affermò furioso.
“L’ho sempre aiutato od hai la memoria corta?? Ne sono uscito devastato e quando ho provato a mettere della distanza tra lui e me ed anche voi, mi siete ripiombati tra i piedi, come una maledizione!!”
“Se pensi questo di noi, Glam, puoi immaginare come ti consideri io, dopo tutto il male che ho sofferto a causa tua” – replicò fissandolo ostile.
Geffen rise mesto – “Ti stai rivelando un ipocrita senza limiti, senza vergogna direi, Colin, oltre modo tronfio nel sottolineare che Jared è tuo, che te lo sei sposato, ma sai,  penso di essere stato un coniuge migliore di te, in molteplici occasioni, anche se non esisteva un contratto scritto a sancire quanto Jared ed io ci amassimo: sì, perché vedi, c’era proprio lui, accanto a me, innamorato e felice, ma sempre con il senso di colpa per averti abbandonato al tuo destino squallido, dove TU ti eri cacciato, da immaturo e da stronzo quale eri. E’ una verità che non ammetterai mai, però tale rimane: convivi con essa, almeno quanto io faccio con il dolore di non avere Jared nella mia vita, come vorrei e come, soprattutto, anche lui vorrebbe, da quando mi conosce! E’ chiaro?” – e se ne andò, incazzato e deluso.

Farrell strinse i pugni, poi si specchiò: in sé vedeva ciò che Jared aveva ricostruito, con sacrifici e dispiaceri, che non si potevano cancellare.
Semplicemente sbiadire, con la luce di un legame rinnovato e pulito, come ciò che stavano faticosamente riconquistando, anche grazie a Laurie, ma non senza qualche ricaduta, come quell’approccio confessatogli da Leto, che aveva ascoltato la loro conversazione aspra, perdendo un battito ad ogni invettiva di quei due angeli custodi, precipitati in un livido inferno,







Nessun commento:

Posta un commento