Capitolo n. 143 - zen
Le ante si aprirono
lente, accompagnate da un suono di filo diffusione, che rimandava le note di una
composizione di Chopin.
Robert e Jude, erano
abbracciati contro lo specchio interno della cabina, rapiti da un bacio mozzafiato.
Geffen tossì
leggermente, senza comunque distoglierli dal loro scrutarsi, profondo, dopo
quel contatto altrettanto significativo.
Sembravano sospesi in
un’altra dimensione.
Louis sgranò i suoi
occhi su Harry, contrito nel vestirsi, dopo una doccia veloce e solitaria.
Solitamente si
lavavano reciprocamente, facendosi dispetti e scambiando tenerezze, anche molto
intime.
“Che ho fatto?” –
chiese colpevole, parlando alla schiena ancora nuda di Harry.
“E me lo chiedi?!” –
sbottò, senza girarsi.
“Stavo solo …
scherzando, ecco … Glam è simpatico”
Harry a quel punto si
voltò di scatto, fissandolo greve – “E tu insisti, non vuoi davvero capire con
chi abbiamo a che fare! Geffen è di certo una brava persona, finché gli vai a
genio, ma la cosa termina lì se solo gli tocchi chi ama o minacci la sua
sicurezza od interferisci nel suo mondo!”
Louis tirò su dal
naso – “Ne parli come se lo conoscessi …”
“Seguendo il suo
lavoro, esclusivamente per motivi di studio, ho imparato alcune delle sue
caratteristiche o, per meglio dire, della sua fama” – insistette serio.i,
“E cosa potrebbe
farmi per averlo chiamato papi?” – rise.
Harry scrollò il capo
pesante per una fastidiosa emicrania – “E’ come con Ivo, stesso registro, un incosciente,
ecco cosa sei” – e provò a defilarsi.
Louis gli afferrò il
braccio destro, arrabbiato, sentendosi stupido, poi sembrò scusarsi subito,
abbracciandolo, con il bisogno di sentire i battiti del cuore di Harry contro i
suoi, custoditi nei loro busti glabri, tatuati e suggellati, ora.
Si baciarono,
tremando.
“Ok time out!” –
esordì Geffen, facendo sobbalzare Rob e Jude, che scoppiarono a ridere,
avvampando, come adolescenti beccati dal preside.
“Io avevo già pronte
le bombole di ossigeno” – si inserì sibillino Scott.
“Noi stavamo parlando
…” – sembrò giustificarsi Downey, facendo posto ai due amici, ma senza mollare
la presa su Jude, che non chiedeva di meglio.
“Dove andate?” –
chiese Uk buddy.
“A pranzo, ma adesso
un drink, nell’attesa di Harry e Louis … Anche loro stavano facendo un
discorso, prima, saltando sul materasso, li si sentiva dal corridoio” – replicò
allegro Geffen.
“E voi, vecchi
sporcaccioni, stavate ad origliare?” – lo provocò l’americano.
Glam gli diede una
pacca sul sedere, spingendolo fuori, ormai giunti al piano terreno, dove alcuni
ospiti dell’hotel riconobbero i due indimenticabili Holmes e Watson,
trattenendoli per foto e autografi, senza possibilità di fuga.
Kevin non ne fu
infastidito minimamente.
Jimmy era disteso a
lato di Tim, circondato da lui, ma anche da Lula, appena giunto in quel di
Parigi, scortato da Vassily e Peter.
Tutti e tre dormivano
beati.
Soldino si accorse
subito della presenza di Kevin e gli sorrise.
“Ciao papake!”
“Amore mio … Papi
Glam sa che sei qui?”
“Non proprio!” –
rise, appendendosi al suo collo.
“Credo sia al
ristorante con zio Scott …”
Jimmy masticò un
saluto, risvegliandosi lento.
Appena si accorse di
Kevin fece un’espressione esilarante.
“Non agitarti, sono
felice che tu sia qui” – lo tranquillizzò il bassista.
Anche Tim fece una
smorfia sorniona, stiracchiandosi, per poi ritrovarsi sul petto di Kevin, che
gli diede un bacio carico di tenerezza ed ammirazione.
“Hai riposato
cucciolo?”
“Certo … E Lula mi ha
tenuto compagnia, così Jimmy, mentre tu non c’eri” – replicò rannicchiandosi
meglio.
“Avevo un impegno
importante … con un pastore, sai?”
Lula fece un saltello
di gioia – “Yipiii lo sapevo!”
“Ci farai da paggetto
soldino?” – “Ovvio papà!”
“E tu mi farai da
testimone?” – domandò Tim, rivolgendosi a Jimmy, che accettò senza esitazioni.
Louis stava
scegliendo dei pomodori al buffet dell’insalata, asciugandosi repentino lo
zigomo sinistro, appena gli si avvicinò Geffen.
“Quella era una
lacrima?” – chiese dolce l’uomo.
“No … No, colpa della
cipolla” – rise nervoso indicandola.
“Quello è finocchio
tagliato a rondelle” – gli bisbigliò affabile Glam.
“Ah … ok …” – e lo
scrutò, con quei due fanali accesi sul mondo, che tanto ambiva, ma solo per una
ragione ben precisa.
Il benessere di
Harry, l’ossessione quasi, di garantirgli un futuro migliore; qualcosa lo
avevano già ottenuto, alloggiando a villa Meliti, ma Louis la viveva più come
una cortesia temporanea e non certo una sistemazione solida, senza contare che
la ragione principale, restava la vicenda legata a Tim.
Ne era
sostanzialmente convinto.
Poi c’era un secondo
motivo, ma non aveva mai avuto la forza di parlarne, neppure con Harry.
Geffen inspirò.
“Ok, tu sei a pezzi,
Harry ha un muso lungo quanto la Senna: si può sapere che succede?” – domandò paterno.
“Nulla … Nulla,
scaramucce tra fidanzati” – si affrettò a spiegare, posando la ciotola nel
vassoio, ancora vuoto.
“Ne sono sicuro,
siete così … piccoli” – sorrise.
“Sì, ma non
sprovveduti come sembra!” – affermò con una veemenza adorabile.
“In ogni caso non hai
risposto”
“A cosa?” – quasi balbettò.
“Quel papi …”
“Non significa nulla,
cosa avrò mai detto?” – si lamentò flebile, vedendo sopraggiungere Harry.
“E’ un’abitudine
diffusa, chiamarmi in modi diversi, sai Louis?”
“Si, me ne sono
accorto … Ehi ciao, vuoi delle verdure amore?” – domandò imbarazzato al
compagno, che ormai gli si era appiccicato, con uno sguardo inquisitore.
“No, voglio ben
altro!” – ribatté, senza alzare la voce.
Geffen se ne andò,
accomodandosi alla tavolata, dove Scott, Jude e Robert erano già al primo.
Downey lo accolse con
un pizzicotto, canzonandolo – “Stai diventando una capra quanto Jared?”
“Può darsi …” –
rispose distrattamente, sbirciando le mosse di Harry e Louis, rendendosi conto
che erano spariti.
Rossi chiuse la
valigia, mentre seguiva un telegiornale alla tv.
La notizia sull’arresto
di Ivo e la sua estradizione, stava facendo il giro del mondo.
Spense, perché qualcuno
aveva bussato.
Era Reid.
“Già di partenza?” –
chiese entrando, con la sua consueta timidezza.
“Sì, mi mancano
troppo Kurt e Martin e poi devo seguire Steadman negli interrogatori a Quantico”
– spiegò sereno, controllando passaporto e biglietto aereo.
“Ok … Speravo ti
trattenessi per il matrimonio di Kevin e Tim”
“Così presto? Credevo
svolgessero la cerimonia a Los Angeles francamente”
“A quanto pare Tim
non è rimasto traumatizzato da questa città …”
“Buon per lui” –
David sorrise, dando una carezza alle gote vivide di Spencer, dopo avere preso
la valigia, con un’inconfondibile solerzia.
Reid deglutì a vuoto,
poi prese un minimo di forza, dal groviglio, che sentiva al centro dello
stomaco.
“E’ … è sempre bello
poterti stare accanto Dave, anche se per poco …”
“Sì, lavoriamo alla
grande, quando siamo insieme.” – disse leggero, con la testa altrove.
Spencer si impose un
cenno di assenso, poi un congedarsi innocuo per entrambi, attraverso un bacio
fugace sulla guancia dell’agente anziano, che gli regalò ancora un buffetto
affettuoso, prima di chiudersi la porta della suite alle spalle, senza più
guardarsi indietro.
E senza più guardare
Reid, che si sentì come un fantasma.
Jared se lo ritrovò
davanti nelle toilette, inaspettato.
“Ciao Glam … Credevo
fossi in albergo” – disse asciutto.
“Ciao Jay, come ti
senti?” – chiese gentile, ma distaccato, sciacquandosi la faccia un po’ tirata.
“Bene, grazie a Colin”
“Sì, ovvio …” – prese
fiato, cogliendo il suo sarcasmo aspro.
“Io glielo dirò,
sappilo.”
“Ed a che scopo?”
“E’ il mio percorso,
è quello che tu”
“Ho rovinato, Jared?”
– ribatté irritato.
Leto non fece in
tempo a controbattere, che Farrell si palesò.
“Amore sei qui … Ciao
Glam, che succede?”
“Colin io devo dirti
una cosa e devo farlo subito!”
“Tesoro non agitarti …”
L’irlandese lo
strinse, quasi cullandolo, ma il leader dei Mars voleva liberarsi di quel peso,
correndo i propri rischi.
“No, ascoltami ti
prego …” – disse in lacrime.
“Jay …?”
“Quando cercavamo
Tim, stava diluviando, io ero intirizzito e con Glam ci siamo riparati in una
torretta e poi … Poi ci siamo baciati”
“Cristo Jared
smettila! E’ stato un semplice, fottutissimo bacio!!” – inveii l’avvocato, più
per bloccare quel racconto sul nascere, prima che Leto rivelasse come si erano
desiderati a vicenda.
L’attore diede
avvolse meglio il consorte, rassicurandolo – “Jay torna in camera e vestiti,
sei stato dimesso ed i tuoi esami vanno bene, ok?” – gli disse dolcemente.
“Colin io …”
“Ti amo Jared, non
avere alcun dubbio: ti ringrazio per essere stato sincero, so che non è mai
semplice esserlo in certe situazioni, ma ora vorrei parlare con Glam. Torno da
te presto, solo pochi minuti.” – e lo avviò verso l’uscita, senza alcuna irruenza,
per poi appoggiare la fronte all’anta in legno bianco, che Farrell sigillò con
un sospiro pesante, come l’atmosfera, tra loro.
“Colin stammi a
sentire”
“No, ascoltami tu,
una volta tanto, se non è troppo disturbo, Glam” – ringhiò, sfidandolo quasi.
“Ti chiedo scusa”
“Chiedila a Jared!”
“L’ho fatto, non ho
mai smesso e sono stufo marcio di farlo, va bene??!”
“Mio marito è tornato
in analisi, onde evitare di ricadere negli psicofarmaci e nelle dipendenze
peggiori, al fine di ritrovare un equilibrio, che probabilmente non ha mai
neppure conosciuto e tu lo sai benissimo, cazzo!!” – affermò furioso.
“L’ho sempre aiutato
od hai la memoria corta?? Ne sono uscito devastato e quando ho provato a
mettere della distanza tra lui e me ed anche voi, mi siete ripiombati tra i
piedi, come una maledizione!!”
“Se pensi questo di
noi, Glam, puoi immaginare come ti consideri io, dopo tutto il male che ho
sofferto a causa tua” – replicò fissandolo ostile.
Geffen rise mesto – “Ti
stai rivelando un ipocrita senza limiti, senza vergogna direi, Colin, oltre
modo tronfio nel sottolineare che Jared è tuo, che te lo sei sposato, ma
sai, penso di essere stato un coniuge
migliore di te, in molteplici occasioni, anche se non esisteva un contratto
scritto a sancire quanto Jared ed io ci amassimo: sì, perché vedi, c’era
proprio lui, accanto a me, innamorato e felice, ma sempre con il senso di colpa
per averti abbandonato al tuo destino squallido, dove TU ti eri cacciato, da immaturo
e da stronzo quale eri. E’ una verità che non ammetterai mai, però tale rimane:
convivi con essa, almeno quanto io faccio con il dolore di non avere Jared
nella mia vita, come vorrei e come, soprattutto, anche lui vorrebbe, da quando
mi conosce! E’ chiaro?” – e se ne andò, incazzato e deluso.
Farrell strinse i
pugni, poi si specchiò: in sé vedeva ciò che Jared aveva ricostruito, con
sacrifici e dispiaceri, che non si potevano cancellare.
Semplicemente
sbiadire, con la luce di un legame rinnovato e pulito, come ciò che stavano
faticosamente riconquistando, anche grazie a Laurie, ma non senza qualche
ricaduta, come quell’approccio confessatogli da Leto, che aveva ascoltato la
loro conversazione aspra, perdendo un battito ad ogni invettiva di quei due
angeli custodi, precipitati in un livido inferno,
Nessun commento:
Posta un commento