Capitolo n. 142 - zen
Colin aveva dormito
abbarbicato a Jared, sopra la lettiga della camera 206.
I primi raggi di sole
infastidirono la vista del cantante, destatosi per primo.
Farrell era ancora
nel mondo dei sogni; bellissimo, nei suoi quarantaquattro anni, splendidamente
portati, sia nel fisico, sia su quel volto, di cui Leto si era innamorato
all’istante.
La porta era
socchiusa ed il parlottare di Glam e Scott gli arrivò subito alle orecchie
attente ad ogni rumore.
Quasi si nascose
sotto il lenzuolo, avvinghiandosi maggiormente a Colin, che grugnì simpatico.
Jared non se la
sentiva di affrontare Geffen in quel preciso istante; provava rabbia e
vergogna, per averlo desiderato in modo assurdo nel frangente in cui l’avvocato
lo stava baciando e stringendo a sé.
Il dopobarba
dell’uomo sembrava ancora intossicarlo, nel ricordo di lui e della sua
spietata, irresistibile dolcezza.
Glam lo amava come il
primo attimo di loro, Jared ne era sicuro, ma altrettanto spaventato; dopo
tanto agognare quel ritorno di sentimenti, all’apparenza scomparsi per via di
Robert, ora tutto gli appariva complesso ed inopportuno.
In fondo era meglio
chiarire.
Magari domani o dopo.
Le sue elucubrazioni,
sembrarono infastidire Colin, che con una smorfia lo baciò prima sul naso e poi
sulla bocca, lievemente impastata.
All’attore non
importava: Jared era il suo amore, la sua anima, in qualsiasi condizione, lo
avrebbe adorato da morirne.
Da un semplice approccio,
all’avventura più incredibile, come quella appena consumatasi in quel di
Parigi, dove il giorno non prometteva nulla di buono per Ivo Steadman.
Rossi posò il
bicchiere di caffè, dopo averne sorseggiato una minima parte.
Ivo lo guardò di
sguincio.
Si era sbarbato e
sapeva di pulito, le mani candide, le unghie curate.
Era un bel ragazzo,
anche se le iridi tinta ghiaccio, avrebbero indisposto chiunque.
Dave immaginò gli
studenti al cospetto di quel professore così arcigno e strafottente, su come li
prendesse quasi in giro, come se loro non sapessero niente, mentre lui
custodiva l’essenza del sapere.
In realtà Steadman era
severo, ma non così terribile.
“Ne vuoi?” – chiese gentile.
“No, grazie, ho fatto
già colazione, anche se definirla tale è un … eufemismo” – sorrise – “Potrei
avere una sigaretta?”
“Vedrò cosa posso
fare. Dunque, parliamo di Tim, ok?” – proseguì calmo.
“Come sta?” – domandò
serio ed evidentemente preoccupato.
“Se la caverà. Anzi,
devo dire che è in vena di progetti. Con Kevin, ovvio”
“Ovvio.”
“Sono pronto a
raccogliere la tua piena confessione Ivo e con piena mi riferisco anche ai fatti di Londra,
Boston, Chicago”
Steadman aggrottò la
fronte – “Non so di che parli, fbi”
“Sicuro? Potresti
avere uno sconto della pena, sei intelligente, non serve neppure sforzarsi con
te, ci arriverai da solo: noi ti inchioderemo a quei delitti, ma se tu anticipi
il nostro lavoro, allora il giudice sarà clemente”
Ivo rise, scrollò le
spalle – “Vorrei fumare, ne ho bisogno, magari rimango anche ad ascoltare le
tue favole, Rossi”
“E’ controproducente
il tuo atteggiamento”
“E’ l’unico che posso
tenere, visto che, RIPETO, non so a cosa ti riferisca: ho lavorato nelle città
citate, ma credo l’abbiano fatto altre migliaia di persone”
“Senza dubbio, ma le
impronte digitali ti inchiodano sulle scene dei delitti perpetrati ai danni di
giovani innocenti, che TU hai stuprato e strangolato, sino a provocarne la
morte” – bissò fissandolo, con una sicurezza destabilizzante.
Ma
non per Ivo Steadman.
“Vedi troppa tv,
agente speciale Rossi, anzi, navighi tra gli scogli di una fervida fantasia,
considerata la tua brillante carriera di scrittore … A proposito, ma chi te lo
fa fare di rischiare ancora la vita, per il bureau?”
“E’ la mia natura
Ivo. Come del resto la tua ed anche Tim ne stava divenendo una vittima”
“Balle. Abbiamo avuto
un litigio e lui è caduto nella Senna, dopo avermi mandato al diavolo”
“E tu restavi lì a
guardare, mentre lui annegava?”
“No. Ho provato a
tirarlo su, ma mi ha mandato al diavolo e mi ha colpito, mentre tentato di
afferrarlo, così me ne sono andato: certo, poco edificante, ma c’erano delle
corde, una scaletta, insomma sarebbe risalito dopo un attimo, ne ero certo.” –
spiegò convincente.
Ma
non per l’agente speciale David Rossi.
Erano allo stallo:
occorreva la versione di Tim e, soprattutto, l’esame del suo corpo, per
ricostruire ciò che eventualmente il giovane non avesse ricordato.
Purtroppo era stato
rilevato un lieve trauma cranico e la sua memoria vacillò sino dal primo istante
in cui si riprese.
Le labbra di Harry
erano gonfie e vermiglie, il suo sguardo adorante, rivolto verso il compagno, in piedi, mentre lui stava
in ginocchio, tra le sue gambe, per baciarlo e farlo venire, con una foga
innocente e pura.
Louis deglutì,
artigliandolo delicatamente tra i capelli – “Ho … ho quasi …”
Harry ricominciò,
facendolo urlare piano, mentre le proprie dita affondavano nei suoi glutei nudi
e madidi, nel bel mezzo della camera, dove si erano coccolati per l’intera
notte, senza fare l’amore davvero.
Erano come intimiditi
da quella situazione drammatica, dove c’era ancora una notevole preoccupazione
sulla ripresa di Tim.
Per fortuna, però, i
medici avevano sciolto la prognosi, a poche ore dal ricovero, così da
rasserenare gli animi ed innescare un’euforia, quasi sopita tra le pieghe dell’ansia,
per quella tragedia sfiorata.
Hotch aggiornò Rossi,
ancora seduto al tavolo degli interrogatori, con Ivo, che adesso fumava
soddisfatto una Camel.
Il Paleontologo colse
un frammento della conversazione, quello che gli interessava maggiormente;
sorrise.
“Tim sta bene,
dunque?”
“Non grazie a te: gli
hai rovinato l’esistenza, te ne rendi conto?”
“La mia intenzione
era quella di onorare il nostro legame, legittimandolo, facendo di lui mio
marito”
Dave rise sarcastico –
“Ammesso che tu non sia chi stiamo braccando da anni, che cosa gli avresti
offerto? Un rapporto fatto di botte, prepotenze, segregazione, che prospettiva
allettante!”
“E Kevin allora?!! Un
percorso all’ombra di Geffen, che presto o tardi si sarebbe portato a letto
Tim, spinto dall’ex di Glam, giusto per compiacerlo?!?” – ruggì spietato nella
sua analisi.
“Glam non l’avrebbe
permesso. MAI. Tanto meno Kevin!”
“Tu non conosci il
loro ambiente, sono dei maiali in giacca e cravatta, Tim ne sa qualcosa, ci ha
convissuto con uno dei altolocati e rispettabili amici di Geffen!”
“In effetti passò
dalla padella alla brace, con te: il tizio lo picchiava e lo concedeva spesso
ai suoi soci, vuoi che non lo sappia? E tu l’hai usato ed abusato quanto loro!”
“Tim era mio, ho
assecondato i suoi vizi, lo ammetto, procurandogli un po’ d’erba e di cocaina,
anche per migliorare il sesso tra noi, che già era … perfetto” – ridacchiò, schiacciando la cicca nel posacenere in
plastica nera.
“Edificante Steadman …”
“Necessario: vedi
Rossi, è nella natura umana, certe cose non le cambi, nemmeno con i sentimenti
più nobili e sinceri. Tim aveva bisogno di essere dominato, le buone maniere l’avrebbero
fatto annoiare e scappare, per cui un po’ di carota, un po’ di bastone, sai com’è”
– e gli fece l’occhiolino, tirando su dal naso, che Rossi gli avrebbe spaccato
volentieri.
“Ultima offerta, poi
il banco chiude Ivo”
“Su cosa? Sui vostri
delitti irrisolti? Vai altrove per rimediare al tuo fallimento, io sono
estraneo ad ogni evento e voglio un avvocato, IMMEDIATAMENTE!”
Geffen stava per
bussare alla loro porta, affiancato da Scott.
Si guardarono,
sorridendo.
“Come avrebbe detto
mio nonno, ci danno dentro di brutto Glam”
L’avvocato rise,
battendo un paio di volte sul legno e facendo sobbalzare Louis, mentre Harry volò
letteralmente dal talamo, sulla moquette, a gambe all’aria, come un peluche
arruffato e confuso da un amplesso troppo intenso.
“Cavoli!” – esclamò battendo
il sedere sul morbido.
“Dio, c’è papi Glam!”
– gli fece eco con un guizzo Louis.
“Papi CHE??”
“Cuccioli venite a
pranzo con noi?” – domandò l’uomo, inarcando un sopracciglio, nel percepire
come l’aveva apostrofato il ragazzino, che si affacciò dallo spiraglio che
socchiuse, coperto solo da una t-shirt dell’altro, ampia e bianca.
“Ehm ciao …”
“Tutto sotto
controllo, Louis?” – chiese il medico, trattenendo la propria ilarità a stento.
“Sì ho una fame!” –
replicò raggiante, mentre Harry, in boxer, gli si avvicinava.
“Ciao” – lo salutò
Geffen e lui rispose con un cenno della mano destra, mentre con la sinistra si
grattava la nuca.
“Perché lo hai
chiamato così?” – si rivolse quindi brusco a Louis, che abbozzò.
“Non saprei …”
“Mica mi offendo,
sapete? Anche se potrei essere vostro nonno” – si intromise Geffen divertito.
“Allora si va?” –
disse Scott.
“Dateci dieci minuti,
doccia, shampoo, cambio gomme e siamo subito da voi!”
L’uscio si chiuse di
botto ed i due si precipitarono in bagno.
“Papi Glam? … Forse
sperano che tu li adotti” – azzardò Scott.
“A me manca solo
questo … Santa pazienza, andiamo dai, ti offro un aperitivo” – e prendendolo
sotto l’ala, si avviò insieme all’amico del cuore verso gli ascensori.
Qualcuno stava
salendo.
Nessun commento:
Posta un commento