martedì 2 luglio 2013

ZEN - CAPITOLO N. 142

Capitolo n. 142  -  zen


Colin aveva dormito abbarbicato a Jared, sopra la lettiga della camera 206.
I primi raggi di sole infastidirono la vista del cantante, destatosi per primo.
Farrell era ancora nel mondo dei sogni; bellissimo, nei suoi quarantaquattro anni, splendidamente portati, sia nel fisico, sia su quel volto, di cui Leto si era innamorato all’istante.

La porta era socchiusa ed il parlottare di Glam e Scott gli arrivò subito alle orecchie attente ad ogni rumore.
Quasi si nascose sotto il lenzuolo, avvinghiandosi maggiormente a Colin, che grugnì simpatico.
Jared non se la sentiva di affrontare Geffen in quel preciso istante; provava rabbia e vergogna, per averlo desiderato in modo assurdo nel frangente in cui l’avvocato lo stava baciando e stringendo a sé.
Il dopobarba dell’uomo sembrava ancora intossicarlo, nel ricordo di lui e della sua spietata, irresistibile dolcezza.
Glam lo amava come il primo attimo di loro, Jared ne era sicuro, ma altrettanto spaventato; dopo tanto agognare quel ritorno di sentimenti, all’apparenza scomparsi per via di Robert, ora tutto gli appariva complesso ed inopportuno.
In fondo era meglio chiarire.
Magari domani o dopo.

Le sue elucubrazioni, sembrarono infastidire Colin, che con una smorfia lo baciò prima sul naso e poi sulla bocca, lievemente impastata.
All’attore non importava: Jared era il suo amore, la sua anima, in qualsiasi condizione, lo avrebbe adorato da morirne.
Da un semplice approccio, all’avventura più incredibile, come quella appena consumatasi in quel di Parigi, dove il giorno non prometteva nulla di buono per Ivo Steadman.


Rossi posò il bicchiere di caffè, dopo averne sorseggiato una minima parte.
Ivo lo guardò di sguincio.
Si era sbarbato e sapeva di pulito, le mani candide, le unghie curate.
Era un bel ragazzo, anche se le iridi tinta ghiaccio, avrebbero indisposto chiunque.
Dave immaginò gli studenti al cospetto di quel professore così arcigno e strafottente, su come li prendesse quasi in giro, come se loro non sapessero niente, mentre lui custodiva l’essenza del sapere.

In realtà Steadman era severo, ma non così terribile.

“Ne vuoi?” – chiese gentile.
“No, grazie, ho fatto già colazione, anche se definirla tale è un … eufemismo” – sorrise – “Potrei avere una sigaretta?”
“Vedrò cosa posso fare. Dunque, parliamo di Tim, ok?” – proseguì calmo.
“Come sta?” – domandò serio ed evidentemente preoccupato.
“Se la caverà. Anzi, devo dire che è in vena di progetti. Con Kevin, ovvio”
“Ovvio.”
“Sono pronto a raccogliere la tua piena confessione Ivo e con  piena  mi riferisco anche ai fatti di Londra, Boston, Chicago”
Steadman aggrottò la fronte – “Non so di che parli,  fbi
“Sicuro? Potresti avere uno sconto della pena, sei intelligente, non serve neppure sforzarsi con te, ci arriverai da solo: noi ti inchioderemo a quei delitti, ma se tu anticipi il nostro lavoro, allora il giudice sarà clemente”
Ivo rise, scrollò le spalle – “Vorrei fumare, ne ho bisogno, magari rimango anche ad ascoltare le tue favole, Rossi”
“E’ controproducente il tuo atteggiamento”
“E’ l’unico che posso tenere, visto che, RIPETO, non so a cosa ti riferisca: ho lavorato nelle città citate, ma credo l’abbiano fatto altre migliaia di persone”
“Senza dubbio, ma le impronte digitali ti inchiodano sulle scene dei delitti perpetrati ai danni di giovani innocenti, che TU hai stuprato e strangolato, sino a provocarne la morte” – bissò fissandolo, con una sicurezza destabilizzante.

Ma non per Ivo Steadman.

“Vedi troppa tv, agente speciale Rossi, anzi, navighi tra gli scogli di una fervida fantasia, considerata la tua brillante carriera di scrittore … A proposito, ma chi te lo fa fare di rischiare ancora la vita, per il bureau?”
“E’ la mia natura Ivo. Come del resto la tua ed anche Tim ne stava divenendo una vittima”
“Balle. Abbiamo avuto un litigio e lui è caduto nella Senna, dopo avermi mandato al diavolo”
“E tu restavi lì a guardare, mentre lui annegava?”
“No. Ho provato a tirarlo su, ma mi ha mandato al diavolo e mi ha colpito, mentre tentato di afferrarlo, così me ne sono andato: certo, poco edificante, ma c’erano delle corde, una scaletta, insomma sarebbe risalito dopo un attimo, ne ero certo.” – spiegò convincente.

Ma non per l’agente speciale David Rossi.

Erano allo stallo: occorreva la versione di Tim e, soprattutto, l’esame del suo corpo, per ricostruire ciò che eventualmente il giovane non avesse ricordato.
Purtroppo era stato rilevato un lieve trauma cranico e la sua memoria vacillò sino dal primo istante in cui si riprese.


Le labbra di Harry erano gonfie e vermiglie, il suo sguardo adorante, rivolto  verso il compagno, in piedi, mentre lui stava in ginocchio, tra le sue gambe, per baciarlo e farlo venire, con una foga innocente e pura.
Louis deglutì, artigliandolo delicatamente tra i capelli – “Ho … ho quasi …”
Harry ricominciò, facendolo urlare piano, mentre le proprie dita affondavano nei suoi glutei nudi e madidi, nel bel mezzo della camera, dove si erano coccolati per l’intera notte, senza fare l’amore davvero.
Erano come intimiditi da quella situazione drammatica, dove c’era ancora una notevole preoccupazione sulla ripresa di Tim.

Per fortuna, però, i medici avevano sciolto la prognosi, a poche ore dal ricovero, così da rasserenare gli animi ed innescare un’euforia, quasi sopita tra le pieghe dell’ansia, per quella tragedia sfiorata.

Hotch aggiornò Rossi, ancora seduto al tavolo degli interrogatori, con Ivo, che adesso fumava soddisfatto una Camel.
Il Paleontologo colse un frammento della conversazione, quello che gli interessava maggiormente; sorrise.
“Tim sta bene, dunque?”
“Non grazie a te: gli hai rovinato l’esistenza, te ne rendi conto?”
“La mia intenzione era quella di onorare il nostro legame, legittimandolo, facendo di lui mio marito”
Dave rise sarcastico – “Ammesso che tu non sia chi stiamo braccando da anni, che cosa gli avresti offerto? Un rapporto fatto di botte, prepotenze, segregazione, che prospettiva allettante!”
“E Kevin allora?!! Un percorso all’ombra di Geffen, che presto o tardi si sarebbe portato a letto Tim, spinto dall’ex di Glam, giusto per compiacerlo?!?” – ruggì spietato nella sua analisi.
“Glam non l’avrebbe permesso. MAI. Tanto meno Kevin!”
“Tu non conosci il loro ambiente, sono dei maiali in giacca e cravatta, Tim ne sa qualcosa, ci ha convissuto con uno dei altolocati e rispettabili amici di Geffen!”
“In effetti passò dalla padella alla brace, con te: il tizio lo picchiava e lo concedeva spesso ai suoi soci, vuoi che non lo sappia? E tu l’hai usato ed abusato quanto loro!”
“Tim era mio, ho assecondato i suoi vizi, lo ammetto, procurandogli un po’ d’erba e di cocaina, anche per migliorare il sesso tra noi, che già era … perfetto” – ridacchiò, schiacciando la cicca nel posacenere in plastica nera.
“Edificante Steadman …”
“Necessario: vedi Rossi, è nella natura umana, certe cose non le cambi, nemmeno con i sentimenti più nobili e sinceri. Tim aveva bisogno di essere dominato, le buone maniere l’avrebbero fatto annoiare e scappare, per cui un po’ di carota, un po’ di bastone, sai com’è” – e gli fece l’occhiolino, tirando su dal naso, che Rossi gli avrebbe spaccato volentieri.

“Ultima offerta, poi il banco chiude Ivo”
“Su cosa? Sui vostri delitti irrisolti? Vai altrove per rimediare al tuo fallimento, io sono estraneo ad ogni evento e voglio un avvocato, IMMEDIATAMENTE!”


Geffen stava per bussare alla loro porta, affiancato da Scott.
Si guardarono, sorridendo.
“Come avrebbe detto mio nonno, ci danno dentro di brutto Glam”
L’avvocato rise, battendo un paio di volte sul legno e facendo sobbalzare Louis, mentre Harry volò letteralmente dal talamo, sulla moquette, a gambe all’aria, come un peluche arruffato e confuso da un amplesso troppo intenso.
“Cavoli!” – esclamò battendo il sedere sul morbido.
“Dio, c’è papi Glam!” – gli fece eco con un guizzo Louis.
“Papi CHE??”

“Cuccioli venite a pranzo con noi?” – domandò l’uomo, inarcando un sopracciglio, nel percepire come l’aveva apostrofato il ragazzino, che si affacciò dallo spiraglio che socchiuse, coperto solo da una t-shirt dell’altro, ampia e bianca.
“Ehm ciao …”
“Tutto sotto controllo, Louis?” – chiese il medico, trattenendo la propria ilarità a stento.
“Sì ho una fame!” – replicò raggiante, mentre Harry, in boxer, gli si avvicinava.
“Ciao” – lo salutò Geffen e lui rispose con un cenno della mano destra, mentre con la sinistra si grattava la nuca.
“Perché lo hai chiamato così?” – si rivolse quindi brusco a Louis, che abbozzò.
“Non saprei …”
“Mica mi offendo, sapete? Anche se potrei essere vostro nonno” – si intromise Geffen divertito.
“Allora si va?” – disse Scott.
“Dateci dieci minuti, doccia, shampoo, cambio gomme e siamo subito da voi!”
L’uscio si chiuse di botto ed i due si precipitarono in bagno.

“Papi Glam? … Forse sperano che tu li adotti” – azzardò Scott.
“A me manca solo questo … Santa pazienza, andiamo dai, ti offro un aperitivo” – e prendendolo sotto l’ala, si avviò insieme all’amico del cuore verso gli ascensori.
Qualcuno stava salendo.





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