giovedì 18 luglio 2013

ZEN - CAPITOLO N. 153

Capitolo n. 153 – zen


“Bentornati”
Geffen li avvolse con un sorriso.
Kevin e Tim sembrarono essere inghiottiti da lui, così rassicurante, così paterno.

“Glam ci sono novità?” – chiese il bassista in ansia, mentre Tim stringeva forte Lula.
“Sostanzialmente poche … Pare che il rettore abbia dato il ben servito a Steadman, com’era prevedibile”
“Allora sarà più incazzato che mai, il suo lavoro era sacro, penserà che sia colpa nostra” – intervenne Tim, altrettanto inquieto.
“Papake io vi proteggerò, con l’aiuto di Brady 2!” – esclamò soldino, per poi finire sul cuore di Kevin, che lo cullò amorevole.

“Andrà tutto bene, sto facendo dei colloqui, con degli amici di Vas, per la vostra sicurezza personale Tim” – spiegò Glam.
“Io ti ringrazio, ma sarebbe come vivere in galera …” – disse timido.
“Lo so, ma cercheremo di porre fine a questa … complicazione: il più in fretta possibile, ok?”


Kurt si muoveva sensuale sopra il membro di Rossi, che deglutiva ogni volta che l’altro ricadeva, bagnato ed ansimante, stringendogli maggiormente le dita intrecciate e madide.
“Tesoro ..”
“Sì Dave sono qui … e tu sei dentro di me” – disse piano, piegandosi poi sino alle sue labbra, per tempestarle di baci focosi e sporchi.
Kurt gli diede poi la schiena, riposizionandosi e rendendo l’atto ancora più eccitante per il più anziano, inebriato dalla sua intraprendenza.

Martin era andato dal nonno, per il fine settimana: ci sarebbe stata una festa, con tanto di giostra, ormai in pianta stabile nel parco della residenza Meliti.

Il programma del pomeriggio era quello di non uscire dal letto, se non per accomodarsi poi a tavola, dove l’agente avrebbe sfoggiato le sue specialità, preparate il giorno prima e conservate in frigo.
L’ultima cosa a cui Kurt stava pensando erano quelle prelibatezze: sentiva l’orgasmo di Rossi imminente, tanto da volerlo finire nella propria bocca, dopo essersi accovacciato tra le cosce dell’uomo, che si aggrappò alle sbarre della testata, inarcandosi e gemendo, per l’eccessivo piacere procuratogli dal suo amante eccezionale.

“Masturbati adesso … voglio guardarti …” – gli disse roco ed accadeva spesso, che Dave esprimesse quel desiderio, senza mai incontrare rifiuti nel compagno, esaltato nei sensi da quel voyerismo scabroso e complice.
Kurt avrebbe fatto qualsiasi cosa per lui: glielo urlò piano, un secondo prima di venirgli sull’addome e sul petto, dopo avergli legato i polsi con la sua cintura.
Rossi ricambiò quella piena disponibilità a giocare, per poi rischiare di svenire, quando Kurt lo fece venire per la seconda volta con la sua bocca carnosa ed esperta.
Fu semplicemente magnifico.


Jude entrò in casa con le borse della spesa, facendo cadere chiavi e cellulare nell’ingresso.
“Ma porca …!” – ringhiò mentre li raccoglieva.
Per questo non se ne accorse subito.
Nel living troneggiava una corbeille di cento rose rosse.
Vi si avvicinò stupito, strappando quasi la busta attaccata alla confezione, per leggerne avido il contenuto.

Su di un biglietto tinta senape, in una grafia perfetta ed assai nota, Robert gli aveva scritto poche righe, essenziali, ma significative.

§ Tu sei la mia ragione di vita, qualunque cosa accada Jude.
Perdona i miei isterismi, le mie frustrazioni e l’arroganza di sentirmi legittimato a farteli pesare, solo perché siamo sposati.
Ti amo con ogni frammento del mio cuore: TU l’hai ricostruito, migliorato, sublimato ... Ti adoro, anima mia
Tuo Rob §
“E’ un gesto insufficiente in confronto a quanto tu riesca ad essere, per me, Jude.”
“Amore … Sono splendide … e tu sei il mio tutto, non dimenticarlo mai” – e volò a stritolarlo, con le sue ali forti e robuste.
Law aveva ripreso peso e la palestra iniziava a dare degli ottimi risultati.
Con somma gioia di Downey, altrettanto in forma ed asciutto, quasi dimentico dei danni, provocatigli dalla malattia.
Se solo quella commissione non gliela avesse ributtata in faccia, come un crimine, ora lui non ci avrebbe pensato, costantemente, sentendosi inadeguato e persino vecchio.
Le attenzioni di Jude, però, lo riportarono alla realtà, procurandogli un’iniezione di auto stima notevole, ad ogni bacio, nel modo in cui sapeva toccarlo e farlo sussultare, amplificando la voglia di entrambi di appartenersi, senza più rimandare un amplesso da antologia.


Kevin chiuse la porta, appoggiando il vassoio delle tisane sul comodino di Glam, che gli sorrise, già coricato, togliendosi gli occhialini da lettura.

“Tesoro sei ancora sveglio?”
“Lula e Tim sono crollati in compenso, ma torno da loro tra un attimo, non volevo disturbarti” – disse accomodandosi sul bordo.
“Tu non mi disturberai mai, anzi … Sono contento che vi siate trattenuti a Palm Springs per il week end”
“La Joy’s House è immensa ed io ho mille timori … Lo ammetto” – rivelò triste.
Geffen gli accarezzò la spalla sinistra, gustando poi la bevanda calda.
“Ci voleva … Ti ringrazio, ma … Mettiamoci anche questi” – ed estrasse dei biscotti al cioccolato dal cassetto.
“Daddy … sei come un bimbo” – rise.
“Ah quelli sono di Lula!”
“Sì figurati … E poi a lui piacciono solo quelli a forma di orsetto, lo sappiamo”
“Hai ragione Kevin …” – poi lo scrutò assorto.
“Che c’è …?” – domandò sorridendo.
“Sei radioso, come Tim … Ne sono oltre modo felice” – disse limpido.
“Io di più …” – scherzò, per poi rialzarsi, non senza avere dato all’ex un bacio sulla tempia destra – “Notte Glam … dormi bene”
“Anche tu e … Se vuoi un po’ di intimità, manda qui Lula, anzi, portacelo” – rise.
“No … mi piace tenerlo tra noi … E’ un fantastico collante, dovresti saperlo daddy” – e gli fece un occhiolino simpatico, prima di sparire in corridoio.


Jared stava guardando i biglietti per il ritorno.
“Fretta di andare a casa cucciolo?”
Farrell gli arrivò alle spalle, cingendogli i fianchi.
“No, assolutamente … Io mi trasferirei qui” – e si girò, appendendosi al suo collo, dove non esitò a baciarlo caldissimo.
“Ho voglia Cole …” – gli mormorò con un’innocenza tipica di Leto e dei suoi momenti migliori.
“Dovremmo … dovremmo fare in fretta … ci stanno aspettando” – replicò l’irlandese in crisi di ossigeno, mentre blindava la porta, inserendo un codice apposito, nell’innovativo sistema di chiusura.
Il cantante era già in accappatoio e denudarsi fu questione di un gesto fluido ed invitante, mentre a Colin servì mezzo minuto per liberarsi di jeans, boxer e t-shirt, oltre alle infradito, da cui non si separava mai.

Così accadeva con il corpo di Jared, quando erano abbastanza vicini da collidere e poi congiungersi, in una carambola di espressioni erotiche, anticipate dai rispettivi gesti, più che da qualsiasi parola.

Colin lo sollevò per il bacino, sempre magro, contro la parete, dove Jared iniziò a   sbattere ad ogni colpo dell’altro, strisciando lungo la tappezzeria damascata, dove i rivoli di sudore della sua schiena, imperlarono la superficie, fino a precipitare sulle falangi robuste ed arpionate dell’attore, che lo leccava e mordeva ovunque, dal giugolo, al mento, la bocca, gli zigomi.

“Non … non farmi cadere Cole …”
“Non potrei neanche se lo volessi” – sorrise appagato – “… devo saziarti di me” – e cominciò a venire, strizzando palpebre e denti, per lo sforzo finale.

Jared riuscì a godere senza neppure essere sfiorato, se non nel punto in cui la sua libido era capace di implodere, stimolandolo di conseguenza.
Passarono direttamente nella doccia, dove si coccolarono, senza smettere di esplorarsi, riscoprendosi ogni fottutissima volta.


Scott lo fece stendere, per poi iniettare il liquido di contrasto.
Glam si contrasse.
“Faccio male …?”
“No, ma ho freddo”
“Un attimo, prendo la coperta” – gli sorrise.
Il tecnico della tac bussò al vetro, per sollecitarlo.
L’avvocato non aveva prenotazioni e quella era una cortesia fatta a Scott.

L’esame fu veloce ed indolore.
Geffen si sollevò dal lettino, non senza provare un capogiro.
Scott si precipitò da lui.
“Ehi come andiamo?”
“Insomma … Mi passi i vestiti?” – chiese gentile.
“Certo … Ok, ti offro la colazione, tanto che aspettiamo gli esiti” – replicò un po’ agitato.
Glam lo notò e ne fu quasi turbato.
Forse Scott sapeva qualcosa, che non gli sarebbe piaciuta affatto.


Tim mise una firma e ritirò i testi, che gli servivano per l’esame del mese successivo.
Sbuffò nel constatarli massicci e tediosi, già dalle prefazioni.
Si diresse al viale, per raggiungere l’ateneo, salutando qualche collega e fermandosi per un caffè.
C’era un chiosco, nel mezzo del parco, installato per dei pasti veloci e saporiti.
La barista gli sorrise, informandosi sul proseguo dei suoi studi ed il giovane fu molto cordiale, ma, senza saperlo, osservato in ogni mossa da qualcuno, parcheggiato oltre le cancellate, sulla propria fuoriserie inglese.

Ivo non sapeva se affrontarlo subito oppure rimandare.
Aveva notato delle auto sconosciute sotto casa sua, sempre diverse, ma con dei tizi poco raccomandabili alla guida.
Ora non c’era nessuno all’orizzonte di sospetto, però sbagliava.
Gli incaricati di Meliti avevano optato per un furgone del servizio telefonico, che non destò curiosità nel professore, ormai fuori dall’auto, deciso ad avvicinare l’ex.
I finti tecnici mantennero la distanza di sicurezza, ma con le loro cassette degli attrezzi, varcarono i cancelli, simulando una verifica alle centraline poste all’ingresso dell’ateneo.
Era una posizione ottimale, per sorvegliare le mosse di Steadman ed intervenire, in caso di bisogno.

Tim provò un brivido, intravedendo un’ombra affiancare la propria, mentre camminava svelto verso la scalinata di accesso all’edificio, brulicante di studenti ed insegnanti.

Si girò di scatto, ritrovandoselo a mezzo metro dal volto spaventato.
Ivo, in compenso, aveva un’espressione triste, anche se nell’aspetto era in ordine e, come sempre, affascinante, a modo suo.

“Ciao tesoro, non volevo turbarti, sono qui per chiederti scusa e”
“Vattene … VATTENE SUBITO!”
“Tim c’è stato un enorme malinteso, noi dovremmo parlarne, ti prego!”
Provò ad allungare le mani verso le sue braccia, ma il giovane indietreggiò, senza avvedersi del sopraggiungere di Kevin.

Fu questione di un attimo, confuso e violento.
Steadman fu spintonato ed atterrato, poi i pugni di Kevin sembrarono arrivare su di lui a pioggia, senza che Ivo li ricambiasse, riparandosi come poteva.
I body guard di Antonio li divisero, ma Kevin era una furia.
Gridava insulti, scalciava e protestava: avrebbe voluto ucciderlo; glielo disse apertamente.

“Sei un pazzo … Hai visto chi hai sposato tu?? UN FOLLE!! TI DENUNCIO, TI ROVINO BASTARDO!!”
“SE TI RIVEDO AD UN SOLO CENTIMETRO DA TIM NON AVRAI NEMMENO IL TEMPO DI RESPIRARE DANNATO PSICOPATICO, HAI CAPITO??!” – ribatté aspro, abbracciando il marito, facendogli da scudo, contro quell’avversario, ormai acerrimo e pronto a demolirgli l’esistenza.


Scott prese un respiro, poi selezionò l’app sul tablet ed aprì il referto, appena ricevuto.
“Sono promosso o bocciato?” – domandò lieve Geffen.
“I valori risultano buoni … Quindi non … capisco” – disse perplesso.
“Cosa cercavi? O credevi di trovare? Sii sincero …”
“La cosa più ovvia, una recidiva, però qui non risulta … Forse hai una carenza metabolica, una sciocchezza, ti prescriverò una terapia mirata e ci aggiorniamo tra quindici giorni, ok?” – replicò più sereno.

Geffen aggrottò la fronte.
“Insomma devo ritemprarmi …”
“Qualcosa del genere” – il doc rise.
“Come va con Jimmy? Risolte le diatribe parigine?” – Glam cambiò discorso.
“L’ho rassicurato, anche se non so fino a che punto sono riuscito a convincerlo”
“Vedrai che andrà meglio, sarà indispensabile la tua presenza, comunque … Riduci i turni” – propose schietto.
“Tenterò … E’ il tuo o il mio?”

La vibrazione proveniva dal cellulare di Geffen: era Kevin.

Un breve scambio di battute, poi Glam si alzò frettoloso – “Devo andare, c’è un problema. A presto Scotty e grazie”





 JUDE LAW




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