Capitolo n. 153 – zen
“Bentornati”
Geffen li avvolse con
un sorriso.
Kevin e Tim
sembrarono essere inghiottiti da lui, così rassicurante, così paterno.
“Glam ci sono
novità?” – chiese il bassista in ansia, mentre Tim stringeva forte Lula.
“Sostanzialmente
poche … Pare che il rettore abbia dato il ben servito a Steadman, com’era
prevedibile”
“Allora sarà più
incazzato che mai, il suo lavoro era sacro, penserà che sia colpa nostra” –
intervenne Tim, altrettanto inquieto.
“Papake io vi proteggerò,
con l’aiuto di Brady 2!” – esclamò soldino, per poi finire sul cuore di Kevin,
che lo cullò amorevole.
“Andrà tutto bene,
sto facendo dei colloqui, con degli amici di Vas, per la vostra sicurezza
personale Tim” – spiegò Glam.
“Io ti ringrazio, ma
sarebbe come vivere in galera …” – disse timido.
“Lo so, ma cercheremo
di porre fine a questa … complicazione: il più in fretta possibile, ok?”
Kurt si muoveva
sensuale sopra il membro di Rossi, che deglutiva ogni volta che l’altro
ricadeva, bagnato ed ansimante, stringendogli maggiormente le dita intrecciate
e madide.
“Tesoro ..”
“Sì Dave sono qui … e
tu sei dentro di me” – disse piano, piegandosi poi sino alle sue labbra, per
tempestarle di baci focosi e sporchi.
Kurt gli diede poi la
schiena, riposizionandosi e rendendo l’atto ancora più eccitante per il più
anziano, inebriato dalla sua intraprendenza.
Martin era andato dal
nonno, per il fine settimana: ci sarebbe stata una festa, con tanto di giostra,
ormai in pianta stabile nel parco della residenza Meliti.
Il programma del
pomeriggio era quello di non uscire dal letto, se non per accomodarsi poi a
tavola, dove l’agente avrebbe sfoggiato le sue specialità, preparate il giorno
prima e conservate in frigo.
L’ultima cosa a cui
Kurt stava pensando erano quelle prelibatezze: sentiva l’orgasmo di Rossi
imminente, tanto da volerlo finire nella propria bocca, dopo essersi
accovacciato tra le cosce dell’uomo, che si aggrappò alle sbarre della testata,
inarcandosi e gemendo, per l’eccessivo piacere procuratogli dal suo amante
eccezionale.
“Masturbati adesso …
voglio guardarti …” – gli disse roco ed accadeva spesso, che Dave esprimesse
quel desiderio, senza mai incontrare rifiuti nel compagno, esaltato nei sensi
da quel voyerismo scabroso e complice.
Kurt avrebbe fatto qualsiasi
cosa per lui: glielo urlò piano, un secondo prima di venirgli sull’addome e sul
petto, dopo avergli legato i polsi con la sua cintura.
Rossi ricambiò quella
piena disponibilità a giocare, per poi rischiare di svenire, quando Kurt lo
fece venire per la seconda volta con la sua bocca carnosa ed esperta.
Fu semplicemente
magnifico.
Jude entrò in casa
con le borse della spesa, facendo cadere chiavi e cellulare nell’ingresso.
“Ma porca …!” –
ringhiò mentre li raccoglieva.
Per questo non se ne
accorse subito.
Nel living
troneggiava una corbeille di cento rose rosse.
Vi si avvicinò
stupito, strappando quasi la busta attaccata alla confezione, per leggerne
avido il contenuto.
Su di un biglietto
tinta senape, in una grafia perfetta ed assai nota, Robert gli aveva scritto
poche righe, essenziali, ma significative.
§
Tu sei la mia ragione di vita, qualunque
cosa accada Jude.
Perdona
i miei isterismi, le mie frustrazioni e l’arroganza di sentirmi legittimato a
farteli pesare, solo perché siamo sposati.
Ti
amo con ogni frammento del mio cuore: TU l’hai ricostruito, migliorato,
sublimato ... Ti adoro, anima mia
Tuo
Rob §
“E’ un gesto
insufficiente in confronto a quanto tu riesca ad essere, per me, Jude.”
“Amore … Sono
splendide … e tu sei il mio tutto, non dimenticarlo mai” – e volò a
stritolarlo, con le sue ali forti e robuste.
Law aveva ripreso
peso e la palestra iniziava a dare degli ottimi risultati.
Con somma gioia di
Downey, altrettanto in forma ed asciutto, quasi dimentico dei danni, provocatigli
dalla malattia.
Se solo quella
commissione non gliela avesse ributtata in faccia, come un crimine, ora lui non
ci avrebbe pensato, costantemente, sentendosi inadeguato e persino vecchio.
Le attenzioni di
Jude, però, lo riportarono alla realtà, procurandogli un’iniezione di auto
stima notevole, ad ogni bacio, nel modo in cui sapeva toccarlo e farlo
sussultare, amplificando la voglia di entrambi di appartenersi, senza più
rimandare un amplesso da antologia.
Kevin chiuse la
porta, appoggiando il vassoio delle tisane sul comodino di Glam, che gli
sorrise, già coricato, togliendosi gli occhialini da lettura.
“Tesoro sei ancora
sveglio?”
“Lula e Tim sono
crollati in compenso, ma torno da loro tra un attimo, non volevo disturbarti” –
disse accomodandosi sul bordo.
“Tu non mi
disturberai mai, anzi … Sono contento che vi siate trattenuti a Palm Springs
per il week end”
“La Joy’s House è
immensa ed io ho mille timori … Lo ammetto” – rivelò triste.
Geffen gli accarezzò
la spalla sinistra, gustando poi la bevanda calda.
“Ci voleva … Ti
ringrazio, ma … Mettiamoci anche questi” – ed estrasse dei biscotti al
cioccolato dal cassetto.
“Daddy … sei come un
bimbo” – rise.
“Ah quelli sono di
Lula!”
“Sì figurati … E poi
a lui piacciono solo quelli a forma di orsetto, lo sappiamo”
“Hai ragione Kevin …”
– poi lo scrutò assorto.
“Che c’è …?” –
domandò sorridendo.
“Sei radioso, come
Tim … Ne sono oltre modo felice” – disse limpido.
“Io di più …” –
scherzò, per poi rialzarsi, non senza avere dato all’ex un bacio sulla tempia destra
– “Notte Glam … dormi bene”
“Anche tu e … Se vuoi
un po’ di intimità, manda qui Lula, anzi, portacelo” – rise.
“No … mi piace
tenerlo tra noi … E’ un fantastico collante, dovresti saperlo daddy” – e gli
fece un occhiolino simpatico, prima di sparire in corridoio.
Jared stava guardando
i biglietti per il ritorno.
“Fretta di andare a
casa cucciolo?”
Farrell gli arrivò alle
spalle, cingendogli i fianchi.
“No, assolutamente …
Io mi trasferirei qui” – e si girò, appendendosi al suo collo, dove non esitò a
baciarlo caldissimo.
“Ho voglia Cole …” –
gli mormorò con un’innocenza tipica di Leto e dei suoi momenti migliori.
“Dovremmo … dovremmo
fare in fretta … ci stanno aspettando” – replicò l’irlandese in crisi di
ossigeno, mentre blindava la porta, inserendo un codice apposito,
nell’innovativo sistema di chiusura.
Il cantante era già
in accappatoio e denudarsi fu questione di un gesto fluido ed invitante, mentre
a Colin servì mezzo minuto per liberarsi di jeans, boxer e t-shirt, oltre alle
infradito, da cui non si separava mai.
Così accadeva con il
corpo di Jared, quando erano abbastanza vicini da collidere e poi congiungersi,
in una carambola di espressioni erotiche, anticipate dai rispettivi gesti, più
che da qualsiasi parola.
Colin lo sollevò per
il bacino, sempre magro, contro la parete, dove Jared iniziò a sbattere ad ogni colpo dell’altro, strisciando
lungo la tappezzeria damascata, dove i rivoli di sudore della sua schiena,
imperlarono la superficie, fino a precipitare sulle falangi robuste ed
arpionate dell’attore, che lo leccava e mordeva ovunque, dal giugolo, al mento,
la bocca, gli zigomi.
“Non … non farmi
cadere Cole …”
“Non potrei neanche
se lo volessi” – sorrise appagato – “… devo saziarti di me” – e cominciò a
venire, strizzando palpebre e denti, per lo sforzo finale.
Jared riuscì a godere
senza neppure essere sfiorato, se non nel punto in cui la sua libido era capace
di implodere, stimolandolo di conseguenza.
Passarono
direttamente nella doccia, dove si coccolarono, senza smettere di esplorarsi,
riscoprendosi ogni fottutissima volta.
Scott lo fece
stendere, per poi iniettare il liquido di contrasto.
Glam si contrasse.
“Faccio male …?”
“No, ma ho freddo”
“Un attimo, prendo la
coperta” – gli sorrise.
Il tecnico della tac
bussò al vetro, per sollecitarlo.
L’avvocato non aveva
prenotazioni e quella era una cortesia fatta a Scott.
L’esame fu veloce ed
indolore.
Geffen si sollevò dal
lettino, non senza provare un capogiro.
Scott si precipitò da
lui.
“Ehi come andiamo?”
“Insomma … Mi passi i
vestiti?” – chiese gentile.
“Certo … Ok, ti offro
la colazione, tanto che aspettiamo gli esiti” – replicò un po’ agitato.
Glam lo notò e ne fu
quasi turbato.
Forse Scott sapeva
qualcosa, che non gli sarebbe piaciuta affatto.
Tim mise una firma e
ritirò i testi, che gli servivano per l’esame del mese successivo.
Sbuffò nel
constatarli massicci e tediosi, già dalle prefazioni.
Si diresse al viale,
per raggiungere l’ateneo, salutando qualche collega e fermandosi per un caffè.
C’era un chiosco, nel
mezzo del parco, installato per dei pasti veloci e saporiti.
La barista gli
sorrise, informandosi sul proseguo dei suoi studi ed il giovane fu molto
cordiale, ma, senza saperlo, osservato in ogni mossa da qualcuno, parcheggiato
oltre le cancellate, sulla propria fuoriserie inglese.
Ivo non sapeva se
affrontarlo subito oppure rimandare.
Aveva notato delle
auto sconosciute sotto casa sua, sempre diverse, ma con dei tizi poco
raccomandabili alla guida.
Ora non c’era nessuno
all’orizzonte di sospetto, però sbagliava.
Gli incaricati di Meliti
avevano optato per un furgone del servizio telefonico, che non destò curiosità
nel professore, ormai fuori dall’auto, deciso ad avvicinare l’ex.
I finti tecnici
mantennero la distanza di sicurezza, ma con le loro cassette degli attrezzi,
varcarono i cancelli, simulando una verifica alle centraline poste all’ingresso
dell’ateneo.
Era una posizione
ottimale, per sorvegliare le mosse di Steadman ed intervenire, in caso di
bisogno.
Tim provò un brivido,
intravedendo un’ombra affiancare la propria, mentre camminava svelto verso la
scalinata di accesso all’edificio, brulicante di studenti ed insegnanti.
Si girò di scatto,
ritrovandoselo a mezzo metro dal volto spaventato.
Ivo, in compenso,
aveva un’espressione triste, anche se nell’aspetto era in ordine e, come
sempre, affascinante, a modo suo.
“Ciao tesoro, non
volevo turbarti, sono qui per chiederti scusa e”
“Vattene … VATTENE
SUBITO!”
“Tim c’è stato un
enorme malinteso, noi dovremmo parlarne, ti prego!”
Provò ad allungare le
mani verso le sue braccia, ma il giovane indietreggiò, senza avvedersi del
sopraggiungere di Kevin.
Fu questione di un
attimo, confuso e violento.
Steadman fu
spintonato ed atterrato, poi i pugni di Kevin sembrarono arrivare su di lui a
pioggia, senza che Ivo li ricambiasse, riparandosi come poteva.
I body guard di
Antonio li divisero, ma Kevin era una furia.
Gridava insulti,
scalciava e protestava: avrebbe voluto ucciderlo; glielo disse apertamente.
“Sei un pazzo … Hai
visto chi hai sposato tu?? UN FOLLE!! TI DENUNCIO, TI ROVINO BASTARDO!!”
“SE TI RIVEDO AD UN
SOLO CENTIMETRO DA TIM NON AVRAI NEMMENO IL TEMPO DI RESPIRARE DANNATO
PSICOPATICO, HAI CAPITO??!” – ribatté aspro, abbracciando il marito, facendogli
da scudo, contro quell’avversario, ormai acerrimo e pronto a demolirgli l’esistenza.
Scott prese un
respiro, poi selezionò l’app sul tablet ed aprì il referto, appena ricevuto.
“Sono promosso o
bocciato?” – domandò lieve Geffen.
“I valori risultano
buoni … Quindi non … capisco” – disse perplesso.
“Cosa cercavi? O
credevi di trovare? Sii sincero …”
“La cosa più ovvia,
una recidiva, però qui non risulta … Forse hai una carenza metabolica, una
sciocchezza, ti prescriverò una terapia mirata e ci aggiorniamo tra quindici
giorni, ok?” – replicò più sereno.
Geffen aggrottò la
fronte.
“Insomma devo ritemprarmi
…”
“Qualcosa del genere”
– il doc rise.
“Come va con Jimmy?
Risolte le diatribe parigine?” – Glam cambiò discorso.
“L’ho rassicurato,
anche se non so fino a che punto sono riuscito a convincerlo”
“Vedrai che andrà
meglio, sarà indispensabile la tua presenza, comunque … Riduci i turni” –
propose schietto.
“Tenterò … E’ il tuo
o il mio?”
La vibrazione
proveniva dal cellulare di Geffen: era Kevin.
Un breve scambio di
battute, poi Glam si alzò frettoloso – “Devo andare, c’è un problema. A presto
Scotty e grazie”
JUDE LAW
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