Capitolo n. 144 - zen
Glam guardava Kevin,
accordarsi con il pastore, in fondo alla navata centrale, dove lui stava seduto
tra i banchi, nel silenzio ovattato di quel posto e di un riverbero di candele
bianche, in un’atmosfera molto intima e sacra.
Prese una seconda
pastiglia, sentendo lo stomaco bruciare, come il suo orgoglio ferito: si
sentiva un perfetto idiota, per avere recriminato su ciò che aveva fatto per
Jared ed anche Colin, al quale si era rivolto con scherno e rabbia smodati.
Capiva che Farrell
aveva fatto molti passi avanti, rispetto a lui, che non si muoveva mai da quel
pantano, dove l’uomo si ficcava puntualmente.
Un’osservazione, che
Geffen aveva rivolto aspro all’irlandese, riferendosi al suo passato
discutibile.
Ecco, era così,
semplice passato, che Colin non
avrebbe fatto tornare, per amore di Jared.
Mai.
Harry passava l’indice
tra le costole in evidenza di Louis, steso sotto al compagno, in un prato al
centro della città.
Ci erano arrivati
tenendosi per mano, senza dirsi molto, dopo quello stupido diverbio.
“Sempre più magro …” –
Louis rise.
“Allora mangia” –
mormorò imbronciato il più giovane.
“Ce l’hai ancora con
me?”
Harry lo scrutò – “Io
ti amo” – disse semplice, come il suo animo pulito.
Louis lo avvolse, con
urgenza.
“Devo … dirti una
cosa Haz” – quel nomignolo usciva nei momenti di confidenza.
“Ok …” – replicò con
un lieve timore.
Harry sapeva che
esistevano cose non dette tra loro, una circostanza sgradevole, che si
trascinavano appresso dal primo istante del loro legame complicato ed acerbo.
“Ti ascolto Lou, non
farti problemi” – gli disse ad un centimetro dalla bocca, così da renderne
inevitabile il contatto, bagnato ed profondo, come ciò che sentivano divenire
tra le loro gambe, ormai intrecciate.
Era così naturale
farsi l’amore, anche attraverso gli abiti sottili, dietro a un groviglio di
rovi ed arbusti fioriti, che sapevano di buono e di pioggia.
L’autunno era
imminente e colorava i sogni di porpora ed arancio.
La
prospettiva era interessante.
Jared
si sistemò il costume, un po’ largo per il suo fisico scultoreo, ma asciutto
all’altezza dei fianchi, tra i quali Colin Farrell aveva affondato più volte,
durante quella notte interminabile di sesso; ora l’avvenente Efestione stava
ammirando il proprio Alessandro russare, con dei fili d’oro tra i capelli
biondi e qualche coriandolo luccicante, residuo del party, offerto dalla produzione
la sera prima in hotel, nel bel mezzo del Marocco infuocato dalla loro
presenza.
“Ehi
orso svegliati, è tardi dobbiamo girare!” – gli gridò nelle orecchie e l’irlandese
si alzò di soprassalto, per poi mandarlo al diavolo tre secondi dopo, ma non senza
attorcigliarsi a lui, per baciarlo avido, al sapore di menta e burbon, in
quantità variabili, ogni mattina, a seconda della sbronza di quel bad boy, di
cui gli addetti ai lavori sparlavano, ma del quale Jared Joseph Leto si era
innamorato perdutamente.
In
un’altra vita, che non avrebbe mai spezzato la sua simbiosi con quella attuale.
“Torniamoci”
“Jared stavi dicendo?”
Colin leggeva il
giornale, controllando anche la posta elettronica sul tablet, seduti al tavolo
del caffè, dove avevano deciso di fare un’abbondante colazione.
“In Africa … è il
periodo giusto” – Leto sorrise innocente e bellissimo.
Farrell si sporse,
posando un bacio sulla sua tempia destra e poi sulle sue labbra ancora
sorridenti, per quella proposta di viaggio.
“D’accordo,
andiamoci, non vedo l’ora” – replicò sereno – “Ma per Tim e Kevin, vogliamo
aspettarli?” – disse incerto.
“Sì, volentieri, mi
fa piacere vederli felici … Sai quando sarà il lieto evento, Colin?”
“Chiediamolo a Kevin,
sta arrivando”
Jared rivolse lo
sguardo alla strada, vedendo l’auto noleggiata da Geffen accostare; c’era anche
Lula, con i suoi genitori.
Il bimbo salutò
felice i suoi zii, ma senza scendere, a debita distanza.
Kevin si congedò dall’ex
e da soldino, con un abbraccio caloroso ad entrambi.
Glam ripartì, senza
togliersi i Ray-Ban verde bottiglia, la barba incolta, il colorito di chi aveva
poche ore di sonno nella pelle, piuttosto pallida.
Il leader dei Mars
deglutì a vuoto, sentendo il marito prendergli la mano.
“Gli parlerò Jay,
voglio che non ci siano malumori in famiglia, ma non farò un solo passo
indietro: Glam è abbastanza grande per superare le sue incazzature, per me
conti unicamente tu e lo sai. Mi sta a cuore ciò che provi, il benessere che
meriti e che noi riavremo, te lo prometto” – e lo baciò, sentendo i passi di
Kevin ormai accanto alla loro postazione, dove il bassista prese posto,
salutandoli radioso ed incurante del loro scambio di tenerezze.
“Avevo un fratello”
“Non c’è più?” –
Harry lo interruppe, in modo quasi infantile, mentre in contrasto, gli stava
massaggiando la schiena, paterno, come a confortarlo ed incoraggiarlo ad
aprirsi.
Louis sorrise – “E’
vivo, ma per lui io non esisto più”
“Mi dispiace Lou”
“Ci volevamo bene, ma
a nostro padre dava fastidio: ci metteva sempre l’uno contro l’altro, in un’eterna
competizione, capisci?”
Harry annuì, gli
occhi grandi stampati sul viso di Louis, che prese fiato e continuò nel racconto.
“Pensavo di potermi
fidare di Brent, si chiama così, ma sbagliavo … In fondo avevamo in comune un
sacco di cose, non ultima quella di detestare il vecchio” – sorrise mesto.
“Una volta, pensa, Brent si prese un sacco di botte da quel bastardo per difendermi … Avevo fatto
tardi ed a casa nostra vigeva un copri fuoco, una sorta di disciplina militare.”
“Anche tua madre era
severa?”
“No, era la tenerezza
fatta persona, ma la perdemmo quando io avevo cinque anni e Brent sette … Se ne andò, stufa marcia di nostro padre” – tirò su dal naso, mostrando poi la foto di lei ad Harry,
ugualmente commosso.
“Forse nostro padre
aveva solo paura di fallire e si comportò da soldato, quale era ed è ancora,
colonnello dell’esercito, una bella carriera, che ci ha portati a crescere in
un villino della base, dove era di servizio permanente” – spiegò, rammentando
quel periodo per lui cupo ed odioso.
“Brent seguì le sue
orme, ma con me non funzionò … Provarono a convincermi, ma quando la misura fu
colma, urlai la mia verità … Stavo con un tizio, sperando mi portasse via da
quell’incubo e più o meno andò a finire così, dopo che sia Brent che il mio
adorato papà mi pestarono”
Harry lo strinse
forte – “Mio Dio …” – sussurrò piano, come se anche il suo tono potesse turbare
Louis, ormai in lacrime, ma dignitose e composte.
“Passai da quell’avanzo
di galera, a fare qualsiasi lavoro per mantenermi, visto che mi voleva sbattere
sul marciapiede e farci un sacco di soldi con il mio fondoschiena” – rise
impacciato.
“E le cose andarono
meglio?” – chiese triste.
“Insomma … Non
riuscivo a stabilire un rapporto sano con nessuno, pensavo sempre di dovermi
sdebitare o di essere in vendita, per conquistarmi un minimo di tranquillità,
soprattutto economica … I soldi erano la mia fissa Harry e non averne mai a
sufficienza, una tortura … Con Ivo mi sentivo protetto e gratificato, lui
pagava i conti, mi faceva dei regali, ma prima ci sono stati altri due uomini,
lo sai …”
“Sì, non che sei
entrato nei dettagli …” – arrossì.
Lou inspirò, facendo aderire
le loro fronti – “Sei la cosa più bella potesse capitarmi Haz …”
“Però sono spiantato!”
– provò a scherzare, ma Lou gli si appese al collo, lasciando che la figura più
massiccia di Harry lo inghiottisse, fino a farlo sentire al sicuro.
Ed era bellissimo
crederci.
“Queste!!”
Lula indicò due vere
in oro giallo, con dei rombi incisi nel mezzo.
“Ottima scelta” –
sottolineò il commesso della gioielleria.
Glam era distratto,
ma sorrise – “Ok soldino, andata … Me le può confezionare e spedire a questo
indirizzo?”
“Certo, desidera
altro signor Geffen?”
“No …”
“Aspetta papi!”
“Dimmi amore”
“Mi prendi questa per
Violet?”
“Sì … ok …”
“Suo figlio ha buon
gusto” – e nel dirlo, l’ingessato inserviente raccolse una catenina dalla teca,
tempestata di rubini e brillanti.
“Già può ben dirlo …”
– l’avvocato sospirò, estraendo la carta di credito dal portafogli, dove nello
scomparto centrale c’erano alcune foto, di cui una di Jared.
“Non farlo papi …” –
bisbigliò amorevole Lula.
Geffen lo osservò
stupito.
“Lui ha scelto ed io
sono ridicolo a tenermi ancora questi ricordi” – disse serio.
Soldino rise vivace –
“L’amore che sentiamo non è mai ridicolo, sai papà? Quando è vissuto, ci sembra
talmente fantastico, che non vi rinunceremmo per nulla al mondo, ma quando
viene meno o si spegne, perde il suo … fascino, ma non la sua essenza
fondamentale”
“E quale sarebbe?” –
ribatté, prendendolo in braccio e facendolo accomodare sopra il bancone.
“Avere dato un senso
ad ogni minuto in cui l’abbiamo tenuto tra le mani, come un dono prezioso, che
nessun gioiello potrà mai eguagliare”
Geffen chiuse le
palpebre, raccogliendo quei frammenti, fatti dai sorrisi di Jared, dal suo
odore buono, così amalgamabile al proprio, da creare una simbiosi, non
esclusivamente erotica, ma di autentica appartenenza assoluta.
“Hai colto nel segno
Lula … Ma è difficile andare avanti, sai?”
“C’è sempre un giorno
migliore dietro l’angolo papà, basta crederci” – e gli regalò l’ennesima
carezza, a mano piena, inclinando la sua testolina piena di stelle ed amore,
per quel suo papà insostituibile, anche se così maldestro negli affari
sentimentali, senza soluzione apparente.
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