giovedì 4 luglio 2013

ZEN - CAPITOLO N. 144



Capitolo n. 144  -  zen


Glam guardava Kevin, accordarsi con il pastore, in fondo alla navata centrale, dove lui stava seduto tra i banchi, nel silenzio ovattato di quel posto e di un riverbero di candele bianche, in un’atmosfera molto intima e sacra.

Prese una seconda pastiglia, sentendo lo stomaco bruciare, come il suo orgoglio ferito: si sentiva un perfetto idiota, per avere recriminato su ciò che aveva fatto per Jared ed anche Colin, al quale si era rivolto con scherno e rabbia smodati.

Capiva che Farrell aveva fatto molti passi avanti, rispetto a lui, che non si muoveva mai da quel pantano, dove l’uomo si ficcava puntualmente.
Un’osservazione, che Geffen aveva rivolto aspro all’irlandese, riferendosi al suo passato discutibile.
Ecco, era così, semplice passato, che Colin non avrebbe fatto tornare, per amore di Jared.
Mai.


Harry passava l’indice tra le costole in evidenza di Louis, steso sotto al compagno, in un prato al centro della città.
Ci erano arrivati tenendosi per mano, senza dirsi molto, dopo quello stupido diverbio.

“Sempre più magro …” – Louis rise.
“Allora mangia” – mormorò imbronciato il più giovane.
“Ce l’hai ancora con me?”
Harry lo scrutò – “Io ti amo” – disse semplice, come il suo animo pulito.

Louis lo avvolse, con urgenza.
“Devo … dirti una cosa Haz” – quel nomignolo usciva nei momenti di confidenza.
“Ok …” – replicò con un lieve timore.
Harry sapeva che esistevano cose non dette tra loro, una circostanza sgradevole, che si trascinavano appresso dal primo istante del loro legame complicato ed acerbo.

“Ti ascolto Lou, non farti problemi” – gli disse ad un centimetro dalla bocca, così da renderne inevitabile il contatto, bagnato ed profondo, come ciò che sentivano divenire tra le loro gambe, ormai intrecciate.
Era così naturale farsi l’amore, anche attraverso gli abiti sottili, dietro a un groviglio di rovi ed arbusti fioriti, che sapevano di buono e di pioggia.
L’autunno era imminente e colorava i sogni di porpora ed arancio.


La prospettiva era interessante.
Jared si sistemò il costume, un po’ largo per il suo fisico scultoreo, ma asciutto all’altezza dei fianchi, tra i quali Colin Farrell aveva affondato più volte, durante quella notte interminabile di sesso; ora l’avvenente Efestione stava ammirando il proprio Alessandro russare, con dei fili d’oro tra i capelli biondi e qualche coriandolo luccicante, residuo del party, offerto dalla produzione la sera prima in hotel, nel bel mezzo del Marocco infuocato dalla loro presenza.
“Ehi orso svegliati, è tardi dobbiamo girare!” – gli gridò nelle orecchie e l’irlandese si alzò di soprassalto, per poi mandarlo al diavolo tre secondi dopo, ma non senza attorcigliarsi a lui, per baciarlo avido, al sapore di menta e burbon, in quantità variabili, ogni mattina, a seconda della sbronza di quel bad boy, di cui gli addetti ai lavori sparlavano, ma del quale Jared Joseph Leto si era innamorato perdutamente.
In un’altra vita, che non avrebbe mai spezzato la sua simbiosi con quella attuale.

“Torniamoci”
“Jared stavi dicendo?”
Colin leggeva il giornale, controllando anche la posta elettronica sul tablet, seduti al tavolo del caffè, dove avevano deciso di fare un’abbondante colazione.

“In Africa … è il periodo giusto” – Leto sorrise innocente e bellissimo.
Farrell si sporse, posando un bacio sulla sua tempia destra e poi sulle sue labbra ancora sorridenti, per quella proposta di viaggio.

“D’accordo, andiamoci, non vedo l’ora” – replicò sereno – “Ma per Tim e Kevin, vogliamo aspettarli?” – disse incerto.
“Sì, volentieri, mi fa piacere vederli felici … Sai quando sarà il lieto evento, Colin?”
“Chiediamolo a Kevin, sta arrivando”

Jared rivolse lo sguardo alla strada, vedendo l’auto noleggiata da Geffen accostare; c’era anche Lula, con i suoi genitori.
Il bimbo salutò felice i suoi zii, ma senza scendere, a debita distanza.
Kevin si congedò dall’ex e da soldino, con un abbraccio caloroso ad entrambi.
Glam ripartì, senza togliersi i Ray-Ban verde bottiglia, la barba incolta, il colorito di chi aveva poche ore di sonno nella pelle, piuttosto pallida.
Il leader dei Mars deglutì a vuoto, sentendo il marito prendergli la mano.
“Gli parlerò Jay, voglio che non ci siano malumori in famiglia, ma non farò un solo passo indietro: Glam è abbastanza grande per superare le sue incazzature, per me conti unicamente tu e lo sai. Mi sta a cuore ciò che provi, il benessere che meriti e che noi riavremo, te lo prometto” – e lo baciò, sentendo i passi di Kevin ormai accanto alla loro postazione, dove il bassista prese posto, salutandoli radioso ed incurante del loro scambio di tenerezze.


“Avevo un fratello”
“Non c’è più?” – Harry lo interruppe, in modo quasi infantile, mentre in contrasto, gli stava massaggiando la schiena, paterno, come a confortarlo ed incoraggiarlo ad aprirsi.
Louis sorrise – “E’ vivo, ma per lui io non esisto più”
“Mi dispiace Lou”
“Ci volevamo bene, ma a nostro padre dava fastidio: ci metteva sempre l’uno contro l’altro, in un’eterna competizione, capisci?”
Harry annuì, gli occhi grandi stampati sul viso di Louis, che prese fiato e continuò nel racconto.

“Pensavo di potermi fidare di Brent, si chiama così, ma sbagliavo … In fondo avevamo in comune un sacco di cose, non ultima quella di detestare il vecchio” – sorrise mesto.
“Una volta, pensa, Brent si prese un sacco di botte da quel bastardo per difendermi … Avevo fatto tardi ed a casa nostra vigeva un copri fuoco, una sorta di disciplina militare.”
“Anche tua madre era severa?”
“No, era la tenerezza fatta persona, ma la perdemmo quando io avevo cinque anni e Brent sette … Se ne andò, stufa marcia di nostro padre” – tirò su dal naso, mostrando poi la foto di lei ad Harry, ugualmente commosso.
“Forse nostro padre aveva solo paura di fallire e si comportò da soldato, quale era ed è ancora, colonnello dell’esercito, una bella carriera, che ci ha portati a crescere in un villino della base, dove era di servizio permanente” – spiegò, rammentando quel periodo per lui cupo ed odioso.

“Brent seguì le sue orme, ma con me non funzionò … Provarono a convincermi, ma quando la misura fu colma, urlai la mia verità … Stavo con un tizio, sperando mi portasse via da quell’incubo e più o meno andò a finire così, dopo che sia Brent che il mio adorato papà mi pestarono”
Harry lo strinse forte – “Mio Dio …” – sussurrò piano, come se anche il suo tono potesse turbare Louis, ormai in lacrime, ma dignitose e composte.

“Passai da quell’avanzo di galera, a fare qualsiasi lavoro per mantenermi, visto che mi voleva sbattere sul marciapiede e farci un sacco di soldi con il mio fondoschiena” – rise impacciato.
“E le cose andarono meglio?” – chiese triste.
“Insomma … Non riuscivo a stabilire un rapporto sano con nessuno, pensavo sempre di dovermi sdebitare o di essere in vendita, per conquistarmi un minimo di tranquillità, soprattutto economica … I soldi erano la mia fissa Harry e non averne mai a sufficienza, una tortura … Con Ivo mi sentivo protetto e gratificato, lui pagava i conti, mi faceva dei regali, ma prima ci sono stati altri due uomini, lo sai …”
“Sì, non che sei entrato nei dettagli …” – arrossì.
Lou inspirò, facendo aderire le loro fronti – “Sei la cosa più bella potesse capitarmi Haz …”
“Però sono spiantato!” – provò a scherzare, ma Lou gli si appese al collo, lasciando che la figura più massiccia di Harry lo inghiottisse, fino a farlo sentire al sicuro.
Ed era bellissimo crederci.


“Queste!!”
Lula indicò due vere in oro giallo, con dei rombi incisi nel mezzo.
“Ottima scelta” – sottolineò il commesso della gioielleria.
Glam era distratto, ma sorrise – “Ok soldino, andata … Me le può confezionare e spedire a questo indirizzo?”
“Certo, desidera altro signor Geffen?”
“No …”
“Aspetta papi!”
“Dimmi amore”
“Mi prendi questa per Violet?”
“Sì … ok …”
“Suo figlio ha buon gusto” – e nel dirlo, l’ingessato inserviente raccolse una catenina dalla teca, tempestata di rubini e brillanti.
“Già può ben dirlo …” – l’avvocato sospirò, estraendo la carta di credito dal portafogli, dove nello scomparto centrale c’erano alcune foto, di cui una di Jared.

“Non farlo papi …” – bisbigliò amorevole Lula.
Geffen lo osservò stupito.
“Lui ha scelto ed io sono ridicolo a tenermi ancora questi ricordi” – disse serio.
Soldino rise vivace – “L’amore che sentiamo non è mai ridicolo, sai papà? Quando è vissuto, ci sembra talmente fantastico, che non vi rinunceremmo per nulla al mondo, ma quando viene meno o si spegne, perde il suo … fascino, ma non la sua essenza fondamentale”
“E quale sarebbe?” – ribatté, prendendolo in braccio e facendolo accomodare sopra il bancone.
“Avere dato un senso ad ogni minuto in cui l’abbiamo tenuto tra le mani, come un dono prezioso, che nessun gioiello potrà mai eguagliare”

Geffen chiuse le palpebre, raccogliendo quei frammenti, fatti dai sorrisi di Jared, dal suo odore buono, così amalgamabile al proprio, da creare una simbiosi, non esclusivamente erotica, ma di autentica appartenenza assoluta.

“Hai colto nel segno Lula … Ma è difficile andare avanti, sai?”
“C’è sempre un giorno migliore dietro l’angolo papà, basta crederci” – e gli regalò l’ennesima carezza, a mano piena, inclinando la sua testolina piena di stelle ed amore, per quel suo papà insostituibile, anche se così maldestro negli affari sentimentali, senza soluzione apparente.




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