venerdì 26 luglio 2013

ZEN - CAPITOLO N. 158

Capitolo n. 158 – zen


Il cottage era in ordine ed immerso nelle nebbie mattutine: Jared preparò la colazione, in un silenzio ovattato.
Sul ripiano in quercia, solido e massiccio, ma anche nodoso in qualche tratto, restava aperto il suo tablet, sulla pagina Twitter e sulla posta personale del cantante, entrambe in continuo aggiornamento.
I toni erano stati esclusi, così da non turbare quella quiete, ma a Jared piacevano tutti quei bip, identificandoli come un segnale di approvazione necessaria, anche se proveniente da quegli effettivi sconosciuti, che lui chiamava ancora famiglia.
Parole di Laurie.
L’analista gli aveva fatto alcune raccomandazioni scherzose, prima del decollo, in presenza di Jim.

“Tu gli vuoi bene, Hugh …” – gli disse assorto, appena rimasero soli nello studio dello psicologo.
“Può darsi, ma non è etico e poi … Poi subirò il fascino alieno di questo qui, che mi fa solo tribolare, sai?”
Risero.
“E’ una causa persa, Jim, questa è la verità … Oppure io non sono abbastanza bravo, that’s all!”

“Questo è l’aroma che preferisco …” – Colin si stava stiracchiando, avanzando in cucina – “Sempre dopo la visione di te, ovvio …” – sorrise, avvolgendo il marito, per baciarlo, caldo e premuroso.
Jared si scioglieva in mille rivoli e ricordi, quando Farrell aveva così cura di lui: ultimamente non aveva mai smesso e la sua pazienza sembrava interminabile.
Sembrava, appunto.


Harry aveva raccolto i dati disponibili, ma sia a lui che a Geffen risultarono insufficienti.
“Vieni, facciamo un giro” – propose l’avvocato, prendendo la giacca dalla poltrona.
“Dove andiamo?” – chiese lui, spiazzato da quell’iniziativa.
“Voglio parlare con un amico, perché Antonio forse non basterà per risolvere i problemi di Sylvie”

Una volta in garage, Glam gli tirò le chiavi con un sorriso – “Guida tu la mia bella, vuoi?” – ed indicò la Ferrari, lucida e fiammante nel suo colore rosso.
“Non so se”
“C’è sempre una prima volta … E poi, con questi colpi di sonno improvvisi, meglio che io faccia il passeggero …” – concluse mesto.
“Ok … Wow che rumore …” – mormorò Harry appena la accese.
“E’ un suono, è musica, è un segno di vita questo capolavoro … Parere personale, ovvio” – rise – “Questo è l’indirizzo … se vive ancora lì …” – ed impostò il navigatore.
Si avviarono, con estrema cautela da parte di Haz, concentratissimo sulla strada e sul resto del traffico.


Vincent Lux accolse i due con un’espressione da canaglia.
“Non credo ai miei occhi … Glam!”
“Ciao, scusa se non ho avvisato, ma ho perso il tuo numero” – disse salutandolo.
“L’ho cambiato … Prego, accomodatevi … Il tuo nuovo ragazzo? Molto carino” – esordì con un sorriso malizioso, puntando Harry come uno squalo.
“No, è un mio collaboratore”
“Oh bièn, ho perso un po’ il conto delle tue … dolci compagnie” – rise, offrendo sigari.
Erano in un living di marmi e colonne in marmo bianco di Carrara, dai riflessi dorati, di un lusso sfrenato, come gli arredi.
Sul fondo transitò una signorina, avvenente e poco vestita.

“La tua nuova ragazza?” – bissò Geffen.
“No, è la mia badante” – ridacchiò l’uomo, sulla cinquantina scarsa, non bello, ma tremendamente affascinante, magnetico.

“Ok, è sempre bello scherzare con te Vincent, ma adesso devo chiederti un favore”
“Bene, sei in credito giusto di uno, così andremo a pari, finalmente … Sediamoci, un drink?”
Harry se n’era stato zitto sino a quell’istante, impacciato.
Accettò una bibita, così Glam, che espose velocemente la situazione.
Vincent prese appunti sul proprio palmare e poi inviò una e-mail.

“Ora vediamo … Dammi ventiquattro ore comunque …”
“Certo, il tempo che vuoi, non abbiamo fretta, spero che Alain non sia in pericolo, nulla me lo fa supporre”
“Sì, ma ha una famiglia, cosa credete di fare, Glam?” – domandò incuriosito.
“Queste persone si sono comportate malissimo con Sylvie: decideremo al momento o meglio, vedremo come sta il bimbo, se ne hanno cura e lei … Forse si rassegnerà”
“Tu credi? Una madre non lo fa mai”


Christopher varcò i cancelli della Joy’s House, salutando Vas e Peter con un sorriso raggiante.
Scese dal suv con gli spartiti ed un basso nuovo, che avrebbe donato a Kevin; lui lo stava aspettando al terzo piano, nello studio di registrazione, dove Tim curiosava tra i cd, inserendo quelli più vecchi dei Red Close, i suoi preferiti.

Ivan stava facendo un giro di ricognizione, alternandosi ad Amos, come fu disposto da Vas, per amplificare al meglio la sorveglianza dell’abitazione.
Era un’occupazione semplice, anzi, piuttosto noiosa.
Ad Ivan piaceva l’azione, non certo menare le mani, però non si era mai tirato indietro nelle risse, uscendone sempre quasi illeso.
Quando incrociò i cristalli di Christopher, rimase immobile, chiedendosi chi fosse quel giovane.

“Ehi ciao, tu devi essere il nuovo body guard di Kevin, io sono Christopher, lavoriamo insieme, in una band, sono il cantante” – glielo disse con un sorriso splendido, facendo cadere tutto ciò che aveva tra le braccia.
Ivan si precipitò ad aiutarlo.

“Sì … Siamo in due …” – spiegò imbarazzato l’uomo, arrossendo.
“E tu sei …?”
“Ivan”
“Ok …” – e si rialzarono.
“L’accompagno da Kevin?” – chiese senza pensarci.
“Volentieri … Ma conosco la strada, non credo mi succederà niente” – replicò solare, anche se quello, per Ivan, era un rifiuto bello e buono.
Si chiese mentalmente perché stava ragionando in quel modo.
“Mi scusi …”
Christopher corrugò la fronte, pensando di essere stato maleducato a dargli del tu, spontaneamente.

“No è che … Possiamo darci del tu? …”
“Certo” – Ivan sorrise.
Un evento, pensò Amos poco distante, che, assistendo alla scena, rimase quasi sbigottito dall’atteggiamento del suo socio.

Decise di farsi avanti e completare le presentazioni.

“Ciao, io sono la sua metà” – rise, fulminato dallo sguardo torvo di Ivan.
“Salve …” – ribatté stranito Christopher.
“Solo sul lavoro, sai, incompatibilità di carattere, lui russa come un bufalo!”
“Non è vero!”
Al che Ivan, si sentì un coglione, nel contestare la burla di Amos, che non sapeva più dove guardare, per nascondere la propria ilarità.
“Siete … simpatici e … Massicci” – Chris rise, poco convinto – “Ok io vado, ciao ciao, ci si vede in giro!” – e si allontanò.

Qualche secondo dopo, i due si ritrovarono muso contro muso.
“Ti strappo le palle se …” – ringhiò Ivan.
“E’ l’aria di qui, forse? Ma che ti prende? Ahahahah”
“Fottiti” – e se ne andò.
“Che modi, sei antipatico e”
Vassily stava arrivando, quindi Amos la smise subito di canzonare Ivan, ormai sparito dal loro orizzonte.
“Che succede?”
“Niente capo … Il nostro Ivan si è scontrato con un … angelo, dagli occhi di ghiaccio” – spiegò leggero, finendo la frase senza dirla – “Ghiaccio bollente”


“E tu dovevi vedere i pavimenti, le tende!”
Harry sembrava impazzito nel descrivere la residenza di quel Vincent Lux.
Louis ascoltava attento, senza interromperlo.
“E poi ho guidato la Ferrari del boss! E’ stato divertente, vorrei chiedergliela così ti ci porto Lou!”
Il ragazzo storse il nasino perfetto – “Ma come … Tu non eri quello che detestava il lusso, l’ambiente di Geffen ed il contorno …?” – domandò dubbioso, ma con un mezzo sorriso di rivalsa.

“Sì, beh … insomma … Certo che quando ci sei dentro …”
“Ah ci sei stato dentro per mezz’ora e te ne sei uscito soggiogato, tanto da cambiare idea?” – insistette, senza alcuna aggressività, sembrava invece il gatto con il topolino.
Un topolino dagli occhi grandi, liquidi, fissi su di lui e che sembravano già spogliarlo solo in quel modo.
Louis avvampò, perché Haz non gli diceva niente, appoggiato al muro, avvolto solo dall’asciugamano, che si era legato intorno ai fianchi magri, dopo la doccia, fatta nell’attesa di lui, ancora in università.

Deglutì, poi quasi sussurrò – “Toglitelo Haz, ma rimani lì … Non ti muovere” – disse come imbambolato.
Harry lo fece, senza neppure sorridere, troppo preso dalla sensualità della voce roca di Louis, che si avvicinò lento, togliendosi la felpa, le scarpe, le calze, restando solo con i jeans aderenti, che gli segnavano quei glutei alti e perfetti, evidenziando, mentre si inginocchiò, che non aveva l’intimo.

Lou lo scrutò dal basso verso l’alto, prima di inghiottire la sua erezione ed ad Harry sembrò di impazzire.
Le tonsille di Louis erano calde, così la sua bocca, bagnata, lenta e progressiva, nel pompare e succhiare, con sempre maggiore abilità.
Le sue dita affusolate si appoggiarono alle cosce di Harry, dapprima con delicatezza, poi sempre più ad artiglio, confermando un possesso innocente e sfacciato, quanto reciproco.
Harry reclinò indietro la massa di capelli folti e riccioluti, ora anche madidi di sudore, i palmi appiccicati alla tappezzeria, aperti, come le sue labbra, che si umettava ad intervalli regolari, quando si sentiva mancare, poi deglutiva ed ansimava.
Alla fine urlò.
E poi, accasciandosi, pianse.
Di pura gioia.


Justin gli andò incontro portando una cassa di birra, oltre al suo sorriso.
“Ehi ciao! Siete arrivati … Ma dov’è Jared?”
Si abbracciarono.
Colin era emozionato ed anche un po’ confuso nel rivederlo.
“Arriva tra poco, è rimasto con mia madre per vedere la nuova nipotina.
“Che sarebbe …”
“La figlia di mia sorella Catherine … Sono qui con Eamon, te lo ricordi?”
Il fratello di Colin entrò in quel momento, dopo avere programmato il parchimetro.
“Ciao …” – disse guardandosi intorno.

Conosceva quel locale e lo ricordava grande la metà, però Colin gli aveva spiegato quanto fosse cambiato.

“E Brian?”
“E’ dal commercialista … Stasera ce l’inaugurazione, vi posso dare gli inviti, ci sarete?” – chiese speranzoso, fissando l’attore.
“Sì … credo di sì, non abbiamo nulla in programma con Jay … Ah eccolo”
Leto si unì a loro con un sorriso di circostanza.
Lo faceva per Colin, per equilibrare le proprie pecche, quando si ritrovava con Geffen, in un’amicizia, che comunque sperava ben diversa da quella che ancora sembrava unire il consorte a Justin, molto cordiale ed avvenente.
I muscoli ed il fisico asciutto, erano ben delineati sotto i jeans neri e la maglietta a tema, con il logo del pub.

“Vi offro una di queste, arriva dal Belgio, che ne dite?” – propose gentile.
“Ok Justin, accettiamo, vero Jay? Eamon?”
“Ovvio che sì, ma ho visto anche quelle tartine …”
“Fratellone non eri a dieta?” – sghignazzò Colin.
“Jared porta via questo insolente!” – sbottò il cognato, da sempre complice del leader dei Mars, con il quale aveva scambiato più di un’occhiata esaustiva, in quel contesto, in cui neppure lui si sentiva a proprio agio.








 SPECIAL GUEST VINCENT CASSEL is VINCENT LUX



LOUIS ASS ... ;-)

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