Capitolo n. 158 – zen
Il cottage era in
ordine ed immerso nelle nebbie mattutine: Jared preparò la colazione, in un
silenzio ovattato.
Sul ripiano in
quercia, solido e massiccio, ma anche nodoso in qualche tratto, restava aperto
il suo tablet, sulla pagina Twitter e sulla posta personale del cantante,
entrambe in continuo aggiornamento.
I toni erano stati
esclusi, così da non turbare quella quiete, ma a Jared piacevano tutti quei bip,
identificandoli come un segnale di approvazione necessaria, anche se
proveniente da quegli effettivi sconosciuti, che lui chiamava ancora famiglia.
Parole di Laurie.
L’analista gli aveva
fatto alcune raccomandazioni scherzose, prima del decollo, in presenza di Jim.
“Tu
gli vuoi bene, Hugh …” – gli disse assorto, appena rimasero soli nello studio
dello psicologo.
“Può
darsi, ma non è etico e poi … Poi subirò il fascino alieno di questo qui, che
mi fa solo tribolare, sai?”
Risero.
“E’
una causa persa, Jim, questa è la verità … Oppure io non sono abbastanza bravo,
that’s all!”
“Questo è l’aroma che
preferisco …” – Colin si stava stiracchiando, avanzando in cucina – “Sempre
dopo la visione di te, ovvio …” – sorrise, avvolgendo il marito, per baciarlo,
caldo e premuroso.
Jared si scioglieva
in mille rivoli e ricordi, quando Farrell aveva così cura di lui: ultimamente
non aveva mai smesso e la sua pazienza sembrava interminabile.
Sembrava,
appunto.
Harry aveva raccolto
i dati disponibili, ma sia a lui che a Geffen risultarono insufficienti.
“Vieni, facciamo un
giro” – propose l’avvocato, prendendo la giacca dalla poltrona.
“Dove andiamo?” –
chiese lui, spiazzato da quell’iniziativa.
“Voglio parlare con
un amico, perché Antonio forse non basterà per risolvere i problemi di Sylvie”
Una volta in garage,
Glam gli tirò le chiavi con un sorriso – “Guida tu la mia bella, vuoi?” – ed indicò
la Ferrari, lucida e fiammante nel suo colore rosso.
“Non so se”
“C’è sempre una prima
volta … E poi, con questi colpi di sonno improvvisi, meglio che io faccia il
passeggero …” – concluse mesto.
“Ok … Wow che rumore …”
– mormorò Harry appena la accese.
“E’ un suono, è
musica, è un segno di vita questo capolavoro … Parere personale, ovvio” – rise –
“Questo è l’indirizzo … se vive ancora lì …” – ed impostò il navigatore.
Si avviarono, con
estrema cautela da parte di Haz, concentratissimo sulla strada e sul resto del
traffico.
Vincent Lux accolse i
due con un’espressione da canaglia.
“Non credo ai miei
occhi … Glam!”
“Ciao, scusa se non
ho avvisato, ma ho perso il tuo numero” – disse salutandolo.
“L’ho cambiato …
Prego, accomodatevi … Il tuo nuovo ragazzo? Molto carino” – esordì con un
sorriso malizioso, puntando Harry come uno squalo.
“No, è un mio collaboratore”
“Oh bièn, ho perso un
po’ il conto delle tue … dolci compagnie” – rise, offrendo sigari.
Erano in un living di
marmi e colonne in marmo bianco di Carrara, dai riflessi dorati, di un lusso
sfrenato, come gli arredi.
Sul fondo transitò
una signorina, avvenente e poco vestita.
“La tua nuova
ragazza?” – bissò Geffen.
“No, è la mia badante”
– ridacchiò l’uomo, sulla cinquantina scarsa, non bello, ma tremendamente
affascinante, magnetico.
“Ok, è sempre bello
scherzare con te Vincent, ma adesso devo chiederti un favore”
“Bene, sei in credito
giusto di uno, così andremo a pari, finalmente … Sediamoci, un drink?”
Harry se n’era stato
zitto sino a quell’istante, impacciato.
Accettò una bibita,
così Glam, che espose velocemente la situazione.
Vincent prese appunti
sul proprio palmare e poi inviò una e-mail.
“Ora vediamo … Dammi
ventiquattro ore comunque …”
“Certo, il tempo che
vuoi, non abbiamo fretta, spero che Alain non sia in pericolo, nulla me lo fa
supporre”
“Sì, ma ha una
famiglia, cosa credete di fare, Glam?” – domandò incuriosito.
“Queste persone si
sono comportate malissimo con Sylvie: decideremo al momento o meglio, vedremo
come sta il bimbo, se ne hanno cura e lei … Forse si rassegnerà”
“Tu credi? Una madre
non lo fa mai”
Christopher varcò i
cancelli della Joy’s House, salutando Vas e Peter con un sorriso raggiante.
Scese dal suv con gli
spartiti ed un basso nuovo, che avrebbe donato a Kevin; lui lo stava aspettando
al terzo piano, nello studio di registrazione, dove Tim curiosava tra i cd,
inserendo quelli più vecchi dei Red Close, i suoi preferiti.
Ivan stava facendo un
giro di ricognizione, alternandosi ad Amos, come fu disposto da Vas, per amplificare
al meglio la sorveglianza dell’abitazione.
Era un’occupazione
semplice, anzi, piuttosto noiosa.
Ad Ivan piaceva l’azione,
non certo menare le mani, però non si era mai tirato indietro nelle risse,
uscendone sempre quasi illeso.
Quando incrociò i cristalli
di Christopher, rimase immobile, chiedendosi chi fosse quel giovane.
“Ehi ciao, tu devi
essere il nuovo body guard di Kevin, io sono Christopher, lavoriamo insieme, in
una band, sono il cantante” – glielo disse con un sorriso splendido, facendo
cadere tutto ciò che aveva tra le braccia.
Ivan si precipitò ad
aiutarlo.
“Sì … Siamo in due …”
– spiegò imbarazzato l’uomo, arrossendo.
“E tu sei …?”
“Ivan”
“Ok …” – e si
rialzarono.
“L’accompagno da
Kevin?” – chiese senza pensarci.
“Volentieri … Ma
conosco la strada, non credo mi succederà niente” – replicò solare, anche se
quello, per Ivan, era un rifiuto bello e buono.
Si chiese mentalmente
perché stava ragionando in quel modo.
“Mi scusi …”
Christopher corrugò
la fronte, pensando di essere stato maleducato a dargli del tu, spontaneamente.
“No è che … Possiamo
darci del tu? …”
“Certo” – Ivan
sorrise.
Un evento, pensò Amos
poco distante, che, assistendo alla scena, rimase quasi sbigottito dall’atteggiamento
del suo socio.
Decise di farsi
avanti e completare le presentazioni.
“Ciao, io sono la sua
metà” – rise, fulminato dallo sguardo torvo di Ivan.
“Salve …” – ribatté stranito
Christopher.
“Solo sul lavoro,
sai, incompatibilità di carattere, lui russa come un bufalo!”
“Non è vero!”
Al che Ivan, si sentì
un coglione, nel contestare la burla di Amos, che non sapeva più dove guardare,
per nascondere la propria ilarità.
“Siete … simpatici e …
Massicci” – Chris rise, poco convinto – “Ok io vado, ciao ciao, ci si vede in
giro!” – e si allontanò.
Qualche secondo dopo,
i due si ritrovarono muso contro muso.
“Ti strappo le palle
se …” – ringhiò Ivan.
“E’ l’aria di qui,
forse? Ma che ti prende? Ahahahah”
“Fottiti” – e se ne
andò.
“Che modi, sei
antipatico e”
Vassily stava
arrivando, quindi Amos la smise subito di canzonare Ivan, ormai sparito dal
loro orizzonte.
“Che succede?”
“Niente capo … Il
nostro Ivan si è scontrato con un … angelo, dagli occhi di ghiaccio” – spiegò leggero,
finendo la frase senza dirla – “Ghiaccio
bollente”
“E tu dovevi vedere i
pavimenti, le tende!”
Harry sembrava
impazzito nel descrivere la residenza di quel Vincent Lux.
Louis ascoltava
attento, senza interromperlo.
“E poi ho guidato la
Ferrari del boss! E’ stato divertente, vorrei chiedergliela così ti ci porto
Lou!”
Il ragazzo storse il
nasino perfetto – “Ma come … Tu non eri quello che detestava il lusso, l’ambiente
di Geffen ed il contorno …?” – domandò dubbioso, ma con un mezzo sorriso di
rivalsa.
“Sì, beh … insomma …
Certo che quando ci sei dentro …”
“Ah ci sei stato
dentro per mezz’ora e te ne sei uscito soggiogato, tanto da cambiare idea?” –
insistette, senza alcuna aggressività, sembrava invece il gatto con il
topolino.
Un topolino dagli
occhi grandi, liquidi, fissi su di lui e che sembravano già spogliarlo solo in
quel modo.
Louis avvampò, perché
Haz non gli diceva niente, appoggiato al muro, avvolto solo dall’asciugamano,
che si era legato intorno ai fianchi magri, dopo la doccia, fatta nell’attesa
di lui, ancora in università.
Deglutì, poi quasi
sussurrò – “Toglitelo Haz, ma rimani lì … Non ti muovere” – disse come
imbambolato.
Harry lo fece, senza
neppure sorridere, troppo preso dalla sensualità della voce roca di Louis, che
si avvicinò lento, togliendosi la felpa, le scarpe, le calze, restando solo con
i jeans aderenti, che gli segnavano quei glutei alti e perfetti, evidenziando,
mentre si inginocchiò, che non aveva l’intimo.
Lou lo scrutò dal
basso verso l’alto, prima di inghiottire la sua erezione ed ad Harry sembrò di
impazzire.
Le tonsille di Louis
erano calde, così la sua bocca, bagnata, lenta e progressiva, nel pompare e
succhiare, con sempre maggiore abilità.
Le sue dita
affusolate si appoggiarono alle cosce di Harry, dapprima con delicatezza, poi
sempre più ad artiglio, confermando un possesso innocente e sfacciato, quanto
reciproco.
Harry reclinò
indietro la massa di capelli folti e riccioluti, ora anche madidi di sudore, i
palmi appiccicati alla tappezzeria, aperti, come le sue labbra, che si umettava
ad intervalli regolari, quando si sentiva mancare, poi deglutiva ed ansimava.
Alla fine urlò.
E poi, accasciandosi,
pianse.
Di pura gioia.
Justin gli andò
incontro portando una cassa di birra, oltre al suo sorriso.
“Ehi ciao! Siete
arrivati … Ma dov’è Jared?”
Si abbracciarono.
Colin era emozionato
ed anche un po’ confuso nel rivederlo.
“Arriva tra poco, è
rimasto con mia madre per vedere la nuova nipotina.
“Che sarebbe …”
“La figlia di mia
sorella Catherine … Sono qui con Eamon, te lo ricordi?”
Il fratello di Colin
entrò in quel momento, dopo avere programmato il parchimetro.
“Ciao …” – disse guardandosi
intorno.
Conosceva quel locale
e lo ricordava grande la metà, però Colin gli aveva spiegato quanto fosse
cambiato.
“E Brian?”
“E’ dal
commercialista … Stasera ce l’inaugurazione, vi posso dare gli inviti, ci
sarete?” – chiese speranzoso, fissando l’attore.
“Sì … credo di sì,
non abbiamo nulla in programma con Jay … Ah eccolo”
Leto si unì a loro
con un sorriso di circostanza.
Lo faceva per Colin,
per equilibrare le proprie pecche, quando si ritrovava con Geffen, in un’amicizia,
che comunque sperava ben diversa da quella che ancora sembrava unire il
consorte a Justin, molto cordiale ed avvenente.
I muscoli ed il
fisico asciutto, erano ben delineati sotto i jeans neri e la maglietta a tema,
con il logo del pub.
“Vi offro una di
queste, arriva dal Belgio, che ne dite?” – propose gentile.
“Ok Justin,
accettiamo, vero Jay? Eamon?”
“Ovvio che sì, ma ho
visto anche quelle tartine …”
“Fratellone non eri a
dieta?” – sghignazzò Colin.
“Jared porta via
questo insolente!” – sbottò il cognato, da sempre complice del leader dei Mars,
con il quale aveva scambiato più di un’occhiata esaustiva, in quel contesto, in
cui neppure lui si sentiva a proprio agio.
SPECIAL GUEST VINCENT CASSEL is VINCENT LUX
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