Capitolo n. 147 - zen
Geffen si versò un
altro brandy, nonostante le occhiatacce da parte di Scott, allacciato a Jimmy,
durante l’ennesimo, romantico, ballo.
Colin stava a debita
distanza dall’avvocato, troppo preso dal coccolare i suoi numerosi figli, ai
quali badava insieme ad un Jared radioso, soprattutto per il progetto di
viaggio, appena impostato.
Leto prese in braccio
Isotta e chiese una pausa da quell’allegra brigata, con il tacito assenso del
consorte, deciso a ristabilire l’armonia in famiglia.
In sé, comunque, provava
il disagio per ciò che temeva riguardo la salute di Glam, al quale Jared si
stava avvicinando in quell’attimo.
“Papi Glam!”
“Ciao principessa …” –
la salutò sforzandosi di apparirle sereno, stringendola sul petto.
La sensibilità dei
bambini era ciò che di più naturale potesse incastrarti, pensò.
“Come ti
senti?” – domandò esitante il leader dei Mars.
“Meglio,
grazie” – replicò asciutto, senza guardarlo.
“E’ stata una
bella cerimonia” – e guardò Kevin, che stava baciando Tim.
“La cosa
migliore degli ultimi vent’anni”
Geffen si
sollevò a fatica, ripassandogli la piccola – “Ciao cucciola, zio deve andare”
“Dove vai papi
Glam?” – chiese allegra.
“Ovunque,
comunque … Da qualche parte che non sia qui, ma dove posso trovare un cognac
altrettanto valido” – e le mostrò il bicchiere, facendola ridere.
“Glam …”
“Isy non si
scandalizza”
“Non intendevo
questo e lo sai” – disse piano, lasciando che Isotta tornasse da Colin,
piuttosto attento su di loro.
“Qualunque
cosa tu dica, non mi riguarda più Jared, tuo marito è stato sin troppo chiaro e
perseverare nel mio atteggiamento accondiscendente, potrebbe arrecarti un danno
irreparabile e rendere vano il lavoro di quel genio di Laurie” – disse con un
mezzo sorriso, più amaro dell’acido gastrico, che gli stava corrodendo la gola,
impedendogli di deglutire regolarmente.
“Sei forse in
aula? E’ un’arringa questa?” – sibilò innervosendosi.
Geffen rise,
incrociando lo sguardo di Farrell, sembrandogli preso in una conversazione
piacevole con Jared.
“E’ la verità,
pura e semplice. Punto.” – e se ne andò verso il salone adiacente, dov’era in
corso una festa di compleanno.
Un body guard
gli di parò davanti, trattenendo un cordone in velluto rosso.
“Scusi …?”
“Davo solo un’occhiata”
– ribatté disinvolto l’uomo.
“Prego, venga
avanti, Oliver fai accomodare monsieur Geffen, è un onore”
Una bella
signora bionda lo esortò ad avanzare, con un gesto quasi plateale, che andò a
frenarsi con un’indicazione, neppure eccessivamente velata, verso il bancone
del bar, dove avvenenti signorine stavano sorseggiando champagne.
“Una coppa, mr
Geffen?” – insistette lei.
“Monsieur
Geffen era … divertente, faccio da solo, mi scusi” – e si diresse verso una ragazza
mora, dai capelli lunghi e lisci: gli ricordava terribilmente Syria.
Scelse lo
sgabello libero accanto a lei, prendendo un lungo respiro.
“La tua maitrèsse
va subito al sodo, sai?” – e la puntò, affabile, ordinando da bere anche per la
sconosciuta.
Per poco.
Era palese la
sua inesperienza, così il suo imbarazzo.
“Non ci sono
abituata … A questo, ecco”
Aveva una
bella voce, un buon profumo, un corpo esile, ma con delle sinuosità attraenti e
ben proporzionate, caviglie sottili, piedi perfetti, tutti dettagli che, un
secolo prima, a Geffen destavano interesse e criteri di valutazione, durante le
sue conquiste inarrestabili.
“Mi chiamo
Glam”
“Sì lo so, ci
è stato … segnalato”
Lui rise – “Oh
mio Dio”
“E’ famoso,
come i suoi amici” – puntualizzò, in maniera quasi innocente.
“Oh sì, tutte
brave persone” – ridacchiò, l’alcol lo stava facendo alterare nelle percezioni,
come gli aveva precisato Scott.
“Però … da
quel che ne so”
“Sì, siamo
tutti gay, più o meno: il mio ex marito si è appena sposato con un ragazzo che
avrà trentacinque anni meno di me, mandandomi al settimo cielo” – sembrò ironizzare,
ma era sincero.
“Comunque io
mi chiamo Sylvie …” – e gli porse la mano ben curata.
“Come si dice
in questi casi? … Enchanté”
Robert brindò
per la conferma ricevuta dall’agenzia di adozione.
“Ci aspettano
a Los Angeles tra due giorni amore” – disse emozionato.
“Ci saremo Rob
… E’ il primo colloquio?”
“Sì, certo, un
passo alla volta, dovremo dare un sacco di informazioni, però miss Gramble mi
ha inviato un dossier, per … motivarci Jude”
“In che senso?”
“Una … foto” –
e gli mostrò l’immagine di una bimba incantevole.
Era di colore
come Camilla, gli stessi occhi grandi e bisognosi di affetto e presenza.
“Robert è …”
“E’ la nostra
Diamond, si chiama così e vorrei mostrarla anche a Camy se sei d’accordo” –
affermò intenso.
Law lo baciò,
con eguale trasporto, in assenso a quella proposta semplicemente deliziosa.
“Sei stanco
Tim?”
“Morto direi” –
rise, accucciolandosi sotto la sua ala, avvinghiati sopra ad un divano.
“C’è la luna
di miele, sappilo” – sorrise.
“Oh lo so … lo
so” – e si assopì, delicatamente.
Kevin lo
strinse forte, baciandolo tra i capelli arruffati – “Ti amo da impazzire Tim”
Geffen si
tolse la giacca, buttandola sul letto.
Sylvie si
guardò intorno.
“Io ho … una
laurea, in sociologia … E non so cosa ci faccio qui, ma mi servono dei soldi e”
– il suo tono assunse un’accelerazione notevole.
“Allora fai un
lavoro dignitoso, ma non pensare che quello della squillo non lo sia” – e si
schiantò in poltrona, sbuffando.
La giovane gli
si avvicinò, dopo essersi liberata delle scarpe dal tacco altissimo e sottile.
“Hai … hai
ragione” – si inginocchiò, iniziando a slacciargli la camicia, già fuori dai
pantaloni sbottonati per caso, mentre Glam si massaggiava le tempie.
“Che fai …?” –
domandò con un sorriso amichevole.
“Lavoro” - bissò, assurdamente buffa.
Sì, era come
Syria, adorabile ed infantile, senza maschere.
Geffen si
impadronì dei suoi polsi, con educazione, baciandone le falangi affusolate e
prive di anelli, solo un bracciale in oro bianco, con un ciondolo, raffigurante
un segno zodiacale.
“Acquario?”
Lei annuì,
arrossendo – “Io pensavo che …”
“Ho avuto
molte donne, due mogli, quasi tre, uno stuolo di pargoli, in altre … esistenze,
precedenti” – raccontò, rilassandosi e facendola salire sulle sue gambe,
avvolgendola, come accadeva con Lula, durante la lettura di favole o compiti.
“Rimani qui,
non voglio niente … E poi sono ridotto così male, che non potrei fare sesso,
neppure se lo volessi”
“Mi dispiace”
“A me no …
Somigli a qualcuno …”
“Che hai
amato, Glam?” – chiese triste, appendendosi al suo collo e chinando il capo
sulla spalla destra di lui.
“L’amo ancora …
L’amerò per sempre” – si commosse.
“E’ … andata
via?”
“Da questa
terra, sì … Lei, però, è con me, anche ora … Forse sei tu, un’allucinazione …”
“No, sono in carne ed
ossa!” – precisò simpatica.
Glam la scrutò.
“Quanti anni hai?”
“Venticinque”
“Ti … ti piacerebbe
avere un impiego a Los Angeles, in uno studio legale?” – le propose limpido,
anche se assorto.
“Sì, ma con madame
Lasalle come faccio? Le devo cinquemila euro, per l’appartamento in Rue D’Exay,
l’estetista, gli abiti …” – spiegò preoccupata.
“I soldi non sono un
problema, non lo sono mai stato … Te li tratterrò dallo stipendio, in comode
rate” – sorrise bonario, accarezzandole le chiome.
“Mi stai prendendo in
giro?” – disse timida, ma già delusa.
“Assolutamente no,
anche se ti sarò sembrato brillo, quando parlo di affari e lavoro sono
serissimo” – ribatté diretto.
Sylvie arrise alla
sua concretezza – “Va bene Glam …”
“Avrai il tuo
contratto domani mattina, me lo farò anticipare via e.mail dal mio ufficio.” –
e si rialzò.
“Do dove vai?” –
balbettò, trattenendolo per un braccio.
“A nanna … Vorrei
rimanessi, sarò un gentiluomo, anche se sei … stupenda”
“Tu sei … un po’
strano Glam”
“Non sei la prima a
dirmelo”
“Non hai un compagno?”
“Ho solo Lula, il mio
tesoro, l’ho adottato ad Haiti e darei la mia vita per soldino di cacio” - e le mostrò una foto.
Sylvie sfiorò lo
schermo del tablet e ne apparvero altre in sequenza, almeno tre e l’ultima
ritraeva Lula e Jared, abbracciati davanti ad un tramonto straordinario, sulla
spiaggia di Port au Prince.
“Lo conosco …” –
indicò il cantante, incuriosita.
“Sì, anch’io …”
“Non ne sembri …
felice” – azzardò.
“Sbagli: lo siamo
stati entrambi, finché è durata, poi abbiamo smesso di crederci, come in ogni
fallimento amoroso” – chiarì mesto.
“Meglio dormirci
sopra” – gli sorrise, distraendolo.
“Certo Sylvie …
andiamo.”
Verso l’alba Jared si
infilò tra le lenzuola.
“Finalmente …” – gli bisbigliò
assonnato Colin, catturandolo amorevole.
“I gemelli non ne
volevano sapere di crollare come gli altri” – disse esausto.
“Sei … bagnato” – e gli
leccò il collo.
“Ho fatto una doccia
Cole …” – mormorò, intrecciandosi a lui, sentendo il proprio membro inturgidirsi,
ai soli respiri dell'attore.
“Ti voglio, amore …” –
gli sussurrò roco l’irlandese, lubrificandolo esperto.
Jared emise un
gemito, che amplificò maggiormente l’erotismo del momento.
La penetrazione da
parte di Colin fu fluida e di una naturalezza, che la coppia ritrovava ad ogni
occasione.
Lo scroscio le
risultò inconfondibile.
Aveva dormito
rannicchiata sul busto di Glam, senza neppure svestirsi.
Sylvie, però ora, lo
stava spiando, mentre lui, nudo sotto i getti, si lavava un po’ svogliato.
Lo raggiunse, con una
falcata elegante e dispettosa.
“Buongiorno, c’è
posto?”
“Ehi ciao, ben
svegliata” – e le tese la mano, che lei strinse, con disinvoltura.
“Ciao Glam” –
sorrise, dandogli le spalle, lasciandosi cinturare, con spontaneità, come se si
conoscessero da tempo, senza pudori apparenti.
“Guarda che io non la
faccio mai con i miei dipendenti”
“Cosa?” – rise.
“La doccia!” – rise a
propria volta.
Sylvie si girò,
aggrappandosi a Geffen, che inarcò un sopracciglio, intrigato dalla sua gioia
di vivere.
“Ma tu non vuoi
davvero che noi …?”
“Non ho mai detto
questo tesoro …”
Si baciarono.
Glam la invitò poi a roteare
nuovamente, passando il palmo sinistro sulla lastra appannata, a pochi
centimetri dalla ragazza, permettendole di specchiarsi.
Le fece poi scivolare
anche il destro sui seni, tra schiuma e zampilli, esaltati dalla sua
abbronzatura e dall’incarnato liscio e setoso.
Geffen posò un bacio
sulla sua nuca, succhiandone poi una porzione, facendole inarcare la schiena – “Sei
uno splendore … te lo assicuro Sylvie”
“Mi porterai via con
te …? Senza ripensamenti?” – chiese ansiosa, tornando a guardarlo, i loro corpi
incollati.
“Te lo prometto.” –
confermò risoluto, rendendosi poi conto che gli riusciva a meraviglia, quando
si trattava di donne, come in uno strano gioco del destino.
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