venerdì 19 luglio 2013

ZEN - CAPITOLO N. 154

Capitolo n. 154 – zen


“Non ti manca mai?”
La domanda di Isotta arrivò improvvisa, mentre Jared la pettinava, per prepararla all’ultima cena, che avrebbero consumato in Marocco, prima di partire.
“Chi tesoro …?” – chiese, pur capendo la natura del quesito.
“Papi Glam” – sorrise, specchiandosi, soddisfatta del proprio aspetto.
Era bellissima.
Anche Leto si soffermò a scrutarla, baciandola poi tra le ciocche fluenti, ad occhi chiusi.
“Sì, certo, ma sapendo che lui c’è e ci sarà sempre, per noi principessa, allora mi sento al sicuro …” – replicò flebile, riunendo diversi frammenti del suo trascorso con l’avvocato, alcuni belli, altri tristi.

Farrell bussò.
“Siete pronti?” – e sorrise, in quel modo in cui faceva perdere la ragione a Leto, che annuì.
Colin prese in braccio Isy, che gli diede un bacio sulla guancia destra.
“Sei uno splendore … Come il tuo papà” – e fissò Jared, impegnato a cambiarsi la camicia, nascondendo i propri zaffiri lucidi.


“Sono stato un imbecille … Ma quando ho visto che era ad un passo da Tim”
Kevin prese un lungo respiro; Glam gli porse una tazza di caffè, mentre Lula giocava insieme a Tim sul tappeto del salone centrale di villa Meliti.
Antonio sorseggiava un brandy, pensieroso.

“Cosa succede adesso?” – chiese improvviso, rivolgendosi a Geffen.
“Potrebbe denunciare Tim per aggressione. Ha testimoni, movente … Diversi punti di sutura, un dente rotto” – sbuffò, rispondendo poi ad una telefonata da studio.
Era Flora.

“Ok … Sì, lo chiamo subito”
“Che succede Glam?” – domandò ansioso il bassista.
“Il legale di Steadman, quello che l’ha tirato fuori da Quantico mi vuole parlare. Penserà che sia io il tuo patrocinante … e non sbaglia”
“Tu lo conosci?” – “Sì Tim, ma solo di vista, esercitava a New York sino ad un anno fa …” – e compose il numero, accomodandosi in poltrona.
Tim gli portò una bibita fresca, vedendolo arrossato in volto, ma pensando che fosse unicamente per la preoccupazione e non certo per i recenti disturbi, che ancora lo tormentavano.

“Sono Glam Geffen, vorrei … Sì, attendo”
Una voce calda lo salutò.
“Salve, sono Ed Lawson, è un piacere conoscerla Geffen, anche se non di presenza, a meno che non si arrivi in aula: vogliamo evitarlo?”
“Ricambio i convenevoli, ma non ambisco a tanto, cosa mi propone?” – ribatté secco.
“Il mio assistito è andato su tutte le furie, per usare un eufemismo”
“Come il mio del resto, a giusta ragione, dopo gli eventi di Parigi”
“Un clamoroso equivoco”
“Un tentato omicidio, Lawson, e non è un eufemismo” – affermò serio.
“Acqua passata, ma il mio cliente ne è uscito a pezzi, compresa la sua carriera, quindi, secondo lui, ma anche il sottoscritto, qualcuno deve pagare il conto: intenteremo causa per un risarcimento di due milioni di dollari. Senza arrivare davanti ad un giudice, però, ci accontenteremo della metà, che ne pensa?”
“Audaci ed aggressivi: temo che voi non abbiate le idee chiare, su chi state infastidendo, sempre per usare un eufemismo” – e guardò Meliti, che storse un labbro, arcigno e poco rassicurante.
“Se si riferisce al caro vecchio boss, che mi risulta essere un padre putativo per il suo ex, caro Geffen, non vorrei dovere ricorrere agli amici dell’ufficio delle tasse, per una verifica a sorpresa … Non aspettano altro che un’imbeccata, lo sa anche lei” – sibilò ironico.
“Sempre peggio Lawson, non mi resta che … compatirla. Vede, il problema non sono i soldi, ma la latitanza di Ivo Steadman: i nostri amici dell’FBI non si sono sbagliati e lei sta difendendo un serial killer, se ne rende conto? Anche dei rischi che corre?”
“Solo illazioni e, obiettivamente, il fallimento inammissibile, da parte di Aaron Hotchner”
“Hotch non mollerà la presa e, a questo punto, nemmeno io: il mio pensiero, ripeto, non va al denaro, ma alla sicurezza dei miei cari. Se viene minacciata, le conseguenze potrebbero essere ingestibili”
Lawson rimase in silenzio un attimo.
“E’ una minaccia? Si riferisce forse al caso Mendoza?”
“Ne sono stato ampiamente scagionato, anche se il colpevole è uccel di bosco, come il suo caro Steadman, con l’unica differenza che io so come trovare la gabbia, dove il nostro Paleontologo ritorna ogni sera, restando in questa città, con l’obiettivo insano di ledere la tranquillità di Kevin e Tim. Un consiglio: migri alla svelta, con un milione di dollari si possono fare molte cose interessanti, peccato che lui non farà niente, se non un passo sbagliato, con l’ossessione di riavere Tim e sarà allora che il caro professore non avrà più scampo: glielo garantisco, al cento per cento, Lawson. Arrivederci”
Riattaccò.

“Gli darai quest’assurda somma daddy?”
“Sì Kevin, con le dovute garanzie, ma è tempo perso con Ivo” – e fissò Tim, davanti al quale si sollevò Lula, come a proteggerlo.
“Papà tu devi risolvere questo pasticcio!”
“Hai qualche consiglio, soldino?” – gli sorrise con tenerezza.
Lula esitò, chiudendo poi le palpebre, per poi riaprirle di colpo.
“Una … croce …”
“Cosa amore?” – intervenne Tim, con l’intenzione di destarlo da quella sorta di stato ipnotico.
“No, non farlo, ha una delle sue visioni” – disse Kevin.
“Ma … mi spaventa …”

Lula non aggiunse altro, accucciolandosi sul grembo di Tim, rimasto seduto dov’era, pronto a custodire quell’inconsueto dormiveglia, in cui il bimbo cadde, come sempre dopo le sue esperienze soprannaturali.


Sylvie archiviò la pratica Chester, facendo cadere una pila di fogli, che Harry si affrettò a raccogliere.
“Che sbadata, che imbranata che sono!”
“No, è che fai le cose di fretta, come tutti …”
La ragazza sbuffò – “E che non c’è neppure il capo … Di solito mi agito in sua presenza, nonostante …” – arrossì.
“Siete amanti?” – domandò diretto Haz.
“NO!” – esclamò lei, come risentita.
“Non ci sarebbe nulla di male, sareste anche una bella coppia” – e sorrise innocente.
“Come tu e Louis? Dubito … Magari fossimo così … presi”
Questo giro fu Harry ad avvampare.
“Sì … Ci amiamo tanto …”
“Tu sei un vero genio, ho saputo: è un ostacolo?”
“Spesso sì, poi non vieni preso sul serio, almeno finché sei un nanerottolo … Meno male che sono cresciuto di botto!” – rise, controllando poi la corrispondenza di Geffen.
“Adesso torno nel mio loculo …” – disse assorto, vedendo diverse scartoffie da aggiornare, come richiesto da Glam.

“Buongiorno gente!”
“Oddio!” – Sylvie scattò in piedi dalla seggiola, dove stava ciondolando, le gambe accavallate e messe in evidenza da un abbigliamento molto sexy e ridotto.

Geffen li puntò entrambi, mentre Harry deglutiva a vuoto.

“Gonna troppo corta!” – additò lei – “Capelli troppo lunghi!” – e se la prese con Harry.
Quindi esplose in una risata, vedendoli sul punto di svenire.

“Cielo, ma che avete? Giornata pesante? Per me sì, mi porti acqua e ghiaccio Sylvie? Non che io voglia farti fare la cameriera, però ogni tanto sopportami e scusami”
“Figurati Glam, è un piacere” – e sparì verso la saletta ricreazione, dove c’erano diversi distributori automatici.

“Harry come procede?”
“Bene, grazie … C’è un telegramma …”
“Aprilo pure”
“Ok … Un necrologio … Il giudice Miller, è morto ieri sera, in clinica …”
“Miseria, devo dirlo a Matt.”
“Ti accompagno?”
“No, ci vado immediatamente, pranzerò con lui, ci vediamo alla riunione delle diciassette, dobbiamo parlare di Steadman e della richiesta di adozione Downey/Law”
“D’accordo … a più tardi.”


I giardini erano immersi nel silenzio ed il giovane stava leggendo un libro di poesie.
Matt era affascinante, nel suo completo scuro, anche se formato da jeans e maglietta, aderenti sul fisico asciutto ed allenato; non voleva lasciarsi andare e mangiava comunque pochissimo.

“Glam … Glam!” – gli corse incontro, un’abitudine quando lo scorgeva all’orizzonte, in occasione delle ormai rare visite, da parte dell’uomo, di cui era oltre modo innamorato.
“Ciao Matt … Ti trovo bene”
“Insomma” – e fece una piroetta scherzosa.

Tutto sembrava, fuorché un tipo con disturbo bipolare e manie di persecuzione.

“Devo dirti una cosa, sediamoci”
“Sembra seria”
“La è Matt … Si tratta di tuo padre”
“Capisco … è … è andato via?”
“Un attacco di cuore, mi hanno avvisato stamani”
“Ok” – e si contrasse, le iridi tremanti.
Geffen lo strinse – “Mi dispiace”
“Adesso sono solo … Mia madre non esiste, non viene neppure qui … ed anche Alexander …”
“Per tuo fratello non pensi sia la cosa migliore?” – domandò esitante.
“No … non lo so … meglio che niente” – e lo guardò triste.
“Ultimamente ho avuto tanti impegni e la mia salute che”
“Che cosa? Stai male Glam?” – domandò allarmato.
“I soliti acciacchi” – abbozzò un sorriso.
“Colpa di quegli stronzi, che ti hanno rovinato!” – sbottò acre.
“Chi scusa?”
“Robert, Jude, Jared!!”
Geffen rise leggero – “Guarda che me la sono sempre cercata, credimi”
“Quell’incidente sulla scogliera … E’ stato il colpo di grazia”
“La mia malattia non dipende da questo”
“Sì, hai ragione Glam, colpa di Leto, ti ha spezzato il cuore, ammettilo ed in senso letterale!” – insistette.

“Domani ci saranno i funerali … Vuoi che ti ci porti?” – chiese dolce.
“Non ci tengo, ma pur di fare un viaggio insieme a te, anche se breve”
“La salma verrà tumulata nella cappella dei Miller, qui a Los Angeles …”
“Ovviamente … C’è pure Alex … Lo sai, vero?”
“Certo Matt … Ci vediamo alle dieci ok?”
“Tu ed io?” – sorrise.
“E Vassily … Preferisco farlo guidare”
“Che giustificazione pessima” – e tirò su dal naso, abbassando lo sguardo.
Geffen gli diede una carezza sulla nuca.
“Glam …”
“Sì?”
“Possiamo baciarci? … Così mi terrò il tuo sapore buono nel cuore, per convincermi che non sei un’allucinazione … Vuoi?”
Geffen lo assecondò, perdendosi nei suoi gemiti, mentre Matt si appendeva a lui, come se da ciò dipendesse la sua vita.


Louis controllò l’orologio, risistemandosi la camicia, appena comprata, per portare Harry fuori a cena.
Era una sorpresa.
Così come ritrovarsi Sylvie allo stesso tavolo, dove Haz decise di invitarla, così da parlare ancora di lavoro, lavoro, lavoro …

“Perdonatemi se vi interrompo!” – tuonò Louis, all’arrivo delle insalate.
Aveva resistito dagli antipasti al primo, ma ai contorni esplose.

“Dimmi tesoro …” – bissò innocente la sua metà, ricevendo sotto il tavolo un bel calcio negli stinchi.
“Vado ad incipriarmi il naso, si dice ancora così?” – si intromise lei buffa, guadagnando poi la via per le toilette, non senza attirare le occhiate voraci di alcuni astanti.

“Ecco, perché non si trova un bel pollo da spennare e si toglie dai piedi una volta per tutte!” – ringhiò Louis.
Harry rise – “Sei geloso di Sylvie?? Non ci credo!”
Un’altra botta, alla caviglia destra e ad Harry passò la voglia di canzonarlo; Lou era livido.
Haz sgranò i fanali, lo baciò, toccandolo poi tra le pieghe della tovaglia complice, arrivando al suo inguine.
“E’ … bollente …” – ansimò nella gola di Lou, che aveva reclinato il capo, per assaporare meglio il suo ragazzo stralunato ed incantevole.
“Stronzo …” – gli disse piano, senza staccarsi.
“Stupido Lou …” – gli sorrise, baciandolo ancora.

Il BlackBerry di Haz si illuminò.
Era un sms di Sylvie, che era tornata a casa in taxi: il messaggio era corredato da una miriade di cuoricini e buoni auspici per il fine serata.

“Carina non trovi Lou?” – esclamò simpatico, mostrandogli la gif spiritosa ed a tema.
Louis grugnì e fu piuttosto esaustivo il suo commento.
Almeno quanto il modo in cui si sfiorarono, togliendo a loro volta le tende da quel lussuoso locale, ormai inadeguato ai rispettivi progetti, tutt’altro che casti.





 ISOTTA




 HARRY AND LOUIS



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