Capitolo n. 154 – zen
“Non ti manca mai?”
La domanda di Isotta
arrivò improvvisa, mentre Jared la pettinava, per prepararla all’ultima cena,
che avrebbero consumato in Marocco, prima di partire.
“Chi tesoro …?” –
chiese, pur capendo la natura del quesito.
“Papi Glam” –
sorrise, specchiandosi, soddisfatta del proprio aspetto.
Era bellissima.
Anche Leto si
soffermò a scrutarla, baciandola poi tra le ciocche fluenti, ad occhi chiusi.
“Sì, certo, ma
sapendo che lui c’è e ci sarà sempre, per noi principessa, allora mi sento al
sicuro …” – replicò flebile, riunendo diversi frammenti del suo trascorso con
l’avvocato, alcuni belli, altri tristi.
Farrell bussò.
“Siete pronti?” – e
sorrise, in quel modo in cui faceva perdere la ragione a Leto, che annuì.
Colin prese in
braccio Isy, che gli diede un bacio sulla guancia destra.
“Sei uno splendore …
Come il tuo papà” – e fissò Jared, impegnato a cambiarsi la camicia,
nascondendo i propri zaffiri lucidi.
“Sono stato un
imbecille … Ma quando ho visto che era ad un passo da Tim”
Kevin prese un lungo
respiro; Glam gli porse una tazza di caffè, mentre Lula giocava insieme a Tim
sul tappeto del salone centrale di villa Meliti.
Antonio sorseggiava
un brandy, pensieroso.
“Cosa succede adesso?”
– chiese improvviso, rivolgendosi a Geffen.
“Potrebbe denunciare
Tim per aggressione. Ha testimoni, movente … Diversi punti di sutura, un dente
rotto” – sbuffò, rispondendo poi ad una telefonata da studio.
Era Flora.
“Ok … Sì, lo chiamo
subito”
“Che succede Glam?” –
domandò ansioso il bassista.
“Il legale di
Steadman, quello che l’ha tirato fuori da Quantico mi vuole parlare. Penserà
che sia io il tuo patrocinante … e non sbaglia”
“Tu lo conosci?” – “Sì
Tim, ma solo di vista, esercitava a New York sino ad un anno fa …” – e compose
il numero, accomodandosi in poltrona.
Tim gli portò una
bibita fresca, vedendolo arrossato in volto, ma pensando che fosse unicamente
per la preoccupazione e non certo per i recenti disturbi, che ancora lo
tormentavano.
“Sono Glam Geffen,
vorrei … Sì, attendo”
Una voce calda lo
salutò.
“Salve, sono Ed
Lawson, è un piacere conoscerla Geffen, anche se non di presenza, a meno che
non si arrivi in aula: vogliamo evitarlo?”
“Ricambio i
convenevoli, ma non ambisco a tanto, cosa mi propone?” – ribatté secco.
“Il mio assistito è
andato su tutte le furie, per usare un eufemismo”
“Come il mio del
resto, a giusta ragione, dopo gli eventi di Parigi”
“Un clamoroso
equivoco”
“Un tentato omicidio,
Lawson, e non è un eufemismo” –
affermò serio.
“Acqua passata, ma il
mio cliente ne è uscito a pezzi, compresa la sua carriera, quindi, secondo lui,
ma anche il sottoscritto, qualcuno deve pagare il conto: intenteremo causa per
un risarcimento di due milioni di dollari. Senza arrivare davanti ad un
giudice, però, ci accontenteremo della metà, che ne pensa?”
“Audaci ed
aggressivi: temo che voi non abbiate le idee chiare, su chi state infastidendo,
sempre per usare un eufemismo” – e guardò
Meliti, che storse un labbro, arcigno e poco rassicurante.
“Se si riferisce al
caro vecchio boss, che mi risulta essere un padre putativo per il suo ex, caro
Geffen, non vorrei dovere ricorrere agli amici dell’ufficio delle tasse, per
una verifica a sorpresa … Non aspettano altro che un’imbeccata, lo sa anche lei”
– sibilò ironico.
“Sempre peggio
Lawson, non mi resta che … compatirla. Vede, il problema non sono i soldi, ma
la latitanza di Ivo Steadman: i nostri amici dell’FBI non si sono sbagliati e
lei sta difendendo un serial killer, se ne rende conto? Anche dei rischi che
corre?”
“Solo illazioni e,
obiettivamente, il fallimento inammissibile, da parte di Aaron Hotchner”
“Hotch non mollerà la
presa e, a questo punto, nemmeno io: il mio pensiero, ripeto, non va al denaro,
ma alla sicurezza dei miei cari. Se viene minacciata, le conseguenze potrebbero
essere ingestibili”
Lawson rimase in
silenzio un attimo.
“E’ una minaccia? Si
riferisce forse al caso Mendoza?”
“Ne sono stato
ampiamente scagionato, anche se il colpevole è uccel di bosco, come il suo caro
Steadman, con l’unica differenza che io so come trovare la gabbia, dove il
nostro Paleontologo ritorna ogni sera, restando in questa città, con l’obiettivo
insano di ledere la tranquillità di Kevin e Tim. Un consiglio: migri alla
svelta, con un milione di dollari si possono fare molte cose interessanti,
peccato che lui non farà niente, se non un passo sbagliato, con l’ossessione di
riavere Tim e sarà allora che il caro professore non avrà più scampo: glielo
garantisco, al cento per cento, Lawson. Arrivederci”
Riattaccò.
“Gli darai quest’assurda
somma daddy?”
“Sì Kevin, con le
dovute garanzie, ma è tempo perso con Ivo” – e fissò Tim, davanti al quale si
sollevò Lula, come a proteggerlo.
“Papà tu devi
risolvere questo pasticcio!”
“Hai qualche
consiglio, soldino?” – gli sorrise con tenerezza.
Lula esitò, chiudendo
poi le palpebre, per poi riaprirle di colpo.
“Una … croce …”
“Cosa amore?” –
intervenne Tim, con l’intenzione di destarlo da quella sorta di stato ipnotico.
“No, non farlo, ha
una delle sue visioni” – disse Kevin.
“Ma … mi spaventa …”
Lula non aggiunse
altro, accucciolandosi sul grembo di Tim, rimasto seduto dov’era, pronto a
custodire quell’inconsueto dormiveglia, in cui il bimbo cadde, come sempre dopo
le sue esperienze soprannaturali.
Sylvie archiviò la
pratica Chester, facendo cadere una pila di fogli, che Harry si affrettò a
raccogliere.
“Che sbadata, che imbranata
che sono!”
“No, è che fai le
cose di fretta, come tutti …”
La ragazza sbuffò – “E
che non c’è neppure il capo … Di solito mi agito in sua presenza, nonostante …”
– arrossì.
“Siete amanti?” –
domandò diretto Haz.
“NO!” – esclamò lei,
come risentita.
“Non ci sarebbe nulla
di male, sareste anche una bella coppia” – e sorrise innocente.
“Come tu e Louis?
Dubito … Magari fossimo così … presi”
Questo giro fu Harry
ad avvampare.
“Sì … Ci amiamo tanto
…”
“Tu sei un vero
genio, ho saputo: è un ostacolo?”
“Spesso sì, poi non
vieni preso sul serio, almeno finché sei un nanerottolo … Meno male che sono
cresciuto di botto!” – rise, controllando poi la corrispondenza di Geffen.
“Adesso torno nel mio
loculo …” – disse assorto, vedendo diverse scartoffie da aggiornare, come
richiesto da Glam.
“Buongiorno gente!”
“Oddio!” – Sylvie scattò
in piedi dalla seggiola, dove stava ciondolando, le gambe accavallate e messe
in evidenza da un abbigliamento molto sexy e ridotto.
Geffen li puntò
entrambi, mentre Harry deglutiva a vuoto.
“Gonna troppo corta!”
– additò lei – “Capelli troppo lunghi!” – e se la prese con Harry.
Quindi esplose in una
risata, vedendoli sul punto di svenire.
“Cielo, ma che avete?
Giornata pesante? Per me sì, mi porti acqua e ghiaccio Sylvie? Non che io
voglia farti fare la cameriera, però ogni tanto sopportami e scusami”
“Figurati Glam, è un
piacere” – e sparì verso la saletta ricreazione, dove c’erano diversi
distributori automatici.
“Harry come procede?”
“Bene, grazie … C’è
un telegramma …”
“Aprilo pure”
“Ok … Un necrologio …
Il giudice Miller, è morto ieri sera, in clinica …”
“Miseria, devo dirlo
a Matt.”
“Ti accompagno?”
“No, ci vado
immediatamente, pranzerò con lui, ci vediamo alla riunione delle diciassette,
dobbiamo parlare di Steadman e della richiesta di adozione Downey/Law”
“D’accordo … a più
tardi.”
I giardini erano
immersi nel silenzio ed il giovane stava leggendo un libro di poesie.
Matt era affascinante,
nel suo completo scuro, anche se formato da jeans e maglietta, aderenti sul
fisico asciutto ed allenato; non voleva lasciarsi andare e mangiava comunque
pochissimo.
“Glam … Glam!” – gli corse
incontro, un’abitudine quando lo scorgeva all’orizzonte, in occasione delle
ormai rare visite, da parte dell’uomo, di cui era oltre modo innamorato.
“Ciao Matt … Ti trovo
bene”
“Insomma” – e fece
una piroetta scherzosa.
Tutto sembrava,
fuorché un tipo con disturbo bipolare e manie di persecuzione.
“Devo dirti una cosa,
sediamoci”
“Sembra seria”
“La è Matt … Si
tratta di tuo padre”
“Capisco … è … è
andato via?”
“Un attacco di cuore,
mi hanno avvisato stamani”
“Ok” – e si
contrasse, le iridi tremanti.
Geffen lo strinse – “Mi
dispiace”
“Adesso sono solo …
Mia madre non esiste, non viene neppure qui … ed anche Alexander …”
“Per tuo fratello non
pensi sia la cosa migliore?” – domandò esitante.
“No … non lo so …
meglio che niente” – e lo guardò triste.
“Ultimamente ho avuto
tanti impegni e la mia salute che”
“Che cosa? Stai male
Glam?” – domandò allarmato.
“I soliti acciacchi” –
abbozzò un sorriso.
“Colpa di quegli
stronzi, che ti hanno rovinato!” – sbottò acre.
“Chi scusa?”
“Robert, Jude,
Jared!!”
Geffen rise leggero –
“Guarda che me la sono sempre cercata, credimi”
“Quell’incidente
sulla scogliera … E’ stato il colpo di grazia”
“La mia malattia non
dipende da questo”
“Sì, hai ragione
Glam, colpa di Leto, ti ha spezzato il cuore, ammettilo ed in senso letterale!”
– insistette.
“Domani ci saranno i
funerali … Vuoi che ti ci porti?” – chiese dolce.
“Non ci tengo, ma pur
di fare un viaggio insieme a te, anche se breve”
“La salma verrà
tumulata nella cappella dei Miller, qui a Los Angeles …”
“Ovviamente … C’è
pure Alex … Lo sai, vero?”
“Certo Matt … Ci
vediamo alle dieci ok?”
“Tu ed io?” –
sorrise.
“E Vassily …
Preferisco farlo guidare”
“Che giustificazione
pessima” – e tirò su dal naso, abbassando lo sguardo.
Geffen gli diede una
carezza sulla nuca.
“Glam …”
“Sì?”
“Possiamo baciarci? …
Così mi terrò il tuo sapore buono nel cuore, per convincermi che non sei un’allucinazione
… Vuoi?”
Geffen lo assecondò,
perdendosi nei suoi gemiti, mentre Matt si appendeva a lui, come se da ciò
dipendesse la sua vita.
Louis controllò l’orologio,
risistemandosi la camicia, appena comprata, per portare Harry fuori a cena.
Era una sorpresa.
Così come ritrovarsi
Sylvie allo stesso tavolo, dove Haz decise di invitarla, così da parlare ancora
di lavoro, lavoro, lavoro …
“Perdonatemi se vi
interrompo!” – tuonò Louis, all’arrivo delle insalate.
Aveva resistito dagli
antipasti al primo, ma ai contorni esplose.
“Dimmi tesoro …” –
bissò innocente la sua metà, ricevendo sotto il tavolo un bel calcio negli
stinchi.
“Vado ad incipriarmi
il naso, si dice ancora così?” – si intromise lei buffa, guadagnando poi la via
per le toilette, non senza attirare le occhiate voraci di alcuni astanti.
“Ecco, perché non si
trova un bel pollo da spennare e si toglie dai piedi una volta per tutte!” –
ringhiò Louis.
Harry rise – “Sei
geloso di Sylvie?? Non ci credo!”
Un’altra botta, alla
caviglia destra e ad Harry passò la voglia di canzonarlo; Lou era livido.
Haz sgranò i fanali,
lo baciò, toccandolo poi tra le pieghe della tovaglia complice, arrivando al
suo inguine.
“E’ … bollente …” –
ansimò nella gola di Lou, che aveva reclinato il capo, per assaporare meglio il
suo ragazzo stralunato ed incantevole.
“Stronzo …” – gli disse
piano, senza staccarsi.
“Stupido Lou …” – gli
sorrise, baciandolo ancora.
Il BlackBerry di Haz
si illuminò.
Era un sms di Sylvie,
che era tornata a casa in taxi: il messaggio era corredato da una miriade di
cuoricini e buoni auspici per il fine serata.
“Carina non trovi
Lou?” – esclamò simpatico, mostrandogli la gif spiritosa ed a tema.
Louis grugnì e fu
piuttosto esaustivo il suo commento.
Almeno quanto il modo
in cui si sfiorarono, togliendo a loro volta le tende da quel lussuoso locale,
ormai inadeguato ai rispettivi progetti, tutt’altro che casti.
ISOTTA
HARRY AND LOUIS
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