sabato 29 giugno 2013

ZEN - CAPITOLO N. 141

Capitolo n. 141  -  zen


“Quando arriva questa ambulanza accidenti!!?!”
La voce di Scott si infrangeva nell’aria, con il silenzio attonito e doloroso di chi stava assistendo a quella scena straziante.
Kevin distrutto, rimaneva inginocchiato a lato di Tim, steso sulla strada, tra pioggia, polvere e ciò che restava di lui, inerme e fragile.
Il suo busto esile, vibrava sotto alle pressioni del medico, che gli stava praticando il massaggio cardiaco; la sua testa ciondolava, mentre Scott provava anche con la respirazione bocca a bocca.
Un pugno.
Poi un altro, su quelle costole, che sembravano cedere da un momento all’altro.
Sarebbe stato il meno.
Se solo si fosse ripreso.
Quindi uno schiaffo, alle sue gote esangui – “Andiamo ragazzino ANDIAMO SVEGLIATI!!”
Scott urlava, Kevin piangeva cristallizzato in un’ansia assurda.

“Così gli … gli fai male Scott” – disse flebile il bassista, come se Tim potesse sentire quei colpi, come se il ragazzo, che amava più di ogni cosa, ora lo sapeva, riuscisse ad aggrapparsi all’ultimo anelito di vita.

Geffen, sbigottito come gli altri, non proferiva parola.
Jared sbucò all’improvviso, finendo addosso a Colin, che insieme a Jude e Robert, era in lacrime.
Lo strinse forte.
“Mio Dio amore … amore dov’eri?” – gli chiese sconvolto, con il timore che Ivo gli avesse fatto del male durante le ricerche.
“Mi … mi dispiace Colin, mi dispiace così’ tanto” – singhiozzò, sul punto di perdere i sensi.

Jude lo sostenne con il marito, aiutando Farrell a prendersi cura di lui, spaventato ed indebolito da una sequenza di emozioni devastanti.

Glam lo guardò ed i loro occhi collisero: nell’uomo c’era una disarmante urgenza di abbracciarlo, proteggerlo dal mondo esterno, com’era accaduto anni prima, tra quegli scolari, fuori la scuola, in una Parigi incantevole, com’era Jared, così il loro amore.

All’epoca, tra la carambola di risate ed allegria, per la fine delle lezioni, entrambi si dissero un  ti amo, che ancora adesso sembrava echeggiare contro le porte della notte.

Glam mormorò un semplice  scusami,  senza avere il coraggio di avvicinarsi.


Un tossire convulso, una contrazione spasmodica.
“TIM!! Butta fuori AVANTI!!”
Scott ce l’aveva fatta.
Kevin sembrò impazzire dalla gioia.
Il giovane stava espellendo l’acqua della Senna, tornando a respirare, anche se a fatica.
Nonostante lo stato di shock, allungò la mano sinistra verso Kevin, che si piegò su di lui, brandendo il suo viso bellissimo, sussurrandogli un “… Sono qui … sono qui, Tim” – disse in un soffio caldo e rassicurante.
“Mi … dispiace Kevin …” – balbettò impaurito.
“No … E’ stata tutta colpa mia, solo mia, credimi”

Glam alzò lo sguardo verso la terrazza del teatro, come attratto da una sensazione inconfondibile.
Vide un bambino, con una felpa arancione, il cappuccio alzato, poi le sue manine ambrate, che lo abbassavano, rivelando l’espressione sorridente di Lula.
“Soldino …?!”
Un rapido cenno di sollievo, poi Lula sparì.
Il cellulare di Geffen vibrò.
Era Vassily.

“Capo devo parlarle”
“Vas cosa c’è?? E’ per Lula??” – replicò angosciato.
“Giudichi lei …”
Il figlio di Glam e Kevin stava levitando verso il soffitto, al di sopra del suo letto, dove di botto precipitò.
“Oh cavoli!” – esclamò il body guard, precipitandosi a controllare le sue condizioni.
“LULA!!” – gridò l’avvocato.
Soldino si rannicchiò in posizione fetale, addormentato profondamente.
“Tutto a posto” – gli rispose Vassily, scompigliando quei capelli folti e riccioluti, che Lula non si decideva a tagliare.
Sembrava sempre uguale, sempre adorabile.
“Oh Signore … ti ringrazio.” – sospirò Geffen.

Kevin salì con Scott sul mezzo di soccorso, che finalmente riuscì a farsi largo tra la folla.
Confusamente, tutti si diressero all’ospedale più vicino, comunque in pena per le sorti di Tim, nuovamente svenuto per la spossatezza.

Il peggio, però, pareva superato.
Ancora una volta.


“Posso avere un tè caldo … o almeno un caffè?”
Ivo lo domandò con una cortesia glaciale.
Il gendarme, che lo stava sorvegliando, nella camera degli interrogatori, neppure gli rispose.

Oltre al vetro a specchio, Hotchner ed il resto della sua squadra non lo perdeva di vista.
Erano zuppi ed infreddoliti, con delle coperte ed asciugamani di fortuna sulle spalle, nel precario tentativo di asciugarsi.
Gli agenti francesi fornirono loro t-shirt e pantaloni di tute militari, ottimi per l’evenienza.
A turno andarono alla toilette a cambiarsi, incrociandosi amichevolmente.

Rossi volle assistere Morgan, nel dare una sistemata a Spencer, che si sentiva come un pulcino al sicuro tra i suoi due angeli custodi.
“Ecco fatto … ti sta un po’ comoda” – Derek sorrise amorevole, per poi stringerlo a sé, con tenerezza.
La medesima che David mise nello sfiorare la nuca dell’ex collega di colore, dopo avere dato un bacio tra le ciocche ancora umide di Reid.
“Arrivederci ragazzi …”


“Posso vederlo?”
Kevin si tormentava le mani, ancora in accappatoio dopo essere uscito da una doccia bollente, come l’intera brigata, che si era accodata a lui nel reparto di emergenza, dove Tim era in prognosi riservata.

Scott parlava perfettamente francese e spiegò la situazione al primario, che bonariamente diede il via libera al bassista, in evidente stato di ansia.

“Grazie Scotty …”
“Figurati Glam, è un piacere … Tu come stai? La pressione?”
“Un pelo alta” – rise nervoso, cercando qualcuno con i suoi turchesi arrossati.
Scott sorrise – “Jared è stato attaccato ad un paio di flebo, nella stanza 206. Colin è con lui” – precisò sul finale.
“Sì, sì certo … C’è stato un po’ di caos …”
“A proposito, come hai trovato Tim?”
“Per pura fortuna … Sono sceso per degli scalini, avevo scorto un barcone … Non so, sesto senso, finché quelli che sembravano stracci, erano invece gli abiti di Tim, che stava sprofondando a pancia in giù nel fiume”
“Miseria … Ti deve la vita”
“No, assolutamente … Io mi auguro che Kevin riesca ad essere felice con lui, dopo tante difficoltà”
“Se tu starai alla larga” – scherzò.
“Farò il possibile doc” – e, facendogli l’occhiolino, raggiunse Downey, vedendolo in fondo alla corsia.

“Tesoro …”
L’attore gli corse incontro.
“Rob come ti senti? E Jude?” – domandò accogliendolo sul proprio petto.
“Siamo profumati e talcati come due bebè, non vedi?” – rise complice.
“Sì … Ci daranno anche dei vestiti?”
“Io ho scelto quello da infermiera, non si discute!”
Law rise sulla soglia dello spogliatoio, andando poi ad unirsi a quell’abbraccio corale.
“Ehi dobbiamo avvisare il nonno”
“Ho telefonato a Vas, ci pensa lui ad aggiornarli …”
“E Lula?” – chiese Rob con dolcezza.
“Lui è stato straordinario … anche questo giro, ve lo assicuro”


“Ciao amore …”
“Non stancarti scricciolo, ora sei al sicuro”
Le dita di Kevin gli delineavano il profilo, le sue labbra ne seguivano la linea perfetta.
“Ti amo …”
“Anch’io Tim” – e prendendogli l’anulare sinistro, privo di altri anelli inopportuni, che la Senna aveva di certo inghiottito, dandogli giustizia, Kevin gli infilò una vera di oro bianco e brillanti a taglio quadrato, molto raffinata.
“Co cosa …?”
“Io ti sposerò, se mi vorrai” – disse deciso, ma con sconfinato amore per lui.
Tim arrossì, riacquisendo un colorito ideale.
“Ti ho sempre voluto Kevin … Non ho mai smesso …” – disse rapito da quell’attimo.
“Ne sono orgoglioso e dimostrerò di meritarlo: ad ogni costo, promesso.”

Si baciarono.
Smise di piovere, era quasi l’alba.
Magnifica, sulla città, dove l’amore assumeva mille forme, spesso impossibili.
O quasi.






TIM



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