Capitolo n. 141 - zen
“Quando arriva questa
ambulanza accidenti!!?!”
La voce di Scott si
infrangeva nell’aria, con il silenzio attonito e doloroso di chi stava
assistendo a quella scena straziante.
Kevin distrutto,
rimaneva inginocchiato a lato di Tim, steso sulla strada, tra pioggia, polvere
e ciò che restava di lui, inerme e fragile.
Il suo busto esile,
vibrava sotto alle pressioni del medico, che gli stava praticando il massaggio
cardiaco; la sua testa ciondolava, mentre Scott provava anche con la
respirazione bocca a bocca.
Un pugno.
Poi un altro, su
quelle costole, che sembravano cedere da un momento all’altro.
Sarebbe stato il
meno.
Se solo si fosse
ripreso.
Quindi uno schiaffo,
alle sue gote esangui – “Andiamo ragazzino ANDIAMO SVEGLIATI!!”
Scott urlava, Kevin
piangeva cristallizzato in un’ansia assurda.
“Così gli … gli fai
male Scott” – disse flebile il bassista, come se Tim potesse sentire quei
colpi, come se il ragazzo, che amava più di ogni cosa, ora lo sapeva, riuscisse
ad aggrapparsi all’ultimo anelito di vita.
Geffen, sbigottito
come gli altri, non proferiva parola.
Jared sbucò
all’improvviso, finendo addosso a Colin, che insieme a Jude e Robert, era in
lacrime.
Lo strinse forte.
“Mio Dio amore …
amore dov’eri?” – gli chiese sconvolto, con il timore che Ivo gli avesse fatto
del male durante le ricerche.
“Mi … mi dispiace
Colin, mi dispiace così’ tanto” – singhiozzò, sul punto di perdere i sensi.
Jude lo sostenne con
il marito, aiutando Farrell a prendersi cura di lui, spaventato ed indebolito da
una sequenza di emozioni devastanti.
Glam lo guardò ed i
loro occhi collisero: nell’uomo c’era una disarmante urgenza di abbracciarlo,
proteggerlo dal mondo esterno, com’era accaduto anni prima, tra quegli scolari,
fuori la scuola, in una Parigi incantevole, com’era Jared, così il loro amore.
All’epoca, tra la
carambola di risate ed allegria, per la fine delle lezioni, entrambi si dissero
un ti
amo, che ancora adesso sembrava echeggiare contro le porte della notte.
Glam mormorò un
semplice scusami, senza avere il
coraggio di avvicinarsi.
Un tossire convulso,
una contrazione spasmodica.
“TIM!! Butta fuori
AVANTI!!”
Scott ce l’aveva
fatta.
Kevin sembrò
impazzire dalla gioia.
Il giovane stava
espellendo l’acqua della Senna, tornando a respirare, anche se a fatica.
Nonostante lo stato
di shock, allungò la mano sinistra verso Kevin, che si piegò su di lui,
brandendo il suo viso bellissimo, sussurrandogli un “… Sono qui … sono qui,
Tim” – disse in un soffio caldo e rassicurante.
“Mi … dispiace Kevin
…” – balbettò impaurito.
“No … E’ stata tutta
colpa mia, solo mia, credimi”
Glam alzò lo sguardo
verso la terrazza del teatro, come attratto da una sensazione inconfondibile.
Vide un bambino, con
una felpa arancione, il cappuccio alzato, poi le sue manine ambrate, che lo
abbassavano, rivelando l’espressione sorridente di Lula.
“Soldino …?!”
Un rapido cenno di
sollievo, poi Lula sparì.
Il cellulare di
Geffen vibrò.
Era Vassily.
“Capo devo parlarle”
“Vas cosa c’è?? E’
per Lula??” – replicò angosciato.
“Giudichi lei …”
Il figlio di Glam e
Kevin stava levitando verso il soffitto, al di sopra del suo letto, dove di
botto precipitò.
“Oh cavoli!” –
esclamò il body guard, precipitandosi a controllare le sue condizioni.
“LULA!!” – gridò
l’avvocato.
Soldino si rannicchiò
in posizione fetale, addormentato profondamente.
“Tutto a posto” – gli
rispose Vassily, scompigliando quei capelli folti e riccioluti, che Lula non si
decideva a tagliare.
Sembrava sempre
uguale, sempre adorabile.
“Oh Signore … ti
ringrazio.” – sospirò Geffen.
Kevin salì con Scott
sul mezzo di soccorso, che finalmente riuscì a farsi largo tra la folla.
Confusamente, tutti
si diressero all’ospedale più vicino, comunque in pena per le sorti di Tim,
nuovamente svenuto per la spossatezza.
Il peggio, però,
pareva superato.
Ancora una volta.
“Posso avere un tè
caldo … o almeno un caffè?”
Ivo lo domandò con
una cortesia glaciale.
Il gendarme, che lo
stava sorvegliando, nella camera degli interrogatori, neppure gli rispose.
Oltre al vetro a
specchio, Hotchner ed il resto della sua squadra non lo perdeva di vista.
Erano zuppi ed
infreddoliti, con delle coperte ed asciugamani di fortuna sulle spalle, nel
precario tentativo di asciugarsi.
Gli agenti francesi
fornirono loro t-shirt e pantaloni di tute militari, ottimi per l’evenienza.
A turno andarono alla
toilette a cambiarsi, incrociandosi amichevolmente.
Rossi volle assistere
Morgan, nel dare una sistemata a Spencer, che si sentiva come un pulcino al sicuro
tra i suoi due angeli custodi.
“Ecco fatto … ti sta
un po’ comoda” – Derek sorrise amorevole, per poi stringerlo a sé, con
tenerezza.
La medesima che David
mise nello sfiorare la nuca dell’ex collega di colore, dopo avere dato un bacio
tra le ciocche ancora umide di Reid.
“Arrivederci ragazzi …”
“Posso vederlo?”
Kevin si tormentava
le mani, ancora in accappatoio dopo essere uscito da una doccia bollente, come
l’intera brigata, che si era accodata a lui nel reparto di emergenza, dove Tim
era in prognosi riservata.
Scott parlava
perfettamente francese e spiegò la situazione al primario, che bonariamente
diede il via libera al bassista, in evidente stato di ansia.
“Grazie Scotty …”
“Figurati Glam, è un
piacere … Tu come stai? La pressione?”
“Un pelo alta” – rise
nervoso, cercando qualcuno con i suoi turchesi arrossati.
Scott sorrise – “Jared
è stato attaccato ad un paio di flebo, nella stanza 206. Colin è con lui” –
precisò sul finale.
“Sì, sì certo … C’è
stato un po’ di caos …”
“A proposito, come
hai trovato Tim?”
“Per pura fortuna …
Sono sceso per degli scalini, avevo scorto un barcone … Non so, sesto senso,
finché quelli che sembravano stracci, erano invece gli abiti di Tim, che stava
sprofondando a pancia in giù nel fiume”
“Miseria … Ti deve la
vita”
“No, assolutamente …
Io mi auguro che Kevin riesca ad essere felice con lui, dopo tante difficoltà”
“Se tu starai alla
larga” – scherzò.
“Farò il possibile
doc” – e, facendogli l’occhiolino, raggiunse Downey, vedendolo in fondo alla
corsia.
“Tesoro …”
L’attore gli corse
incontro.
“Rob come ti senti? E
Jude?” – domandò accogliendolo sul proprio petto.
“Siamo profumati e
talcati come due bebè, non vedi?” – rise complice.
“Sì … Ci daranno
anche dei vestiti?”
“Io ho scelto quello
da infermiera, non si discute!”
Law rise sulla soglia
dello spogliatoio, andando poi ad unirsi a quell’abbraccio corale.
“Ehi dobbiamo
avvisare il nonno”
“Ho telefonato a Vas,
ci pensa lui ad aggiornarli …”
“E Lula?” – chiese Rob
con dolcezza.
“Lui è stato
straordinario … anche questo giro, ve lo assicuro”
“Ciao amore …”
“Non stancarti
scricciolo, ora sei al sicuro”
Le dita di Kevin gli
delineavano il profilo, le sue labbra ne seguivano la linea perfetta.
“Ti amo …”
“Anch’io Tim” – e prendendogli
l’anulare sinistro, privo di altri anelli inopportuni, che la Senna aveva di
certo inghiottito, dandogli giustizia, Kevin gli infilò una vera di oro bianco
e brillanti a taglio quadrato, molto raffinata.
“Co cosa …?”
“Io ti sposerò, se mi
vorrai” – disse deciso, ma con sconfinato amore per lui.
Tim arrossì,
riacquisendo un colorito ideale.
“Ti ho sempre voluto
Kevin … Non ho mai smesso …” – disse rapito da quell’attimo.
“Ne sono orgoglioso e
dimostrerò di meritarlo: ad ogni costo, promesso.”
Si baciarono.
Smise di piovere, era
quasi l’alba.
Magnifica, sulla
città, dove l’amore assumeva mille forme, spesso impossibili.
O quasi.
TIM
Nessun commento:
Posta un commento