Capitolo n. 65 – life
Geffen impostò le
coordinate sul proprio navigatore, dopo di che avviò l’hummer, dirigendosi
verso la super strada.
Doveva uscire dalla
città, verso la periferia e ben presto capì che avrebbe raggiunto una zona
isolata, un vecchio sito industriale, abbandonato da un pezzo.
Il traffico intorno a
lui andava via via diradandosi, fino a scomparire quasi del tutto.
Solo un furgone lo
precedeva ed un suv lo seguiva.
Il primo svoltò verso
un quartiere in costruzione, il secondo non lo sorpassò, neppure quando Glam
rallentò, accostandosi verso destra.
Forse a bordo c’era
Dimitri ed a quel punto lo stava tallonando già da Los Angeles, ma non era
molto logico.
L’avvocato immaginò che
il mercenario avesse trovato rifugio al di fuori dal centro abitato principale,
pattugliato da troppa polizia per i suoi gusti.
Glam accelerò ed il suo
presunto inseguitore non fece altrettanto.
Forse si era solo
perso, quel tizio, celato dai vetri scuri, forse avrebbe proseguito per una
destinazione diversa: Geffen doveva imboccare una via laterale e quello infatti
tirò dritto.
A quel punto il legale
era completamente solo, verso la propria meta, ormai imminente.
Lo spiazzo dove si
fermò, era deserto, circondato da alture, dalle quali chiunque poteva
sorvegliarlo e colpirlo.
Il suo giaccone pesante,
mascherava bene il giubbotto antiproiettile, che Glam aveva indossato, sotto la
camicia a scacchi blu e bianchi.
Era un regalo di Jared.
Il suv riapparve, all’improvviso,
inchiodando dietro al blindato: ne discese Leto, con una casacca simile a
quella di Geffen, che ebbe un sussulto, più di paura, che di astio.
“Ma che diavolo ci fai
tu qui?!” – gli andò incontro inveendo.
“E tu? Noi dobbiamo
parlare, Glam! Chi stai aspettando?!” – Jared lo affrontò a muso duro.
“Tu sei impazzito!!
Vattene immediatamente!!”
“No! Robert sa che sei
qui? Voglio proprio vedere con chi hai deciso di prenderlo in giro!!”
Jared era fuori di sé.
“Non te ne rendi conto,
Jay, sei in pericolo e stai mettendo anche me in un bel casino, se non sparisci
tra un secondo, maledizione!” – gli sibilò, ad un centimetro dalla faccia.
Il cantante posò
istintivamente i palmi sul busto di Geffen, percependo una strana sensazione.
“Ma cosa …?” – mormorò esitante
ed impaurito, di colpo.
“Dio Jared, ti prego,
vattene prima che sia troppo tardi” – e, con gli occhi lucidi, si guardò
intorno.
Tremando, il leader dei
Mars, arrivò alla propria macchina, salì e se ne andò, senza smettere di
fissare lo specchietto retrovisore.
Glam, la polvere, la luce
di quel mattino, che divenne spettrale, in lontananza.
Zayn si stava mangiando
le pellicine, rannicchiato su di una panchina del campus, in un angolo, dove
spesso incontrava Louis, che non tardò ad arrivare.
“E dai smettila, ti
riduci le dita un colabrodo” – Tomlinson rise, ma non spensierato come al
solito.
Malik scattò in piedi,
ritrovandoselo davanti: Boo lo abbracciò forte.
Malik iniziò a
piangere.
Rimasero zitti per un
bel po’, senza neppure sedersi.
“Mi dispiace Zee …”
Si accomodarono,
tenendosi le mani.
Scrutandosi, nel
reciproco imbarazzo.
La decisione di Louis
aveva spezzato qualcosa di loro, esclusivo e, sino a poco prima, considerato
innocuo.
Zayn non aveva cambiato
idea.
“Harry sta
attraversando un brutto momento, professionale ed emotivo: tu mi hai detto di
amare Liam, hai ragione, così come io amo mio marito, Zee … E non voglio dargli
ulteriori dispiaceri, se ci scoprisse”
“Io ti capisco … Ma noi
eravamo felici Boo” – obiettò trasparente, quasi ingenuo.
Louis gli diede una
carezza, spostandogli i capelli stirati e lunghi, dal volto scavato ed in pena.
Nonostante ciò, Malik
era bellissimo.
Si baciarono.
Senza resistere, senza
superare, con razionalità, ciò che sentivano.
“Facciamo l’amore … un’ultima
volta Lou … dove vuoi, non mi importa” – gli sospirò nel collo.
Tomlinson annuì,
smarrito, cingendogli i polsi, per sollevarsi sincroni, a testa bassa, i profili
a sfiorarsi ancora, in un secondo bacio rubato e poi un altro.
Non era mai l’ultimo.
La voce di Dimitri, gli
arrivò dritta e gracchiante, attraverso un megafono, in mezzo alle scapole.
Geffen si girò di
scatto, verso dei cespugli, sull’altura ad ovest.
“Risali in macchina,
Glam, verrò io da te e non fare scherzi: spero che quel finocchio del tuo ex
non torni indietro” – e rise, con una spina nello stomaco.
Matt era rimasto al
motel, immerso in un sonno artificiale, dopo avere preteso dei sonniferi, che
il russo gli procurò presso il proprietario di quel posto squallido.
Fortunatamente per
Miller, il ciccione alla reception, aveva una moglie ansiosa e nevrastenica.
Dimitri si avvicinò,
percorrendo un sentiero sterrato con la sua berlina scassata ed obsoleta.
Abbassò il finestrino e
puntò Geffen, con i propri cristalli vividi.
“Hai portato i soldi?” –
si affrettò a chiedere.
Glam annuì, pensando
che, con una manovra veloce e scaltra, avrebbe potuto farlo a pezzi, su quella
carretta, con il proprio veicolo, corazzato dal tettuccio alle gomme: si
immaginò la scena.
Una partenza bruciante,
a sorpresa, il vetro anti proiettile che si richiudeva in pochi secondi, lui
che sterzava, completando un’inversione a U per poi speronare Dimitri,
spingendolo sino alle rocce, dove avrebbe potuto schiacciarlo come uno
scarafaggio.
Unico inconveniente:
non sapere quelle informazioni tanto preziose.
“Ok, parliamo senza
scannarci, allora” – proseguì il sovietico, lo zigomo sinistro infastidito da
un fremito.
Glam notava ogni
dettaglio e capì che il suo interlocutore era in fuga, senza armi all’apparenza
e tanto meno denaro sufficiente a tirare avanti ancora per qualche giorno.
“Non mi hai detto che
fine ha fatto Matt”
“Perché ti interessa
tanto?” – sbottò acre.
“Pura curiosità: mi ha
accoltellato e vorrei vederlo in galera”
“E’ stato sequestrato
da quelli che ce l’anno con te, soddisfatto ora?”
“D’accordo e chi
sarebbero questi farabutti, sentiamo!”
“I Mendoza e gli
Alvarez, di Haiti”
Geffen aggrottò la
fronte spaziosa – “Alvarez? I cognati di Mendoza?”
“Infatti”
Dimitri stava sudando:
quello che stava dicendo era in parte vero.
Lui era stato assoldato
da uno degli Alvarez.
O almeno così credeva,
senza alcuna conferma esplicita.
“Mi hanno ucciso Lula,
non gli è bastato?!” – ruggì.
“A quanto pare no: in
ogni caso c’è un particolare curioso. In principio tuo figlio, Peter intendo, l’ultimo
arrivato, doveva essere fatto fuori, ma poi hanno cambiato idea”
Questo era fottutamente
vero.
“Pepe …?”
“Tu sei nel mirino a
prescindere, ma farti soffrire li diverte di più”
“Adesso so chi cercare,
a Port au Prince, anche se non ci voleva un genio per pensare a loro: sei
sicuro di non raccontarmi balle?!”
“Non ne ho la minima
intenzione: voglio farti notare, che oltre a mantenerlo in vita, loro vogliono
Pepe o come cavolo si chiama il moccioso”
“Il rapimento …” –
mormorò assorto Geffen.
“Quello che a me non
quadra è che di sicuro non è per ricattarti, non gli serve, sono più ricchi di
te” – sghignazzò – “Anche se l’avidità è tipica di voi ricconi da strapazzo!” –
e sputò oltre la portiera – “Non ho altro, ma mi terrò in contatto, in caso di
novità, che ti elargirò volentieri, dopo lauta ricompensa Glam”
“Sì … Certo” – e si
ossigenò, afferrando la ventiquattrore in metallo, per buttargliela quasi
addosso – “Che buon pro ti faccia, stronzo!” – e se ne andò, senza esitare
oltre.
Dimitri fece
altrettanto, svoltando dalla parte opposta a quella di Geffen, che si allontanò
in fretta da quell’immondezzaio a cielo aperto, non senza comporre il numero di
Jared, con il satellitare, da cui non si separava mai.
Così come dal ricordo
di lui.
Zayn lo ritrovò ancora
bagnato di Harry.
Con Louis, il consorte,
aveva fatto l’amore sino all’alba.
A Malik non diede
fastidio, se non un minimo, a quella profondità dove avrebbe voluto Boo tutto
per sé, in un senso di possesso totale, spasmodico, come il suo addentrarsi in
lui, che gemeva e piangeva, per il piacere e l’ardore dell’amante.
Continuavano a
baciarsi, spiandosi ad intermittenza.
Il sorriso e la
malinconia, erano nei loro occhi, specchi di un sentimento, ormai realmente
ingestibile.
Dovevano chiudere, non
c’erano alternative.
Louis aveva adottato
una figlia con Styles, si erano sposati, facevano sul serio, non potevano
andare incontro ad un divorzio, compromettendo la stabilità della piccola.
Un lusso, che non
dovevano permettersi, lui e Zayn, facendo soffrire le rispettive famiglie.
Ci stavano pensando,
senza dirselo, mentre si consumavano in un amplesso, a sprazzi disperato.
Boo invertì le
posizioni, portandosi sopra, per cavalcarlo, per sentirlo, per farsi male.
Se il suo cuore
sanguinava, poteva farlo anche il resto di lui.
Lui che non meritava le
carezze amorevoli di Haz, poche ore prima, il suo conforto, quando pensò di non
avere concluso un tubo, tra scuola e lavoro da sguattero, mentre adesso, ad
Dark Blue, Tomlinson lavava sì stoviglie e bicchieri, però iniziava a capirne
parecchio di vini e cibi raffinati, provvedendo alle ordinazioni ed alla
gestione dei fornitori.
Stava facendo un passo
alla volta, sostenuto da un Brent più che soddisfatto dalla sua collaborazione
così attiva: Louis non si tirava indietro, mai, dalla mansione più umile, a
quella più elitaria o dirigenziale.
Brent, infatti, voleva
gestire il locale con il fratello, a tutti gli effetti, dopo avere sgobbato
molto ed assumendo, a clientela consolidata, nuovi inservienti, che Boo avrebbe
coordinato, da perfetto supervisore.
La laurea era un
traguardo, infine, da non trascurare: un bel quadro da appendere nel nuovo
ufficio, a lui destinato, sul retro appena rifatto, del ristorante.
Poi chissà, magari un
domani, Louis sarebbe andato in missione con Zayn, in qualche landa desolata,
ma affascinante.
Il giovane ci aveva
riflettuto all’alba, perdendosi in quelle fantasie, in parte già
concretizzatesi.
Ora, però, i carboni
liquidi ed infuocati di Zayn, lo stavano ammirando dal basso, mentre Boo si
impalava sul suo membro, come un’amazzone spregiudicata e magnifica.
Così, nel vento che non
c’era, in una luce ambrata, per via dei tendaggi in organza, tutti intorno, in
quella suite elegante ed esclusiva, pagata con la carta di credito, che nonno
Meliti aveva messo a disposizione per le esigenze di Petra.
Un’altra macchia, l’ennesimo
rimorso, che Louis avrebbe dovuto portarsi sullo stomaco, per un bel pezzo.
Jared risistemò, per la
quinta volta, i cagnolini in ceramica bianca, sopra la mensola del caminetto,
che aveva acceso, al proprio arrivo al cottage, uso foresteria, dello studio
Geffen.
Questi, dopo avere
parcheggiato sotto al patio, come d’abitudine, ormai perduta nel passato, aveva
varcato la soglia con una certa irruenza.
Leto ebbe uno scatto,
di timore e disagio.
Si guardarono.
“Accidenti a te” –
ringhiò Glam, ma, appena Jared gli volò tra le braccia, senza difese, se non
uno sguardo pentito ed affettuoso, non riuscì a fare a meno di avvolgerlo e
consolarlo.
“Mio Dio, avevo il
terrore che non arrivassi più … Che cosa è capitato, chi hai”
“Non farmi domande,
alle quali non posso risponderti, Jay” – inspirò, spostandogli i capelli dalle
gote arrossate.
Aveva pianto, era
palese.
“Non volevo offenderti …”
– disse spezzato, ma senza abbassare i suoi zaffiri.
“Credevi avessi un
appuntamento con un amante? Miseria Jared”
“Come se fosse una
novità …” – e sorrise mesto, appoggiando la testa sul suo cuore.
Le pulsazioni erano
vigorose.
“Abbi pazienza Jay …
Devo togliermi questa armatura, sto soffocando”
“Sì, sì certo, ti aiuto”
– ed accompagnò i gesti di Glam, con i palmi gelidi.
“Hai mangiato?”
“No … No, perché, che
ore sono?”
“Faccio un po’ di
pasta, lo stress mi ha fatto venire fame” – rise esausto, rimanendo a dorso
nudo.
Jared vi ci posò le
dita.
Geffen tornò a
guardarlo.
I polpastrelli dell’artista
segnarono quindi i contorni delle cicatrici, ancora ben visibili, sul petto di
chi lo aveva amato incondizionatamente, tanto da farsi sparare e quasi morire,
per lui.
“Il … il tuo potere,
non le ha rimosse … cancellate, Glam”
“Non lo avrei permesso”
– bissò d’istinto.
Quello più pericoloso
alla sua stabilità emotiva e sentimentale.
“Mi prendi una t-shirt,
per favore, nel cassettone?”
“Vado subito Glam …”
“Bene, io mi metto ai
fornelli”
“Ma come fa ad esserci
del cibo qui?”
“Ce n’è sempre”
“Ok Glam …” – disse sommesso,
entrando nella loro camera.
Loro.
Buffo,
no?
Leto lo pensò, quindi
tornò da lui, con una maglietta ed un pullover.
“Non fa ancora
abbastanza caldo”
“Ti ringrazio Jay …
Però io sono come un tizzone, grazie a quello scafandro”
“Spero non sia servito …”
“Non insistere Jared:
meno ne sai, meglio è, ok?” – replicò dolce, aprendo un barattolo di salsa,
mentre il front man pensava agli spaghetti.
“Cosa ci facciamo qui,
Glam?”
“Parliamo: di te, di
me, di noi. Una volta per tutte.”
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