giovedì 27 novembre 2014

LIFE - CAPITOLO N. 65

Capitolo n. 65 – life



Geffen impostò le coordinate sul proprio navigatore, dopo di che avviò l’hummer, dirigendosi verso la super strada.

Doveva uscire dalla città, verso la periferia e ben presto capì che avrebbe raggiunto una zona isolata, un vecchio sito industriale, abbandonato da un pezzo.

Il traffico intorno a lui andava via via diradandosi, fino a scomparire quasi del tutto.

Solo un furgone lo precedeva ed un suv lo seguiva.

Il primo svoltò verso un quartiere in costruzione, il secondo non lo sorpassò, neppure quando Glam rallentò, accostandosi verso destra.

Forse a bordo c’era Dimitri ed a quel punto lo stava tallonando già da Los Angeles, ma non era molto logico.

L’avvocato immaginò che il mercenario avesse trovato rifugio al di fuori dal centro abitato principale, pattugliato da troppa polizia per i suoi gusti.

Glam accelerò ed il suo presunto inseguitore non fece altrettanto.

Forse si era solo perso, quel tizio, celato dai vetri scuri, forse avrebbe proseguito per una destinazione diversa: Geffen doveva imboccare una via laterale e quello infatti tirò dritto.

A quel punto il legale era completamente solo, verso la propria meta, ormai imminente.

Lo spiazzo dove si fermò, era deserto, circondato da alture, dalle quali chiunque poteva sorvegliarlo e colpirlo.

Il suo giaccone pesante, mascherava bene il giubbotto antiproiettile, che Glam aveva indossato, sotto la camicia a scacchi blu e bianchi.

Era un regalo di Jared.

Il suv riapparve, all’improvviso, inchiodando dietro al blindato: ne discese Leto, con una casacca simile a quella di Geffen, che ebbe un sussulto, più di paura, che di astio.

“Ma che diavolo ci fai tu qui?!” – gli andò incontro inveendo.

“E tu? Noi dobbiamo parlare, Glam! Chi stai aspettando?!” – Jared lo affrontò a muso duro.

“Tu sei impazzito!! Vattene immediatamente!!”

“No! Robert sa che sei qui? Voglio proprio vedere con chi hai deciso di prenderlo in giro!!”

Jared era fuori di sé.

“Non te ne rendi conto, Jay, sei in pericolo e stai mettendo anche me in un bel casino, se non sparisci tra un secondo, maledizione!” – gli sibilò, ad un centimetro dalla faccia.

Il cantante posò istintivamente i palmi sul busto di Geffen, percependo una strana sensazione.

“Ma cosa …?” – mormorò esitante ed impaurito, di colpo.

“Dio Jared, ti prego, vattene prima che sia troppo tardi” – e, con gli occhi lucidi, si guardò intorno.

Tremando, il leader dei Mars, arrivò alla propria macchina, salì e se ne andò, senza smettere di fissare lo specchietto retrovisore.

Glam, la polvere, la luce di quel mattino, che divenne spettrale, in lontananza.




Zayn si stava mangiando le pellicine, rannicchiato su di una panchina del campus, in un angolo, dove spesso incontrava Louis, che non tardò ad arrivare.

“E dai smettila, ti riduci le dita un colabrodo” – Tomlinson rise, ma non spensierato come al solito.

Malik scattò in piedi, ritrovandoselo davanti: Boo lo abbracciò forte.

Malik iniziò a piangere.

Rimasero zitti per un bel po’, senza neppure sedersi.

“Mi dispiace Zee …”

Si accomodarono, tenendosi le mani.

Scrutandosi, nel reciproco imbarazzo.

La decisione di Louis aveva spezzato qualcosa di loro, esclusivo e, sino a poco prima, considerato innocuo.

Zayn non aveva cambiato idea.

“Harry sta attraversando un brutto momento, professionale ed emotivo: tu mi hai detto di amare Liam, hai ragione, così come io amo mio marito, Zee … E non voglio dargli ulteriori dispiaceri, se ci scoprisse”

“Io ti capisco … Ma noi eravamo felici Boo” – obiettò trasparente, quasi ingenuo.

Louis gli diede una carezza, spostandogli i capelli stirati e lunghi, dal volto scavato ed in pena.

Nonostante ciò, Malik era bellissimo.

Si baciarono.

Senza resistere, senza superare, con razionalità, ciò che sentivano.

“Facciamo l’amore … un’ultima volta Lou … dove vuoi, non mi importa” – gli sospirò nel collo.

Tomlinson annuì, smarrito, cingendogli i polsi, per sollevarsi sincroni, a testa bassa, i profili a sfiorarsi ancora, in un secondo bacio rubato e poi un altro.

Non era mai l’ultimo.




La voce di Dimitri, gli arrivò dritta e gracchiante, attraverso un megafono, in mezzo alle scapole.

Geffen si girò di scatto, verso dei cespugli, sull’altura ad ovest.

“Risali in macchina, Glam, verrò io da te e non fare scherzi: spero che quel finocchio del tuo ex non torni indietro” – e rise, con una spina nello stomaco.

Matt era rimasto al motel, immerso in un sonno artificiale, dopo avere preteso dei sonniferi, che il russo gli procurò presso il proprietario di quel posto squallido.
Fortunatamente per Miller, il ciccione alla reception, aveva una moglie ansiosa e nevrastenica.

Dimitri si avvicinò, percorrendo un sentiero sterrato con la sua berlina scassata ed obsoleta.

Abbassò il finestrino e puntò Geffen, con i propri cristalli vividi.

“Hai portato i soldi?” – si affrettò a chiedere.

Glam annuì, pensando che, con una manovra veloce e scaltra, avrebbe potuto farlo a pezzi, su quella carretta, con il proprio veicolo, corazzato dal tettuccio alle gomme: si immaginò la scena.

Una partenza bruciante, a sorpresa, il vetro anti proiettile che si richiudeva in pochi secondi, lui che sterzava, completando un’inversione a U per poi speronare Dimitri, spingendolo sino alle rocce, dove avrebbe potuto schiacciarlo come uno scarafaggio.

Unico inconveniente: non sapere quelle informazioni tanto preziose.

“Ok, parliamo senza scannarci, allora” – proseguì il sovietico, lo zigomo sinistro infastidito da un fremito.

Glam notava ogni dettaglio e capì che il suo interlocutore era in fuga, senza armi all’apparenza e tanto meno denaro sufficiente a tirare avanti ancora per qualche giorno.

“Non mi hai detto che fine ha fatto Matt”

“Perché ti interessa tanto?” – sbottò acre.

“Pura curiosità: mi ha accoltellato e vorrei vederlo in galera”

“E’ stato sequestrato da quelli che ce l’anno con te, soddisfatto ora?”

“D’accordo e chi sarebbero questi farabutti, sentiamo!”

“I Mendoza e gli Alvarez, di Haiti”

Geffen aggrottò la fronte spaziosa – “Alvarez? I cognati di Mendoza?”

“Infatti”

Dimitri stava sudando: quello che stava dicendo era in parte vero.
Lui era stato assoldato da uno degli Alvarez.

O almeno così credeva, senza alcuna conferma esplicita.

“Mi hanno ucciso Lula, non gli è bastato?!” – ruggì.

“A quanto pare no: in ogni caso c’è un particolare curioso. In principio tuo figlio, Peter intendo, l’ultimo arrivato, doveva essere fatto fuori, ma poi hanno cambiato idea”

Questo era fottutamente vero.

“Pepe …?”

“Tu sei nel mirino a prescindere, ma farti soffrire li diverte di più”

“Adesso so chi cercare, a Port au Prince, anche se non ci voleva un genio per pensare a loro: sei sicuro di non raccontarmi balle?!”

“Non ne ho la minima intenzione: voglio farti notare, che oltre a mantenerlo in vita, loro vogliono Pepe o come cavolo si chiama il moccioso”

“Il rapimento …” – mormorò assorto Geffen.

“Quello che a me non quadra è che di sicuro non è per ricattarti, non gli serve, sono più ricchi di te” – sghignazzò – “Anche se l’avidità è tipica di voi ricconi da strapazzo!” – e sputò oltre la portiera – “Non ho altro, ma mi terrò in contatto, in caso di novità, che ti elargirò volentieri, dopo lauta ricompensa Glam”

“Sì … Certo” – e si ossigenò, afferrando la ventiquattrore in metallo, per buttargliela quasi addosso – “Che buon pro ti faccia, stronzo!” – e se ne andò, senza esitare oltre.

Dimitri fece altrettanto, svoltando dalla parte opposta a quella di Geffen, che si allontanò in fretta da quell’immondezzaio a cielo aperto, non senza comporre il numero di Jared, con il satellitare, da cui non si separava mai.

Così come dal ricordo di lui.




Zayn lo ritrovò ancora bagnato di Harry.

Con Louis, il consorte, aveva fatto l’amore sino all’alba.

A Malik non diede fastidio, se non un minimo, a quella profondità dove avrebbe voluto Boo tutto per sé, in un senso di possesso totale, spasmodico, come il suo addentrarsi in lui, che gemeva e piangeva, per il piacere e l’ardore dell’amante.

Continuavano a baciarsi, spiandosi ad intermittenza.
Il sorriso e la malinconia, erano nei loro occhi, specchi di un sentimento, ormai realmente ingestibile.

Dovevano chiudere, non c’erano alternative.

Louis aveva adottato una figlia con Styles, si erano sposati, facevano sul serio, non potevano andare incontro ad un divorzio, compromettendo la stabilità della piccola.

Un lusso, che non dovevano permettersi, lui e Zayn, facendo soffrire le rispettive famiglie.

Ci stavano pensando, senza dirselo, mentre si consumavano in un amplesso, a sprazzi disperato.

Boo invertì le posizioni, portandosi sopra, per cavalcarlo, per sentirlo, per farsi male.

Se il suo cuore sanguinava, poteva farlo anche il resto di lui.

Lui che non meritava le carezze amorevoli di Haz, poche ore prima, il suo conforto, quando pensò di non avere concluso un tubo, tra scuola e lavoro da sguattero, mentre adesso, ad Dark Blue, Tomlinson lavava sì stoviglie e bicchieri, però iniziava a capirne parecchio di vini e cibi raffinati, provvedendo alle ordinazioni ed alla gestione dei fornitori.

Stava facendo un passo alla volta, sostenuto da un Brent più che soddisfatto dalla sua collaborazione così attiva: Louis non si tirava indietro, mai, dalla mansione più umile, a quella più elitaria o dirigenziale.

Brent, infatti, voleva gestire il locale con il fratello, a tutti gli effetti, dopo avere sgobbato molto ed assumendo, a clientela consolidata, nuovi inservienti, che Boo avrebbe coordinato, da perfetto supervisore.

La laurea era un traguardo, infine, da non trascurare: un bel quadro da appendere nel nuovo ufficio, a lui destinato, sul retro appena rifatto, del ristorante.

Poi chissà, magari un domani, Louis sarebbe andato in missione con Zayn, in qualche landa desolata, ma affascinante.

Il giovane ci aveva riflettuto all’alba, perdendosi in quelle fantasie, in parte già concretizzatesi.

Ora, però, i carboni liquidi ed infuocati di Zayn, lo stavano ammirando dal basso, mentre Boo si impalava sul suo membro, come un’amazzone spregiudicata e magnifica.

Così, nel vento che non c’era, in una luce ambrata, per via dei tendaggi in organza, tutti intorno, in quella suite elegante ed esclusiva, pagata con la carta di credito, che nonno Meliti aveva messo a disposizione per le esigenze di Petra.

Un’altra macchia, l’ennesimo rimorso, che Louis avrebbe dovuto portarsi sullo stomaco, per un bel pezzo.




Jared risistemò, per la quinta volta, i cagnolini in ceramica bianca, sopra la mensola del caminetto, che aveva acceso, al proprio arrivo al cottage, uso foresteria, dello studio Geffen.

Questi, dopo avere parcheggiato sotto al patio, come d’abitudine, ormai perduta nel passato, aveva varcato la soglia con una certa irruenza.

Leto ebbe uno scatto, di timore e disagio.

Si guardarono.

“Accidenti a te” – ringhiò Glam, ma, appena Jared gli volò tra le braccia, senza difese, se non uno sguardo pentito ed affettuoso, non riuscì a fare a meno di avvolgerlo e consolarlo.

“Mio Dio, avevo il terrore che non arrivassi più … Che cosa è capitato, chi hai”

“Non farmi domande, alle quali non posso risponderti, Jay” – inspirò, spostandogli i capelli dalle gote arrossate.

Aveva pianto, era palese.

“Non volevo offenderti …” – disse spezzato, ma senza abbassare i suoi zaffiri.

“Credevi avessi un appuntamento con un amante? Miseria Jared”

“Come se fosse una novità …” – e sorrise mesto, appoggiando la testa sul suo cuore.

Le pulsazioni erano vigorose.

“Abbi pazienza Jay … Devo togliermi questa armatura, sto soffocando”

“Sì, sì certo, ti aiuto” – ed accompagnò i gesti di Glam, con i palmi gelidi.

“Hai mangiato?”

“No … No, perché, che ore sono?”

“Faccio un po’ di pasta, lo stress mi ha fatto venire fame” – rise esausto, rimanendo a dorso nudo.

Jared vi ci posò le dita.

Geffen tornò a guardarlo.

I polpastrelli dell’artista segnarono quindi i contorni delle cicatrici, ancora ben visibili, sul petto di chi lo aveva amato incondizionatamente, tanto da farsi sparare e quasi morire, per lui.

“Il … il tuo potere, non le ha rimosse … cancellate, Glam”

“Non lo avrei permesso” – bissò d’istinto.

Quello più pericoloso alla sua stabilità emotiva e sentimentale.

“Mi prendi una t-shirt, per favore, nel cassettone?”

“Vado subito Glam …”

“Bene, io mi metto ai fornelli”

“Ma come fa ad esserci del cibo qui?”

“Ce n’è sempre”

“Ok Glam …” – disse sommesso, entrando nella loro camera.

Loro.
Buffo, no?

Leto lo pensò, quindi tornò da lui, con una maglietta ed un pullover.

“Non fa ancora abbastanza caldo”

“Ti ringrazio Jay … Però io sono come un tizzone, grazie a quello scafandro”

“Spero non sia servito …”

“Non insistere Jared: meno ne sai, meglio è, ok?” – replicò dolce, aprendo un barattolo di salsa, mentre il front man pensava agli spaghetti.

“Cosa ci facciamo qui, Glam?”

“Parliamo: di te, di me, di noi. Una volta per tutte.”










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