martedì 18 novembre 2014

LIFE - CAPITOLO N. 57

Capitolo n. 57 – life



Robert ebbe il sentore di lui, dalla guancia ispida, posata sul dorso della propria mano destra e poi l’aroma di dopo barba, speziato e gradevole, che Geffen usava da sempre.

L’avvocato si era addormentato così, al suo capezzale e Downey sorrise, appena ne ebbe la conferma, aprendo gli occhi su di lui.

“Glam …” – esordì roco, accarezzandogli la testa con la mano libera.

“Ehi …” – il suo sorriso fu tenero e radioso, come il suo abbraccio, cauto nel non impigliarsi nei cavi di sensori e flebo, ancora collegati a Downey.

“Dov’è il nostro bambino?” – gli chiese l’attore, tornando a guardarlo, con ansia.

“Sta bene, grazie a te ed oggi pomeriggio te lo porterò subito, ok? Ora stai tranquillo, chiamo Scott” – ed azionò il campanello, non senza posare un bacio sulle sue tempie e sulle labbra intatte.

Lo zigomo sinistro era ancora violaceo ed un cerotto copriva i punti sulla fronte, giusto un paio, per un taglio ormai in via di guarigione.

“Fa male, Rob?”

“Ora non più … E’ tanto che sono qui?”

“Qualche giorno … Hai fame?”

“No, sì …” – sorrise, mentre Geffen gli sollevava lo schienale – “Vorrei fare una doccia, posso?”

“Ora chiediamo … Ecco Scotty, c’è anche Mark … Bene” – e li accolse sorridente.

“Buongiorno e bentornato” – lo salutò il medico e Robert accennò un saluto, sia a lui che a Ruffalo.

“Ehi prof, c’è da lavorare qui, mi assisti?”

“Va bene, cerco una casacca e dei guanti, vuoi lavarti Robert?” – gli domandò gentile e premuroso.

Downey annuì.

“Pensiamo al catetere, poi se Glam”

“Sì, sì certo, dimmi cosa devo fare Mark”

“Recupera dei teli, lì, in quei cassetti, c’è anche un prodotto disinfettante, la spugna, dopo di che Robert può anche indossare biancheria intima, un pigiama, quello che meglio crede” – e sorrise, in direzione del paziente, che veniva liberato anche da Scott da quei tubicini odiosi ed ingombranti.

Ruffalo, con professionalità e sicurezza, pensò al resto.

Robert si sentì subito a suo agio con lui, che lo stava trattando come un bambino, da cambiare e preparare per il bagno quotidiano.

Era garbato e disponibile: l’artista non provò imbarazzo neppure mentre l’altro gli faceva indossare degli slip di carta, dopo avergli tolto tutto ciò che aveva addosso.

“Ok, passiamo alla sedia apposita … Me la prendi Glam?”

“Sì, eccomi …”

“Aggrappati a me, Rob … Bravo, così, senti qualche dolore?”

“Alla schiena e … lo stomaco”

“E’ anche vuoto, c’è da capirlo” – Mark rise gioviale, dopo averlo preso in braccio e posato sullo sgabello, a rotelle e con comodi braccioli.

“A posto, si parte … Andiamo sotto i getti e se hai dei capogiri dimmelo subito, ok?”

“Ok … Glam vieni?”

“Sono qui amore”

Geffen c’era.
Con tutto sé stesso.




Zayn si era lisciato i capelli, piuttosto lunghi, indossando un completo piuttosto modaiolo.

Louis lo stava fissando da dieci minuti, mentre divoravano una pizza e Malik gli raccontava dei progressi di Liam, senza trascurare il riavvicinamento al padre.

“E così Greg Payne arriva, con quella sua aria strampalata e mi parla di fossili, trovati in posti mai visti, mentre io cerco di spiegargli quanto suo figlio è stato male: sì, lui è fatto così, poi però è stato attento con Liam, gli ha dato dei buoni consigli e si è pure scusato”

“Ne sono contento” – Boo inspirò, aprendo una seconda coca cola – “Ne vuoi?”

“Sì grazie” – sorrise masticando.

“Dio, sembra che non mangi da un secolo, Zee, sei dimagrito ancora di più, sai?”

“Anche tu sei un osso”

Risero insieme.

“A volte salto i pasti, perché assaggio, al ristorante ed ho la nausea, con tutti quegli odori, di aglio, pummarola e Dio solo sa cosa combina lo chef di Brent, ai fornelli, che finisco di pulire anche a mezzanotte …” – rivelò un po’ mesto.

“Ma non hai ripreso, per la tesi?”

“Sì, certo, non mollo di sicuro ora” – bissò più sereno e determinato.

Malik osservò i passanti, correre sotto ai porticati.

“Miseria, un altro acquazzone … Ho la macchina di papà, vuoi un passaggio?”

“Sì, non voglio ridurmi come l’altra sera” – e si grattò la nuca, simpatico – “Petra mi chiama il papi porta pioggia, visto che per una strana coincidenza rincaso sempre sotto al temporale ultimamente”

“Come va con Harry?”

“Lo studio lavoricchia, anche perché Geffen gli ha passato diverse cause, conformi al nuovo percorso del mio Haz: Glam è fuori gioco, deve seguire Robert, sai dopo i recenti casini, l’aggressione …”

“Ho letto i giornali in clinica, durante le pause … E’ terribile, chissà Pepe come ha sofferto”

“E’ stato un trauma, povero scricciolo” – sospirò assorto – “… Che dici, andiamo? Oggi offro io, è giorno di paga!” – ed afferrò il conto, andando svelto alle casse, seguito dalle allegre proteste di Zayn.




Farrell rise, dopo essere uscito dall’ascensore, nel ritrovarsi davanti Taylor, vestito nel suo stesso identico modo.

“Anche tu hai ricevuto un pacco dall’Emporio Armani?” – chiese di buon umore, al giovane collega.

“Sì … Le hai tu le fedi, vero Colin?”

L’irlandese si frugò nelle tasche dei pantaloni piuttosto aderenti – “Oh cavoli, sì, sì, eccole, mi è venuto un colpo, pensavo di averle dimenticate alla End House”

“Glam ci avrebbe ammazzato, detesta i ritardi, dicono”

“Ma no, tutte leggende metropolitane … Oh guardalo lì, che bei fiori ha portato a Rob” – e si avvicinarono al legale, che stava verificando l’ora, sul proprio LeCoultre, dono di Downey.


“Finalmente, pensavo foste rimasti imbottigliati nel traffico, con questa pioggia della malora” – si lamentò, ma con un bel sorriso, nell’accoglierli – “Come siete eleganti”

“Ma sentilo, grazie per il dono, non sai cosa ho dovuto inventare con Jay”

“Potevi anche dirglielo …” – mormorò scarsamente convinto.

“Eh, potevi fargli fare, tu, da terzo testimone” – lo canzonò Farrell, porgendogli le vere, che Geffen aveva fatto preparare, per il rinnovo delle promesse con Robert, ignaro di tutto.

“Su, non perdiamo altro tempo, grazie ad entrambi per avere accettato”

“Figurati …” – replicò lieve Taylor, osservando quanto fosse prestante Geffen, abbronzato, nel suo completo blu scuro, la camicia bianca, senza cravatta, ma pure sempre in uno stile impeccabile, ma, soprattutto, senza dimostrare gli anni che aveva.

“Rob ha un bel pigiama di seta, non voleva metterselo, diceva che è ridicolo in un ambiente come questo” – confidò, ad un passo dalla camera del consorte.

“In effetti” – Colin ridacchiò, facendo un cenno al pastore, che stava sopraggiungendo dal lato opposto.

Quindi notò una figura, oltre i vetri, della porta scorrevole, in fondo al corridoio.

Prima ancora che si aprisse, Farrell aveva riconosciuto Law, in sedia a rotelle, che probabilmente stava facendo un giro, annoiato a morte.

L’espressione dell’inglese, infatti, confermò i sospetti del suo Irish Buddy.


“C’è Jude” – bisbigliò a Glam, che aggrottò la fronte.

“Forse vuole vedere Robert: per me nessun problema Colin”

“Vado a vedere, scusate un attimo, torno subito” – ed accelerò il passo verso l’amico, scontrandosi con il suo sorriso.


“Colin, ciao, sei uno schianto” – lo salutò, senza notare il resto della compagnia, poco distante da loro e subito sparita nella stanza di Downey.

“Ciao Jude, come ti senti?” – e lo abbracciò, mentre l’altro restava seduto.

“Voglio andarmene e non manca molto … Mi hanno detto che Rob è sveglio”

“Sì, sì, lo è e … E Glam ci ha convocati, a me ed a Taylor, perché fossimo presenti al rinnovo dei voti nuziali … C’è anche Padre Marthens”

“Bel gesto … Sì, per Rob è importante sapere che Geffen ha fatto libro nuovo, dopo l’attentato” – disse freddo, facendo retromarcia.

“Non andartene … Glam non ha nulla in contrario sul fatto che tu veda Robert” – precisò imbarazzato.

“E’ un momento speciale, dev’esserlo, solo per loro, io non centro e tu lo sai Cole” – ribatté brusco, allontanandosi, senza ripensamenti.




Le dita di Zayn, si incrociarono a quelle di Louis, che gli stava sopra, tra le gambe, distesi entrambi sui sedili posteriori del suv di George Malik.

Si erano fermati in un parcheggio semi vuoto, di un centro commerciale in costruzione.

I lavori erano stati bloccati, per il maltempo; non c’era in pratica nessuno.

Il vento spazzava via pezzi di telone e sacchi di cemento vuoti, facendo persino ondeggiare il veicolo, per quanto soffiasse forte, quasi come il respiro dei due ragazzi, presi a baciarsi intensamente.

Follemente.

Ad occhi chiusi, poi aperti, le loro bocche incollate, rimescolate, ingorde ed acerbe, come i gemiti, i singulti, che dalle rispettive gole sembravano risalire, come un suono melodioso e ritmico.

Erano ancora vestiti, ma le loro erezioni protestavano, sotto i jeans sgualciti, strofinandosi l’una all’altra, sempre più esigenti.

Vennero senza fare altro, i busti nudi incollati, dopo essersi aperti le camicie a quadri, tormentandosi i capezzoli, succhiandoli, a vicenda, come due cuccioli, impegnati più a farsi dispetti, che ad amoreggiare.

Ansanti, rimasero a guardarsi, senza proferire parola, intrecciati, saldi allo stupore ed alla pura constatazione, di come stessero bene insieme.

Lontani da tutto.
E tutti.




 TAYLOR




 ZAYN MALIK 2O14

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