Capitolo n. 54 – life
Pepe allungò le manine
verso alcune decorazioni, pendenti dal soffitto del negozio di giocattoli, dove
Downey stava pagando il suo robot.
Una promessa, è una
promessa.
Il bimbo stava sulle
spalle di Vas, molto divertito dalle sue chiacchiere e la cronaca sulla visita
ed i vaccini, appena fatti allo studio del pediatra di fiducia dell’attore.
“Tesoro ho quasi fatto,
non fare impazzire Vas”
“Ma no, è un amore” –
disse il sovietico, scegliendo per sé ed il cucciolo, alcuni leccalecca in un
vassoio, a disposizione dei clienti.
“Ok, possiamo andare,
devi fare qualche commissione Vas?”
“No stasera porto fuori
a cena Peter, il mio Peter” – sorrise – “Voglio chiedergli di sposarmi”
“Evviva!” – esultò Pepe
e Rob annuì sereno.
Quella mattinata era
trascorsa tranquilla, dopo essersi svegliato tra le braccia di Glam.
Avevano fatto l’amore
sino all’alba, come due ragazzini: peccato che l’artista si sentisse tutto
stropicciato, mentre Geffen sembrava un sedicenne alla prima cotta.
A colazione era sceso
anche Jude, ma il loro dialogo fu semplice e stringato, ma assolutamente
cordiale.
Taylor li ascoltava in
silenzio, scrutando spesso le espressioni dell’avvocato, probabilmente
incuriosito dalla sua comprensione ed ospitalità, quanto meno singolari nei
confronti dell’ex del consorte, che per giunta aveva tentato di uccidere
entrambi un paio di anni prima.
Un’esperienza che Law
narrò al giovane, dopo una sbornia a due, alla fine della quale finirono per
litigare.
Ora non avrebbero più toccato
un goccio di alcol nemmeno sotto tortura.
“Dovresti comprargli
dei fiori … Dove hai parcheggiato l’hummer?”
“Settore W2, sì Robert,
dovrei … Ma ho preso un bell’anello, sai? E poi le fedi”
“Insomma tutto in
regola eh, Mr. Russia?”
Vas rise, tenendo per
mano Pepe, mentre Downey portava un paio di borse, con altri regali, per Camy, Dady
e la figlia avuta dalla ex moglie, lasciata per Jude, Susan.
Appena imboccata la
discesa, verso il primo piano interrato, il terzetto sentì un rumore di freni
alle spalle e poi davanti a loro: un’auto stava salendo, una seconda scendendo,
incrociandosi per pochi secondi, fatto del tutto normale.
Poi silenzio.
L’aerea era deserta,
perché il mezzo appena transitato in entrata, andò ancora più sotto, rispetto
alla zona, dove il bodyguard si era fermato con il proprio blindato.
Pepe si voltò, poi
tornò a guardare avanti, udendo uno strano suono, come di cereali scoppiettanti
nel latte, quindi vide una luce dapprima azzurra e poi bianco vivido.
Con la coda dell’occhio,
percepì come un lampo, librarsi nell’aria e la stretta robusta di Vas,
allentarsi di netto.
Infine un tonfo.
Il corpo massiccio
dell’uomo, sembrò schiantarsi sul suolo grigio e freddo, fatto di cemento
armato e polvere.
Downey scattò di lato,
portandosi alle spalle Peter, proteggendolo istintivamente con la propria
figura.
Nel girarsi, per capire
cosa stesse accadendo, Robert fissò l’imbocco della discesa, restando accecato
dai fanali di un suv di grossa cilindrata, dal quale scesero veloci quattro
individui in tuta mimetica ed a viso coperto da passamontagna neri.
“Mio Dio … Pepe scappa,
scappa!! Sulle righe gialle!!” – urlò, accompagnando il bimbo, oltre un
corrimano, sul marciapiede, destinato ai pedoni.
Quei tizi gli si
avventarono contro, gridando qualcosa come “Prendi il nino!! Il nino,
maledizione!!” – ma Downey oppose un attacco fatto con mosse di arti marziali,
ben conosciute dall’artista, ma totalmente insufficienti a dargli scampo.
La scaltrezza e la
velocità di Pepe, invece, misero in salvo quest’ultimo, che si diede alla fuga,
spaventato a morte.
Il più alto dei
malviventi, stava per prenderlo, ma Vas, rianimatosi, dopo avere ricevuto una
scarica elettrica da un teaser, riuscì ad impedirglielo, afferrandolo per una
caviglia, sino a farlo cadere.
Con uno sforzo
sovrumano, l’ex sommergibilista, estrasse un coltello dalla tasca laterale dei
pantaloni, infilzando di netto la coscia sinistra di quel bastardo.
Ne seguirono urla,
calci ed una seconda sarica, che lo tramortì pesantemente.
Nel frattempo Robert
tentò di difendersi, ma erano tanti, troppi per lui e Vas, prima di svenire di
nuovo, si rese conto che lo stavano massacrando di botte.
Nell’ultimo barlume di
lucidità, prima di perdere i sensi, il colosso si domandò mentalmente come mai
nessuno avesse inseguito Pepe, occupandosi di Downey, quasi fosse una
spedizione punitiva o quanto meno intimidatoria e di vendetta, verso Geffen.
Geffen che stava
imprecando per non trovare un posto dove sostare con la sua Ferrari, nello
spiazzo del centro commerciale, dove voleva fare una sorpresa a Robert e Pepe,
decidendo in extremis di optare per il garage interno, sotto l’enorme edificio.
Il rombo del suo bolide
echeggiò in lontananza e Pepe accelerò l’andatura, sperando che non fosse un
estraneo, ma il suo papà in procinto di arrivare.
Il bambino non
ricordava la targa, ma il colore sì ed almeno quello era giusto.
Glam, appena lo vide,
ebbe una contrazione all’addome.
Inchiodò, scendendo in
un secondo, per ritrovarsi il piccolo tra le braccia.
“Papà!! Aiuta papi Rob
e Vas!! Gli hanno fatto male!!” – e scoppiò a piangere.
“Tesoro calmati, dove
sono??!”
“Là sotto, là sotto!!”
– ed indicò con la manina la lettera su uno dei cartelli, corrispondente alla sezione,
dove Downey ormai giaceva esanime, quanto Vas.
“Vieni, ci andiamo in
macchina, mentre chiamo la polizia! Bevi dell’acqua, non avere paura, ti prego,
non … avere paura” – singhiozzò disperato, premendo sull’acceleratore, dopo
avere assicurato Pepe al sedile, con le cinture ed un cuscino a rialzo,
appositamente acquistato per lui.
Jared gli si appese al
collo.
In lacrime.
“Mi dispiace Glam, come
sta Robert? Ed il nostro Vas?” – domandò tremando.
Geffen non riusciva
nemmeno più a respirare per la tensione e la rabbia.
“A Robert stanno
asportando la milza, me lo ha detto Steven … Vas ne ha ferito uno ed i suoi
soci lo hanno lasciato indietro, come se fosse una zavorra …” – disse sconvolto
– “… E’ vivo e vegeto, non era tanto grave … Chris lo sta interrogando ora, al
comando”
“Capisco” – Leto si
ritrasse piano, senza smettere di accarezzagli gli zigomi umidi di pianto.
“Grazie per essere
venuti subito Jay …”
“Colin è con Pepe, ci
sono anche Yari e Misaki, lo stanno facendo giocare”
“E’ in ottime mani …
C’è Peter, scusami … Vado ad aggiornarlo su Vas.”
“E poi il mio papi Rob
ha iniziato a fare quelle cose giapponesi, con le gambe e questi” – Pepe chiuse
i pugni, mostrando a Farrell come Downey si era difeso – “E mi ha salvato,
sai?”
“E’ stato un eroe” –
gli disse dolce l’irlandese, tornando a cullarlo, mentre Yari e Misaki gli
prendevano dei peluche da un cesto.
Geffen li stava
guardando ed ascoltando sulla soglia della nursery.
Era con Scott.
Il medico gli aveva
appena comunicato il buon esito dell’intervento su Robert, tenuto in coma
farmacologico.
Anche Peter era stato
rassicurato: solo una tempra come quella di Vassily, poteva resistere e
sopravvivere ad una simile aggressione.
Per sicurezza, anche
lui, però, doveva riposare forzatamente, grazie ad un sonno indotto e mirato.
“Pepe vieni qui, devo
dirti una cosa”
“Papà!! Papi Rob sta
bene, vero?!” – chiese concitato.
“Sì angelo mio …” – e
lo avvolse con premura e smisurato affetto.
In pochi istanti
l’ambiente si animò delle voci di Christopher, Ivan, Brendan e Hugh, accorsi su
segnalazione di Mason.
Jim volle sincerarsi di
persona, sulle condizioni di Robert e Vas, anticipando a Laurie, che sarebbe
stato opportuno un supporto psicologico, appena si fossero destati da quel buio,
senza sogni.
Alle loro spalle si
palesò Peter, più tranquillo, ma con una strana luce nelle iridi celeste
ghiaccio.
“Glam dovremmo andare”
“Sì, arrivo …”
“Ma dove vai?” –
domandò Jared, a cui Geffen passò Pepe, con delicatezza.
“Devo recarmi in
commissariato per la denuncia, il tenente Hemsworth mi sta aspettando” –
replicò asciutto, con la mente già altrove.
“Ah … ok … Peter lo
portiamo alla End House, se sei d’accordo ...” – propose il cantante.
“Nessun problema, ci
vediamo da voi, dopo cena, ok? E tu fai il bravo, vero scricciolo?”
“Sicuro papà … Ma tu
torni presto, ok?”
“Non temere” – e guardò
Jared – “Io tornerò sempre da te.”
Niall uscì dall’ascensore,
bagnato con un pulcino.
Fuori era appena
scoppiato un temporale e, dalla fermata del bus all’ingresso del pronto
soccorso, Horan aveva preso tutta la pioggia.
Vedendo arrivare Geffen,
il ragazzo aumentò l’andatura.
“Ciao Glam, come sta
Robert?”
“Ciao piccolo, da chi l’hai
saputo?”
“Da Twitter … E poi ne
stanno parlando ovunque in tv”
“Sì, sì certo, comunque
Robert è appena uscito dalla sala operatoria, è stabile” – lo rassicurò dopo
averlo abbracciato.
“Meno male, ero così in
pensiero per lui e Pepe”
“Se lo raggiungi, gli
farai piacere, è nella saletta con Colin e Jared … Tu ci sai fare con i bambini”
– e gli diede una carezza sul volto arrossato.
“Sì … Sì, vado immediatamente”
In quell’istante
arrivarono anche Kevin e Tim.
Il bassista si informò
subito, come Niall, sulle condizioni di Downey, seguendo poi lo studente verso
il reparto, dove si sarebbe preso cura di Pepe, insieme al proprio compagno, in
ansia quanto lui.
La strada era buia.
Peter guidava in
silenzio.
Geffen aprì il vano
porta oggetti.
Prese dei guanti ed una
pistola.
“Hai avuto problemi con
la combinazione?”
“No, affatto Glam e qui
c’è il numero privato di Kiro” – e gli passò un biglietto.
L’avvocato si riferiva
alla cassaforte di Palm Springs, dove custodiva l’arma, dopo averla acquistata
una volta appreso di avere un cancro incurabile, l’anno prima.
“Ti ringrazio” – e compose
la sequenza di cifre sul palmare.
Il nipponico rispose
dopo pochi squilli.
“Ciao Glam, noi siamo
quasi arrivati”
“Il tuo legale è al
distretto?”
“Sì, ha appena pagato
la cauzione, duecentomila dollari”
“Te li rendo domani
mattina”
“Nessun problema tra
noi, per queste cose: come stanno i tuoi?”
“Se la caveranno. Loro
di certo”
“Sì Glam, per il resto
ce ne occuperemo tra poco, come d’accordo. Ci vediamo al deposito”
“Perfetto. Grazie Kiro.”
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