giovedì 13 novembre 2014

LIFE - CAPITOLO N. 54

Capitolo n. 54 – life



Pepe allungò le manine verso alcune decorazioni, pendenti dal soffitto del negozio di giocattoli, dove Downey stava pagando il suo robot.

Una promessa, è una promessa.

Il bimbo stava sulle spalle di Vas, molto divertito dalle sue chiacchiere e la cronaca sulla visita ed i vaccini, appena fatti allo studio del pediatra di fiducia dell’attore.

“Tesoro ho quasi fatto, non fare impazzire Vas”

“Ma no, è un amore” – disse il sovietico, scegliendo per sé ed il cucciolo, alcuni leccalecca in un vassoio, a disposizione dei clienti.

“Ok, possiamo andare, devi fare qualche commissione Vas?”

“No stasera porto fuori a cena Peter, il mio Peter” – sorrise – “Voglio chiedergli di sposarmi”

“Evviva!” – esultò Pepe e Rob annuì sereno.

Quella mattinata era trascorsa tranquilla, dopo essersi svegliato tra le braccia di Glam.

Avevano fatto l’amore sino all’alba, come due ragazzini: peccato che l’artista si sentisse tutto stropicciato, mentre Geffen sembrava un sedicenne alla prima cotta.

A colazione era sceso anche Jude, ma il loro dialogo fu semplice e stringato, ma assolutamente cordiale.

Taylor li ascoltava in silenzio, scrutando spesso le espressioni dell’avvocato, probabilmente incuriosito dalla sua comprensione ed ospitalità, quanto meno singolari nei confronti dell’ex del consorte, che per giunta aveva tentato di uccidere entrambi un paio di anni prima.

Un’esperienza che Law narrò al giovane, dopo una sbornia a due, alla fine della quale finirono per litigare.

Ora non avrebbero più toccato un goccio di alcol nemmeno sotto tortura.


“Dovresti comprargli dei fiori … Dove hai parcheggiato l’hummer?”

“Settore W2, sì Robert, dovrei … Ma ho preso un bell’anello, sai? E poi le fedi”

“Insomma tutto in regola eh, Mr. Russia?”

Vas rise, tenendo per mano Pepe, mentre Downey portava un paio di borse, con altri regali, per Camy, Dady e la figlia avuta dalla ex moglie, lasciata per Jude, Susan.

Appena imboccata la discesa, verso il primo piano interrato, il terzetto sentì un rumore di freni alle spalle e poi davanti a loro: un’auto stava salendo, una seconda scendendo, incrociandosi per pochi secondi, fatto del tutto normale.

Poi silenzio.

L’aerea era deserta, perché il mezzo appena transitato in entrata, andò ancora più sotto, rispetto alla zona, dove il bodyguard si era fermato con il proprio blindato.

Pepe si voltò, poi tornò a guardare avanti, udendo uno strano suono, come di cereali scoppiettanti nel latte, quindi vide una luce dapprima azzurra e poi bianco vivido.

Con la coda dell’occhio, percepì come un lampo, librarsi nell’aria e la stretta robusta di Vas, allentarsi di netto.

Infine un tonfo.

Il corpo massiccio dell’uomo, sembrò schiantarsi sul suolo grigio e freddo, fatto di cemento armato e polvere.

Downey scattò di lato, portandosi alle spalle Peter, proteggendolo istintivamente con la propria figura.

Nel girarsi, per capire cosa stesse accadendo, Robert fissò l’imbocco della discesa, restando accecato dai fanali di un suv di grossa cilindrata, dal quale scesero veloci quattro individui in tuta mimetica ed a viso coperto da passamontagna neri.

“Mio Dio … Pepe scappa, scappa!! Sulle righe gialle!!” – urlò, accompagnando il bimbo, oltre un corrimano, sul marciapiede, destinato ai pedoni.

Quei tizi gli si avventarono contro, gridando qualcosa come “Prendi il nino!! Il nino, maledizione!!” – ma Downey oppose un attacco fatto con mosse di arti marziali, ben conosciute dall’artista, ma totalmente insufficienti a dargli scampo.

La scaltrezza e la velocità di Pepe, invece, misero in salvo quest’ultimo, che si diede alla fuga, spaventato a morte.

Il più alto dei malviventi, stava per prenderlo, ma Vas, rianimatosi, dopo avere ricevuto una scarica elettrica da un teaser, riuscì ad impedirglielo, afferrandolo per una caviglia, sino a farlo cadere.

Con uno sforzo sovrumano, l’ex sommergibilista, estrasse un coltello dalla tasca laterale dei pantaloni, infilzando di netto la coscia sinistra di quel bastardo.
Ne seguirono urla, calci ed una seconda sarica, che lo tramortì pesantemente.

Nel frattempo Robert tentò di difendersi, ma erano tanti, troppi per lui e Vas, prima di svenire di nuovo, si rese conto che lo stavano massacrando di botte.

Nell’ultimo barlume di lucidità, prima di perdere i sensi, il colosso si domandò mentalmente come mai nessuno avesse inseguito Pepe, occupandosi di Downey, quasi fosse una spedizione punitiva o quanto meno intimidatoria e di vendetta, verso Geffen.

Geffen che stava imprecando per non trovare un posto dove sostare con la sua Ferrari, nello spiazzo del centro commerciale, dove voleva fare una sorpresa a Robert e Pepe, decidendo in extremis di optare per il garage interno, sotto l’enorme edificio.

Il rombo del suo bolide echeggiò in lontananza e Pepe accelerò l’andatura, sperando che non fosse un estraneo, ma il suo papà in procinto di arrivare.

Il bambino non ricordava la targa, ma il colore sì ed almeno quello era giusto.

Glam, appena lo vide, ebbe una contrazione all’addome.

Inchiodò, scendendo in un secondo, per ritrovarsi il piccolo tra le braccia.

“Papà!! Aiuta papi Rob e Vas!! Gli hanno fatto male!!” – e scoppiò a piangere.

“Tesoro calmati, dove sono??!”

“Là sotto, là sotto!!” – ed indicò con la manina la lettera su uno dei cartelli, corrispondente alla sezione, dove Downey ormai giaceva esanime, quanto Vas.

“Vieni, ci andiamo in macchina, mentre chiamo la polizia! Bevi dell’acqua, non avere paura, ti prego, non … avere paura” – singhiozzò disperato, premendo sull’acceleratore, dopo avere assicurato Pepe al sedile, con le cinture ed un cuscino a rialzo, appositamente acquistato per lui.




Jared gli si appese al collo.

In lacrime.

“Mi dispiace Glam, come sta Robert? Ed il nostro Vas?” – domandò tremando.

Geffen non riusciva nemmeno più a respirare per la tensione e la rabbia.

“A Robert stanno asportando la milza, me lo ha detto Steven … Vas ne ha ferito uno ed i suoi soci lo hanno lasciato indietro, come se fosse una zavorra …” – disse sconvolto – “… E’ vivo e vegeto, non era tanto grave … Chris lo sta interrogando ora, al comando”

“Capisco” – Leto si ritrasse piano, senza smettere di accarezzagli gli zigomi umidi di pianto.

“Grazie per essere venuti subito Jay …”

“Colin è con Pepe, ci sono anche Yari e Misaki, lo stanno facendo giocare”

“E’ in ottime mani … C’è Peter, scusami … Vado ad aggiornarlo su Vas.”



“E poi il mio papi Rob ha iniziato a fare quelle cose giapponesi, con le gambe e questi” – Pepe chiuse i pugni, mostrando a Farrell come Downey si era difeso – “E mi ha salvato, sai?”

“E’ stato un eroe” – gli disse dolce l’irlandese, tornando a cullarlo, mentre Yari e Misaki gli prendevano dei peluche da un cesto.

Geffen li stava guardando ed ascoltando sulla soglia della nursery.

Era con Scott.

Il medico gli aveva appena comunicato il buon esito dell’intervento su Robert, tenuto in coma farmacologico.

Anche Peter era stato rassicurato: solo una tempra come quella di Vassily, poteva resistere e sopravvivere ad una simile aggressione.

Per sicurezza, anche lui, però, doveva riposare forzatamente, grazie ad un sonno indotto e mirato.


“Pepe vieni qui, devo dirti una cosa”

“Papà!! Papi Rob sta bene, vero?!” – chiese concitato.

“Sì angelo mio …” – e lo avvolse con premura e smisurato affetto.

In pochi istanti l’ambiente si animò delle voci di Christopher, Ivan, Brendan e Hugh, accorsi su segnalazione di Mason.

Jim volle sincerarsi di persona, sulle condizioni di Robert e Vas, anticipando a Laurie, che sarebbe stato opportuno un supporto psicologico, appena si fossero destati da quel buio, senza sogni.


Alle loro spalle si palesò Peter, più tranquillo, ma con una strana luce nelle iridi celeste ghiaccio.

“Glam dovremmo andare”

“Sì, arrivo …”

“Ma dove vai?” – domandò Jared, a cui Geffen passò Pepe, con delicatezza.

“Devo recarmi in commissariato per la denuncia, il tenente Hemsworth mi sta aspettando” – replicò asciutto, con la mente già altrove.

“Ah … ok … Peter lo portiamo alla End House, se sei d’accordo ...” – propose il cantante.

“Nessun problema, ci vediamo da voi, dopo cena, ok? E tu fai il bravo, vero scricciolo?”

“Sicuro papà … Ma tu torni presto, ok?”

“Non temere” – e guardò Jared – “Io tornerò sempre da te.”


Niall uscì dall’ascensore, bagnato con un pulcino.

Fuori era appena scoppiato un temporale e, dalla fermata del bus all’ingresso del pronto soccorso, Horan aveva preso tutta la pioggia.

Vedendo arrivare Geffen, il ragazzo aumentò l’andatura.

“Ciao Glam, come sta Robert?”

“Ciao piccolo, da chi l’hai saputo?”

“Da Twitter … E poi ne stanno parlando ovunque in tv”

“Sì, sì certo, comunque Robert è appena uscito dalla sala operatoria, è stabile” – lo rassicurò dopo averlo abbracciato.

“Meno male, ero così in pensiero per lui e Pepe”

“Se lo raggiungi, gli farai piacere, è nella saletta con Colin e Jared … Tu ci sai fare con i bambini” – e gli diede una carezza sul volto arrossato.

“Sì … Sì, vado immediatamente”

In quell’istante arrivarono anche Kevin e Tim.

Il bassista si informò subito, come Niall, sulle condizioni di Downey, seguendo poi lo studente verso il reparto, dove si sarebbe preso cura di Pepe, insieme al proprio compagno, in ansia quanto lui.




La strada era buia.
Peter guidava in silenzio.

Geffen aprì il vano porta oggetti.
Prese dei guanti ed una pistola.

“Hai avuto problemi con la combinazione?”

“No, affatto Glam e qui c’è il numero privato di Kiro” – e gli passò un biglietto.

L’avvocato si riferiva alla cassaforte di Palm Springs, dove custodiva l’arma, dopo averla acquistata una volta appreso di avere un cancro incurabile, l’anno prima.

“Ti ringrazio” – e compose la sequenza di cifre sul palmare.

Il nipponico rispose dopo pochi squilli.

“Ciao Glam, noi siamo quasi arrivati”

“Il tuo legale è al distretto?”

“Sì, ha appena pagato la cauzione, duecentomila dollari”

“Te li rendo domani mattina”

“Nessun problema tra noi, per queste cose: come stanno i tuoi?”

“Se la caveranno. Loro di certo”

“Sì Glam, per il resto ce ne occuperemo tra poco, come d’accordo. Ci vediamo al deposito”

“Perfetto. Grazie Kiro.”





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