martedì 28 ottobre 2014

LIFE - CAPITOLO N. 45

Capitolo n. 45 – life



Downey strinse i pugni, ossigenandosi, oltre la porta scorrevole verde, a due ante, ognuna con un oblò: a destra poteva vedere il volto di Glam, mentre lo stavano preparando per l’intervento, a sinistra quello di Scott, che non parlava, fissando l’amico, con aria perplessa.

Anzi, triste.

L’attore bussò leggero, con la voglia di scomparire, appena parlato con il marito.

Pensarlo ancora tale, lo emozionava, più che mai: era come se solo in quel momento, Rob avesse preso piena consapevolezza di avere sposato Geffen.

Sposato, con il progetto di adottare legalmente Peter: una pratica tenuta sospesa, da una scioccata Miss. Gramble, dopo l’assassinio spietato dei genitori naturali del bimbo, davanti al suo istituto.

Un’inchiesta era stata aperta dal comando di Chris, ancora in cerca di prove, per chiarire i fatti di quel giorno da dimenticare.

Eppure i ricordi, si infiammavano ad ogni respiro di Glam, assorto in una costernazione evidente.

Un dolore soffocante.


“Vi chiedo scusa” – Robert varcò quella soglia, con educazione.

Con il suo innato senso di inadeguatezza, al cospetto della vita, degli adulti, del successo, delle responsabilità, dell’amore, dove si era sempre e comunque distinto per quanto fosse stato fedele e corretto, durante un lunghissimo periodo, al fianco di Jude.

Jude che continuava a svenire, per gli sbalzi di pressione, mentre lo sedavano, con il timore concreto che non superasse nemmeno quella fase.


Il rene artificiale era stato corrotto dal malfunzionamento generale del suo organismo, fradicio di alcolici: andava sostituito, mentre l’altro sarebbe stato rimosso, con l’impianto di quello donato da Glam.


Scott sembrò innervosirsi, ma placò il suo istinto di buttarlo fuori.
Geffen gli aveva raccontato il minimo indispensabile, per spiegare il suo comportamento.


“Ciao, tu non potresti stare qui”

“Lo so, mi dispiace, so che non posso fare niente per Jude e non posso stare qui, con voi, ora … Ma vorrei unicamente dire una cosa a Glam” – affermò presente a sé stesso, senza mai smettere di guardare l’avvocato.


“Per me va bene, Scott, dacci un paio di minuti, ok?” – disse piano l’uomo, che nulla aveva più della larva dell’anno prima: era forte, possente nella sua figura massiccia, rassicurante, bellissimo.

Ritrovato.
Ed ancora una volta distrutto, a causa dell’ultima persona, che Geffen potesse immaginare rea di un simile scempio del suo cuore, di nuovo sano e vigoroso.


Downey guardò in basso, poi si avvicinò alla lettiga, dove Glam era rimasto seduto.
A contemplarlo.

“Ti ringrazio, per questo tuo sacrificio, per come sai essere generoso, anche in una simile situazione e …” – deglutì, pallido, sentendosi mancare per un capogiro.

Il sopracciglio sinistro di Geffen si inarcò, tremolando un secondo dopo: rimase comunque immobile, coperto solo dal camice sterile.

“E ti chiedo perdono Glam … Per quanto poi, deciderai di noi, di …” – compostamente, iniziò a piangere, senza frignare, anzi, con la solida dignità, che continuava ad appartenergli.

“Amo il nostro bimbo, Glam …” – ed il suo nome, colmava un vuoto, che Downey aveva sentito riaprirsi, come una voragine, tra lo sterno e l’addome contratto, sotto la maglietta del pigiama.

“Farò ciò che vorrai … Che sarà giusto per te, per … per Peter …” – e si prese il viso tra i palmi gelidi, improvvisamente, sentendosi davvero mancare la terra da sotto i piedi piccoli, perfetti, nudi, nelle infradito nere, nudi e freddi, allo scoperto, come si sentiva lui, completamente.

Geffen si alzò con un guizzo, come se divorasse l’aria e così anche la bocca di Robert, afferrandogli le braccia e poi gli zigomi, portandolo contro al muro, facendo cadere anche degli strumenti da un carrello, che scalciò via, con veemenza, con l’ardore, che vestiva ogni suo gesto impulsivo.

Come quello.

Respirandolo, Glam lo fissò, assottigliando le palpebre, colme di pianto, quanto quelle di Robert, che si perdeva in lui, che avrebbe voluto morire di lui, in quell’attimo.

Si baciarono ancora ed ancora, cadendo sul pavimento, accartocciandosi in tutto quell’amore, che li stava devastando.

“Vattene via Rob … Io non voglio più vederti … Non voglio più nulla da te … Mi hai dato tutto e me ne hai derubato, senza alcun motivo valido, lo capisci vero?” – gli domandò rabbioso e disperato.

Downey annuì, appeso alle sue spalle grandi, le gambe intorno al busto muscoloso e febbrile.

Spingersi dentro di lui, dopo averlo maldestramente spogliato, fu così semplice, che ad entrambi sembrò di stare sognando: non stava accadendo davvero, non era possibile.

Fare l’amore in quel modo.
In quel frangente, in un frammento di tempo, tra la vita e la morte, che si stavano, probabilmente, prendendo gioco di loro.




Colin provò a convincerlo di rimanere alla End House, ma Jared non ne volle sapere, dopo avere appreso quanto accaduto a Jude.

“E Glam è con lui? Non ho capito bene Cole …”

“Kevin mi ha spiegato che gli donerà un rene”

“Lui e Tim sono già in ospedale?”

“Sì amore … Comunque dobbiamo fare le terapie alle dieci, Mason forse ci potrà anticipare”

“Sono solo le sette” – Leto sorrise, guardando il sole sopra l’oceano.

“Gran bella giornata, vero Jay?”

“Non per morire, però”



Appoggiato alla testata imbottita del letto, Mark si teneva avvinghiato sopra di sé Niall, a cavalcioni sopra di lui ed impalato dal sesso di Ruffalo, perso a succhiargli forte i capezzoli ben disegnati e turgidi.

Tutto girava, perché l’uomo era troppo ed Horan così stretto, ma ricettivo e generoso, nel cavalcarlo inebriato da un amplesso, che sembrava non finire mai.

Mark lo sollevò piano, per i glutei sodi e proporzionati, facendolo stendere supino, tra le proprie gambe, ora rilassate ed aperte a V.

Niall ansimava e gemeva ancora, toccandosi, ad occhi serrati, le labbra schiuse e gonfie.

Ruffalo lo penetrò con le dita, giocando tra le sue cosce magre.

Stava impazzendo di lui, non capiva nemmeno più dov’era e non gli importava affatto.

C’era Niall ed era abbastanza, era l’essenziale.

“Aspetta piccolo … un … un attimo …” – e si inginocchiò, aprendolo oscenamente a sé, dopo averlo preso per le caviglie.

Riaffondò, di nuovo pronto, non senza stupore.
Eppure, Ruffalo, lo aveva imparato bene: Niall lo eccitava anche nelle situazioni più imprevedibili, con i suoi jeans attillati, spesso senza intimo sotto, le polo ugualmente aderenti ed un po’ corte, su quegli addominali acerbi ed asciutti, dove ora l’infermiere disegnava arabeschi, con i polpastrelli madidi di umori e desiderio, mentre gli si svuotava dentro, per l’ennesima volta.




Geffen lo rivestì, con estrema calma, dandogli poi un bicchiere d’acqua.

Downey non era docile, perché colpevole, bensì gli si affidava, anche in quegli atti semplici, con devozione, con affetto.
Reciproco.
Innegabile.

“Ora vai a casa, da Pepe … Digli che sono in viaggio, per lavoro”

“D’accordo Glam … Mi dirai qualcosa … Dopo?”

“Certo, ci penserà Scott, non preoccuparti” – e si rialzarono, tenendosi l’uno all’altro.

Downey si strinse a lui, tremando.

Geffen, con le braccia distese lungo il busto, rimase come incerto, letteralmente sospeso, in un mare di emozioni, che avrebbe voluto riordinare, senza riuscirci.

Lo avrebbe fatto in seguito, forse.

Ora era più semplice salire dalle scapole ai capelli di Rob, intrecciando le proprie dita alle ciocche, spruzzate di argento, mescolandosi alle sue labbra, per un ultimo bacio.

Era finita?

Un sentimento del genere, poteva esplodere, lasciando macerie ovunque, ma anche implodere, nell’animo di Glam, torturandolo per sempre.

“Ti amo Robert”

Era vero.
Era ciò che gli restava.

Downey lo guardò.
Era innamorato di lui.
Perdutamente.

“Glam”

“Vai da Peter”

“Sì … A presto”


Una provvidenziale uscita di sicurezza, verso le scale, salvò Downey dall’incontrare Colin e Jared, appena arrivati dagli ascensori e troppo presi dal chiedere informazioni ad un’infermiera, per accorgersi di lui.

Il leader dei Mars vide poi Kevin e gli andò incontro, con il proprio deambulatore.

“Ehi ciao Jared”

Si abbracciarono.

“Grazie per averci avvisato … Sai come sta Jude?”

“Non bene, però l’operazione si svolgerà a breve … Ah ecco Scott”

“Vorrei salutare Glam, tu l’hai visto?”

“No, era in fase pre operatoria … Doveva fare delle analisi”

“Ah capisco … Ciao Scott, hai novità?”

“Non ancora, siamo solo pronti a cominciare, ci vorrà l’intera giornata, saremo due equipe, ma io non mi muoverò finché non avremo terminato”

Leto sorrise – “Jude e Glam sono in ottime mani … Posso vederlo?”

“Lo farete tutti, ma dopo, abbiate pazienza, ok?” – e si allontanò un po’ brusco.

Kevin sbuffò – “E’ teso e poi ha una sua teoria, un po’ stramba per me”

“A cosa ti riferisci?” – si intromise Farrell, seguito da Tim.

“Secondo Scott, il rene di daddy si riformerà da solo e non dovranno impiantargli un organo sintetico”

“Ma è pura follia …” – mormorò l’irlandese.

“Lula …” – sussurrò Jared, guardando poi i presenti, con aria convinta – “Come per il ferimento, grazie al potere di soldino”

“Questa è fantascienza, Jay” – obiettò il consorte.

“Sì, ma quanto avvenuto dopo la coltellata di Miller, è un dato di fatto” – rimarcò Tim, distribuendo caffè e sorrisi fiduciosi.

“Staremo a vedere” – sospirò il bassista, sorseggiando la brodaglia del reparto di chirurgia – “… e non vi ho detto il resto”

“Il resto?”

“Sì Jared, la ragione per la quale Jude è stato ricoverato d’urgenza: ho parlato con Taylor e lui mi ha spiazzato … Era furioso”

“Con chi, scusa?”

“Con Robert …”

Farrell ebbe un sussulto e guardò il compagno.

Kevin prese un respiro, esprimendosi con amarezza, su quelle rivelazioni scottanti.

La coppia di artisti non ne fu sorpresa, ma non lo diede a vedere, anche se con fatica.

“Forse divorzieranno, forse no … Daddy è imprevedibile in questi … casi”

“E poi c’è Pepe” – sottolineò Tim, andandosi ad accomodare nella saletta per i familiari.

Kevin lo seguì, senza aggiungere altro.

Colin e Jared si unirono a loro, in un silenzio imbarazzante, quanto inevitabile.








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