Capitolo n 35 – life
I giornalisti si
precipitarono all’accettazione dell’ospedale, dopo avere letteralmente
inseguito l’ambulanza con a bordo Geffen.
“Con
lui, sotto shock, il nuovo marito, Robert Downey Jr, oltre ai paramedici ed un
amico" – gracchiò la radio, sull’auto che stava
conducendo Colin, con a bordo Jared, assistito da Brendan e Shannon.
“Tesoro come ti
senti?” – domandò l’irlandese, controllando lo specchietto retrovisore interno.
“Meglio Cole … Guida
tranquillo” – ed abbozzò un sorriso, mentre il fratello gli passava dell’acqua.
L’amico insieme a
Glam era ovviamente Scott.
La sala operatoria
era già pronta: Scott vi salì, con due colleghi, chiedendo a Downey di rimanere
al triage del pronto soccorso, per non intralciare le manovre.
L’attore si guardò
intorno, notando che i presenti lo stavano fissando: i rumori circostanti erano
per lo più ovattati, le immagini un po’ sfocate: lui aveva addosso la camicia
sporca di sangue, lo stesso, che gli imbrattava le mani.
Una sagoma si fece
avanti, passando tra le altre, dopo essere giunta da un corridoio laterale, quello
che partiva dai garage e portava sino a lì.
“Rob! Robert mio Dio”
“Jude …” – disse sommesso,
poi più lucido – “Jude?!”
“Tesoro vieni via da
qui, avanti!” – e, afferrandolo per le braccia, l’ex lo trascinò verso le
toilette, senza esitare oltre, prima che i paparazzi facessero il loro dovere, di autentici avvoltoi.
Chris diede un bacio
sulla tempia di Tom e tra i capelli della loro Luna, con tenerezza, dopo
essersi tolto l’odiosa cravatta, che gli stava un incanto, sul completo blu,
indossato alla cerimonia.
“Devo andare in
centrale, per Miller … E’ in arresto ed abbiamo convocato anche il direttore
della Mayer”
“Che brutto pasticcio”
– sospirò il terapista, stringendo a sé la bimba, ancora spaventata, come il
resto dei suoi cugini.
Purtroppo non c’era
stato il tempo di allontanarli, risparmiando loro la scena dell’accoltellamento
di zio Glam, adorato da tutti i
bambini della sua famiglia.
“Dove sono Mark e
Niall?”
“Là dentro, da
qualche parte in questa reggia, Tommy … Tu vai a casa, dico a qualcuno di
accompagnarti, se non ti va di guidare, ok?” – concluse dolce, per poi dargli
un lungo bacio.
Kevin avvolse Tim,
restando in piedi nella saletta di attesa, al quinto piano, in chirurgia d’urgenza.
Pamela aggiornava
Antonio via telefono, mentre Phil e Xavier parlavano con Jared e Shannon.
Colin si era
premurato di avvisare Jude, ma nessuno di loro lo sapeva.
“Dov’è finito Robert?”
– gli chiese improvviso il bassista.
“Non ne ho idea,
forse è su, con Glam …”
“Strano, penso sia
vietato” – si intromise Derado – “Però potrebbe darsi che Scott abbia fatto un’eccezione”
– aggiunse con un mezzo sorriso.
Kevin annuì, tornando
a guardare amorevole Tim.
“Sei stanco?” –
mormorò triste il ragazzo, facendo aderire le loro fronti.
“No Tim … Sono
depresso, perché è un tormento continuo, un incubo senza fine per Glam, non lo
trovo giusto” – e si commosse, quanto il resto degli astanti.
Fuori era quasi buio
e nella sezione docce si attivarono le luci di emergenza, diffondendo un
riverbero azzurrognolo.
“Aspetta Rob”
“No, non accendere …”
– disse mesto l’americano, appoggiato di traverso alle piastrelle, tra i
lavabo.
“Stai tremando cerco
una coperta”
“No … No, resta qui …
Vorrei lavarmi e” – iniziò a singhiozzare, accartocciato, contro quel muro di
ceramica bianco latte.
Law gli tolse
delicatamente la casacca, poi slacciò la cintura ed i pantaloni neri,
liberandolo con calma anche dei calzini e delle scarpe firmate.
Downey si aggrappò a
lui, restando in boxer aderenti, sul corpo tremante: se li sfilò, quasi
inciampandoci, ma non voleva avere nulla sulla pelle, se non l’abbraccio
confortevole di Jude, che, come smarrito, lo stava portando sotto ai getti
caldi, restando completamente vestito.
Come quando si erano
incontrati al loft di Taylor.
Scalciò via
unicamente le infradito, mentre reggeva Robert per la vita magra, fissandolo,
sconvolto da quel momento, quanto lui.
Si baciarono,
piangendo, con una disperazione lacerante negli sguardi.
Le mani di Downey si
infilarono sotto al maglione in filo, tinta corda, che Law portava sopra ai
pantaloni larghi, in lino avorio, senza intimo.
I suoi vestiti,
inzuppati, sembrarono polverizzarsi, per poi ricadere fuori dal box, in
cristallo ambrato.
Abbracciati e tesi,
si incastrarono, ben oltre le loro bocche, ancora sigillate, forse per non
dirsi nulla.
Robert si girò
improvviso, dando la schiena a Jude, che lo strinse ancora più forte,
continuando a baciargli il collo, le scapole, la spina dorsale, percorsa da mille
brividi.
Quindi lo fece
roteare verso di sé nuovamente, per insaponargli il petto, l’addome, le dita,
facendo scivolare via, in rigagnoli rosso fuoco, il ricordo tangibile di quella
disgrazia, accorsa a Geffen.
Così fecero anche
loro, cadendo fluidi sopra ai vestiti raffazzonati e sparsi sul pavimento,
senza mai distaccarsi, pelle contro pelle, i sessi turgidi e pronti ad
esplodere, anche con un’unica carezza.
Fecero l’amore, senza
guardarsi, Rob affondato nel collo di Jude e Jude sprofondato in lui, tra le
sue gambe, a palpebre serrate, perché quello doveva essere un sogno e null’altro,
pensò, in quella serata di pura follia.
Ruffalo gli preparò
un bagno caldo, provando a somministrargli un blando sedativo, ma Niall lo
rifiutò.
“Ho bisogno di te …
Non di inutili pastiglie Mark …” – gli disse il ragazzino, ancora appeso a lui,
mentre l’uomo lo faceva stendere sopra al letto, della camera destinata a loro.
“Sì, lo so piccolo,
lo so, ma hai avuto un trauma e”
Horan lo baciò,
tenendolo sopra di sé, con insistente ed innocente caparbietà.
Mark gli sorrise
tenero, ma il contatto era voluttuoso ed acerbo, terribilmente eccitante.
L’infermiere armeggiò
con la propria lampo, convulsamente, mentre la sua bocca si perdeva in quella
di Niall, che lo aiutò a calarsi appena i jeans ed il resto.
“Niall …” – inspirò sconvolto,
trovandolo già pronto a riceverlo.
“Ho giocato con il
gel, mentre cercavi gli asciugamani” – gli sorrise, istigando in lui una
maggiore, morbosa, attrazione.
Horan voleva solo
annullare quella sensazione orribile, che gli attanagliava la gola, provata,
mentre era in balia di Matt Miller.
Null’altro,
abbandonandosi al proprio amante, più maturo, ma assai più fragile di lui, in
quell’istante.
Scott chiuse la porta
a chiave, appoggiando la faccia al vetro, dal quale i visitatori avrebbero potuto
vedere Glam, una volta che lo specialista avesse aperto le veneziane.
Sembrava esausto.
Il soffitto era verde
mela e Geffen lo stava guardando.
Adesso.
L’ossigeno fluiva nel
suo naso, con la sensazione di spandersi ovunque, nel suo corpo robusto.
“Tu chi sei …?” –
esordì il diagnosta, sommesso, senza voltarsi affatto, ma ad occhi aperti, ora,
su quella lastra trasparente, che rifletteva il suo viso attonito.
Glam lo scrutò, a
quel punto, ergendosi lento e notando di non avere flebo o sensori, ma solo un
camice, aperto sul davanti, slacciato per metà.
Sfiorò i bendaggi,
apposti sul suo fianco sinistro e poi si concentrò su Scott, in attesa di una
risposta da lui.
“Ehi, ma … Che stai
dicendo?”
La sua voce era
nitida e non aveva assolutamente capogiri.
Scott sembrò piombare
su di lui, all’improvviso, come esasperato.
“Tu chi sei?!!” – gli
gridò, strappandogli l’enorme cerotto garzato, con veemenza inspiegabile,
quanto il suo quesito.
Geffen, sconcertato,
controllò il punto, in cui era stato trafitto da Matt.
Nessuna ferita.
Nessuna cicatrice.
I tessuti erano
integri, puliti.
Nessun dolore.
“Mi spieghi come è
possibile tutto questo, Glam?!” – e scoppiò a piangere, per la tensione e,
presumibilmente, la paura di avere un chiarimento.
Geffen si alzò,
solido.
“Ma tu pensi che io
sia … un demonio, forse?? Cosa ti prende, Scott, io sono Glam!!” – esclamò, stritolandogli le braccia.
“Ti aveva quasi
ucciso … Mio Dio …” – e lo abbracciò, frastornato.
“Scotty io non so
darti alcuna ragione logica per questa … questa cosa … Te lo giuro sui miei
figli” – e lo fissò.
“I tuoi figli … Lula …
Lula ed il suo potere … L’ha trasmesso a te …” – replicò alienato.
“Lula …? Lui non si è
palesato, non l’ho sentito nemmeno questa volta … Lula è … è andato via, non so
più come dirvelo” – bissò affranto, le iridi lucide – “Anche se Peter mi ha
parlato di un angelo custode … Che lo ha avvertito del pericolo, una presenza,
che Kevin è riuscito a percepire, quando eravamo in Svizzera, ma io non gli ho
creduto”
Scott annuì – “Mentre
provavo a suturarti, i tuoi vasi sanguigni, l’epidermide, tutto insomma,
lavorava per conto suo … Non ho mai visto nulla di simile, pensavo di essere
sotto l’effetto di un’allucinazione ed ho provveduto a nascondere ogni
dettaglio, senza destare sospetti nei miei collaboratori, però ora … Ora dovrò
inventarmi qualcosa, anche con i cronisti, che sollecitano un bollettino sulle
tue condizioni Glam” – rivelò, ritrovando anche una minima calma.
“Ti ringrazio Scotty …”
– e sorrise – “… Mi cercheresti Rob? Sarà distrutto da questa esperienza,
almeno quanto il sottoscritto”
“Sì, certo, ma tu
torna a stenderti, hai perso del sangue, ripristinato da una trasfusione,
mentre eri sotto ai ferri … E sarà opportuno sistemare la medicazione, poi
penseremo al da farsi … anche con”
“Non voglio bugie” –
sbottò fermo – “Io dirò la verità a Robert ed a chi mi vuole bene, ok?”
Colin arrivò ai
distributori automatici, cercando qualche dollaro spicciolo nelle tasche del
giubbotto in tela verde militare, rubata a Jared.
“Ti serve qualcosa?”
La voce di Taylor era
gentile e triste.
“Ehi ciao … Ma cosa
ci fai tu qui?” – Farrell gli sorrise, abbracciandolo.
“Ero … Ero con Jude,
ma è una lunga storia”
“Con Jude?”
“Sì, dopo la tua
telefonata, mi ha chiesto un passaggio sino a qui … Eravamo da me”
“Sì, ok … Ok, ma stai
bene, Taylor?”
“Vorrei solo
andarmene” – e sorrise impacciato.
“Io dovrei prendere
una t-shirt, da questo aggeggio, le vedi? Che taglia avrà Robert? Me l’ha
chiesta Jude via sms”
“Penso una media, è
molto asciutto … Credo …”
“Sì, hai ragione …
Fatto, vediamo se la sputa fuori” – e rise imbarazzato.
“Ok, io vado,
diglielo tu a Jude” – e tirò su dal naso, facendo un passo indietro.
“Lo farò … Tu cerca
di stare bene, ok? Ti chiamo … domani, ok?”
“Sì Colin, è stato
bello vederti, anche se in queste circostanze … Fai gli auguri anche a Glam,
appena lo vedi, d’accordo?”
“Sì, come vuoi … Ciao
Taylor” – e corse via, alla ricerca del suo UK buddy.
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