giovedì 9 ottobre 2014

LIFE - CAPITOLO N. 35

Capitolo n 35 – life



I giornalisti si precipitarono all’accettazione dell’ospedale, dopo avere letteralmente inseguito l’ambulanza con a bordo Geffen.

“Con lui, sotto shock, il nuovo marito, Robert Downey Jr, oltre ai paramedici ed un amico" – gracchiò la radio, sull’auto che stava conducendo Colin, con a bordo Jared, assistito da Brendan e Shannon.

“Tesoro come ti senti?” – domandò l’irlandese, controllando lo specchietto retrovisore interno.

“Meglio Cole … Guida tranquillo” – ed abbozzò un sorriso, mentre il fratello gli passava dell’acqua.

L’amico insieme a Glam era ovviamente Scott.


La sala operatoria era già pronta: Scott vi salì, con due colleghi, chiedendo a Downey di rimanere al triage del pronto soccorso, per non intralciare le manovre.

L’attore si guardò intorno, notando che i presenti lo stavano fissando: i rumori circostanti erano per lo più ovattati, le immagini un po’ sfocate: lui aveva addosso la camicia sporca di sangue, lo stesso, che gli imbrattava le mani.

Una sagoma si fece avanti, passando tra le altre, dopo essere giunta da un corridoio laterale, quello che partiva dai garage e portava sino a lì.

“Rob! Robert mio Dio”

“Jude …” – disse sommesso, poi più lucido – “Jude?!”

“Tesoro vieni via da qui, avanti!” – e, afferrandolo per le braccia, l’ex lo trascinò verso le toilette, senza esitare oltre, prima che i paparazzi facessero il loro dovere, di autentici avvoltoi.



Chris diede un bacio sulla tempia di Tom e tra i capelli della loro Luna, con tenerezza, dopo essersi tolto l’odiosa cravatta, che gli stava un incanto, sul completo blu, indossato alla cerimonia.

“Devo andare in centrale, per Miller … E’ in arresto ed abbiamo convocato anche il direttore della Mayer”

“Che brutto pasticcio” – sospirò il terapista, stringendo a sé la bimba, ancora spaventata, come il resto dei suoi cugini.

Purtroppo non c’era stato il tempo di allontanarli, risparmiando loro la scena dell’accoltellamento di zio Glam, adorato da tutti i bambini della sua famiglia.

“Dove sono Mark e Niall?”

“Là dentro, da qualche parte in questa reggia, Tommy … Tu vai a casa, dico a qualcuno di accompagnarti, se non ti va di guidare, ok?” – concluse dolce, per poi dargli un lungo bacio.



Kevin avvolse Tim, restando in piedi nella saletta di attesa, al quinto piano, in chirurgia d’urgenza.

Pamela aggiornava Antonio via telefono, mentre Phil e Xavier parlavano con Jared e Shannon.

Colin si era premurato di avvisare Jude, ma nessuno di loro lo sapeva.

“Dov’è finito Robert?” – gli chiese improvviso il bassista.

“Non ne ho idea, forse è su, con Glam …”

“Strano, penso sia vietato” – si intromise Derado – “Però potrebbe darsi che Scott abbia fatto un’eccezione” – aggiunse con un mezzo sorriso.

Kevin annuì, tornando a guardare amorevole Tim.

“Sei stanco?” – mormorò triste il ragazzo, facendo aderire le loro fronti.

“No Tim … Sono depresso, perché è un tormento continuo, un incubo senza fine per Glam, non lo trovo giusto” – e si commosse, quanto il resto degli astanti.



Fuori era quasi buio e nella sezione docce si attivarono le luci di emergenza, diffondendo un riverbero azzurrognolo.

“Aspetta Rob”

“No, non accendere …” – disse mesto l’americano, appoggiato di traverso alle piastrelle, tra i lavabo.

“Stai tremando cerco una coperta”

“No … No, resta qui … Vorrei lavarmi e” – iniziò a singhiozzare, accartocciato, contro quel muro di ceramica bianco latte.

Law gli tolse delicatamente la casacca, poi slacciò la cintura ed i pantaloni neri, liberandolo con calma anche dei calzini e delle scarpe firmate.

Downey si aggrappò a lui, restando in boxer aderenti, sul corpo tremante: se li sfilò, quasi inciampandoci, ma non voleva avere nulla sulla pelle, se non l’abbraccio confortevole di Jude, che, come smarrito, lo stava portando sotto ai getti caldi, restando completamente vestito.

Come quando si erano incontrati al loft di Taylor.

Scalciò via unicamente le infradito, mentre reggeva Robert per la vita magra, fissandolo, sconvolto da quel momento, quanto lui.

Si baciarono, piangendo, con una disperazione lacerante negli sguardi.

Le mani di Downey si infilarono sotto al maglione in filo, tinta corda, che Law portava sopra ai pantaloni larghi, in lino avorio, senza intimo.

I suoi vestiti, inzuppati, sembrarono polverizzarsi, per poi ricadere fuori dal box, in cristallo ambrato.

Abbracciati e tesi, si incastrarono, ben oltre le loro bocche, ancora sigillate, forse per non dirsi nulla.

Robert si girò improvviso, dando la schiena a Jude, che lo strinse ancora più forte, continuando a baciargli il collo, le scapole, la spina dorsale, percorsa da mille brividi.

Quindi lo fece roteare verso di sé nuovamente, per insaponargli il petto, l’addome, le dita, facendo scivolare via, in rigagnoli rosso fuoco, il ricordo tangibile di quella disgrazia, accorsa a Geffen.

Così fecero anche loro, cadendo fluidi sopra ai vestiti raffazzonati e sparsi sul pavimento, senza mai distaccarsi, pelle contro pelle, i sessi turgidi e pronti ad esplodere, anche con un’unica carezza.

Fecero l’amore, senza guardarsi, Rob affondato nel collo di Jude e Jude sprofondato in lui, tra le sue gambe, a palpebre serrate, perché quello doveva essere un sogno e null’altro, pensò, in quella serata di pura follia.



Ruffalo gli preparò un bagno caldo, provando a somministrargli un blando sedativo, ma Niall lo rifiutò.

“Ho bisogno di te … Non di inutili pastiglie Mark …” – gli disse il ragazzino, ancora appeso a lui, mentre l’uomo lo faceva stendere sopra al letto, della camera destinata a loro.

“Sì, lo so piccolo, lo so, ma hai avuto un trauma e”

Horan lo baciò, tenendolo sopra di sé, con insistente ed innocente caparbietà.

Mark gli sorrise tenero, ma il contatto era voluttuoso ed acerbo, terribilmente eccitante.

L’infermiere armeggiò con la propria lampo, convulsamente, mentre la sua bocca si perdeva in quella di Niall, che lo aiutò a calarsi appena i jeans ed il resto.

“Niall …” – inspirò sconvolto, trovandolo già pronto a riceverlo.

“Ho giocato con il gel, mentre cercavi gli asciugamani” – gli sorrise, istigando in lui una maggiore, morbosa, attrazione.

Horan voleva solo annullare quella sensazione orribile, che gli attanagliava la gola, provata, mentre era in balia di Matt Miller.

Null’altro, abbandonandosi al proprio amante, più maturo, ma assai più fragile di lui, in quell’istante.




Scott chiuse la porta a chiave, appoggiando la faccia al vetro, dal quale i visitatori avrebbero potuto vedere Glam, una volta che lo specialista avesse aperto le veneziane.

Sembrava esausto.

Il soffitto era verde mela e Geffen lo stava guardando.
Adesso.

L’ossigeno fluiva nel suo naso, con la sensazione di spandersi ovunque, nel suo corpo robusto.

“Tu chi sei …?” – esordì il diagnosta, sommesso, senza voltarsi affatto, ma ad occhi aperti, ora, su quella lastra trasparente, che rifletteva il suo viso attonito.

Glam lo scrutò, a quel punto, ergendosi lento e notando di non avere flebo o sensori, ma solo un camice, aperto sul davanti, slacciato per metà.

Sfiorò i bendaggi, apposti sul suo fianco sinistro e poi si concentrò su Scott, in attesa di una risposta da lui.

“Ehi, ma … Che stai dicendo?”

La sua voce era nitida e non aveva assolutamente capogiri.

Scott sembrò piombare su di lui, all’improvviso, come esasperato.

“Tu chi sei?!!” – gli gridò, strappandogli l’enorme cerotto garzato, con veemenza inspiegabile, quanto il suo quesito.

Geffen, sconcertato, controllò il punto, in cui era stato trafitto da Matt.

Nessuna ferita.
Nessuna cicatrice.

I tessuti erano integri, puliti.

Nessun dolore.


“Mi spieghi come è possibile tutto questo, Glam?!” – e scoppiò a piangere, per la tensione e, presumibilmente, la paura di avere un chiarimento.

Geffen si alzò, solido.

“Ma tu pensi che io sia … un demonio, forse?? Cosa ti prende, Scott, io sono Glam!!” – esclamò, stritolandogli le braccia.

“Ti aveva quasi ucciso … Mio Dio …” – e lo abbracciò, frastornato.

“Scotty io non so darti alcuna ragione logica per questa … questa cosa … Te lo giuro sui miei figli” – e lo fissò.

“I tuoi figli … Lula … Lula ed il suo potere … L’ha trasmesso a te …” – replicò alienato.

“Lula …? Lui non si è palesato, non l’ho sentito nemmeno questa volta … Lula è … è andato via, non so più come dirvelo” – bissò affranto, le iridi lucide – “Anche se Peter mi ha parlato di un angelo custode … Che lo ha avvertito del pericolo, una presenza, che Kevin è riuscito a percepire, quando eravamo in Svizzera, ma io non gli ho creduto”

Scott annuì – “Mentre provavo a suturarti, i tuoi vasi sanguigni, l’epidermide, tutto insomma, lavorava per conto suo … Non ho mai visto nulla di simile, pensavo di essere sotto l’effetto di un’allucinazione ed ho provveduto a nascondere ogni dettaglio, senza destare sospetti nei miei collaboratori, però ora … Ora dovrò inventarmi qualcosa, anche con i cronisti, che sollecitano un bollettino sulle tue condizioni Glam” – rivelò, ritrovando anche una minima calma.

“Ti ringrazio Scotty …” – e sorrise – “… Mi cercheresti Rob? Sarà distrutto da questa esperienza, almeno quanto il sottoscritto”

“Sì, certo, ma tu torna a stenderti, hai perso del sangue, ripristinato da una trasfusione, mentre eri sotto ai ferri … E sarà opportuno sistemare la medicazione, poi penseremo al da farsi … anche con”

“Non voglio bugie” – sbottò fermo – “Io dirò la verità a Robert ed a chi mi vuole bene, ok?”




Colin arrivò ai distributori automatici, cercando qualche dollaro spicciolo nelle tasche del giubbotto in tela verde militare, rubata a Jared.

“Ti serve qualcosa?”

La voce di Taylor era gentile e triste.

“Ehi ciao … Ma cosa ci fai tu qui?” – Farrell gli sorrise, abbracciandolo.

“Ero … Ero con Jude, ma è una lunga storia”

“Con Jude?”

“Sì, dopo la tua telefonata, mi ha chiesto un passaggio sino a qui … Eravamo da me”

“Sì, ok … Ok, ma stai bene, Taylor?”

“Vorrei solo andarmene” – e sorrise impacciato.

“Io dovrei prendere una t-shirt, da questo aggeggio, le vedi? Che taglia avrà Robert? Me l’ha chiesta Jude via sms”

“Penso una media, è molto asciutto … Credo …”

“Sì, hai ragione … Fatto, vediamo se la sputa fuori” – e rise imbarazzato.

“Ok, io vado, diglielo tu a Jude” – e tirò su dal naso, facendo un passo indietro.

“Lo farò … Tu cerca di stare bene, ok? Ti chiamo … domani, ok?”

“Sì Colin, è stato bello vederti, anche se in queste circostanze … Fai gli auguri anche a Glam, appena lo vedi, d’accordo?”

“Sì, come vuoi … Ciao Taylor” – e corse via, alla ricerca del suo UK buddy.














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