giovedì 16 ottobre 2014

LIFE - CAPITOLO N. 38

Capitolo n. 38 – life



Le carezze di Geffen, sotto la doccia, erano un rimescolio di lascivia ed appartenenza pure.

Robert non voleva perdere nessuna delle sue attenzioni, dei baci infuocati, che quell’uomo, tornato indietro, a lui, da un destino segnato, gli donava incondizionatamente.

Per la prima, assoluta, volta, senza più fantasmi, senza più Jared, né Kevin, né nessuno: Downey ne era certo.



Taylor parcheggiò nei pressi di una caletta deserta, dove un tempo, con gli amici, andava a fare festa, senza pensieri.

La spiaggia era illuminata già da qualche fiaccola: qualcuno avrebbe festeggiato una ricorrenza, forse un compleanno.


“Facciamo due passi Jude?” – propose il giovane, senza guardarlo, stringendo il volante.

“Sì, come vuoi …”

“Non mi aspettavo il tuo messaggio, sai?” – e lo fissò di colpo, con un mezzo sorriso, poco convinto.


Scesero.


“Non mi sembrava giusto … Esserci salutati in quel modo, ecco” – anche l’inglese abbozzò un sorriso, senza riuscire a togliersi dalla testa il volto di Robert, affondato nel proprio collo, mentre gli faceva l’amore e poi lo baciava, senza più sapere neppure dove si trovassero realmente.


“In quale modo?” – Taylor rise, iniziando a camminare.

Law gli si affiancò – “Mi hai scaricato, in pratica”

“Non avevo alternative” – inspirò, mani in tasca, sguardo verso il tramonto inoltrato.

“C’è sempre un’alternativa, te lo posso assicurare”

Taylor si bloccò, scrutandolo serio – “Davvero? E quale? Andare avanti a scopare, nell’attesa che il tuo ex ti perdoni o che io trovi di meglio da fare?”

Jude si morse le labbra sottili e ben disegnate – “Non posso eccepire nemmeno una delle tue considerazioni: sono fregato” – e scrollò le spalle, con un tono simpatico, mettendosi anche lui le mani in tasca.

“Ok …” – mormorò incerto il ragazzo.

“Ok” – bissò guardandolo Law, con un’espressione quanto meno buffa.

Lui sapeva essere irresistibile e coinvolgente: come amico sarebbe stato uno spasso, pensò Kitsch, come compagno una delusione perenne.

Un pensiero che si accartocciò a metà, appena Jude gli diede un bacio, che Taylor esitò per un istante a ricambiare, per poi cedere, senza difese, a quell’attacco, più che ambito, quasi agognato.




Chris scrollò il capo, con stanchezza ed irritazione.

La telefonata di Ruffalo stava prendendo una piega imprevista.

“Quindi nessuna denuncia da parte vostra? Niall si rifiuta? Ma date i numeri?” – Hemsworth si scaldò.

“No, non ne vuole sapere e, considerate le condizioni di Matt, sarebbe dannoso rinchiuderlo in un carcere” – obiettò l’infermiere, senza peraltro riuscire a nascondere la propria inquietudine.

“Forse non vi rendete conto della sua pericolosità … Ha un complice, ne sono persuaso da molti indizi, quindi la faccenda è assai più complicata!”

“Un complice? … Ma è impossibile … Credo”

“Senti Mark, posso darti del tu?”

“Certo”

“Bene, allora accantona il quadro psicologico, perché c’è in ballo ben altro”

“Francamente non ho idea di chi possa avere aiutato Matt, però, riflettendoci, esiste un fattore, che può confermare la tua teoria”

“E quale, sentiamo?!”

Ruffalo prese fiato – “I soldi … Geffen, quando ci spedì a Parigi, mise a nostra disposizione una somma ingente, circa mezzo milione di dollari, ma, non avendo problemi economici, non volli toccare quel denaro, non ne avevamo affatto bisogno, però non ci fu il tempo di discuterne con Glam e Matt se li portò in Francia, grazie ad uno scomparto segreto del suo bagaglio a mano” – rivelò assorto.

“E tu non sai che fine abbia fatto questo tesoro in contanti?” – ribatté brusco il tenente.

“Francamente me ne dimenticai, del resto c’era la sua biancheria in quella valigia, quando lasciammo l’Europa: per me fu ovvio sistemargli il trolley in camera, appena lo ricoverammo di nuovo alla Mayer”

“Quindi non ci resta che analizzare i video della sorveglianza, magari qualche inserviente si è lasciato corrompere, nulla di più ovvio” – ringhiò Chris.

“Se perquisite il suo alloggio, troverete i soldi e magari qualche traccia …”

“Sì Mark, lo faremo nelle prossime ore. Domani sentirò Geffen e gli chiederò se almeno lui vorrà mandare in gattabuia questo psicopatico … Nel frattempo Miller torna in clinica: ho qui Houser, che ha mosso un paio di senatori, in favore del suo protetto, del resto non dimentichiamoci che era figlio del giudice Miller, un’istituzione a Los Angeles … Ed il mio capo, me l’ha ordinato senza troppi giri di parole, te lo garantisco”

“A me questa cosa non piace … Che ne pensi di chiamare Glam, subito?”

“No, lasciamolo in pace, è stato appena dimesso, non voglio importunarlo, né lui e tanto meno Robert … Meritano un po’ di pace, non credi?”




Il profumo della pelle di Robert, gli dava persino le vertigini.
Accoccolato sul suo petto, Glam non riusciva ancora a realizzare a pieno, ciò che era accaduto negli ultimi giorni.

Si erano sposati ed ora vivevano in una nuova casa, con il loro bambino, non ancora adottato legalmente ed in via definitiva.

Un dettaglio senza importanza, che avrebbero perfezionato al più presto.

“Tesoro sei stanco?” – chiese improvviso l’attore, sfiorando i capelli rasati del consorte, che sorrise.

“Assolutamente no … Dovremmo farci portare la cena e controllare se Pepe ha già mangiato” – e si sollevò, per poi appoggiarsi sui gomiti, a pancia in giù, ad ammirare Robert.

“Ti amo Glam”
I suoi carboni tremarono, nel riverbero di alcune candele accese.
“Anch’io … Ed è incredibile essere arrivati qui, se penso ai mesi scorsi, sai?”
“E tu non pensarci … Non più, non serve, perché ci siamo ritrovati, nel migliore dei modi, non credi?”

“Sì Rob … C’è qualcosa che cambieresti? Sii sincero, come sempre” – chiese affettuoso e limpido.

“No. Nulla. Nulla Glam, davvero” – e gli si asciugò la gola.

“Nemmeno io” – sorrise felice, alzandosi – “Spero solo di avere ancora un segno, da Lula, non posso negarlo”

“Sì, è … E’ naturale, amore …”

Geffen si fermò sulla soglia, dopo avere indossato un paio di boxer ed una tuta grigio antracite.

“In ogni caso … Non voglio vivere nel passato, Robert: lo trovo … ingiusto, anche per Peter”

“Tu hai il diritto di volere ancora Lula, nella tua vita … Nelle nostre vite Glam” – ed anche lui si levò, da quel giaciglio lussuoso e tiepido.

“Voglio l’impossibile …” – inspirò – “Del resto non cambierò mai” – e se ne andò.



Brendan gli lanciò un occhiata perplessa, lisciandosi i baffi.

“Che c’è?” – domandò Mark.

“Sai, ho anch’io un compagno più … acerbo, così che ogni tanto mi spingo oltre quel limite ultra protettivo, che, a mio modesto parere, non è del tutto sano, all’interno di un rapporto di coppia” – replicò calmo, restando appoggiato alla tappezzeria.

Ruffalo inarcò un sopracciglio.

“So che Niall non è mio figlio” – sbottò serio.

“Lo sappiamo tutti” – Laurie sorrise – “Ciò non toglie che dovresti nel novantotto per cento dei casi, essere un amante, anzi un amato, non un padre, come prima, quando gli ho dovuto fare io un’iniezione, mentre tu lo consolavi, come se Niall avesse tre anni ed io fossi il lupo cattivo”

Si fissarono.

Quindi risero.

Ruffalo era di buon carattere e Brendan era praticamente un collega.

“Ok, ok” – Mark si passò le mani tra i capelli – “Però sto gestendo una situazione delicata, provando un senso di colpa verso Matt, non posso nascondermi dietro ad un dito” – confessò onesto.

“Ne usciremo in qualche modo, la giustizia farà il suo corso, mi auguro, però prendi atto di una realtà pesante: Matt non è più una vittima, la sua pericolosità è ormai assodata, perché era lui, nel parco, a minacciare Niall, non il suo alter ego Alexander”

“Lo so Brendan … Lo so.”



Chris non riusciva a crederci.
La chiamata del sergente Loan, però, non lasciava margini di dubbio.

Il furgone blindato, che trasportava Miller alla Mayer, era stato speronato dalla motrice di un camion, senza targa, alla cui guida i pochi testimoni terrorizzati, avevano visto un tizio incappucciato e non identificabile.

“Qualcuno riesce a descriverlo meglio?! Ed ha preso Matt, l’ha liberato?!!” – domandò concitato il tenente.

Loan diede piena conferma ad ogni suo quesito.

Matt Miller era ora in fuga con uno sconosciuto, non meno pericoloso di lui.

“Miseria schifosa …” – mormorò il compagno di Tom, crollando sulla poltrona, alla propria scrivania, mentre riattaccava.

Gli agenti alla guida del mezzo di sicurezza erano rimasti lievemente feriti.

L’unica buona notizia di quella giornata, che sembrava non volere finire mai.




Il fetore di legno marcio gli intossicò le narici.

Matt si svegliò di soprassalto, rendendosi presto conto di essere stato ammanettato alle sbarre della testata, di una branda lurida, quanto il pavimento ed i muri, scrostati e decadenti.

Sembrava una baracca, la luce era fioca e proveniva da una stanza adiacente quella dov’era stato fatto, presumibilmente, prigioniero.

“Ho sete …” – disse in un soffio – “Ho sete … HO SETE!!!”

Miller tirò fuori tutto il fiato, che aveva nel petto, così la paura, con la speranza che quello fosse solo uno dei suoi molteplici incubi.

Sbagliava.

I passi sulle tavole sembrarono muoversi lenti, a pochi metri da lui.

Quindi un secondo rumore, forse lo sportello di un frigorifero, poi un’imprecazione, masticata e sputata, da chi gli stava portando una bottiglietta d’acqua.

“Taci almeno, sei un coglione e mi hai rotto il cazzo!!”

Gli occhi di Dimitri erano taglienti.

I suoi capelli, lisci e disordinati, incorniciavano il suo viso da mercenario, mai redendo.


“Perché mi hai legato così?!!” – domandò esasperato Miller.

“Perché non mi fido di te” – e ridacchiò sarcastico, piazzandosi su di una sedia in vimini, sfilacciata e sporca, come tutto il resto attorno a loro.

“Non ne posso più …”

“Figurati io! Da quando mi sono ficcato in questo casino, con quelli! Maledette scommesse, maledetto me …” – biascicò assorto, tirando fuori dalla casacca, una bottiglietta di vodka.

“Credevo fossi mio amico … Ti ho pagato a peso d’oro perché mi liberassi”

“I patti non erano questi e lo sai Matt” – bissò esausto.

“Sì, ma io che centro con loro?? Con quelli??!!”

“TU dovevi fare fuori il moccioso, non era tanto difficile!! Invece te la sei presa con quel finocchio, che il tuo ex si sbatte nei migliori resort della costa!!”

“L’avrei fatto … Ma perché non ci hai pensato tu, maledizione Dimitri!?”

“Io non uccido i bambini … Porta sfortuna e sono già abbastanza rognato … Guarda con chi ho a che fare” – e rise isterico.

“A me non importava … Avrei fatto di tutto per non entrare più in un manicomio, tu non sai cosa succede lì dentro …” – disse allucinato.

“In compenso so cosa succederà a noi, se non faremo fuori il figlio di Geffen”

“Spiegami almeno se è una vendetta, vorrei capirlo, non gli è bastato uccidere Lula?”

“Non si tratta di questo … Loro non mi hanno dato spiegazioni, però nessuna vendetta, ho sentito delle voci in giro …”

“Ad Haiti?”

“Non sono affari tuoi”

La suoneria di un cellulare interruppe la conversazione.

Dimitri rispose, spostandosi all’esterno, ma abbastanza vicino, affinché Matt origliasse.


“Cosa diavolo vi inventate, ora? … Come sarebbe contrordine?! Ok, ok, ma che me ne faccio di lui e come procedo per il resto?? D’accordo, ci vediamo a … sì, sì, ho capito!” – e chiuse, bofonchiando un aspro – “Fanculo …”



Matt se lo ritrovò davanti, un secondo dopo.

“Vuoi … Vuoi farmi fuori …? Mio Dio” – balbettò, ma Dimitri scosse il capo sudato.

“No, tu servi ancora. Sei fortunato, non credi?”




 VIGGO MORTENSEN è DIMITRI. TORNA IL MERCENARIO DI HAITI ;-)


 TAYLOR





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