Capitolo n. 32 – life
Una lunga doccia
sembrò riportarlo ad una lucida sobrietà.
Jude si specchiò,
spargendo del dopo barba in crema, sul volto non del tutto devastato dalle
ultime ore di eccessi, lisciandosi le guance un paio di volte, ad occhi chiusi
e depressi.
Prese poi il
cellulare ed inviò un sms, che gli frullava in testa da un paio d’ore.
Taylor era sceso a
prendere qualcosa per cena, anche per non urtare oltre, il proprio insofferente
coinquilino.
Tra loro, a parte il
sesso, sembrava non funzionare niente.
Downey raccolse le
bambole di Diamond e Camilla, notando che le bimbe stavano giocando con Peter
ed i gemelli di Geffen, in terrazza con Pamela.
Erano a villa Meliti
e le figlie di Robert sembravano avere compreso le ragioni della separazione
dei genitori.
Camilla aveva
affrontato il padre con un discorso molto nitido ed affettuoso.
Dady aveva disegnato ciò
che pensava, esprimendo poi a voce, il proprio amore anche a Glam, zio Glam,
che sia lei che la sorellina, adoravano da sempre.
L’attore ne rimase
piacevolmente stupito, anche se aveva affrontato certi discorsi con loro, già
al momento della separazione da Law.
Quando il moro lesse
il suo messaggio, ebbe un tremito.
“Glam, devo sbrigare
un paio di cose, ci vediamo a … Dove ci vediamo, a proposito, per questa
notte?” – e sorrise incantevole.
“Torna qui, direi che
è l’ideale, così siamo già sul posto, domattina … Che ne pensi, amore?” – e lo
baciò, distante da sguardi indiscreti.
Harry gli porse una
dalia arancione, accompagnandola con un sommesso – “Scusami Boo …”
Louis lo guardò, il
respiro un po’ corto: quel gesto lo stava emozionando, così come il profumo
degli zigomi di Styles, che ben presto sfiorarono i suoi, timidamente.
Da un chiosco poco
distante, un vecchio juke box rimandava il suono un po’ ridondante, di alcuni
successi anni ottanta.
La spiaggia era ormai
deserta, a parte loro.
Petra era andata dal
nonno, con Vincent, su piena approvazione di Harry, che gli aveva chiesto
perdono, dopo avere saltato almeno tre, dei suoi inviti, sempre gentili ed
affettuosi.
Lux lo aveva
abbracciato con tenerezza.
La stessa, che ora,
Harry metteva, nello stringere a sé Louis, dondolandosi lieve con lui – “Me lo
concedi questo ballo, amore?” – chiese con le iridi lucide e pulite.
Tomlinson annuì, le
farfalle nello stomaco.
C’era solo lui, al
mondo, in quell’imbrunire, in quel preciso istante.
Un maglioncino di
cotone, tinta corda, su pantaloni avorio, in lino, abiti comodi sulla pelle
nuda e dorata, le infradito e nient’altro, se non il suo volto pulito ed
intenso, fermo verso l’orizzonte.
Downey lo guardò,
per un lungo attimo, prima di uscire in terrazza, dove Jude stava seduto sopra
una panca in legno bianco.
Identica a quella
che anche lui aveva al loft, fronte oceano, appena lasciato, in vista del
trasferimento alla nuova villa di Malibu, acquistata con Geffen.
Law si accorse di
lui e gli sorrise, senza muoversi.
Si stavano
contemplando a vicenda, con una serenità inconsueta e stranamente ritrovata, da
qualche parte, nei loro cuori, così provati dagli ultimi litigi.
“Ciao Jude … Era
aperto e”
“Hai fatto bene,
accomodati … se vuoi” – replicò gentile ed ogni gesto, ogni sua parola,
sarebbero stati in quel modo, durante quell’incontro a sorpresa con l’ex.
L’americano prese
posto al suo fianco, unendosi a lui, nel rivolgere lo sguardo verso il mare.
C’era quiete, dopo
una giornata di sole, sulla costa californiana.
Era agosto, una
miriade di turisti ovunque, anche un po’ di falsa allegria, dai cartelloni pubblicitari.
I neon degli stessi
si stavano accendendo a catena, creando un effetto luna park, piuttosto
divertente.
Il chiasso dal
boulevard, il traffico, Los Angeles non cambiava mai.
“La foto del ragazzo
sulla mensola dell’ingresso … E’ molto bello” – esordì Downey, con pacatezza,
immobile, ma tranquillo.
“Si chiama Taylor,
dovresti conoscerlo, ha lavorato con Phil e Colin”
“Già, ecco dove l’avevo
visto … Taylor … Sì, Taylor”
“E’ un po’ sbandato,
come me …” – rise piano, quasi timido, abbassando il capo stempiato e rasato.
Era in ordine, dopo
tanto disordine.
Law portava ancora
le fedi, quella di nozze e del rinnovo delle promesse.
Robert unicamente la
vera dei Mars, che tanto era piaciuta a Jared, come scelta.
Il cantante glielo
disse durante il party di Antonio, quando Downey andò a salutarlo, colpito dal
suo candore, da una saggezza consapevole, nell’accogliere la notizia del suo
matrimonio con Geffen.
“State insieme,
Jude?” – e lo guardò.
“Non lo so Rob … Non
so bene ciò che faccio, ti importa?” – e tirò su dal naso, arricciandolo
appena, mentre lo fissava a propria volta, adesso.
“A me importa che tu
sia felice”
“Lo vorrei, ma non
ci sono mai riuscito davvero, se non con te” – bissò triste, ma con un sorriso
sincero.
“Abbiamo sprecato
tanto … di noi”
“Lo so Robert” – ed annuì,
come a rimarcare quella considerazione, mordendosi le labbra.
“Avremo ancora tanto
da condividere, comunque, per le bimbe e”
“Lo so” – lo interruppe,
ma con educazione, prendendogli delicatamente la mano sinistra, con la propria.
Si alzarono, lenti,
mettendosi speculari, non senza provare un brivido intenso ed identico.
Una lacrima stillò
dai carboni liquidi di Robert e si unì a quella, che segno il profilo di Jude,
ora incastrato in quello del compagno di una vita.
Del suo amore.
L’unico.
Vero.
Si baciarono, con
timore, senza eccedere, con sconfinata tenerezza.
“Ti amo Robert …” –
e non si separò da lui, dal suo viso, così bello, non ancora.
“Anch’io Jude …” –
mormorò in crisi di ossigeno e di pensieri.
“Per domani, volevo
farti … i miei auguri … sul serio” – balbettò, staccandosi, tenendolo ancora
per le mani.
Downey lo strinse
forte a sé d’impeto.
“Grazie Jude”
“Tornerai …? Qui o …
dove sarò” – ripresero a guardarsi, su quella domanda dell’inglese, che accennò
un sorriso.
“Io tornerò sempre
da te”
Un rumore li
distrasse e sciolse il loro intreccio.
Taylor era arrivato,
fermandosi composto sulla soglia.
“Buonasera … Se
volete vi lascio soli e” – disse, con un filo di voce, il giovane.
“No, no, ciao Taylor”
– lo salutò Robert, con dolcezza, lasciando andare Jude, non senza dargli una
carezza sul fianco – “Stavo per andarmene …” – e lo scrutò intenso.
“Ok …”
“Comunque vada,
abbiate cura di voi” – aggiunse l’artista, prima di scivolare via, senza che
Jude disse una sola parola, se non un
“Arrivederci Rob.”
Le tavole di quel
ricovero attrezzi, pungevano attraverso la t-shirt dei Queen, ma a Louis non
importava.
Gli importava solo di
Harry, che lo teneva lì contro, sollevandolo per le cosce magre, risalendo in
lui, mentre lo baciava, inchiodato alla sua bocca, dalle braccia di Boo, incrociate
dietro la propria nuca.
“Ti amo … Ti amo
tanto Louis”
Piangevano e
sorridevano, tornando a baciarsi e poi ad ammirarsi, felici, godendo più del
loro ritrovarsi, che di quell’amplesso meraviglioso.
Poi ogni cosa si
calmò ed il tempo rimase appeso alle ultime note di quel brano struggente, come
il respiro di Styles, mescolato al suo, che non avrebbe più voluto uscire di
lì.
Tutto poteva
attendere, ma non il loro futuro.
I loro progetti.
Volevano ricominciare
ed il punto di partenza era stato fissato, in quel frammento di tempo, così
profondo, di appartenenza e solidarietà, di fiducia.
Erano nuovamente
complici.
Più che mai.
Payne non rispose
alle numerose chiamate di Zayn.
Questi, decise
infine di tornare all’appartamento, sperando di trovarci anche il fidanzato, ma
scoprì esclusivamente l’armadio vuoto, dalla parte di Liam, così come erano
spariti gli appunti ed il biglietto per l’Equador.
Malik ricompose il
numero, sconfortato, ma finalmente Li rispose.
“Dove sei?” – esordì
in piena agitazione il paleontologo.
“Non importa Zee …
Come ti senti?” – domandò stanco nel tono, un po’ roco.
“Malissimo senza di
te … Vengo a prenderti” – e stava per piangere.
“No, lascia stare …
E’ meglio così, staremo lontani per un po’, tu sai dove sto andando”
“Lo so, certo, ma
voglio parlarti, prima che tu vada via, ti prego Liam!”
“Stanno chiamando il
mio volo … Ho anticipato di qualche ora … Fai buon viaggio con tuo padre, ma
non salutarmelo, lui ci vuole separare, spero tu lo capisca Zee”
“Ma non è vero …” –
sbottò in lacrime, esausto, crollando sul parquet.
“Io so badare a me
stesso, non ho bisogno di droghe … Avevo bisogno di te, semmai, che … che mi
credessi”
“Ok, ti credo Liam e
ti chiedo scusa” – replicò, deglutendo amaro.
“No, mi spiace … E’
tardi, ma … Ma non per noi … Ti chiamo quando sono sul posto, non stare in pena
piccolo … Ti voglio bene Zayn” – e chiuse, spegnendo il telefono, mentre si
dirigeva svelto all’imbarco.
Robert posò le
chiavi dell’auto, sopra al cassettone, dove spiccavano decine di foto dei
nipotini di Meliti.
Quella di Pepe era posta
davanti al resto di cornici in argento massiccio, come quello che contornava
uno splendido primo piano di Lula, appeso al muro.
Geffen, amorevole ed
attento, lo cinse da dietro e Downey ebbe un lieve sussulto.
“Hai sistemato
tutto?” – domandò il legale, baciandolo caldo nel collo.
“Sì, Glam, credo di
sì …” – e roteò in suo favore, baciandolo.
Convinto.
“Tesoro adorato …” –
sospirò Geffen, segnando i suoi zigomi, con i pollici, per tornare poi a
baciarlo.
Fuori, nel buio, l’ultima
stella andava ad infiammarsi, bucando l’oscurità ed il cuore di qualcuno.
Nessun commento:
Posta un commento