mercoledì 22 ottobre 2014

LIFE .- CAPITOLO N. 42

Capitolo n. 42 – life



Lux lo rincorse sino ad una radura, poco fuori il campo base.

Zayn per poco non si schiantò contro un muro di roccia, sul quale incrociò le braccia, affondandoci il volto pieno di lacrime.

“Tesoro …”

L’affarista gli posò dolcemente i palmi caldi sulle scapole, percependole attraverso la t-shirt sottile, ma sempre ampia e comoda, che Malik amava indossare, rivelando il suo fisico asciutto e tatuato, attraverso ampi scolli, sotto le ascelle e sul petto glabro.

“Tesoro, adesso calmati …”

“Mi ha mentito su tutto … Su tutto Vincent!” – singhiozzò rabbiosamente, senza girarsi.

L’uomo lo raccolse, forzandolo ad aggrapparsi a lui, come in fondo piaceva a Zayn, quando erano una coppia.

“Sono argomenti delicati, però Liam te ne avrebbe parlato, ne sono certo” – gli disse con pacatezza, senza guardarlo, semplicemente cullandolo.

“Un figlio … Ha un figlio capisci? E non me lo ha detto, così come non mi ha detto che usa delle droghe per tirare avanti!” – sbottò fissandolo, ancora incastrato tra le ali asciutte, ma muscolose del francese.

Lux mantenne il proprio sorriso, fatto di comprensione per Payne ed affetto per Zayn.

“Avere un figlio non è una colpa, non credi?”

“Mai … Mai pensato” – balbettò Zee, tamponandosi le guance infiammate.

“E mi pare anche evidente, che non ci sia alcuna relazione tra lui e Monica, giusto?”

“Lei lo detesta, sembra … Ma forse ne è innamorata e reagisce così perché”

“Perché Liam ti ama, forse gliene ha parlato, magari quando li hai visti a Los Angeles, non pensi sia logica come supposizione?”

“Monica ha già un compagno” – obiettò, con gli occhi grandi, da cucciolo.

“Non mi sembra un granché, da come lo racconta il tuo fidanzato” – e rise giocoso.

“Il mio fidanzato …” – mormorò deluso – “… Il mio fidanzato, Vincent, sniffa cocaina o anche peggio”

“Non lo sappiamo davvero … TU devi incontrarlo e chiarire, non scappare via: bisogna combattere per ottenere dei risultati, anche se fossero una sconfitta. Almeno avrai una buona ragione per lamentarti, perché i rimpianti sono talmente inutili, che ti fanno sentire tale, senza scampo.”




Geffen si tolse la giacca, gettandola su una delle due poltroncine, nell’ufficio del capo della polizia.

Hemswort assisteva al loro vivace colloquio, dal principio.

“Le ripeto che non conoscevo questo tizio!” – sbottò il legale, tornando a stritolare la foto segnaletica dell’omicida di Cindy e Norman, i genitori naturali del suo Peter.

“Ma l’hummer, a cui era alla guida questo Suarez, appartiene al parco macchine, di quell’Ivan, della sua società di body guard, insomma!”

“Ivan non è al mio servizio e poi il tenente le ha già confermato che il mezzo è stato rubato la sera prima, c’è la denuncia!” – obiettò Glam.

“Senta Geffen, parliamoci chiaro, i sistemi che lei usa per ottenere ciò che vuole, sono tutto fuorché legittimi!”

“Ma lei scherza … Non avrei mai ucciso la mamma ed il papà di Pepe, glielo giuro sulla testa di mio figlio!!” – gli urlò in faccia, esasperato.

“Vorrei crederle … Anche se non ci sono prove schiaccianti, i miei sospetti rimangono ed indagherò a fondo!”

Chris manteneva il silenzio; del resto non aveva nulla da obiettare, con fatti concreti, che scagionassero Geffen da quelle accuse.

“Sa cosa può farsene dei suoi sospetti, vero? In compenso potrei denunciarla per calunnia” – lo minacciò acre l’avvocato, rimettendosi la giacca.

“Faccia pure Geffen, se mi vuole indurre a rimestare nel vespaio dei suoi precedenti faccia pure: il suo dossier è lungo quanto la muraglia cinese!” – ribatté l’altro, oltre modo alterato.

Glam se ne andò, senza concedere ulteriori repliche.




Jude si isolò in terrazza, aspettando l’arrivo di Downey.
L’ex gli aveva chiesto di vedersi al loro loft, anche se non era giorno di visita per l’affidamento congiunto delle bimbe.

“Ah sei qui”

“Rob … Ciao … Non ho molto tempo” – lo accolse gelido, incrociando le braccia, poco al di sopra dell’addome tremante e celato da una maglietta un po’ sgualcita.

Law aveva paura di lui, in un certo modo, che non riusciva ad elaborare e comprendere.

Così come non si spiegava il desiderio spasmodico di appartenergli, se solo Rob avesse voluto maltrattarlo anche quel pomeriggio.

“Il tempo lo dovrai trovare” – gli disse secco il moro, avvicinandosi.

Downey sembrava analizzare ogni dettaglio nell’inglese.

“Ti stai trascurando, sembri un barbone” – lo rimproverò infatti.

“Mi sono fatto una doccia ed ho preso degli abiti a caso, non devo andare ad una sfilata, dovevo solo incontrare te” – gli si oppose, con la salivazione azzerata ed il profumo di Robert già forte nelle narici.

Uno schiaffo fu la sua risposta, a quella battuta sfacciata, per la quale avrebbero entrambi riso, giusto l’anno precedente.


La reazione di Jude, al contrario, fu totalmente passiva.

Si lasciò strappare i vestiti, artigliare la nuca, farsi spingere giù in ginocchio e con il naso costretto sulla patta dei pantaloni eleganti di Downey, che si premurò di slacciarli, non senza irruenza.

“Ora fai quello che ti riesce meglio, eh Judsie? Quello che Taylor, quella puttanella, di sicuro non ti fa mancare, vero?” – gli ringhiò, assurdamente cattivo.

Un tempo quel nomignolo, Judsie, era un marchio d’amore, apposto ad ogni lettera, che Robert gli scriveva, lontano da lui ed impegnato su qualche set, dove Law non era stato ingaggiato.

Ora, con quella sfumatura intimidatoria, il vezzeggiativo attribuito a Jude, sapeva di sporco e di puro disprezzo, ogni volta Downey lo pronunciava.




Louis lo aspettò, nascosto dietro ad una colonna, nel corridoio, che portava alla facoltà di Medicina.

Niall arrivò sorridendo, al telefono con Ruffalo, che stava facendo la spesa al supermercato, per riempire il frigo del loro nuovo alloggio.

“Ok, la prossima volta ci sarà anch’io Mark” – e si fermò, davanti a Tomlinson, senza saperlo – “… Te l’ho detto a colazione, mi è dispiaciuto da matti, però la prima lezione … sì, sì, ok …” – e si intenerì, inclinando il capo, come se lo stesse appoggiando al petto villoso del compagno, così protettivo ed adorante, nei confronti di Horan.

Finalmente riattaccarono, pensò Boo, palesandosi come un folletto.

“Ehi ciao!”

“Louis …?! Ciao … Ma mi stavi cercando?”

“No, ero in agguato” – bissò simpatico.

Niall arricciò il naso, forse diffidente, ma non gli riusciva affatto con Louis.

Gli voleva bene e sarebbe stato così bello dirglielo.

“Ok, sono in trappola” – rise anche lui – “Sei tornato per la tesi? Riprendi gli studi?” – chiese con gentilezza.

“Può darsi … In effetti ne ho parlato con Harry ed anche con Brent, ma il lavoro non lo mollo, sia chiaro” – puntualizzò, iniziando a camminare al suo fianco.

“Fai bene, ci si sente realizzati, quando non sono altri a pagarti l’università”

“Tu non lo sei? Pensa a tutto Mark? A me non dispiacerebbe invece” – Boo snocciolò il concetto un po’ sbrigativo, come se volesse affrontare un discorso diverso.

“Diciamo che ognuno pensa per sé” – sorrise sincero – “Avevo ancora qualche risparmio e poi Glam mi ha dato dei soldi, un regalo del Natale scorso, quando era in punto di morte … Sì, insomma, sai come è fatto Geffen”

“Tu gli sei sempre piaciuto Niall … Come a noi, ad Haz, a me, ma soprattutto a Petra”

Le iridi di Horan ebbero un fremito.

“Adoro la vostra bambina … Lo riconosco” – e deglutì a vuoto, arrossendo.

“Perché lo hai fatto? Voglio discuterne adesso e poi mai più, perché sono felice con Harry, lo abbiamo superato, ma io non capirò mai la tua pugnalata alle spalle Niall” – affermò composto e per nulla litigioso.

“Forse ho perso la testa Boo … Harry è un principe, non dico di essere invidioso di te, ma ci stavo male, a vedere appunto la vostra felicità … Sono un essere umano, fatto di sbagli e di cose più apprezzabili … Almeno spero, a Petra sono piaciuto e lei era contenta di stare con me, quando le badavo … Era la mia sorellina …”

Louis pensò al passato di Horan ed alla suo gravissimo lutto, durante l’infanzia.

Si commosse, abbracciandolo spontaneo.

Niall provò una gioia immensa e si strinse a lui, riconoscente.

“Ok …” – Boo si asciugò una lacrima dispettosa, ricomponendosi – “… Io … Noi vi volevamo invitare a cena, a te e Mark, se vi va … diciamo domani?” – e sorrise bellissimo.

“Dio sì, sì Louis, non vedo l’ora!”




Jared si specchiò, contandosi le costole.

“Ci sono tutte?”

“Glam …? Da quanto tempo sei lì?”

Geffen sorrise, andando ad avvolgerlo, aiutandolo a rimettersi un pullover, un po’ pesante per la stagione autunnale, ormai agli albori.


“Diciamo abbastanza per fare il guardone di questo bel cantante” – e gli diede un bacio sulla fronte, appoggiandoci poi la guancia sinistra ispida.

“Ehi pungi!”

“Lo so … Lo diceva sempre Kevin … e Lula” – sospirò, senza staccarsi.

“Ed io, visto che mi stai bucando questa carta velina, che mi ritrovo al posto della pelle, da quando faccio le chemio” – scherzò, non senza che i suoi zaffiri si inondassero di rammarico.

Le cure erano giunte in una fase assai critica per il suo fisico esile.

“Ritornerai come prima Jay … anzi meglio di prima”

“Me lo prometti?” – inspirò, andando a cercarsi dei calzettoni in un cassetto della cabina armadio.

“Certo. L’ho sempre fatto”

“Allora dormirò più sereno stanotte …” – replicò fissandolo, un po’ incuriosito.

“Che c’è Jay?”

“Come mai sei passato? Credevo di non vedervi fino a domenica, con Robert, a pranzo dal nonno” – sorrise.

“Lo so, sono stato latitante, mi arrendo vostro onore” – ed alzò le mani – “… Il fatto è che me ne sono successe di tutti i colori”

In quel momento vennero raggiunti da Farrell.

“Colin” – Jared si illuminò, andandogli incontro od almeno provandoci.

“Aspetta amore, ecco qui, te l’ho portato apposta” – sorrise, porgendogli un deambulatore, con manubrio e freni – “Ciao Glam, come stai?”

“Guarda c’è anche il cestino per la spesa” – disse il leader dei Mars, brandendo saldamente il suo nuovo sostegno in acciaio e plastica colorata blu elettrico – “Sai, sono cascato diverse volte, anche giocando con i bimbi” – si lamentò, ma senza vittimismi.

“Tesoro mi dispiace …” – disse Geffen, osservandolo, con sofferenza.

“Devo tenere duro … Anche Cole ha iniziato le terapie, per la sua sieropositività e reagisce alla grande”

L’irlandese lo abbracciò teneramente – “Devo stare bene per aiutarti, come tu hai sempre fatto Jay” – e gli diede un bacio, di cui Glam fu geloso, ma senza rancore.




“Zayn … Da quando sei arrivato?!”

Il tono di Payne era tra lo stupito ed il contrariato.

I carboni di Malik, non gli concedevano alcuna possibilità di dire nuove bugie.

Uscendo dalle cucine, Liam ebbe la sensazione di intravedere Lux, ma pensò di avere avuto un’allucinazione, anche perché reduce da una bevuta con gli amici, direttamente sulla jeep, mentre rientrava all’accampamento verso l’alba.

Immaginare che sia lui che Zayn, avessero origliato la sua conversazione con Monica, fu inevitabile.

“Un figlio … Quando me lo avresti detto, eh Liam? Forse mai, come per la droga?”

“Stammi a sentire”

“Sì, lo vorrei davvero! Avere qualcosa, qualsiasi fottuta cosa, da ascoltare da parte tua!” – sbottò, contravvenendo all’iniziale proposito di mantenere la calma.

Payne si schiantò sulla seggiola logora, del suo pseudo ufficio.

Un manicomio di appunti, foto, tra monitor di ultima generazione, bricchi di caffè vuoti e piatti di plastica dimenticati, con avanzi di cibo e qualche mosca, pronta ad approfittare di quel disordine inaudito, per uno come lui.

“Ho iniziato con qualche spinello, tra colleghi, le solite cazzate da campus, sai?” – e sorrise mesto, mentre Malik si accomodava davanti a lui, le ginocchia speculari ed a pochi centimetri.

“Vai avanti …” – disse sommesso.

“Poi tre anni fa ho conosciuto Monica, era miss qualche cosa, oltre che una studentessa modello del mio stesso corso … Ci siamo frequentati lo stretto necessario, perché io capissi che non mi interessava affatto, mentre lei si stava innamorando di me”

“Lo credo, ti ha dato un figlio”

“Abbiamo …” – si morse le labbra – “Avremmo avuto due o tre rapporti, non di più e rimase incinta”

“Un po’ sprovveduti, per la vostra età e cultura, non credi?” – Zayn rise amaro.

“Lei me lo disse, che non prendeva precauzioni, per un problema di salute ed io …” – fece un lungo respiro – “Io non volli mettere entrambi al sicuro da gravidanze inattese”

“Tu volevi diventare padre”

Liam lo fissò, come spaurito – “Temo … Credo di sì, Zee, ma quando mi mostrò il test, risultato positivo e le analisi a conferma, del suo ginecologo, mi prese il panico”

“E la mollasti?”

“No, nemmeno se avessi voluto, perché ci si vedeva quasi ogni giorno, per cui raggiungemmo un accordo”

“Insomma dei soldi, per il mantenimento? Tutto qui?”

“Non ero in grado di offrirle nulla! Non ero attratto da lei, quando finivamo a letto, io pensavo ad un mio ex, cosa pretendi?” – e scattò in piedi.

Stava sudando parecchio.

“Sei in astinenza, Liam?” – ed anche lui si alzò, per sostenerlo, amorevole.

“Voglio smettere Zayn … Io non ne posso più … Non”

Malik lo baciò.
Di impulso.
Di forza.

Quella che a Payne era sempre mancata, nel subire le regole, lo stile di vita del padre, che ammirava e detestava, nonostante gli apparenti ottimi rapporti tra loro.

Ottimi solo perché Liam faceva ciò che il genitore voleva, senza mai andare fuori dai binari.

“Ho desiderato di cambiare, solo quando ti ho conosciuto Zee …” – gli ansimò nella bocca, disperato e felice, per averlo lì, per potersi finalmente confidare con lui – “E ti amo così tanto, così tanto piccolo mio”

Si baciarono nuovamente, annullandosi nel loro abbraccio caldo e totalizzante.

Vincent li intravide, attraverso una porta lasciata semi aperta.

Sorrise, pensando che i suoi cuccioli stavano facendo progressi: una e-mail di Boo, gli aveva appena confermato la riappacificazione con Niall.


Tutto andava bene, pensò, sotto il cielo dell’Equador, così come quello Californiano, che, come un’arancia vivida di sfumature cangianti, stava per calare sull’oceano, dove si intravedeva una tempesta, arrivare dall’orizzonte.











Nessun commento:

Posta un commento