Capitolo n. 42 – life
Lux lo rincorse sino
ad una radura, poco fuori il campo base.
Zayn per poco non si
schiantò contro un muro di roccia, sul quale incrociò le braccia, affondandoci
il volto pieno di lacrime.
“Tesoro …”
L’affarista gli posò
dolcemente i palmi caldi sulle scapole, percependole attraverso la t-shirt
sottile, ma sempre ampia e comoda, che Malik amava indossare, rivelando il suo
fisico asciutto e tatuato, attraverso ampi scolli, sotto le ascelle e sul petto
glabro.
“Tesoro, adesso
calmati …”
“Mi ha mentito su
tutto … Su tutto Vincent!” – singhiozzò rabbiosamente, senza girarsi.
L’uomo lo raccolse,
forzandolo ad aggrapparsi a lui, come in fondo piaceva a Zayn, quando erano una
coppia.
“Sono argomenti delicati,
però Liam te ne avrebbe parlato, ne sono certo” – gli disse con pacatezza,
senza guardarlo, semplicemente cullandolo.
“Un figlio … Ha un
figlio capisci? E non me lo ha detto, così come non mi ha detto che usa delle
droghe per tirare avanti!” – sbottò fissandolo, ancora incastrato tra le ali
asciutte, ma muscolose del francese.
Lux mantenne il
proprio sorriso, fatto di comprensione per Payne ed affetto per Zayn.
“Avere un figlio non
è una colpa, non credi?”
“Mai … Mai pensato” –
balbettò Zee, tamponandosi le guance infiammate.
“E mi pare anche
evidente, che non ci sia alcuna relazione tra lui e Monica, giusto?”
“Lei lo detesta,
sembra … Ma forse ne è innamorata e reagisce così perché”
“Perché Liam ti ama,
forse gliene ha parlato, magari quando li hai visti a Los Angeles, non pensi
sia logica come supposizione?”
“Monica ha già un
compagno” – obiettò, con gli occhi grandi, da cucciolo.
“Non mi sembra un
granché, da come lo racconta il tuo fidanzato” – e rise giocoso.
“Il mio fidanzato …” –
mormorò deluso – “… Il mio fidanzato, Vincent,
sniffa cocaina o anche peggio”
“Non lo sappiamo
davvero … TU devi incontrarlo e chiarire, non scappare via: bisogna combattere
per ottenere dei risultati, anche se fossero una sconfitta. Almeno avrai una
buona ragione per lamentarti, perché i rimpianti sono talmente inutili, che ti
fanno sentire tale, senza scampo.”
Geffen si tolse la
giacca, gettandola su una delle due poltroncine, nell’ufficio del capo della
polizia.
Hemswort assisteva al
loro vivace colloquio, dal principio.
“Le ripeto che non
conoscevo questo tizio!” – sbottò il legale, tornando a stritolare la foto
segnaletica dell’omicida di Cindy e Norman, i genitori naturali del suo Peter.
“Ma l’hummer, a cui
era alla guida questo Suarez, appartiene al parco macchine, di quell’Ivan, della
sua società di body guard, insomma!”
“Ivan non è al mio
servizio e poi il tenente le ha già confermato che il mezzo è stato rubato la
sera prima, c’è la denuncia!” – obiettò Glam.
“Senta Geffen,
parliamoci chiaro, i sistemi che lei usa per ottenere ciò che vuole, sono tutto
fuorché legittimi!”
“Ma lei scherza … Non
avrei mai ucciso la mamma ed il papà di Pepe, glielo giuro sulla testa di mio
figlio!!” – gli urlò in faccia, esasperato.
“Vorrei crederle …
Anche se non ci sono prove schiaccianti, i miei sospetti rimangono ed indagherò
a fondo!”
Chris manteneva il
silenzio; del resto non aveva nulla da obiettare, con fatti concreti, che
scagionassero Geffen da quelle accuse.
“Sa cosa può farsene
dei suoi sospetti, vero? In compenso potrei denunciarla per calunnia” – lo minacciò
acre l’avvocato, rimettendosi la giacca.
“Faccia pure Geffen,
se mi vuole indurre a rimestare nel vespaio dei suoi precedenti faccia pure: il
suo dossier è lungo quanto la muraglia cinese!” – ribatté l’altro, oltre modo
alterato.
Glam se ne andò,
senza concedere ulteriori repliche.
Jude si isolò in
terrazza, aspettando l’arrivo di Downey.
L’ex gli aveva
chiesto di vedersi al loro loft, anche se non era giorno di visita per l’affidamento
congiunto delle bimbe.
“Ah sei qui”
“Rob … Ciao … Non ho
molto tempo” – lo accolse gelido, incrociando le braccia, poco al di sopra dell’addome
tremante e celato da una maglietta un po’ sgualcita.
Law aveva paura di
lui, in un certo modo, che non riusciva ad elaborare e comprendere.
Così come non si
spiegava il desiderio spasmodico di appartenergli, se solo Rob avesse voluto
maltrattarlo anche quel pomeriggio.
“Il tempo lo dovrai
trovare” – gli disse secco il moro, avvicinandosi.
Downey sembrava
analizzare ogni dettaglio nell’inglese.
“Ti stai trascurando,
sembri un barbone” – lo rimproverò infatti.
“Mi sono fatto una
doccia ed ho preso degli abiti a caso, non devo andare ad una sfilata, dovevo
solo incontrare te” – gli si oppose, con la salivazione azzerata ed il profumo
di Robert già forte nelle narici.
Uno schiaffo fu la
sua risposta, a quella battuta sfacciata, per la quale avrebbero entrambi riso,
giusto l’anno precedente.
La reazione di Jude,
al contrario, fu totalmente passiva.
Si lasciò strappare i
vestiti, artigliare la nuca, farsi spingere giù in ginocchio e con il naso
costretto sulla patta dei pantaloni eleganti di Downey, che si premurò di slacciarli,
non senza irruenza.
“Ora fai quello che
ti riesce meglio, eh Judsie? Quello che Taylor, quella puttanella, di sicuro
non ti fa mancare, vero?” – gli ringhiò, assurdamente cattivo.
Un tempo quel
nomignolo, Judsie, era un marchio d’amore,
apposto ad ogni lettera, che Robert gli scriveva, lontano da lui ed impegnato
su qualche set, dove Law non era stato ingaggiato.
Ora, con quella
sfumatura intimidatoria, il vezzeggiativo attribuito a Jude, sapeva di sporco e
di puro disprezzo, ogni volta Downey lo pronunciava.
Louis lo aspettò,
nascosto dietro ad una colonna, nel corridoio, che portava alla facoltà di
Medicina.
Niall arrivò sorridendo,
al telefono con Ruffalo, che stava facendo la spesa al supermercato, per
riempire il frigo del loro nuovo alloggio.
“Ok, la prossima
volta ci sarà anch’io Mark” – e si fermò, davanti a Tomlinson, senza saperlo – “…
Te l’ho detto a colazione, mi è dispiaciuto da matti, però la prima lezione …
sì, sì, ok …” – e si intenerì, inclinando il capo, come se lo stesse
appoggiando al petto villoso del compagno, così protettivo ed adorante, nei
confronti di Horan.
Finalmente riattaccarono,
pensò Boo, palesandosi come un folletto.
“Ehi ciao!”
“Louis …?! Ciao … Ma
mi stavi cercando?”
“No, ero in agguato” –
bissò simpatico.
Niall arricciò il
naso, forse diffidente, ma non gli riusciva affatto con Louis.
Gli voleva bene e
sarebbe stato così bello dirglielo.
“Ok, sono in trappola”
– rise anche lui – “Sei tornato per la tesi? Riprendi gli studi?” – chiese con
gentilezza.
“Può darsi … In
effetti ne ho parlato con Harry ed anche con Brent, ma il lavoro non lo mollo,
sia chiaro” – puntualizzò, iniziando a camminare al suo fianco.
“Fai bene, ci si
sente realizzati, quando non sono altri a pagarti l’università”
“Tu non lo sei? Pensa
a tutto Mark? A me non dispiacerebbe invece” – Boo snocciolò il concetto un po’
sbrigativo, come se volesse affrontare un discorso diverso.
“Diciamo che ognuno
pensa per sé” – sorrise sincero – “Avevo ancora qualche risparmio e poi Glam mi
ha dato dei soldi, un regalo del Natale scorso, quando era in punto di morte …
Sì, insomma, sai come è fatto Geffen”
“Tu gli sei sempre
piaciuto Niall … Come a noi, ad Haz, a me, ma soprattutto a Petra”
Le iridi di Horan
ebbero un fremito.
“Adoro la vostra
bambina … Lo riconosco” – e deglutì a vuoto, arrossendo.
“Perché lo hai fatto?
Voglio discuterne adesso e poi mai più, perché sono felice con Harry, lo
abbiamo superato, ma io non capirò mai la tua pugnalata alle spalle Niall” –
affermò composto e per nulla litigioso.
“Forse ho perso la
testa Boo … Harry è un principe, non dico di essere invidioso di te, ma ci
stavo male, a vedere appunto la vostra felicità
… Sono un essere umano, fatto di sbagli e di cose più apprezzabili … Almeno
spero, a Petra sono piaciuto e lei era contenta di stare con me, quando le
badavo … Era la mia sorellina …”
Louis pensò al
passato di Horan ed alla suo gravissimo lutto, durante l’infanzia.
Si commosse,
abbracciandolo spontaneo.
Niall provò una gioia
immensa e si strinse a lui, riconoscente.
“Ok …” – Boo si
asciugò una lacrima dispettosa, ricomponendosi – “… Io … Noi vi volevamo
invitare a cena, a te e Mark, se vi va … diciamo domani?” – e sorrise
bellissimo.
“Dio sì, sì Louis,
non vedo l’ora!”
Jared si specchiò,
contandosi le costole.
“Ci sono tutte?”
“Glam …? Da quanto
tempo sei lì?”
Geffen sorrise,
andando ad avvolgerlo, aiutandolo a rimettersi un pullover, un po’ pesante per
la stagione autunnale, ormai agli albori.
“Diciamo abbastanza
per fare il guardone di questo bel cantante” – e gli diede un bacio sulla
fronte, appoggiandoci poi la guancia sinistra ispida.
“Ehi pungi!”
“Lo so … Lo diceva
sempre Kevin … e Lula” – sospirò, senza staccarsi.
“Ed io, visto che mi
stai bucando questa carta velina, che mi ritrovo al posto della pelle, da
quando faccio le chemio” – scherzò, non senza che i suoi zaffiri si inondassero
di rammarico.
Le cure erano giunte
in una fase assai critica per il suo fisico esile.
“Ritornerai come
prima Jay … anzi meglio di prima”
“Me lo prometti?” –
inspirò, andando a cercarsi dei calzettoni in un cassetto della cabina armadio.
“Certo. L’ho sempre
fatto”
“Allora dormirò più
sereno stanotte …” – replicò fissandolo, un po’ incuriosito.
“Che c’è Jay?”
“Come mai sei passato?
Credevo di non vedervi fino a domenica, con Robert, a pranzo dal nonno” –
sorrise.
“Lo so, sono stato
latitante, mi arrendo vostro onore” – ed alzò le mani – “… Il fatto è che me ne
sono successe di tutti i colori”
In quel momento
vennero raggiunti da Farrell.
“Colin” – Jared si
illuminò, andandogli incontro od almeno provandoci.
“Aspetta amore, ecco
qui, te l’ho portato apposta” – sorrise, porgendogli un deambulatore, con
manubrio e freni – “Ciao Glam, come stai?”
“Guarda c’è anche il
cestino per la spesa” – disse il leader dei Mars, brandendo saldamente il suo
nuovo sostegno in acciaio e plastica colorata blu elettrico – “Sai, sono
cascato diverse volte, anche giocando con i bimbi” – si lamentò, ma senza
vittimismi.
“Tesoro mi dispiace …”
– disse Geffen, osservandolo, con sofferenza.
“Devo tenere duro …
Anche Cole ha iniziato le terapie, per la sua sieropositività e reagisce alla
grande”
L’irlandese lo
abbracciò teneramente – “Devo stare bene per aiutarti, come tu hai sempre fatto
Jay” – e gli diede un bacio, di cui Glam fu geloso, ma senza rancore.
“Zayn … Da quando sei
arrivato?!”
Il tono di Payne era
tra lo stupito ed il contrariato.
I carboni di Malik,
non gli concedevano alcuna possibilità di dire nuove bugie.
Uscendo dalle cucine,
Liam ebbe la sensazione di intravedere Lux, ma pensò di avere avuto un’allucinazione,
anche perché reduce da una bevuta con gli amici, direttamente sulla jeep, mentre
rientrava all’accampamento verso l’alba.
Immaginare che sia
lui che Zayn, avessero origliato la sua conversazione con Monica, fu
inevitabile.
“Un figlio … Quando
me lo avresti detto, eh Liam? Forse mai, come per la droga?”
“Stammi a sentire”
“Sì, lo vorrei
davvero! Avere qualcosa, qualsiasi fottuta cosa, da ascoltare da parte tua!” –
sbottò, contravvenendo all’iniziale proposito di mantenere la calma.
Payne si schiantò
sulla seggiola logora, del suo pseudo ufficio.
Un manicomio di
appunti, foto, tra monitor di ultima generazione, bricchi di caffè vuoti e
piatti di plastica dimenticati, con avanzi di cibo e qualche mosca, pronta ad
approfittare di quel disordine inaudito, per uno come lui.
“Ho iniziato con
qualche spinello, tra colleghi, le solite cazzate da campus, sai?” – e sorrise
mesto, mentre Malik si accomodava davanti a lui, le ginocchia speculari ed a
pochi centimetri.
“Vai avanti …” –
disse sommesso.
“Poi tre anni fa ho
conosciuto Monica, era miss qualche cosa, oltre che una studentessa modello del
mio stesso corso … Ci siamo frequentati lo stretto necessario, perché io
capissi che non mi interessava affatto, mentre lei si stava innamorando di me”
“Lo credo, ti ha dato
un figlio”
“Abbiamo …” – si morse
le labbra – “Avremmo avuto due o tre rapporti, non di più e rimase incinta”
“Un po’ sprovveduti,
per la vostra età e cultura, non credi?” – Zayn rise amaro.
“Lei me lo disse, che
non prendeva precauzioni, per un problema di salute ed io …” – fece un lungo
respiro – “Io non volli mettere entrambi al sicuro da gravidanze inattese”
“Tu volevi diventare
padre”
Liam lo fissò, come
spaurito – “Temo … Credo di sì, Zee, ma quando mi mostrò il test, risultato
positivo e le analisi a conferma, del suo ginecologo, mi prese il panico”
“E la mollasti?”
“No, nemmeno se
avessi voluto, perché ci si vedeva quasi ogni giorno, per cui raggiungemmo un
accordo”
“Insomma dei soldi,
per il mantenimento? Tutto qui?”
“Non ero in grado di
offrirle nulla! Non ero attratto da lei, quando finivamo a letto, io pensavo ad
un mio ex, cosa pretendi?” – e scattò in piedi.
Stava sudando
parecchio.
“Sei in astinenza,
Liam?” – ed anche lui si alzò, per sostenerlo, amorevole.
“Voglio smettere Zayn
… Io non ne posso più … Non”
Malik lo baciò.
Di impulso.
Di forza.
Quella che a Payne
era sempre mancata, nel subire le regole, lo stile di vita del padre, che
ammirava e detestava, nonostante gli apparenti ottimi rapporti tra loro.
Ottimi solo perché Liam
faceva ciò che il genitore voleva, senza mai andare fuori dai binari.
“Ho desiderato di
cambiare, solo quando ti ho conosciuto Zee …” – gli ansimò nella bocca,
disperato e felice, per averlo lì, per potersi finalmente confidare con lui – “E
ti amo così tanto, così tanto piccolo mio”
Si baciarono
nuovamente, annullandosi nel loro abbraccio caldo e totalizzante.
Vincent li intravide,
attraverso una porta lasciata semi aperta.
Sorrise, pensando che
i suoi cuccioli stavano facendo progressi: una e-mail di Boo, gli aveva appena
confermato la riappacificazione con Niall.
Tutto andava bene,
pensò, sotto il cielo dell’Equador, così come quello Californiano, che, come un’arancia
vivida di sfumature cangianti, stava per calare sull’oceano, dove si
intravedeva una tempesta, arrivare dall’orizzonte.
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