giovedì 16 ottobre 2014

LIFE - CAPITOLO N. 39

Capitolo n. 39 – life



Law aggrottò la fronte spaziosa, appiccicandosi la cornetta all’orecchio sinistro.

“Il loft, intendo la nostra vecchia residenza, Jude, è il luogo più opportuno per l’incontro settimanale con le bambine”

Il tono di Downey era serio, ma velatamente perentorio.

L’inglese sentiva i battiti del proprio cuore, scalpitare nell’addome.

“Sì Robert … Io”

“Non voglio discutere su questo argomento” – lo tagliò deciso, versandosi del succo di ananas, dopo essere uscito in veranda per la colazione, all’ultimo piano della residenza di Malibu.

“D’accordo, non mi lasci alternative, ma io credevo preferissi la villa di Antonio” – replicò a bassa voce.

“Perché bisbigli?”

“Sono da Taylor” – e deglutì a vuoto, chiudendo le palpebre tremolanti.

“Ci vediamo oggi pomeriggio”

“Ma non dovevi” – Jude provò a ribattere, ma stava ormai parlando con un bip fastidioso, come la sensazione, che ora provava allo stomaco.

“Niente luna di miele?”
Taylor spuntò alle sue spalle, in boxer, abbronzato, i capelli scapigliati ed ancora madidi, come i suoi zigomi, dove Law aveva posato baci dolci ed osceni, a seconda dei momenti, durante i due amplessi, da poco consumati insieme al giovane amante.


“No … Forse sono troppo vecchi per farla” – l’attore abbozzò un sorriso incolore, come la sua battuta fuori luogo.

“A me sembrano in gran forma e tu sembri uno zerbino, fattelo dire Jude” – ribatté acre.

“Sei geloso? Ho due figlie con Rob, abbiamo l’affido condiviso, è giusto che”

“Lo so!” – lo interruppe brusco, poi proseguì più calmo, ossigenandosi – “So come funziona, tra divorziati, ci sono passato … Ed è uno schifo … Uno schifo e basta.” – e senza aggiungere altro, Taylor infilò dei jeans, infradito e t-shirt, sbattendo infine la porta, mentre se ne andava, per scendere al bar dell’angolo.

Lì, avrebbe ordinato la solita colazione a base di cappuccino e ciambella, trangugiando whisky, di nascosto, da una fiaschetta metallica, ottima amica, nei momenti di confusione, come quello in corso, da quando aveva incontrato Law.



Geffen apparve sulla soglia, già pronto per andare in tribunale.
Elegantissimo.

“Dio, dovresti avvisarmi, prenderei un cardiotonico per reggere simili visioni” – lo accolse il marito, raggiungendolo, per aggiustargli la cravatta.

“Sempre a prendermi in giro” – lo provocò l’avvocato, cingendogli la vita magra, sotto l’accappatoio bianco, rimasto semi aperto.

“Sto solo dicendo”

Geffen lo baciò, con fervore avvolgendolo completamente.

Quindi lo scrutò, senza distaccare del tutto le loro labbra.

“Hai un buon sapore … Pesca?”

“No, l’omino con il ciuffo” – rise – “Pepe chiama così l’ananas”

“Ah ecco” – anche Glam rise solare, prendendo per mano Downey – “Andiamo a sederci, voglio mangiare una fetta di torta e bermi almeno un caffè doppio: oggi riprendono le udienze”

“E tu torni come Lazzaro? Non ti sembra di esagerare Glam? Cosa dirà la stampa?”

“Le solite stronzate su di me” – disse ammiccando – “Sai che sono uno zombie per alcuni ed uno spettro per altri, di sicuro un incubo per i miei avversari in aula” – scherzò sereno, controllando il giornale ed i messaggi.

Quello di Hemsworth gli fece passare l’appetito.

“Tesoro guarda qui …” – e passò il tablet all’artista.

Robert perse il sorriso.

“Matt è fuggito … E c’è un complice?”

“A quanto pare sì: ora Chris mi chiede di passare in centrale per un’identificazione”

“Sì, ho letto che hanno isolato tutti i volti, di chi è transitato alla Mayer dall’arrivo di Miller”

“Le nuove tecnologie sono formidabili, non c’è che dire …” – sospirò Geffen, componendo il numero del distretto – “Vediamo se ci sono novità … Tu oggi vai a prendere le cucciole?” – domandò tenero, dando una carezza al fianco di Downey, ormai in piedi accanto a lui.

L’attore annuì, baciando il dorso di quella mano, così gentile, nello sfiorarlo come se Robert fosse un cristallo prezioso.




Chris gli sollevò i polsi oltre la testa, spettinata ed in presa ad un capogiro.

Tom stava venendo per la terza volta, probabilmente la quarta: il suo vichingo, come lo apostrofavano i colleghi al comando, lo aveva tenuto sveglio tutta la notte.

Si era approcciato quasi timidamente la compagno, dopo avere subito un terzo grado da Hiddleston, ovviamente in tono amorevole.

La preoccupazione di Hemsworth era palpabile, neppure Luna era riuscita a distrarlo, con le proprie risate gioiose ed i consueti giochi, riservati unicamente al suo super papà biondo.

Tom era il re delle coccole, delle favole raccontate, con sempre nuovi dettagli, del bacio della buona notte, che sapeva di vaniglia, lo shampoo che usava da sempre.

La barba ispida di Chris, il suo aroma di dopobarba al sandalo, fragranza che faceva ridere la piccola, per associazione di idee alla nota calzatura, erano invece le peculiarità del genitore, il gigante buono dagli occhi fatti di cielo, che andava a salutarla a tutte le ore, facendo spesso tardi, fuori di pattuglia.

Nonostante una recente promozione, Hemsworth voleva stare ancora in prima linea, ad assaggiare la polvere e l’odore dell’asfalto, passare al bar per la birra delle cinque e mezza, ad inveire contro la legge in aula, spesso ostile all’abnegazione ed ai sacrifici dei poliziotti come lui.


“Voglio un bambino … un fratellino per Luna” – gli ansimò improvviso nella bocca e Tom ebbe un sussulto.

“Chris …”

Uscendo da lui, lo sbirro prese un lungo respiro, andandosi a sedere sul bordo del letto.

Il terapista si mise a pancia in giù, sfinito, abbracciando il cuscino, in mancanza di attenzioni da parte dell’altro, che ogni tanto tornava ad essere un po’ arido, nei modi e nell’indole, quando era teso per un caso.


“Ne abbiamo già parlato Chris”

“A me piace insistere” – e gli regalò un bel sorriso, tornando a stringerlo, ma solo per cullarlo, innamorato.

“Piacerebbe anche a me” – ammise Hiddleston.

“I soldi non sono un problema, abbiamo avuto entrambi una promozione ed un aumento”

“A noi non mancherà mai niente e lo sai … Nemmeno se lo volessimo” – Tom rise leggero, guardandolo, appoggiato al suo petto spazioso.

“Io non voglio i soldi di Meliti o di Geffen, dovresti saperlo” – obiettò adombrandosi.

“Sì, lo so, ma sono generosi, ad ogni compleanno della nostra principessa … Ha già un ottimo fondo fiduciario, sai che non tocco un dollaro per noi” – ribatté risentito.

“Lo so Tommy, non litighiamo, ok?” – bisbigliò, rannicchiandosi al contrario.

“Ho bisogno di te Tom … Del tuo amore e della tua purezza … Quelli sono una manica di pazzi, anche se so che li trovi simpatici, ma noi siamo noi”

“Ok, ok, chi dice il contrario …?” – sorrise a metà, nell’accoglierlo nel proprio generoso abbraccio.

Si assopirono, sognando entrambi, senza dirselo, di dipingere la stanza del nuovo arrivato, in una nuova casa, più vicina al mare, come progettavano da un pezzo.

Bastava volerlo.
Volerlo davvero.




Matt si strinse nelle spalle, trascinando il bagaglio con il minimo indispensabile.

“Non sarà un volo di linea, non andremo lontano: tu stai zitto e seguimi, ok?” – gli intimò Dimitri, scendendo da una jeep scassata.

Erano nell’aerea privata del Lax.

Un jet, di discrete dimensioni, li stava attendendo.
Il personale parlava a monosillabi, ma si capiva che erano del sud America.

I due, ripuliti e sbarbati, con abiti leggeri, presero posto, senza fare domande.

“In Messico … Stiamo andando lì, Dimitri?” – chiese sommesso e spaventato Miller.

Il mercenario annuì nervosamente.

“Ti ho detto di chiudere il becco, maledizione” – ringhiò a tono minimo, allacciandosi la cintura di sicurezza.

“Ok, va bene, non farò storie, tanto non ho alternative, vero?”

“Sei sveglio, per essere uno sciroccato completo, sai Matt?” – e rise sguaiato, inforcando gli occhiali scuri, mentre il velivolo iniziò a manovrare, per avviarsi alla pista di decollo.

Matt si coprì gli occhi, pieni di pianto.
Vergognandosene, senza più speranze di cavarsela.






Robert entrò in cucina, lasciando i giornali sulla penisola, dove Jude aveva appena posizionato un vassoio.

“Ho preparato del tè … e dei sandwich” – esordì incerto, restando accanto ai fornelli.

Downey non lo degnò di uno sguardo, dopo avere trascorso un paio d’ore in armonia con le bimbe, tutti e quattro insieme.

“Camilla e Diamond stanno dormendo” – precisò l’americano, assaggiando un tramezzino al salmone – “Buono, ma preferirei dell’altro”

“Non c’è molto, avremmo dovuto fare spesa e”

Mentre Law stava parlando, il moro azzerò la distanza, afferrandolo per un braccio.

Glielo girò dietro la schiena, facendolo piegare sul tavolo del soggiorno, prepotente e determinato – “Tu proprio non hai afferrato il concetto, Judsie” – ringhiò.

Jude era inerme, sbigottito e completamente succube di quell’inattesa reazione, da parte dell’ex: si sentì calare i pantaloni, con uno strattone e, con volgare caparbietà, Robert gli allargò meglio le gambe.

Lubrificandosi al minimo, con un po’ di saliva, Downey lo violò con spinte progressive e voraci, così come i suoi denti, affondati nella nuca del biondo, che stava accettando, in lacrime, quell’attacco di inaudita lussuria e possesso.

“Io non ti amo, hai capito? Non ti amo!” – ruggì Robert.

Le pareti andarono a sbiadirsi e poi infuocarsi.

Jude si sentì gocciolare tra le cosce.
Robert gli era venuto in parte anche fuori, masturbandosi osceno.

“Io … io ti amerò per entrambi Rob” – singhiozzò scioccato.

Downey sembrò incazzarsi ulteriormente, costringendolo in posizione supina, adesso.

Lo sollevò, poi, per il bavero della camicia, unico indumento rimasto addosso a Law, aprendoglielo di forza, facendo volare bottoni ovunque.

Quindi lo trascinò sotto la doccia, denudandosi a propria volta, fino a sbatterlo contro le piastrelle, senza smettere di baciarlo, irruente.

I getti si attivarono, appena il box venne chiuso, grazie a dei sensori particolari.

La temperatura era ottimale, mentre il tocco di Downey era invadente e non risparmiava un solo centimetro di pelle di Jude, ansante e febbrile, nel ricevere le falangi dell’uomo, che ancora amava, anche nell’intimità più profonda e bagnata, dentro di sé, fino a venire, senza neppure toccarsi.

Sembrava che tutto stesse accadendo al di fuori di loro, in una dimensione dove tutto era ammesso, a quel punto.

Un punto, ad un passo da un baratro.

Inevitabilmente.












Nessun commento:

Posta un commento