Capitolo n. 39 – life
Law aggrottò la
fronte spaziosa, appiccicandosi la cornetta all’orecchio sinistro.
“Il loft, intendo la
nostra vecchia residenza, Jude, è il luogo più opportuno per l’incontro
settimanale con le bambine”
Il tono di Downey era
serio, ma velatamente perentorio.
L’inglese sentiva i
battiti del proprio cuore, scalpitare nell’addome.
“Sì Robert … Io”
“Non voglio discutere
su questo argomento” – lo tagliò deciso, versandosi del succo di ananas, dopo
essere uscito in veranda per la colazione, all’ultimo piano della residenza di
Malibu.
“D’accordo, non mi
lasci alternative, ma io credevo preferissi la villa di Antonio” – replicò a
bassa voce.
“Perché bisbigli?”
“Sono da Taylor” – e deglutì
a vuoto, chiudendo le palpebre tremolanti.
“Ci vediamo oggi
pomeriggio”
“Ma non dovevi” –
Jude provò a ribattere, ma stava ormai parlando con un bip fastidioso, come la
sensazione, che ora provava allo stomaco.
“Niente luna di
miele?”
Taylor spuntò alle
sue spalle, in boxer, abbronzato, i capelli scapigliati ed ancora madidi, come
i suoi zigomi, dove Law aveva posato baci dolci ed osceni, a seconda dei
momenti, durante i due amplessi, da poco consumati insieme al giovane amante.
“No … Forse sono
troppo vecchi per farla” – l’attore abbozzò un sorriso incolore, come la sua
battuta fuori luogo.
“A me sembrano in
gran forma e tu sembri uno zerbino, fattelo dire Jude” – ribatté acre.
“Sei geloso? Ho due
figlie con Rob, abbiamo l’affido condiviso, è giusto che”
“Lo so!” – lo interruppe
brusco, poi proseguì più calmo, ossigenandosi – “So come funziona, tra
divorziati, ci sono passato … Ed è uno schifo … Uno schifo e basta.” – e senza
aggiungere altro, Taylor infilò dei jeans, infradito e t-shirt, sbattendo infine
la porta, mentre se ne andava, per scendere al bar dell’angolo.
Lì, avrebbe ordinato
la solita colazione a base di cappuccino e ciambella, trangugiando whisky, di
nascosto, da una fiaschetta metallica, ottima amica, nei momenti di confusione,
come quello in corso, da quando aveva incontrato Law.
Geffen apparve sulla
soglia, già pronto per andare in tribunale.
Elegantissimo.
“Dio, dovresti
avvisarmi, prenderei un cardiotonico per reggere simili visioni” – lo accolse
il marito, raggiungendolo, per aggiustargli la cravatta.
“Sempre a prendermi
in giro” – lo provocò l’avvocato, cingendogli la vita magra, sotto l’accappatoio
bianco, rimasto semi aperto.
“Sto solo dicendo”
Geffen lo baciò, con
fervore avvolgendolo completamente.
Quindi lo scrutò,
senza distaccare del tutto le loro labbra.
“Hai un buon sapore …
Pesca?”
“No, l’omino con il
ciuffo” – rise – “Pepe chiama così l’ananas”
“Ah ecco” – anche Glam
rise solare, prendendo per mano Downey – “Andiamo a sederci, voglio mangiare
una fetta di torta e bermi almeno un caffè doppio: oggi riprendono le udienze”
“E tu torni come
Lazzaro? Non ti sembra di esagerare Glam? Cosa dirà la stampa?”
“Le solite stronzate
su di me” – disse ammiccando – “Sai che sono uno zombie per alcuni ed uno
spettro per altri, di sicuro un incubo per i miei avversari in aula” – scherzò sereno,
controllando il giornale ed i messaggi.
Quello di Hemsworth
gli fece passare l’appetito.
“Tesoro guarda qui …”
– e passò il tablet all’artista.
Robert perse il
sorriso.
“Matt è fuggito … E c’è
un complice?”
“A quanto pare sì:
ora Chris mi chiede di passare in centrale per un’identificazione”
“Sì, ho letto che
hanno isolato tutti i volti, di chi è transitato alla Mayer dall’arrivo di
Miller”
“Le nuove tecnologie
sono formidabili, non c’è che dire …” – sospirò Geffen, componendo il numero
del distretto – “Vediamo se ci sono novità … Tu oggi vai a prendere le
cucciole?” – domandò tenero, dando una carezza al fianco di Downey, ormai in
piedi accanto a lui.
L’attore annuì,
baciando il dorso di quella mano, così gentile, nello sfiorarlo come se Robert
fosse un cristallo prezioso.
Chris gli sollevò i
polsi oltre la testa, spettinata ed in presa ad un capogiro.
Tom stava venendo per
la terza volta, probabilmente la quarta: il suo vichingo, come lo apostrofavano i colleghi al comando, lo aveva
tenuto sveglio tutta la notte.
Si era approcciato
quasi timidamente la compagno, dopo avere subito un terzo grado da Hiddleston,
ovviamente in tono amorevole.
La preoccupazione di
Hemsworth era palpabile, neppure Luna era riuscita a distrarlo, con le proprie
risate gioiose ed i consueti giochi, riservati unicamente al suo super papà
biondo.
Tom era il re delle
coccole, delle favole raccontate, con sempre nuovi dettagli, del bacio della
buona notte, che sapeva di vaniglia, lo shampoo che usava da sempre.
La barba ispida di Chris,
il suo aroma di dopobarba al sandalo, fragranza che faceva ridere la piccola,
per associazione di idee alla nota calzatura, erano invece le peculiarità del
genitore, il gigante buono dagli occhi fatti di cielo, che andava a salutarla a
tutte le ore, facendo spesso tardi, fuori di pattuglia.
Nonostante una
recente promozione, Hemsworth voleva stare ancora in prima linea, ad assaggiare
la polvere e l’odore dell’asfalto, passare al bar per la birra delle cinque e
mezza, ad inveire contro la legge in aula, spesso ostile all’abnegazione ed ai
sacrifici dei poliziotti come lui.
“Voglio un bambino …
un fratellino per Luna” – gli ansimò improvviso nella bocca e Tom ebbe un
sussulto.
“Chris …”
Uscendo da lui, lo
sbirro prese un lungo respiro, andandosi a sedere sul bordo del letto.
Il terapista si mise
a pancia in giù, sfinito, abbracciando il cuscino, in mancanza di attenzioni da
parte dell’altro, che ogni tanto tornava ad essere un po’ arido, nei modi e
nell’indole, quando era teso per un caso.
“Ne abbiamo già
parlato Chris”
“A me piace insistere”
– e gli regalò un bel sorriso, tornando a stringerlo, ma solo per cullarlo,
innamorato.
“Piacerebbe anche a
me” – ammise Hiddleston.
“I soldi non sono un
problema, abbiamo avuto entrambi una promozione ed un aumento”
“A noi non mancherà
mai niente e lo sai … Nemmeno se lo volessimo” – Tom rise leggero, guardandolo,
appoggiato al suo petto spazioso.
“Io non voglio i
soldi di Meliti o di Geffen, dovresti saperlo” – obiettò adombrandosi.
“Sì, lo so, ma sono
generosi, ad ogni compleanno della nostra principessa … Ha già un ottimo fondo
fiduciario, sai che non tocco un dollaro per noi” – ribatté risentito.
“Lo so Tommy, non
litighiamo, ok?” – bisbigliò, rannicchiandosi al contrario.
“Ho bisogno di te Tom
… Del tuo amore e della tua purezza … Quelli sono una manica di pazzi, anche se
so che li trovi simpatici, ma noi siamo noi”
“Ok, ok, chi dice il
contrario …?” – sorrise a metà, nell’accoglierlo nel proprio generoso
abbraccio.
Si assopirono,
sognando entrambi, senza dirselo, di dipingere la stanza del nuovo arrivato, in
una nuova casa, più vicina al mare, come progettavano da un pezzo.
Bastava volerlo.
Volerlo davvero.
Matt si strinse nelle
spalle, trascinando il bagaglio con il minimo indispensabile.
“Non sarà un volo di
linea, non andremo lontano: tu stai zitto e seguimi, ok?” – gli intimò Dimitri,
scendendo da una jeep scassata.
Erano nell’aerea
privata del Lax.
Un jet, di discrete
dimensioni, li stava attendendo.
Il personale parlava
a monosillabi, ma si capiva che erano del sud America.
I due, ripuliti e
sbarbati, con abiti leggeri, presero posto, senza fare domande.
“In Messico … Stiamo
andando lì, Dimitri?” – chiese sommesso e spaventato Miller.
Il mercenario annuì
nervosamente.
“Ti ho detto di
chiudere il becco, maledizione” – ringhiò a tono minimo, allacciandosi la
cintura di sicurezza.
“Ok, va bene, non
farò storie, tanto non ho alternative, vero?”
“Sei sveglio, per
essere uno sciroccato completo, sai Matt?” – e rise sguaiato, inforcando gli
occhiali scuri, mentre il velivolo iniziò a manovrare, per avviarsi alla pista
di decollo.
Matt si coprì gli
occhi, pieni di pianto.
Vergognandosene,
senza più speranze di cavarsela.
Robert entrò in
cucina, lasciando i giornali sulla penisola, dove Jude aveva appena posizionato
un vassoio.
“Ho preparato del tè …
e dei sandwich” – esordì incerto, restando accanto ai fornelli.
Downey non lo degnò
di uno sguardo, dopo avere trascorso un paio d’ore in armonia con le bimbe,
tutti e quattro insieme.
“Camilla e Diamond
stanno dormendo” – precisò l’americano, assaggiando un tramezzino al salmone – “Buono,
ma preferirei dell’altro”
“Non c’è molto,
avremmo dovuto fare spesa e”
Mentre Law stava
parlando, il moro azzerò la distanza, afferrandolo per un braccio.
Glielo girò dietro la
schiena, facendolo piegare sul tavolo del soggiorno, prepotente e determinato –
“Tu proprio non hai afferrato il concetto, Judsie” – ringhiò.
Jude era inerme, sbigottito
e completamente succube di quell’inattesa reazione, da parte dell’ex: si sentì
calare i pantaloni, con uno strattone e, con volgare caparbietà, Robert gli
allargò meglio le gambe.
Lubrificandosi al
minimo, con un po’ di saliva, Downey lo violò con spinte progressive e voraci,
così come i suoi denti, affondati nella nuca del biondo, che stava accettando,
in lacrime, quell’attacco di inaudita lussuria e possesso.
“Io non ti amo, hai
capito? Non ti amo!” – ruggì Robert.
Le pareti andarono a
sbiadirsi e poi infuocarsi.
Jude si sentì
gocciolare tra le cosce.
Robert gli era venuto
in parte anche fuori, masturbandosi osceno.
“Io … io ti amerò per
entrambi Rob” – singhiozzò scioccato.
Downey sembrò
incazzarsi ulteriormente, costringendolo in posizione supina, adesso.
Lo sollevò, poi, per
il bavero della camicia, unico indumento rimasto addosso a Law, aprendoglielo
di forza, facendo volare bottoni ovunque.
Quindi lo trascinò
sotto la doccia, denudandosi a propria volta, fino a sbatterlo contro le
piastrelle, senza smettere di baciarlo, irruente.
I getti si
attivarono, appena il box venne chiuso, grazie a dei sensori particolari.
La temperatura era
ottimale, mentre il tocco di Downey era invadente e non risparmiava un solo
centimetro di pelle di Jude, ansante e febbrile, nel ricevere le falangi dell’uomo,
che ancora amava, anche nell’intimità più profonda e bagnata, dentro di sé, fino
a venire, senza neppure toccarsi.
Sembrava che tutto
stesse accadendo al di fuori di loro, in una dimensione dove tutto era ammesso,
a quel punto.
Un punto, ad un passo
da un baratro.
Inevitabilmente.
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