Capitolo n. 321 – zen
Jared si appoggiò sul
suo petto, dopo avergli slacciato, lento, i bottoni della camicia.
Il calore della sua
pelle, gli aveva dato spesso conforto, senso di appartenenza.
Geffen aveva
cancellato solitudini profonde in lui, anche con un semplice sorriso, una
carezza.
“Sei stanco …?” –
chiese l’uomo, accarezzando i capelli del cantante.
“No e tu?”
“No … Mi sento
felice, disperatamente felice, ora” – sorrise.
“Dimmi una cosa Glam”
“Sì?”
“Come farò, quando tu
te ne sarai andato via da me?”
Ci fu un attimo di
silenzio.
“Colin ha un altro,
non riesco neppure ad affrontarlo, i miei sensi di colpa me lo impediscono,
probabilmente, ma quando succederà, esploderò e poi”
“Jared”
“Jared cosa?” – si sollevò,
per fissarlo – “Senza di te dovrò crescere, sai? Dovrò stare in piedi da solo,
orfano dei tuoi consigli, delle tue braccia!”
“Sarò sempre con te …”
“Ma questo non è vero
Glam!” – singhiozzò improvviso, rifugiandosi nuovamente tra le sue ali.
Jared poteva
percepire le costole, sotto la pelle ancora tesa, la riduzione muscolare, di
quei bicipiti non più allenati e massicci eppure Geffen era come un mantello,
una cupola, sotto i quali rifugiarsi durante i temporali di un’esistenza spesso
in bilico, come la sua.
“Ora calmati Jay …” –
sospirò, cercando le sue labbra.
Si baciarono assorti
e rapiti da mille pensieri cupi.
Fuori cominciò a
piovere.
Novembre volgeva alla
fine, l’ultima fine di tutti i giorni a venire.
Tra le lenzuola
disfatte da un sonno precario, gli abiti sudici di polvere ancora addosso, il
sapore delle rispettive lacrime nella gola, Vincent e Louis avevano dormito
sino alle prime ore di quel pomeriggio assolato, stretti in un abbraccio
caldissimo e casto.
I gemiti leggeri di
Boo, di tanto in tanto, inumidivano il collo del francese, che, senza destarsi
del tutto, lo stringeva a sé istintivamente, un po’ più forte, senza fargli
male.
Mai gliene avrebbe
fatto, a son petit.
Zayn, al campo base,
stava selezionando il numero di Lux per l’ennesima volta.
Il padre di Malik,
poco distante, non gli avevo detto ancora nulla su quanto visto all’alba, dagli
scavi archeologici.
George decise di
avvicinarsi al figlio, cercando le parole giuste.
Gli occhi liquidi del
giovane lo investirono – “Non risponde … Dev’essere proprio arrabbiato con me”
“Tesoro ascolta …”
“Mi accompagni in
paese? C’è un solo albergo decente, Vincent sarà lì di sicuro”
“Va bene, andiamoci
pure, così vi chiarirete” – ed abbozzò un sorriso poco convinto, prima di
salire entrambi in auto.
Meliti masticò il
sigaro, facendo un ghigno poco rassicurante.
“Colin dovevi
portarlo qui, possibile? Non voglio neppure sapere chi è!”
“Antonio, qui sarà al sicuro, poi vedremo il da
farsi”
“Perché non te lo
porti via, ho alloggi ovunque in questa città, nascondi il tuo amante dove ti
pare, ma non rovinare il matrimonio di Glam e Pam!” – ringhiò.
Nel parco fervevano i
preparativi, per accogliere gli ospiti selezionati dall’avvocato.
“Kirill non è il mio
amante …” – replicò sfinito l’attore, appoggiandosi al muro della biblioteca di
Meliti.
“Ed io sono babbo
Natale … Oh per favore!”
“Devo parlare con
Jared, gli spiegherò come sono andate le cose”
“Lo farai a pezzi con
le tue stronzate, compresa quella delle medicine per Shan” – obiettò severo.
“Perché mi mettete
sempre all’angolo?! Capisco il disagio di mio marito, però nessuno mai
considera anche il mio stato d’animo!” – protestò vivace.
Antonio inspirò greve
– “Ti chiedo scusa Colin”
“Non voglio delle
scuse … Solo un minimo di comprensione”
Si lavarono a vicenda,
senza dirsi niente, sotto la doccia tiepida.
Vincent lo pettinò,
sorridendogli, poi gli fece indossare un completo blu, composto da una casacca
e dei bermuda, freschi e puliti, come il sorriso di Louis, che non aveva mai
smesso di guardarlo.
“Ti porto a casa, dal
nostro Harry e dalla nostra Petra, ok mon petit …?” – mormorò, cingendogli la
nuca, per poi stampargli un bacio intenso sulla fronte spaziosa, nascosta da
una frangia profumata di shampoo.
Louis si alzò,
appendendosi alle sue spalle nude e virili – “Grazie …” – sigillando quell’istante
di loro, con un lungo contatto delle loro bocche, reidratate e morbide.
Qualcuno bussò.
Jared recuperò la
sacca con il suo abito, dal bagagliaio della berlina, con cui era giunto
insieme a Geffen, alla residenza di Meliti.
Le gemelle rapirono
prontamente il padre, per condurlo all’ala est, dove si sarebbe cambiato, con
Robert e Kevin: i due, con Leto, gli avrebbero fatto da testimoni.
Colin lo vide
infilare il vialetto verso la dependance, con passo spedito e, prima che il
leader dei Mars vi giungesse, l’irlandese lo intercettò.
“Ehi fermati un
secondo!”
“Ciao Cole, ti sei
ricordato di avere una famiglia?” – sbottò, senza fermarsi, le iridi lucide,
dietro le lenti scure.
L’attore lo bloccò
del tutto.
“Ora stammi a
sentire, Jay, accidenti!”
Gli stava stritolando
le braccia esili, ma non si sarebbe arreso.
“Cosa dovrei stare a sentire?! Di te e di qualche
nuova puttana, che ti sei portato a letto?!?” – gli gridò in faccia, ad un centimetro
dal pizzetto ben curato del compagno.
Farrell gli sfilò i
Ray-Ban, scrutando poi la sua espressione triste, anche se livida.
“Non è semplicemente
questo, Jared e tu lo sai …” – esordì calmo.
“Io non so più niente
… di te, di noi … Hai combinato un casino per Shan e”
“Gli ho già chiesto
scusa, è nel salone, si sente bene, lui ha capito”
“Capito cosa? Hai
avuto un contrattempo, gli hai fornito una spiegazione logica? Il tuo cellulare
suonava a vuoto, mi hai spaventato”
“Tu stavi pensando
solo a tuo fratello, a piena ragione, ci mancherebbe, però non temevi mi fosse
successo qualcosa di grave, ammettilo”
Leto annuì – “Sì, non
facciamo gli ipocriti, ero incazzato con te, anche se potevi essere stato
aggredito, avere avuto un incidente, un malore …”
“Io non sono più una
tua priorità, da quando Glam e Shannon si sono ammalati … E per quanto io possa
avere accettato il loro, anzi il vostro dramma, tu non immagini quanto questo
male oscuro abbia scavato anche in me, Jay”
“Dovevamo sostenerci”
“Sì, ma in realtà ero
io quello a doverlo fare, per tutti, perché tu eri la vittima, come al solito” –
e rise lieve, con afflizione, scuotendo la testa appesantita da un’emicrania,
che non voleva lasciarlo in pace.
“Ti devo chiedere
scusa per il cancro di Glam, per quello di Shan?” – strinse i denti, ma si
sentiva morire, per la distanza tra lui e Colin, anche se erano a pochi
centimetri.
“No, ma lo stai
facendo di nuovo, mi aggredisci, mi condanni e mi abbandoni Jay”
“Io ti amo Cole e non
sono in grado di reggere questa tensione, di metabolizzare la paura di perdere
Shannon, di rassegnarmi per la morte imminente di Glam … Io non ce la faccio
senza di te ed ho voluto fare finta che tu non ti stessi allontanando e forse
innamorando di un altro”
“Io non mi sono
innamorato di nessuno … Ho cercato conforto in un luogo diverso, su questo hai
ragione, però volevo esclusivamente parlare con qualcuno, sfogarmi”
Kirill apparve alle
spalle di Colin, uscendo dal villino, dove Jared avrebbe voluto cambiarsi e
riordinare le idee, prima che il consorte gli andasse incontro.
“Vi chiedo scusa … Io
vorrei andarmene … Ho già disturbato abbastanza” – disse timido.
Farrell si girò
lento, Jared gli passò oltre.
Il ragazzo indossava
dei jeans sgualciti ed una t-shirt dei Mars, un po’ comoda per il suo fisico
asciutto.
Leto gli andò vicino.
“L’hai messa al
contrario …” – disse, tirando su dal naso.
“Co cosa …?” –
balbettò Kirill.
“La maglietta …” –
sorrise un po’ alienato, poi tornò a guardare Colin – “E’ bellissimo … Se ci
hai solo parlato, sei stato un folle” – ed entrò nel cottage, chiudendosi a
chiave, per poi scivolare sul parquet, con la schiena incollata al portone
blindato, le gambe raccolte, i singulti soffocati tra le ginocchia.
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