lunedì 7 luglio 2014

ZEN - CAPITOLO N. 323

Capitolo n. 323 – zen



Jared voleva solo stare insieme a lui, lasciando ai loro corpi, il dovere di ritrovarsi, ancora una volta, prima di qualsiasi parola o confronto verbale.

Colin sapeva quel copione a memoria, ma lo spettacolo a cui si riferiva, fatto di migliaia di repliche, non l’avrebbe stancato mai.

Negli occhi di Jay c’era sempre una luce particolare, sia nei momenti belli che in quelli peggiori, della loro lunghissima relazione.

Un bagliore, che si accendeva in quegli zaffiri, dal blu intenso e profondo, in grado di riprendere per i capelli un rapporto, anche quando sembrava essere giunto al capolinea.

Il cantante tornava sempre da Colin, questo era una delle convinzioni di Geffen, ma anche di Shannon, le persone forse più vicine a Leto jr.

Venirgli dentro, per la seconda volta, aggrovigliato a lui ed al suo cuore, fu per Colin l’estasi migliore avesse mai provato in vita sua.

Ricordò di botto un episodio, chiudendo le palpebre sul volto madido si Jared, ad un millimetro dal proprio: erano sul set di Alexander ed era da parecchio, che l’irlandese non ci pensava.

C’erano giorni, che aveva dimenticato totalmente, per via della dipendenza dell’epoca, forse anni interi e questo lo spaventava, anche a così lunga distanza, nel tempo: un tempo in cui aveva conosciuto alti e bassi, anche terribili, accanto al leader dei Mars, cocciuto nel non lasciarlo andare o meglio, nel non mollarlo ad un destino, dalle premesse aberranti, per quanto Colin si attaccasse a bottiglia e stupefacenti.

L’esperienza con Stone non sembrava avere fatto la differenza, nonostante anche gli agenti di Farrell, lo esortassero alla massima lucidità, durante le riprese di un kolossal, capace, secondo loro ed il regista, di portare addirittura un oscar, nelle tasche del bad guy preferito di Hollywood.

Tutte stronzate, come quelle che diceva Jared, nel tentativo di spiegargli come si sarebbe ammazzato, a forza di commettere errori così infantili o, peggio, avrebbe causato qualche incidente, fatto del male al prossimo, combinando oppure innescando casini assurdi.

Jared parlava, parlava e Colin si rompeva il cazzo, senza fingere interesse, no, no, anzi, dicendoglielo in faccia, con poco riguardo.

Colin sarebbe stato persino zitto, in prospettiva di scoparselo anche quella notte, ma il collega, il ragazzo misterioso di Bossier City, avrebbe ceduto, senza eccessive moine o sforzi; quindi meglio dirgli quanto si annoiasse, con la bottiglia di vodka nella destra e la sigaretta nella sinistra, in una nuvola di fumo, buttato fuori a labbra storte, biascicando un “te ne vieni a letto, sì no, Jay? … E togliti quel cazzo di tunica, tanto non ci hai messo niente sotto … Io questo lo so bene”

Farrell ridacchiava, grugniva, inciampava nei suoi stessi jeans, ormai alle caviglie: Jared nascondeva le lacrime dispettose e lo accontentava.
Per l’ennesima volta.


“A che stai pensando Cole?”

La domanda di Leto lo riportò nel capanno degli attrezzi di villa Meliti, dove si erano rifugiati, come due ladri.

“Eh …?! No, no, a nulla Jay …” – rise goffo, sollevandosi ed uscendo da lui, un po’ maldestramente.

“Ahi!” – gemette – “Tu dimentichi sempre quanto sei … grosso Cole” – poi rise, accucciolandosi sul petto dell’altro, rosso di vergogna, dopo avere realizzato che a spasso nella proprietà di Antonio, c’era Kirill, sopravvissuto alla mancata ira di Jared stesso.

Un miracolo, pensò Farrell.
Oppure un segno di maturità, che ben nascondeva una più realistica rassegnazione, da parte del consorte, abituato ai suoi tradimenti periodici.

“Ti amo Jay …” – disse come strozzato dal rimorso.

“Lo so Cole … E’ quasi finita … questa agonia intendo” – replicò fermo, ascoltando i suoi battiti, assorto, lo sguardo vitreo, perso nel vuoto di quell’ambiente angusto, ma pulito ed in ordine.

La branda, sulla quale si erano stesi, rimandava un profumo di eucalipto e menta, lieve e piacevole.

“Non sarà mai finita, però la vedremo in maniera differente, sai? Se necessario, Jay, ci faremo aiutare”

“Da chi? Dai Laurie? Una terapia di gruppo?” – rise senza convinzione, sempre più rapito da pensieri cupi.



I polsi di Zayn iniziarono a dolergli.

Liam si spingeva in lui, con l’irruenza dei suoi anni.

Fare l’amore con Louis era stato più semplice, arrendevole da parte di entrambi, acerbo ed indolore.

Vincent, invece, sapeva sottometterlo, in un gioco un po’ perverso, che Malik gli aveva trasmesso, forte e chiaro, come un messaggio in codice, cercandolo ad ogni ora del giorno e della notte, anche in luoghi improbabili, ma eccitanti da morire.

Zayn, ora, moriva un po’, con Liam addosso, il suo busto vibrante sul suo dorso asciutto ed arcuato, da quell’invasione ormai giunta al culmine.

Le dita di Payne, salde intorno all’erezione del suo amore all’improvviso, si stavano rivelando capaci e prodigiose.

Gli ansiti, che salutarono quell’alba, sembrarono lambire il cielo, per poi ricadere, in un successivo silenzio, quasi imbarazzante tra loro, mentre la sera precedente si erano scambiati confidenze, da veri amici.

Forse era meglio rimanere tali.
Forse, pensò Zayn, sedendosi sul bordo, senza alcuna premura simile a quelle che Liam stava distribuendo sulle sue tempie, baciandolo affettuoso.

A Malik diede persino fastidio e si sentì, di colpo, uno schifo.

“Ma dove vai Zayn …?!” – gli sussurrò il vulcanologo, allungato a pancia in giù, come a nascondere il rinnovato desiderio per lui, così distante, senza motivo, senza logica accettabile.

“Torno al campo base, devo partire, con mio padre, per l’Egitto, raggiungiamo mamma” – disse trafelato, rivestendosi svelto e cattivo.

“Ma dai i numeri?”

Malik scattò in piedi, girandosi, i nervi a fior di pelle, perché le iridi di Liam erano pure, nessun gioco sporco, mentre lui si percepiva tale, senza appello.

“Ma cosa vuoi, scusa? Una scopata e credi di sposarmi?!”

La frase suonò infelice e squallida.

La dignità di Payne prevalse.

“No, certo che no” – e deglutì amaro, sconfitto già in partenza.

Zayn fuggì via.



Pamela indossò un pigiamone buffo, probabilmente di una delle gemelle.

Geffen rise – “E quello? Io mi aspettavo un negligé da furore”

“Sì … Dai maldido … O forse vuoi ancora un figlio …?” – domandò serena, accoccolandosi sul cuore dell’uomo, che amava dal primo istante, anche se caotico.

“Chissà, sarebbe persino bello …” – e perse un battito.

Le fitte tra le scapole erano ricominciate.
Le pastiglie di Scott avevano esaurito il loro magico effetto.

“Stai male Glam?”

“Un po’ … Po potresti chiamare qualcuno …?”

“Sì, mio Dio, vado subito!” – e si precipitò nel corridoio.

Geffen digrignò i denti, avvertendo due lacrime scorrergli sino nel collo, non più taurino.

Uno specchio, sul fondo della stanza, rimandava un’immagine di lui quasi irriconoscibile.

“Come mi sono ridotto … come” – ed il fiato gli si spezzò, accartocciandosi poi in un grido più sonoro e drammatico.

Robert e Jude accorsero dal fondo del corridoio, mentre Kevin scendeva dal piano superiore, dopo che Tim lo aveva svegliato, dicendogli che stava succedendo qualcosa.

In effetti non sbagliava.

Jared e Colin stavano passeggiando nel parco e quando videro un’ambulanza varcare i cancelli della residenza, presagirono il peggio, ignari comunque del malore di Glam.

Lula spuntò dall’ingresso, tenendo per mano il padre, steso in barella, con la maschera di ossigeno e la flebo di morfina, attaccati a lui, come unico sollievo momentaneo.

Quell’oscurità senza stelle, sembrava negare un qualsiasi appiglio ai presenti, che, sconvolti, seguivano l’intervento degli infermieri, coordinati da uno Scott pallido e confuso.

La speranza sembrava spegnersi, come il volto di Glam Geffen, un imperatore decaduto, dopo l’ultimo ballo in maschera.



Lux lo teneva a sé, come un dono prezioso: Louis dormiva, seduto accanto al francese, sulla via del ritorno.

Sognava di Harry e Petra, dell’albero di Natale, degli addobbi.

Mancava poco.

Boo si destò a fatica, riflettendo che, nel nuovo loft, c’erano decorazioni nuovissime, acquistate in un negozio del centro, con mesi di anticipo, in saldo, sotto le occhiate storte dei commessi impettiti, a riverire le signore dell’alta borghesia cittadina, mentre lui ed Haz sembravano due fanciulli nel paese dei balocchi.

Lou forse detestava quelle ghirlande dorate e perfette: i robot, il puntale sempre storto, le palline fatte di carta e stagnola, quelli sì che erano oggetti saturi di ricordi, di vigilie al sapore di cioccolata calda, di lui ed Harry.
E basta.

“Cavoli, siamo già arrivati …?”

“No mon petit, riposati, manca un’ora almeno … Ti sveglio io, ok?” – e lo scrutò dolce.

“Come ti senti Vincent?”

“Pensavo a Zayn, alle cose che gli ho detto, al successivo colloquio con il padre”

“Il tuo mancato suocero” – il giovane provò a scherzare, stiracchiandosi come un gatto.

Lux sorrise – “Forse era meglio mi fidanzassi con lui, più adeguato alla mia età” – stette al gioco, senza entusiasmo – “E poi è un tipo molto affascinante”

“Senza dubbio, però Zayn è sempre stato contorto o forse no?” – Boo aggrottò la fronte, arrossendo.

“Ci siamo comportati tutti come dei pazzi, sai …? Io per primo”

“Tu volevi amore, come ognuno di noi” – replicò secco.

Lux scrollò il capo stanco – “No, io sono stato un buffone, immaturo, irascibile”

“Ti dispiace così tanto, da volere tornare indietro? Lo rivuoi nella tua vita?” – chiese calmo.

“Come se Zayn fosse stato mio …” – inspirò – “Si starà già consolando con Liam? Farebbe bene, sia chiaro”

“Non ne ho idea, ma c’era parecchia inquietudine nella sua reazione, in hotel … Forse ci teneva a te, più di quanto credessi”

“Non tornerò indietro, Zayn non si merita uno come me, esaurito ad essere benevoli”

“Tu sei a posto, hai reagito male, questo è vero, ma sei fatto di debolezze, come ogni essere umano Vincent” – e gli diede una carezza.

“Tu sei il mio amore Louis e non potrò mai averti: forse è questo, che mi ha spinto su quella montagna, più delle mancate certezze, da parte di Zayn”

“Credevo avessimo superato certi … ostacoli del cuore” – e lo abbracciò.

Lux si perse nel suo gesto, più da figlio, che da amante.

“Ti voglio bene mon petit …”

“Non smettere mai di dirmelo e di esserci per noi … So che sarai orgoglioso della mia felicità, se mai riuscirò a riprendermela accanto ad Harry e Petra” – sorrise onesto.

“Se ti lasciasse andare, Harry sarebbe più folle di me … Assolutamente.”






 ZAYN




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