Capitolo n. 323 – zen
Jared voleva solo
stare insieme a lui, lasciando ai loro corpi, il dovere di ritrovarsi, ancora
una volta, prima di qualsiasi parola o confronto verbale.
Colin sapeva quel
copione a memoria, ma lo spettacolo a cui si riferiva, fatto di migliaia di
repliche, non l’avrebbe stancato mai.
Negli occhi di Jay
c’era sempre una luce particolare, sia nei momenti belli che in quelli
peggiori, della loro lunghissima relazione.
Un bagliore, che si
accendeva in quegli zaffiri, dal blu intenso e profondo, in grado di riprendere
per i capelli un rapporto, anche quando sembrava essere giunto al capolinea.
Il cantante tornava
sempre da Colin, questo era una delle convinzioni di Geffen, ma anche di
Shannon, le persone forse più vicine a Leto jr.
Venirgli dentro, per
la seconda volta, aggrovigliato a lui ed al suo cuore, fu per Colin l’estasi
migliore avesse mai provato in vita sua.
Ricordò di botto un
episodio, chiudendo le palpebre sul volto madido si Jared, ad un millimetro dal
proprio: erano sul set di Alexander ed era da parecchio, che l’irlandese non ci
pensava.
C’erano giorni, che
aveva dimenticato totalmente, per via della dipendenza dell’epoca, forse anni
interi e questo lo spaventava, anche a così lunga distanza, nel tempo: un tempo
in cui aveva conosciuto alti e bassi, anche terribili, accanto al leader dei
Mars, cocciuto nel non lasciarlo andare o meglio, nel non mollarlo ad un
destino, dalle premesse aberranti, per quanto Colin si attaccasse a bottiglia e
stupefacenti.
L’esperienza con
Stone non sembrava avere fatto la differenza, nonostante anche gli agenti di
Farrell, lo esortassero alla massima lucidità, durante le riprese di un
kolossal, capace, secondo loro ed il regista, di portare addirittura un oscar,
nelle tasche del bad guy preferito di Hollywood.
Tutte stronzate, come
quelle che diceva Jared, nel tentativo di spiegargli come si sarebbe ammazzato,
a forza di commettere errori così infantili o, peggio, avrebbe causato qualche
incidente, fatto del male al prossimo, combinando oppure innescando casini
assurdi.
Jared parlava,
parlava e Colin si rompeva il cazzo, senza
fingere interesse, no, no, anzi, dicendoglielo in faccia, con poco riguardo.
Colin sarebbe stato
persino zitto, in prospettiva di scoparselo anche quella notte, ma il collega,
il ragazzo misterioso di Bossier City, avrebbe ceduto, senza eccessive moine o
sforzi; quindi meglio dirgli quanto si annoiasse, con la bottiglia di vodka
nella destra e la sigaretta nella sinistra, in una nuvola di fumo, buttato
fuori a labbra storte, biascicando un “te
ne vieni a letto, sì no, Jay? … E togliti quel cazzo di tunica, tanto non ci
hai messo niente sotto … Io questo lo so bene”
Farrell ridacchiava,
grugniva, inciampava nei suoi stessi jeans, ormai alle caviglie: Jared
nascondeva le lacrime dispettose e lo accontentava.
Per l’ennesima volta.
“A che stai pensando
Cole?”
La domanda di Leto lo
riportò nel capanno degli attrezzi di villa Meliti, dove si erano rifugiati,
come due ladri.
“Eh …?! No, no, a
nulla Jay …” – rise goffo, sollevandosi ed uscendo da lui, un po’
maldestramente.
“Ahi!” – gemette –
“Tu dimentichi sempre quanto sei … grosso Cole” – poi rise, accucciolandosi sul
petto dell’altro, rosso di vergogna, dopo avere realizzato che a spasso nella
proprietà di Antonio, c’era Kirill, sopravvissuto alla mancata ira di Jared
stesso.
Un miracolo, pensò
Farrell.
Oppure un segno di
maturità, che ben nascondeva una più realistica rassegnazione, da parte del
consorte, abituato ai suoi tradimenti
periodici.
“Ti amo Jay …” –
disse come strozzato dal rimorso.
“Lo so Cole … E’
quasi finita … questa agonia intendo” – replicò fermo, ascoltando i suoi
battiti, assorto, lo sguardo vitreo, perso nel vuoto di quell’ambiente angusto,
ma pulito ed in ordine.
La branda, sulla
quale si erano stesi, rimandava un profumo di eucalipto e menta, lieve e
piacevole.
“Non sarà mai
finita, però la vedremo in maniera differente, sai? Se necessario, Jay, ci
faremo aiutare”
“Da chi? Dai Laurie?
Una terapia di gruppo?” – rise senza convinzione, sempre più rapito da pensieri
cupi.
I polsi di Zayn
iniziarono a dolergli.
Liam si spingeva in
lui, con l’irruenza dei suoi anni.
Fare l’amore con
Louis era stato più semplice, arrendevole da parte di entrambi, acerbo ed
indolore.
Vincent, invece,
sapeva sottometterlo, in un gioco un po’ perverso, che Malik gli aveva
trasmesso, forte e chiaro, come un messaggio in codice, cercandolo ad ogni ora
del giorno e della notte, anche in luoghi improbabili, ma eccitanti da morire.
Zayn, ora, moriva un
po’, con Liam addosso, il suo busto vibrante sul suo dorso asciutto ed arcuato,
da quell’invasione ormai giunta al culmine.
Le dita di Payne,
salde intorno all’erezione del suo amore
all’improvviso, si stavano rivelando capaci e prodigiose.
Gli ansiti, che
salutarono quell’alba, sembrarono lambire il cielo, per poi ricadere, in un
successivo silenzio, quasi imbarazzante tra loro, mentre la sera precedente si
erano scambiati confidenze, da veri amici.
Forse era meglio
rimanere tali.
Forse, pensò Zayn,
sedendosi sul bordo, senza alcuna premura simile a quelle che Liam stava
distribuendo sulle sue tempie, baciandolo affettuoso.
A Malik diede persino
fastidio e si sentì, di colpo, uno schifo.
“Ma dove vai Zayn
…?!” – gli sussurrò il vulcanologo, allungato a pancia in giù, come a
nascondere il rinnovato desiderio per lui, così distante, senza motivo, senza
logica accettabile.
“Torno al campo base,
devo partire, con mio padre, per l’Egitto, raggiungiamo mamma” – disse
trafelato, rivestendosi svelto e cattivo.
“Ma dai i numeri?”
Malik scattò in
piedi, girandosi, i nervi a fior di pelle, perché le iridi di Liam erano pure,
nessun gioco sporco, mentre lui si percepiva tale, senza appello.
“Ma cosa vuoi, scusa?
Una scopata e credi di sposarmi?!”
La frase suonò
infelice e squallida.
La dignità di Payne
prevalse.
“No, certo che no” –
e deglutì amaro, sconfitto già in partenza.
Zayn fuggì via.
Pamela indossò un
pigiamone buffo, probabilmente di una delle gemelle.
Geffen rise – “E
quello? Io mi aspettavo un negligé da furore”
“Sì … Dai maldido … O
forse vuoi ancora un figlio …?” – domandò serena, accoccolandosi sul cuore
dell’uomo, che amava dal primo istante, anche se caotico.
“Chissà, sarebbe
persino bello …” – e perse un battito.
Le fitte tra le
scapole erano ricominciate.
Le pastiglie di Scott
avevano esaurito il loro magico effetto.
“Stai male Glam?”
“Un po’ … Po potresti
chiamare qualcuno …?”
“Sì, mio Dio, vado
subito!” – e si precipitò nel corridoio.
Geffen digrignò i
denti, avvertendo due lacrime scorrergli sino nel collo, non più taurino.
Uno specchio, sul
fondo della stanza, rimandava un’immagine di lui quasi irriconoscibile.
“Come mi sono ridotto
… come” – ed il fiato gli si spezzò, accartocciandosi poi in un grido più
sonoro e drammatico.
Robert e Jude
accorsero dal fondo del corridoio, mentre Kevin scendeva dal piano superiore,
dopo che Tim lo aveva svegliato, dicendogli che stava succedendo qualcosa.
In effetti non
sbagliava.
Jared e Colin stavano
passeggiando nel parco e quando videro un’ambulanza varcare i cancelli della
residenza, presagirono il peggio, ignari comunque del malore di Glam.
Lula spuntò
dall’ingresso, tenendo per mano il padre, steso in barella, con la maschera di
ossigeno e la flebo di morfina, attaccati a lui, come unico sollievo
momentaneo.
Quell’oscurità senza
stelle, sembrava negare un qualsiasi appiglio ai presenti, che, sconvolti,
seguivano l’intervento degli infermieri, coordinati da uno Scott pallido e
confuso.
La speranza sembrava
spegnersi, come il volto di Glam Geffen, un imperatore decaduto, dopo l’ultimo
ballo in maschera.
Lux lo teneva a sé,
come un dono prezioso: Louis dormiva, seduto accanto al francese, sulla via del
ritorno.
Sognava di Harry e
Petra, dell’albero di Natale, degli addobbi.
Mancava poco.
Boo si destò a
fatica, riflettendo che, nel nuovo loft, c’erano decorazioni nuovissime,
acquistate in un negozio del centro, con mesi di anticipo, in saldo, sotto le
occhiate storte dei commessi impettiti, a riverire le signore dell’alta
borghesia cittadina, mentre lui ed Haz sembravano due fanciulli nel paese dei
balocchi.
Lou forse detestava
quelle ghirlande dorate e perfette: i robot, il puntale sempre storto, le
palline fatte di carta e stagnola, quelli sì che erano oggetti saturi di
ricordi, di vigilie al sapore di cioccolata calda, di lui ed Harry.
E basta.
“Cavoli, siamo già
arrivati …?”
“No mon petit,
riposati, manca un’ora almeno … Ti sveglio io, ok?” – e lo scrutò dolce.
“Come ti senti
Vincent?”
“Pensavo a Zayn, alle
cose che gli ho detto, al successivo colloquio con il padre”
“Il tuo mancato
suocero” – il giovane provò a scherzare, stiracchiandosi come un gatto.
Lux sorrise – “Forse
era meglio mi fidanzassi con lui, più adeguato alla mia età” – stette al gioco,
senza entusiasmo – “E poi è un tipo molto affascinante”
“Senza dubbio, però
Zayn è sempre stato contorto o forse no?” – Boo aggrottò la fronte, arrossendo.
“Ci siamo comportati
tutti come dei pazzi, sai …? Io per primo”
“Tu volevi amore,
come ognuno di noi” – replicò secco.
Lux scrollò il capo
stanco – “No, io sono stato un buffone, immaturo, irascibile”
“Ti dispiace così
tanto, da volere tornare indietro? Lo rivuoi nella tua vita?” – chiese calmo.
“Come se Zayn fosse
stato mio …” – inspirò – “Si starà già consolando con Liam? Farebbe bene, sia
chiaro”
“Non ne ho idea, ma c’era
parecchia inquietudine nella sua reazione, in hotel … Forse ci teneva a te, più
di quanto credessi”
“Non tornerò
indietro, Zayn non si merita uno come me, esaurito ad essere benevoli”
“Tu sei a posto, hai
reagito male, questo è vero, ma sei fatto di debolezze, come ogni essere umano
Vincent” – e gli diede una carezza.
“Tu sei il mio amore
Louis e non potrò mai averti: forse è questo, che mi ha spinto su quella
montagna, più delle mancate certezze, da parte di Zayn”
“Credevo avessimo
superato certi … ostacoli del cuore” – e lo abbracciò.
Lux si perse nel suo
gesto, più da figlio, che da amante.
“Ti voglio bene mon
petit …”
“Non smettere mai di
dirmelo e di esserci per noi … So che sarai orgoglioso della mia felicità, se
mai riuscirò a riprendermela accanto ad Harry e Petra” – sorrise onesto.
“Se ti lasciasse
andare, Harry sarebbe più folle di me … Assolutamente.”
ZAYN
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