L’angolo
dell’autrice.
Ciao a
tutti, prima che Zen volga alla fine, la settimana prossima e sempre che non mi
rapiscano gli alieni, per poi dare spazio alla mia nuova long LIFE (ultimo
seguito di tutte le precedenti long, quasi quasi ve lo prometto), siete
avvisati, eccovi una piccola cosa, che dedico a chi ama il fandom Farrelleto,
dopo questi giorni un po’ così, dove forse qualcosa è successo o, più
verosimilmente, doveva succedere tra gli eterni protagonisti, di una storia,
che, secondo me e non solo, ha ancora parecchio da dire e rivelare. Buona
visione da Meg XD
Il vostro
tedio, sempre XD
Short
fic – A little piece of my heart
CAPITOLO
1
“Ok, ora sono qui,
parliamo”
Jared Joseph Leto lo
disse stizzito.
L’essere più
incantevole, che questo pianeta avesse conosciuto: in questo modo, Colin James
Farrell, lo aveva descritto ad un vecchio pescatore, intento ad rappezzare
reti, al molo di Capri, pochi giorni prima.
Quell’anziano e
simpatico omino, forse neppure sapeva chi fosse l’irlandese, tanto meno questo
tale Jared Leto, ma la storia era simpatica, anche se non capiva un h, di ciò
che diceva l’attore, rapito dai colori del tramonto.
Sembravano così
simili, a quelli del Marocco, secoli prima.
L’isola del golfo
partenopeo, in compenso, era stata una meta preferita da entrambi gli artisti,
a pochi giorni di distanza l’uno dall’altro, in uno scherzo pericoloso, fatto
di attese e delusioni, da parte di Farrell e di un giochetto, ormai alla
frutta, da parte di Leto.
Erano al punto zero.
Di nuovo.
Le e-mail scambiate
di getto, la settimana precedente l’impegno italiano, per uno spot, che Colin
avrebbe girato a Stromboli, furono una sorpresa per quest’ultimo.
Jared lo aveva
cercato, dopo mesi, anzi più di un anno e mezzo, per confidargli il proprio
malessere, il dolore per ciò che stava accadendo all’adorato fratello Shannon.
Leto senior era
caduto nel baratro dell’alcolismo e della dipendenza da alcuni farmaci, assunti
inizialmente per curare i suoi mal di schiena, sempre più ricorrenti.
Un intervento non era
bastato a risolvere i suoi problemi di salute ed il precipitare verso rimedi
alternativi e pericolosi, un passo che Shan aveva fatto anche troppo svelto.
Jared sapeva che l’unica
persona al mondo in grado di capirlo e di non compatirlo, sarebbe stata Colin.
Colin che aveva
passato gli inferni più assurdi, dai quali proprio Jared l’aveva salvato, in
più occasioni e senza mai ricevere la giusta gratitudine.
Anche per questo, la
loro storia non aveva funzionato mai per davvero.
Un’agonia.
Altro termine non
suonava più consono a quel fallimento continuo, preso, mollato e ripreso, in
dodici anni almeno di ripicche, ritorni, passione, sregolatezza e naufragio di
ogni buon sentimento reciproco.
Ad un certo punto non
si odiavano neppure più.
Si evitavano, si
ignoravano, non esistevano, semplicemente questo.
“Tu vuoi prendermi in
giro, vero Jared?” – chiese secco Farrell, in piedi nel mezzo del living, all’interno
della sua casa in Los Feliz.
Los Angeles non
apparteneva a nessuno dei due.
Jared, uno spirito
libero, un nomade, Colin un irlandese di razza pura, che sarebbe morto nella
sua Dublino, lo diceva sempre.
Restava in California
per non allontanarsi dai figli.
Quei tesori, per i quali
Jared aveva conosciuto periodi di gioia e coinvolgimento, nel caso del
primogenito James, ma anche di vergogna ed umiliazione, dopo la nascita di
Henry.
Altro bel casino, mai
risolto.
“In che senso?” –
ridacchiò il cantante, andandosi a sedere sul bracciolo di un costoso divano in
pelle avorio.
Ci avevano scopato un
sacco di volte, lì sopra.
Lo fissò per un
istante interminabile, assorto in quei ricordi scabrosi.
Una fitta allo
stomaco, gli fece fare persino una smorfia.
“Cos’hai adesso?”
“Vorrei solo un po’ d’acqua
…” – bissò senza scomporsi, ma nel cuore aveva come un chiodo, che la tenerezza
e la premura innate di Colin, avevano appena mosso, facendo risanguinare la
ferita, di quell’amore impossibile, mai cicatrizzatasi.
Farrell gli porse il
bicchiere, senza mai smettere di guardarlo: non gli sarebbe ricapitato tanto
presto, pensò, di averlo lì, così vicino, da poterlo toccare, senza riuscire a
farlo.
“Grazie … Non volevo
farti incazzare, comunque”
“Ti ho aspettato, perché
mi hai dato buca? Al mio arrivo, la tua telefonata, dopo i messaggi, mi
sembrava così rassicurante, che non riuscivo a crederci!” – sbottò, riprendendo
colore e rabbia.
“Ho avuto da fare, il
tour …”
“E poi ci sei andato?
Sapevi che non c’ero, che dovevo tornare per quel contratto, te lo avevo
spiegato o parlo Arabo, Jay!?!”
“Ti ho raggiunto,
come vedi” – prese fiato ed avrebbe voluto solo andarsene.
“Ovvio, devi suonare
qui o sbaglio?”
“Non direi, le tappe”
“Ma cosa mi frega del
tuo tour del cazzo!!”
Leto scattò in piedi,
buttando il bicchiere di lato, mandandolo in frantumi.
“Meno male che fai
yoga, sembri la solita bestia, sai??!!” – alzò anche lui la voce.
Erano incazzati neri,
perché non funzionava niente.
“Io sono cambiato,
solo tu non vuoi accettarlo e continui ad insultarmi, a prendermi per il culo!!!”
“Ti frega così tanto
di quello che dicono i nostri amici, quelli che sanno??!”
Farrell si ossigenò,
provando a calmarsi, gli occhi lucidi, il petto tremante.
Si schiantò su di una
poltrona, le mani tra i capelli.
Era bellissimo,
nuovamente in forma, dopo un breve periodo di sovrappeso per un ruolo,
abbronzato, liscio, tonico, il suo corpo si vedeva dalla camicia quasi totalmente
aperta, persino i suoi piedi scalzi, erano sensuali, perfetti.
“Voglio liberarmi …
Voglio vivere, Jared, IO voglio vivere e volevo farlo vicino a te, possibile
che il mio discorso non ti sia arrivato forte e chiaro …?” – disse svilito.
Leto si irrigidì,
inginocchiandosi poi per raccogliere i cocci di vetro.
“Lascia stare Jay, lo
faccio io dopo …” – ormai stava piangendo, composto, dignitoso.
“Smettila di …”
“Di frignare?”
Il suo ruggito sembrò
riconsolidarsi, dalla gola alla bocca, tesa in un’espressione rigida e
sofferente.
“No … Io dicevo …”
“Devo smetterla di
parlare di coming out? Argomento scomodo, per la tua preziosa carriera, eh
Jared?!”
Il suo sarcasmo
traboccava veleno, tanto valeva farsi male, male per l’ultima volta.
“Tu … Tu non sei
connesso, non hai memoria Colin … Mi vieni a sbattere in faccia questa storia
del coming out, dopo che mi hai usato e buttato via un sacco di volte e”
“MA QUELLO ERA IL
PASSATO!!!”
Sembrò un tuono,
dirompente di frustrazione.
Leto deglutì a vuoto.
“Non si cancella, il passato, Colin” – ribatté fermo e
statico, ad un metro da lui, di nuovo in piedi.
“Noi … Noi siamo
stati anche felici Jared …”
“Non abbastanza” –
scosse la testa, raccogliendo a coda i lunghi capelli.
Si era rasato in
parte quella barba abbondante, che quasi gli nascondeva il viso angelico.
I suoi zaffiri erano
come spenti.
“Quando ci abbiamo
riprovato, noi”
“Dopo che hai
lasciato quella puttana? Dopo che mi hai negato un minimo di sostegno, mentre
io annegavo nei debiti e tu sperperavi milioni in stronzate??!”
Questa volta era Leto
a sfogarsi, a raccogliere le forze, per opporre una giusta resistenza al
desiderio soffocante di baciare Colin, di farsi stringere da lui, di sentirselo
dentro, dopo mesi che non faceva l’amore, semmai scopava, con qualche amico di
passaggio o ragazza compiacente, in cerca di una foto, di un po’ di pubblicità:
usava, venendo riusato.
Che squallore, avrà
pensato Farrell: questo Jared se lo chiedeva sempre.
Dopo.
“Ti ho chiesto scusa
milioni di volte e … E se ti ho negato il mio appoggio, il mio maledetto
denaro, ecco, è successo in periodi in cui ci tradivamo, quando non funzionava
un cazzo tra noi Jay … Poi le cose sono cambiate, non puoi negarlo, ma tu non
eri pronto, tu dovevi pensare alla tua carriera
… E’ stato difficile accettarlo”
“Dimmi una cosa: ti
rode il mio successo?”
Farrell inclinò la
testa, inarcando leggermente il sopracciglio sinistro.
Doveva ficcarselo nel
cuore, Jared era cambiato.
Lo stava guardando,
infatti, come se non lo riconoscesse affatto.
“Ne sono stato
orgoglioso, lo ammetto, però ora me ne fai dispiacere, lo riconosco Jay” –
replicò gelido.
Ora era lui a volere
che se ne andasse; non ne sopportava più la vista ed i suoi occhi scuri,
probabilmente, rivelavano la sua emozione in maniera talmente palese, che Leto fece
un passo indietro, come colpito a morte.
“Devo andare Cole”
“Sì, lo so.”
I passi.
La porta si apre.
La porta di chiude.
Il lampeggiante del
cancelletto sul retro si accende ed un riverbero arancio invade la stanza, in
quella sera, sul principio di un agosto mite.
Colin si versa una
cola, la ingurgita in un unico sorso, la gola arsa dal livore, dalla sconfitta.
E’ tempo di muoversi,
di fare ciò che vuole da un pezzo.
Trovarsi qualcuno da
amare, anche se non come era successo con Jared, anche il primo che capita, per
quanto è inferocito.
Chiunque.
Subito.
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