venerdì 25 luglio 2014

Short fic – A little piece of my heart - CAPITOLO 1

L’angolo dell’autrice.
Ciao a tutti, prima che Zen volga alla fine, la settimana prossima e sempre che non mi rapiscano gli alieni, per poi dare spazio alla mia nuova long LIFE (ultimo seguito di tutte le precedenti long, quasi quasi ve lo prometto), siete avvisati, eccovi una piccola cosa, che dedico a chi ama il fandom Farrelleto, dopo questi giorni un po’ così, dove forse qualcosa è successo o, più verosimilmente, doveva succedere tra gli eterni protagonisti, di una storia, che, secondo me e non solo, ha ancora parecchio da dire e rivelare. Buona visione da Meg XD
Il vostro tedio, sempre XD


Short fic – A little piece of my heart



CAPITOLO 1


“Ok, ora sono qui, parliamo”

Jared Joseph Leto lo disse stizzito.
L’essere più incantevole, che questo pianeta avesse conosciuto: in questo modo, Colin James Farrell, lo aveva descritto ad un vecchio pescatore, intento ad rappezzare reti, al molo di Capri, pochi giorni prima.

Quell’anziano e simpatico omino, forse neppure sapeva chi fosse l’irlandese, tanto meno questo tale Jared Leto, ma la storia era simpatica, anche se non capiva un h, di ciò che diceva l’attore, rapito dai colori del tramonto.

Sembravano così simili, a quelli del Marocco, secoli prima.

L’isola del golfo partenopeo, in compenso, era stata una meta preferita da entrambi gli artisti, a pochi giorni di distanza l’uno dall’altro, in uno scherzo pericoloso, fatto di attese e delusioni, da parte di Farrell e di un giochetto, ormai alla frutta, da parte di Leto.

Erano al punto zero.
Di nuovo.

Le e-mail scambiate di getto, la settimana precedente l’impegno italiano, per uno spot, che Colin avrebbe girato a Stromboli, furono una sorpresa per quest’ultimo.

Jared lo aveva cercato, dopo mesi, anzi più di un anno e mezzo, per confidargli il proprio malessere, il dolore per ciò che stava accadendo all’adorato fratello Shannon.

Leto senior era caduto nel baratro dell’alcolismo e della dipendenza da alcuni farmaci, assunti inizialmente per curare i suoi mal di schiena, sempre più ricorrenti.

Un intervento non era bastato a risolvere i suoi problemi di salute ed il precipitare verso rimedi alternativi e pericolosi, un passo che Shan aveva fatto anche troppo svelto.


Jared sapeva che l’unica persona al mondo in grado di capirlo e di non compatirlo, sarebbe stata Colin.

Colin che aveva passato gli inferni più assurdi, dai quali proprio Jared l’aveva salvato, in più occasioni e senza mai ricevere la giusta gratitudine.

Anche per questo, la loro storia non aveva funzionato mai per davvero.
Un’agonia.

Altro termine non suonava più consono a quel fallimento continuo, preso, mollato e ripreso, in dodici anni almeno di ripicche, ritorni, passione, sregolatezza e naufragio di ogni buon sentimento reciproco.

Ad un certo punto non si odiavano neppure più.
Si evitavano, si ignoravano, non esistevano, semplicemente questo.


“Tu vuoi prendermi in giro, vero Jared?” – chiese secco Farrell, in piedi nel mezzo del living, all’interno della sua casa in Los Feliz.

Los Angeles non apparteneva a nessuno dei due.
Jared, uno spirito libero, un nomade, Colin un irlandese di razza pura, che sarebbe morto nella sua Dublino, lo diceva sempre.

Restava in California per non allontanarsi dai figli.
Quei tesori, per i quali Jared aveva conosciuto periodi di gioia e coinvolgimento, nel caso del primogenito James, ma anche di vergogna ed umiliazione, dopo la nascita di Henry.

Altro bel casino, mai risolto.


“In che senso?” – ridacchiò il cantante, andandosi a sedere sul bracciolo di un costoso divano in pelle avorio.

Ci avevano scopato un sacco di volte, lì sopra.
Lo fissò per un istante interminabile, assorto in quei ricordi scabrosi.
Una fitta allo stomaco, gli fece fare persino una smorfia.

“Cos’hai adesso?”

“Vorrei solo un po’ d’acqua …” – bissò senza scomporsi, ma nel cuore aveva come un chiodo, che la tenerezza e la premura innate di Colin, avevano appena mosso, facendo risanguinare la ferita, di quell’amore impossibile, mai cicatrizzatasi.

Farrell gli porse il bicchiere, senza mai smettere di guardarlo: non gli sarebbe ricapitato tanto presto, pensò, di averlo lì, così vicino, da poterlo toccare, senza riuscire a farlo.

“Grazie … Non volevo farti incazzare, comunque”

“Ti ho aspettato, perché mi hai dato buca? Al mio arrivo, la tua telefonata, dopo i messaggi, mi sembrava così rassicurante, che non riuscivo a crederci!” – sbottò, riprendendo colore e rabbia.

“Ho avuto da fare, il tour …”

“E poi ci sei andato? Sapevi che non c’ero, che dovevo tornare per quel contratto, te lo avevo spiegato o parlo Arabo, Jay!?!”

“Ti ho raggiunto, come vedi” – prese fiato ed avrebbe voluto solo andarsene.

“Ovvio, devi suonare qui o sbaglio?”

“Non direi, le tappe”

“Ma cosa mi frega del tuo tour del cazzo!!”

Leto scattò in piedi, buttando il bicchiere di lato, mandandolo in frantumi.

“Meno male che fai yoga, sembri la solita bestia, sai??!!” – alzò anche lui la voce.

Erano incazzati neri, perché non funzionava niente.

“Io sono cambiato, solo tu non vuoi accettarlo e continui ad insultarmi, a prendermi per il culo!!!”

“Ti frega così tanto di quello che dicono i nostri amici, quelli che sanno??!”

Farrell si ossigenò, provando a calmarsi, gli occhi lucidi, il petto tremante.

Si schiantò su di una poltrona, le mani tra i capelli.

Era bellissimo, nuovamente in forma, dopo un breve periodo di sovrappeso per un ruolo, abbronzato, liscio, tonico, il suo corpo si vedeva dalla camicia quasi totalmente aperta, persino i suoi piedi scalzi, erano sensuali, perfetti.

“Voglio liberarmi … Voglio vivere, Jared, IO voglio vivere e volevo farlo vicino a te, possibile che il mio discorso non ti sia arrivato forte e chiaro …?” – disse svilito.

Leto si irrigidì, inginocchiandosi poi per raccogliere i cocci di vetro.

“Lascia stare Jay, lo faccio io dopo …” – ormai stava piangendo, composto, dignitoso.

“Smettila di …”

“Di frignare?”

Il suo ruggito sembrò riconsolidarsi, dalla gola alla bocca, tesa in un’espressione rigida e sofferente.

“No … Io dicevo …”

“Devo smetterla di parlare di coming out? Argomento scomodo, per la tua preziosa carriera, eh Jared?!”

Il suo sarcasmo traboccava veleno, tanto valeva farsi male, male per l’ultima volta.

“Tu … Tu non sei connesso, non hai memoria Colin … Mi vieni a sbattere in faccia questa storia del coming out, dopo che mi hai usato e buttato via un sacco di volte e”

“MA QUELLO ERA IL PASSATO!!!”

Sembrò un tuono, dirompente di frustrazione.

Leto deglutì a vuoto.

“Non si cancella, il passato, Colin” – ribatté fermo e statico, ad un metro da lui, di nuovo in piedi.

“Noi … Noi siamo stati anche felici Jared …”

“Non abbastanza” – scosse la testa, raccogliendo a coda i lunghi capelli.

Si era rasato in parte quella barba abbondante, che quasi gli nascondeva il viso angelico.

I suoi zaffiri erano come spenti.

“Quando ci abbiamo riprovato, noi”

“Dopo che hai lasciato quella puttana? Dopo che mi hai negato un minimo di sostegno, mentre io annegavo nei debiti e tu sperperavi milioni in stronzate??!”

Questa volta era Leto a sfogarsi, a raccogliere le forze, per opporre una giusta resistenza al desiderio soffocante di baciare Colin, di farsi stringere da lui, di sentirselo dentro, dopo mesi che non faceva l’amore, semmai scopava, con qualche amico di passaggio o ragazza compiacente, in cerca di una foto, di un po’ di pubblicità: usava, venendo riusato.

Che squallore, avrà pensato Farrell: questo Jared se lo chiedeva sempre.
Dopo.


“Ti ho chiesto scusa milioni di volte e … E se ti ho negato il mio appoggio, il mio maledetto denaro, ecco, è successo in periodi in cui ci tradivamo, quando non funzionava un cazzo tra noi Jay … Poi le cose sono cambiate, non puoi negarlo, ma tu non eri pronto, tu dovevi pensare alla tua carriera … E’ stato difficile accettarlo”

“Dimmi una cosa: ti rode il mio successo?”

Farrell inclinò la testa, inarcando leggermente il sopracciglio sinistro.

Doveva ficcarselo nel cuore, Jared era cambiato.

Lo stava guardando, infatti, come se non lo riconoscesse affatto.

“Ne sono stato orgoglioso, lo ammetto, però ora me ne fai dispiacere, lo riconosco Jay” – replicò gelido.

Ora era lui a volere che se ne andasse; non ne sopportava più la vista ed i suoi occhi scuri, probabilmente, rivelavano la sua emozione in maniera talmente palese, che Leto fece un passo indietro, come colpito a morte.

“Devo andare Cole”

“Sì, lo so.”

I passi.

La porta si apre.

La porta di chiude.

Il lampeggiante del cancelletto sul retro si accende ed un riverbero arancio invade la stanza, in quella sera, sul principio di un agosto mite.

Colin si versa una cola, la ingurgita in un unico sorso, la gola arsa dal livore, dalla sconfitta.

E’ tempo di muoversi, di fare ciò che vuole da un pezzo.

Trovarsi qualcuno da amare, anche se non come era successo con Jared, anche il primo che capita, per quanto è inferocito.

Chiunque.

Subito.









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