One
shot – L’assenza di te
Budapest,
aprile 2014
Pov Jude Law
Il sapore della moquette è
più o meno uguale in tutti gli alberghi dove sono stato.
La mia guancia sinistra,
sempre la stessa incollata al pavimento, quando sono ubriaco, si raggrinzisce
all’indentro, seguendo la piega della mia bocca storta.
Dalla stessa scende un
rivolo di saliva e mi faccio schifo, Dio non sa quanto.
I passi di Ben, poco
distante, sono nervosi e discontinui: è al telefono con qualcuno e sono entrambi
incazzati, dal tono delle loro voci.
Quella del suo
interlocutore è talmente squillante, che posso avvertirla, anche se la mia
testa sta scoppiando ormai.
I muri si sciolgono, poi
si annebbiano: ho la nausea, devo riuscire ad arrivare al bagno anche senza
Ben.
Lui, non ne può più di me,
questo lo so da un pezzo.
Abbiamo fatto sesso due
settimane fa, per noia, per disperazione.
Ben c’è sempre quando
tocco il fondo ed è l’unico con il quale vado a letto da sobrio, da quando
Robert ed io ci siamo lasciati.
Il resto di chi si fa
scopare da me, oltre ad essere di genere femminile, penso non mi abbia mai
visto sobrio.
Ora non so con chi sta
parlando, a bassa voce, improvvisamente.
Sembra incredulo per
qualche cosa.
Bussano, ma io sono già
con la faccia nella tazza del water.
Mi sto svuotando, come se
ci fosse ancora qualcosa in me.
Vivo alla giornata,
accettando lavori e copioni, che anche non mi interessano, come questo.
Sento passi diversi e poi
la porta, che si chiude di nuovo.
Quindi silenzio.
I suoi piedi, li
riconoscerei tra mille, con o senza scarpe.
Questa cosa lo faceva
sempre ridere e lui non mi credeva mai.
Mai abbastanza, anche che
lo amavo più della mia stessa vita: non sono stato capace di farmi prendere sul
serio.
Forse.
Robert è qui, non so bene
come, non so per quale miracolo.
Mi afferra per le spalle,
poi le sue ali intorno al petto, cerca di tirarmi su, ma mi lamento, piagnucolo
e lui mi manda al diavolo.
Giustamente.
Arriviamo sul letto e
sento il suo fiato sul collo, le sue parole esasperate, le sue lacrime.
Sono riverso e tutto gira.
Mi dà una spinta,
probabilmente per non farmi cadere sul tappeto e riportarmi al centro, ma a me
andrebbero bene anche le botte, pure di avere le sue mani su di me.
Di nuovo.
In qualsiasi modo; non mi
importa.
Continua a chiedermi perché.
Perché bevo.
Perché faccio l’idiota in
mezzo a sconosciuti, che, prontamente, hanno registrato la mia squallida
performance in un bar, dove ho bevuto sino a stordirmi.
Nel pomeriggio, una e-mail
di Guy mi annunciava l’ennesimo rimando delle riprese di Holmes 3.
Ci eravamo visti a Los
Angeles a marzo e con Robert eravamo stati civili, amichevoli, del resto gli
accordi erano questi.
Li avevo dovuti accettare,
per non perderlo del tutto.
“Questa
relazione, Jude, sta compromettendo il mio equilibrio … Cerca di capire, non
guardarmi in quel modo”
Era gennaio, un incontro
fugace a Londra, nella casa che ci siamo comprati, ora in vendita.
Come i miei giorni: che
qualcuno se li prenda pure, non ho più niente, senza Robert.
“E
come dovrei guardarti, Rob? Stai distruggendo la mia vita e sembra non
importartene: non vedi l’ora di andare via, di chiudere con me”
“No,
non è assolutamente così: io ti amo, ma non possiamo stare insieme e tu lo sai”
“Io
lo so …?! IO so soltanto che ce la metterei tutta per fare funzionare le cose!
Del resto cosa diavolo avrei fatto sino a questo momento??!”
Ero fuori di me, però ciò
che dicevo gli scivolava addosso, era chiaro.
Lui aveva già deciso.
Anche per me.
Adesso siamo di nuovo qui.
Insieme e nudi.
Ho bevuto una caraffa di
caffè, poi ci siamo fatti una doccia.
Robert mi ha lavato, nel
silenzio di un imbarazzo devastante.
Almeno all’inizio.
Tra noi c’è stata una
confidenza estrema, da quando ci hanno presentati.
Conosciamo ogni centimetro
della nostra pelle, non solo per averci posato baci focosi e bagnati, identici
a quelli che ci suggellano ora, tra acqua, sapone e carezze affettuose.
Noi ci siamo sempre voluti
bene.
Un bene immenso.
Torniamo sotto le coperte.
Sto morendo di freddo o
solo perché già penso a quando se ne andrà.
È stata un’eccezione, uno
spiraglio di pietà e commiserazione, probabilmente.
“L’assenza di te, Robert,
mi sta consumando quanto un cancro”
Lo dico spontaneo, dopo
averlo scritto su di un diario, con molte altre cose, riflessioni, spesso
amare.
Il mondo non ha più
colori.
Sorrido quando vorrei
piangere.
Rido quando vorrei urlare.
Mi incazzo, per potere
stare zitto.
E pensare a lui.
Questo sono io, in mezzo
agli altri, dopo un inverno durante il quale siamo volati in ogni angolo del
mondo, per incontrarci e fare l’amore.
Dopo quel pomeriggio, in
cui siamo giunti ad un compromesso, in base al quale per i media il nostro
rapporto sarebbe stato idilliaco e goliardico, mentre per le rispettive
famiglie, solo amici.
Ottimi amici.
Certo.
Per i miei figli, tu sei
lo zio preferito.
Per Susan, tua moglie, io
resto l’altra metà di un ottimo business.
Insomma, tutti contenti,
no?
I miei pensieri tornano
lucidi, ma la tua bocca è così dentro la mia, come il tuo corpo, che mi sta
amando e trafiggendo.
Ti inclini, sopra di me,
sistemando le mie gambe intorno ai tuoi fianchi virtuosi ed instancabili.
Voglio perdermi in questa
illusione, perché te ne andrai.
Anche questa volta, non
faccio altro che ripetermelo.
Mi tocchi e questa
percezione va ben oltre la presa della tua mano sul mio membro.
Godi soffocato dal pianto,
chiedendomi perdono.
Sono confuso e non è
questo ciò che voglio.
Le tue scuse non mi
bastano e non serviranno a sanare il mio dolore.
E’ mattina.
Vorrei avere sognato, ma
tu sei ancora qui.
Dormi sereno, le tue dita
intrecciate alle mie.
Ci siamo assopiti in questo
modo, come la prima volta: non volevamo lasciarci mai.
Eppure è accaduto.
Apri gli occhi e mi baci,
ti avvinghi a me ed io ti stringo forte, non mi importa della rabbia, che
ancora mi logora l’anima.
Ti amo così tanto Robert …
Accarezzi le mie guance
ispide, mentre tu sei perfetto.
E bellissimo.
“Ero venuto a cercarti
Jude”
Lo dici, guardandomi,
anche se le tue labbra faticano a dividersi dalle mie.
“In che senso …?” – chiedo
smarrito nei tuoi occhi.
“Ti sarai chiesto cosa ci
facessi in Europa, anzi proprio qui”
“Hai ragione … Ed hai
chiamato Ben?”
“Sì per farti una
sorpresa, ma mi ha detto quanto era appena successo in quel locale: era
arrabbiato e deluso”
Ti siedi ed io aggiusto i
cuscini dietro la tua schiena liscia.
“Per una sbronza?”
“No, perché ti hanno
filmato”
Ora ricordo, ecco di cosa
ti lamentavi, mentre inveivi contro la mia stupidità.
Sorrido – “Tanto peggio di
così Rob … Un cadavere quante volte può morire ancora?”
Prendi fiato – “Da oggi
cambieranno molte cose: era per questo che volevo parlarti e non poteva essere
al telefono … Avevo programmato ogni dettaglio” – ti alzi e cerchi i tuoi
abiti, sparsi un po’ ovunque.
Torni
da me.
Hai preso qualcosa ed ora
me lo porgi.
E’ un anello, identico a
quello che indossi all’anulare destro.
“Il mondo si farà delle
domande Jude, vedendoli … Io voglio fartene una soltanto”
Mi scruti, sei adorabile,
sei tutto ciò che voglio Robert.
“Mi vuoi sposare Jude?”
Sei mesi dopo, Londra
ottobre 2014
Pov Robert Downey jr
Abbiamo iniziato a girare
Holmes 3 con il botto.
La notizia sul nostro matrimonio
ha fatto il giro del mondo, ma nessuno sembra prenderci sul serio.
Per i fans un delirio
amorevole, un’accoglienza più che positiva, ma anche loro non ci danno retta.
Jude ed io ne ridiamo,
leggendo articoli on line e scartando doni di nozze, spediti da ogni angolo del
pianeta.
Susan ed io abbiamo
divorziato, senza traumi e tragedie, solo che ci vediamo così spesso per il bambino
ed il lavoro, che persino la nostra separazione è diventata una barzelletta.
Il prossimo Natale ci
ritroveremo intorno ad un unico tavolo, ex, figli, fratelli, sorelle, genitori
e nonni: tutti ci hanno dimostrato amore e rispetto, annullando le nostre
paure, le nostre incertezze.
Sembrava tutto così
difficile, mentre invece era così semplice.
Vedere Jude sorridere ad
ogni risveglio, è un dono di sconfinata importanza, l’unico che questa
esistenza straordinaria sembrava avermi negato, ingannandomi.
Meravigliosamente.
The end
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