mercoledì 23 aprile 2014

ZEN - CAPITOLO N. 283

Capitolo n. 283 – zen



“Dove sei piccolo …?”

La voce di Harry, il suo fiato caldo, gli giunsero dritti nella gola e poi nello stomaco.
Louis era lì, perché il suo corpo, talmente preso e posseduto dal ritmo del compagno, non poteva distrarsi dal piacere assurdo, che lo faceva vibrare in ogni muscolo, tendendo nervi e pelle, come un arco esile, ma resistente.

Boo provava ad esserlo, da quando era al mondo.

Styles lo aveva accolto nel proprio mondo, fatto dello stesso dolore, ma anche della medesima speranza di riscatto.

La suite, le cui vetrate si affacciavano su di una New York fantastica, era uno dei numerosi dettagli della loro nuova vita, dell’affermazione raggiunta.

Camminavano ancora tenendosi per mano?
Da un tunnel buio ed umido, ad uno scenario fatto di lusso e promesse, forse non mantenute ancora del tutto.

Questo si chiedeva Louis, mentre Harry gli veniva dentro, senza aspettarlo.

Un sano egoismo, di cui Styles si scusò immediato, baciandogli la tempia sinistra.

“Perdonami … non ce la facevo più, ti desidero troppo Boo … troppo” – ansimò, girandolo a pancia sotto, per masturbarlo, mentre Louis si sollevava a carponi, confuso ed in crisi di ossigeno, accettando ulteriormente Harry, che lo aveva appena invaso per una seconda volta, senza esitare oltre.



Glam lo aveva guardato dormire sereno, quasi per l’intera notte.

Le ore di sonno erano sempre meno, per lui, che forse voleva vivere il più possibile, anche senza rimanere sveglio per le crisi.

Hiroki di tanto in tanto sorrideva, forse per un sogno, forse perché era un essere umano bellissimo.

Geffen lo aveva pensato dal primo istante, di un qualcosa di indefinibile.
Stava cogliendo l’occasione di viverlo, l’opportunità generosa e disinteressata, offertagli da quel giovane così carismatico ed innocente.

Hiroki era uscito da inferni, senza rimanerne realmente compromesso e devastato.

L’avvocato gli sfiorò la nuca con i polpastrelli tremolanti e freschi; Hiroki rise piano, appendendosi a Glam, come facevano i gemelli, Jay Jay e soprattutto Lula, quando esigevano la loro dose di coccole quotidiana.

L’uomo rise a propria volta, cullandolo.

“Come ti senti Glam? Hai digerito i miei intrugli?” – e lo guardò, con le iride liquide quanto quelle di Robert.

Geffen aveva pensato sia a lui che a Jared per ore, la vista perduta tra soffitto ed angoli ancora vuoti, di quelle stanze pulite minuziosamente.

“Sono ancora vivo … Andiamo a comprare dei mobili, che ne pensi? Ho un amico antiquario in città, apre presto …”

“Eh …? Veramente li avrei acquistati poco alla volta, con il mio lavoro … Se mai ne avrò uno” – si tirò su, spettinandosi la chioma castano scura.

“Rimediamo noi, con il tuo primo stipendio mi offrirai una cena, ok?” – scherzò pacato, con il terrore di dire qualcosa di offensivo.

“Allora dovrai vivere ancora cento anni!” – esclamò solare, dandogli poi un lungo bacio.

“Tesoro …” – Glam lo strinse energico, dopo.

Hiroki serrò le palpebre, per impedire ad un pianto incipiente di rovinare quel momento.

“D’accordo Glam, ma giusto l’essenziale …”

“In perfetto stile giapponese dunque, è l’ideale, no?”

Hiroki annuì, fuggendo via con un – “Vado a prepararmi! Pensi tu alla colazione?”

“Sì, ci proverò …” – e, con un sospiro, Geffen arrivò sino in cucina, già attrezzata a dovere, per imbastire un tè decente e qualche fetta di dolce, avanzata dalla sera prima.

Il suono del cellulare lo distrasse.

Era Jared.

“Ehi … Qual buon vento?”

“Ciao Glam, sei ancora da Hiroki?” – domandò lui con un sorriso.

“Ok, beccato in flagrante …”

“Lo sapevo sai?” – proseguì dolce il cantante – “So che avrà cura di te, durante questo soggiorno fuori programma …”

“Lo è in effetti, ma ci sono anche Harry e famiglia nei paraggi … a sorpresa direi”

“Abbiamo improvvisato un po’ tutti”

“Tutto a posto in Irlanda?”

“Sì, siamo al cottage, con Eamon e Steven, in una convalescenza generale direi” – rise allegro.

“Sei stato male Jay …?”

“No …” – arrossì – “Era un modo di dire … Non so bene neppure cosa” – inspirò più serio.

“Domani rientro a Palm Springs”

“Con Hiroki?”

“Non ne ho idea tesoro, lui abita qui e cerca un’occupazione, ha mille progetti” – spiegò trafficando con tazze e vassoi.

“Ti ha dato altra droga?” – domandò a bassa voce, ma diretto.

“Sì Jared”

Mentire non sarebbe servito a niente.

“Quanta?”

“Una dose e ne avanza un’ultima, che non so se chiedergli o meno, lui non se ne fa nulla”

“A quale scopo? Bruciarti le ultime cellule sane Glam? Per sentirti in forma quanto? Un paio di giorni? O di notti?” – insistette, più diretto ed aspro.

“La tua gelosia è così gratificante Jared …” – tossì sconsolato.

“Si tratta di buon senso!”

“E cosa dovrei farmene eh Jared? A me non resta molta scelta e di solito quello si usa quando si ha un futuro”

“Glam”

“E poi guarda, mi deprime piangermi addosso, anche se esprimo unicamente la realtà di questi ultimi mesi”

“Ti prego … Io non volevo farti incazzare …”

“Tu mi fai stare bene, invece, non immagini quanto Jay” – replicò sincero, sentendo la voce di Leto nella propria testa ed al centro del petto, come una sensazione irrinunciabile.

Una forma di felicità, che aveva conosciuto con lui e basta.

“Ti voglio così bene Glam …”

“Anch’io Jay”

“Devo tornare dagli altri … Andiamo a fare una passeggiata nei boschi”

“Non perderti come la volta scorsa” – Geffen sorrise bonario.

“Ci proverò … Tu abbi cura di te e salutami Hiroki”

“Siete simili … Ed unici, come ogni essere umano”

“E tu sei … speciale, non ringrazierò mai abbastanza il destino per averti incontrato Glam”

Era estremamente complicato andare avanti in quella conversazione, almeno quanto chiuderla, ma accadde, con un arrivederci un po’ sofferto.



Jude balzò giù dal lettino di Scott, stiracchiandosi come un gatto appagato.

“Gli esami vanno bene, la forma pure, vedo …” – osservò il medico, guardando l’attore mentre si rivestiva.

“In effetti sto alla grande con questo rene artificiale, che, quasi quasi, mi farei sostituire anche quello che mi resta” – rise, fermando i polsini con due gemelli d’oro massiccio e brillanti.

La tinta panna della casacca faceva risaltare la sua abbronzatura di quasi quarantanovenne rinato.

“Non te lo consiglio Jude … Come sta Robert?”

Law inspirò – “Malinconico ed appassionato … Voglio girare un nuovo film con lui, ne abbiamo un disperato bisogno, di distrarci, staccare la spina ed andarcene da Los Angeles per un po’, anche se non me lo permetterà … Ed anch’io non lo voglio affatto” – rivelò assorto, accomodandosi.

“Per Glam?”

“Certo, assolutamente … Con Jared e Colin ci siamo impegnati ad assisterlo sino alla fine … Qualunque essa sia”

“Non voglio arrendermi con lui … Con questo cancro così infimo …”

“So che è a New York, ieri Rob ha ricevuto una sua e-mail un po’ vaga …”

“Spero non faccia sciocchezze, ma con Glam non si può mai sapere” – rise amaro.



Harry gli lavò i capelli con cura, mentre Louis faceva altrettanto con Petra, riuniti nell’enorme vasca ad idromassaggio, il cui funzionamento faceva ridere la cucciola, sempre più vivace ed integrata nelle abitudini di quel nucleo, che l’aveva accolta con affetto assoluto.

“Ok asciughiamo queste zazzere!” – esclamò il pupillo di Geffen.

“Va bene … Su principessa, basta bolle”

“Boo prendi tu il phon?”

“Certo … andiamo sul lettone?”

“Andiamo …” – e lo scrutò innamorato, per poi avvolgere entrambi, con un orgoglio, che Styles non poteva nascondere, anche se temeva di perdere quella felicità ad ogni risveglio.


Lux, dall’altra parte del mondo, stava aspettando in taxi che Adam scendesse per avviarsi all’aeroporto, indeciso sull’inviare a Louis un sms.

Jared aveva dato loro appuntamento a Dublino, dove avrebbe fatto un’audizione a Lambert presso lo studio di registrazione di un noto produttore.

Vincent voleva aggiornare son petit e, specialmente, chiarirgli il suo presente, onde evitare futuri equivoci, ma poi si chiese sino a che punto dovesse rendere conto a Boo di ciò che combinava, arrancando in giorni un po’ tutti uguali, a parte quelli dove Adam era subentrato, quasi per caso.

Il sorriso del giovane quasi lo investì, appena il cantante salì sull’auto – “Il ritardo è un mio difetto, quando si tratta di partire … Forse perché faccio sempre fatica ad abbandonare il mio ovetto rassicurante”

“Prima o poi occorre farlo, temo …” – sorrise mesto il francese.

“Problemi Vincent?” – chiese educato.

“Vorrei fare la cosa giusta con Louis …”

“Come hai fatto con me?” – sorrise ammiccando.

“Sarebbe …?”

“Solo amici” – ed arricciò il naso, un po’ buffo.

“Fosse così semplice”

“Basta volerlo, te lo garantisco” – e gli diede una pacca sulla gamba destra.

“Volerlo … Già … Non so se riuscirò ad essere tanto saggio”

“Conto su di te Vincent” – e, senza aggiungere una sillaba, l’artista si infilò le cuffiette nelle orecchie, ascoltando un pezzo, a tutto volume, proprio dei Mars.





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