lunedì 7 aprile 2014

ZEN - CAPITOLO N. 275

Capitolo n. 275 – zen



Lux lo guardava addentare quell’hamburger, come forse Jimmy prendeva a morsi anche la propria vita, da sempre.

Come quei cuccioli abbandonati, che cercano di accaparrarsi almeno un boccone, tra decine di rivali, da un piatto mezzo vuoto.

Quello di Scott gli era di sicuro sembrato appetibile e confortante, dopo tante amarezze, però lo stesso non era privo di insidie.

Queste avevano un nome ed un cognome: Glam Geffen.

Eppure Jimmy non lo odiava; lui, semmai, detestava il modo in cui Scott si faceva calpestare dal comportamento di colui il quale non era più soltanto il suo migliore amico; da un pezzo.

Era un ibrido, tra un amante, una dipendenza, mascherata di complicità.

Jimmy gliela aveva spiegata così, quella malattia di Scott, che curava tutti, tranne sé stesso.

“Capisco che di Glam nessuno guarisca” – sorrise amaro il ragazzino.

Sembrava Jacques, quando si lamentava della scuola, del meccanico, che gli aveva truccato il motorino, fregandogli troppa grana.

Del fatto, però, che quello stronzo gli avrebbe procurato una bella moto, a buon prezzo.
Già, maledetta moto.

E Jacques ci provava, tamponandosi la bocca umida di coca cola, a convincere il padre poliziotto, a farsi dare la differenza, per pagarla.
Il resto lo aveva risparmiato procurandosi dei lavoretti, trascurando la scuola, facendo incazzare Lux.

“Finisci il tuo panino, ne riparleremo a casa”

“No dai, dammi una risposta ora, Vincent!”

“Non potresti chiamarmi papà, una volta tanto, accidenti!”

Lux ringhiava, schiacciando la cicca nel posacene, mangiavano sempre all’aperto, anche se pioveva, come quella sera, sotto a delle tettoie posticce, fuori quel locale sempre pieno di gente, che non sapeva cucinare bene, come Vincent, o non ne aveva voglia di rincasare, quanto lui.

Jacques ci dormiva e ci studiava appena in quel bilocale a Parigi.

Jerome ci passava più tempo di lui, anche a sentire le lagnanze di Vincent davanti ad una birra.

“Gli manca la madre e tu come genitore fai un po’ schifo” – gli ridacchiava in faccia brillo, il più anziano e Lux grugniva, lo mandava al diavolo.

“E’ che facciamo un lavoro di merda Jer”


“Ehi Vincent” – Jimmy rise, schioccando le dita.

“Co cosa dicevi?”



Le mani di Colin erano sempre state più grandi delle sue.
Quelle di Jared, sempre più arrendevoli, rispetto a quelle dell’irlandese.

C’era più foga, in ogni gesto, anche poco coordinato, sia quando era sobrio, che quando era fatto, quell’irlandese dallo sguardo sfuggente, quando qualcosa gli faceva troppo male.

Leto lo stava scrutando, mentre Farrell pagava in anticipo la stanza dell’hotel.

Senza saperlo erano di fronte al locale, dove Vincent aveva portato Jimmy.


“Perché qui?” – chiese il cantante, dandogli le spalle, nella semioscurità della camera, dove erano saliti da poco.

“Perché no?” – sorrise in un tono torbido il marito.

Solo che era un gioco e non si conoscevano, altro che insieme da una vita.

“Facciamo finta di esserci incontrati per caso al mercato delle spezie, io ti abbordo e tu”

“Cole, ma sei pazzo?”

A momenti ci scopavano sotto quei portici semi deserti, venti minuti prima.

Tre stronzi stavano ancora scappando, spaventati da chissà cosa, però anche Jared, nel scorgerli oltre le colonne, passare sotto ai lampioni, venne scosso da un fremito di paura.

“Andiamo via da qui”

“Sì Jay, prendiamo una stanza, ti va?”

Leto annuì.

Ed ora erano lì, nella 326, sudati, avvinghiati, nudi e bellissimi, nel chiarore arancio della lampada in carta, accesa in un angolo da Colin.

“Perché voglio guardarti, mentre ti faccio godere Jay” – gli parlò nella bocca spalancata, mentre lo teneva fermo per i polsi, oltre la testa, spingendo e gemendo, con lui.

“Non sapevi il mio nome …” – sorrise a fatica, oppresso dalla cassa toracica in giù.

Stava venendo, senza nemmeno che Colin lo sfiorasse.

Si baciarono.
Stavano facendo troppo rumore.

“Ci cacceranno” – ridacchiò l’attore, tirandolo su, per sedersi al centro del materasso.

Provarono a calmarsi, però non era semplice.

Jared si tirò indietro i lunghi capelli, appoggiandosi poi con i palmi dietro ai fianchi, a cavalcioni sopra Colin, incastrato alle sue gambe incrociate.

Il suo busto, dorato e teso, inspirava ed espirava, in un movimento sensuale, mentre il leader dei Mars riprendeva fiato.

“Ho ancora voglia …”

“Un bel casino direi Jay”

“Non avevamo detto che”

“Io sono Colin”

“Io Jared”

Risero.

"Bene … prima ti fai il sottoscritto come un animale e adesso”

“Un animale Jay?” – replicò acceso, fissandolo ed umettandosi le labbra.

“Sì, dicevo prima mi illudi e poi dici che ci sono dei problemi

“Mai detto … E’ che ho finito i preservativi”

“I che? Che cazzo dici” – sussurrò stranito – “Tu ne hai usato uno, no perché non me ne sono accorto?!” – Jared parlava come una macchinetta, divertito e stando al gioco dell’altro.

“Improvvisavo”

“Oh ecco …” – e cominciò a masturbarlo, in equilibrio precario, ora, reggendosi solo con la mano sinistra sopra le lenzuola sporche di loro.

Farrell buttò indietro la testa madida, ossigenandosi – “Cazzo questo sì che mi piace”

“Che bestia” – bisbigliò Leto.

“La tua … e poi mi sa che anche tu non sei da meno …” – ansimò - “Del resto ti conosco appena …” – sorrise spavaldo, tornando a guardarlo ed a sbirciare ciò che Jared combinava tra le sue cosce muscolose.

“E’ un bello spettacolo, vero Colin? Tua moglie è brava quanto me?”

“Mai stato sposato … Forse ho un fidanzato …”

“Cornuto”

Risero come matti, precipitando di traverso, per intrecciarsi e darsi un bacio.

“Mi hai mollato sul più bello Jay …”

“Non scopo con gli uomini impegnati …”

“Allora sposami”

“Ci penserò” – e con un guizzo si infilò nella doccia poco distante, non senza che Farrell lo seguisse a ruota.



Lux si sciacquò la faccia.
La suite 426, all’attico, era l’unica rimasta libera.

Il bagno era spazioso, c’era persino la vasca ovale.
Jimmy ci aveva dato un’occhiata veloce, dicendo distratto – “Potremmo farcene uno”

“Cosa?”

“Un idromassaggio Vincent? Ti andrebbe?”

“Non so neppure perché siamo qui” – sospirò, andandosi a piazzare sul davanzale.

Il ragazzo si spogliò – “Facciamolo al buio, tu fai finta che io sia”

“Non sparare cazzate!” – lo interruppe brusco il francese, il cuore in gola.

Portarsi a letto uno che non fosse son petit, per giunta il compagno di Scott, era così assurdo.

“Ne abbiamo bisogno entrambi invece” – ribatté il giovane, risoluto.

“No … Io ho solo bisogno di dimenticare Louis, di andare avanti, di resettare l’ordine delle cose e dare un senso alle mie priorità, per esserne appagato e non schiacciato” – bissò schietto.

Jimmy sorrise, grattandosi la nuca – “Il tuo ragionamento non fa una piega, peccato tu non ci possa riuscire tanto facilmente”

“Non viverlo come un rifiuto, sei molto attraente, ma non è questa la soluzione, per me almeno” – e provò ad andarsene.

Jimmy lo trattenne per un braccio, mortificato.

“Non lasciarmi qui da solo …”

“Ti riporto all’accampamento”

“Non ci voglio tornare da Scott, dai suoi rimproveri, dalle sue paternali!” – protestò amaro, gli occhi lucidi.

“Cercati un ragazzo come te, non uno come Scott … Non funzionerà mai davvero, a me puoi credere” – e gli diede una carezza paterna sulla guancia sinistra.

“Ma io lo amo”

Lux sorrise, desiderando per un istante che al posto di Jimmy ci fosse Louis, a dirgli le stesse cose, scegliendo lui e non Harry.

Un sms lo distrasse.

§ Volevo darti la buona notte … Non so dove sei Vincent e non mi piace questa cosa. E sapere la verità, forse, mi piacerebbe ancora meno … Ti abbraccio, Lou §


“Che succede?” – domandò Jimmy, rivestendosi con calma.

“Rien ... c'est juste un fantôme”

“Un … fantasma?”

“Sì Jimmy … E mi perseguiterà sino alla fine dei miei giorni, se ogni volta mi sento morire così” – ammise lucido, quanto sconfortato.

“Andiamo …?”

“Pronto ad affrontare Scott, dunque?”

“No, me ne andrò a dormire sul camper … Niente prediche, almeno fino a domani” – ed uscirono.

In silenzio.









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