Capitolo n. 276 – zen
Kurt stava osservando
gli esercizi mattutini di Vas e Peter.
Ivan era poco
distante dai loro attrezzi, un’autentica palestra a cielo aperto, intento a
massaggiare Christopher, con lo stesso olio, usato da lui ed i suoi amici.
Rossi sorrise,
affiancandosi al consorte, sopra ad uno sdraio molto ampia.
“La vita di un
sovietico è disegnata sul suo corpo …” – disse pacato l’ex agente FBI.
“Davvero?”
“La mafia russa,
solitamente, incontra i propri affiliati nelle saune, proprio per leggerne il passato,
se sono stati in galera, a quale clan appartengono …” – spiegò, sorseggiando un
tè e dando poi un bacio tra i capelli a Kurt, che arrise alle sue attenzioni,
costanti e limpide.
“Sai un sacco di cose
Dave … Lo sospettavo”
“Si imparano
lavorando nel mio settore”
“Ti manca?”
Ed era un po’ come
volere dire se gli mancasse anche Spencer.
“Non ci penso da un
sacco di tempo, ad essere onesti”
E Rossi lo era a
pieno, onesto e solido.
“Peter è guarito
bene, David”
“Sì, per fortuna, Vas
ne sarebbe morto di dolore se lo avesse perso”
“So cosa vuole dire” –
e deglutì, avvolto poi dall’abbraccio dell’altro.
“Lo so anch’io
piccolo …” – inspirò, a palpebre chiuse.
“Vas ha qualcosa di
femminile … In alcuni gesti, anche se in mezzo a tutti quei muscoli non si
direbbe” – Kurt alleggerì il momento di malinconia.
“E’ un tipo dolce, ma
credo saprebbe essere spietato, in caso di necessità o se chi ama, fosse in
pericolo”
“Tu guardi troppi
film di spionaggio Dave”
Risero.
Downey si stiracchiò
appena fuori la tenda di Geffen, non senza sussultare appena Jude, alle sue
spalle, gli fece il solletico, facendolo poi girare verso la sua bocca, che non
gli risparmiò un bacio profondo.
Jared inarcò un
sopracciglio, avvicinandosi per salutarli.
“Ciao … Glam come si
sente?”
“Direi bene, gli ho
dato personalmente la sveglia” – rise Law – “E lui l’ha data a noi, con una
bella pedata ahahah Si sta facendo la barba …”
“Ok, allora vado a
preparargli la colazione …”
“Va bene Jay, a dopo”
– si congedò gentile Robert, per poi allontanarsi con un Jude di ottimo umore.
Leto scosse la testa,
poi varcò la soglia, percependo il buon odore della schiuma, usata dall’avvocato,
concentrato, in piedi, davanti allo specchio.
Era a torso nudo,
dalla vita in giù un telo bianco, a segnarne la figura smagrita, ma tonica ed
abbronzata.
L’apparenza era
rassicurante.
“Ehi buongiorno Jay …”
– lo accolse radioso.
“Glam … Ciao …
Aspetta, finisco io”
“Ok, ti ringrazio” –
e gli diede un bacio nel collo, lasciandoci qualche fiocco soffice e candido.
Geffen lo pulì con l’asciugamano,
che teneva appeso sulla spalla destra – “Aspetta … Ecco fatto” – sorrise,
fissandolo a breve distanza.
“Se avessi saputo che
facevi le ammucchiate, mi sarei unito a voi, con Colin” – gli bisbigliò il
cantante.
Glam rise piano – “Credo
che tu e lui abbiate fatto sul serio in questi giorni, mentre qui siamo stati
casti e puri”
“Sì, in effetti la
vacanza procede a gonfie vele in tale senso” – ed arrossì leggermente, mentre
passava l’usa e getta sugli zigomi di Geffen, che lo scrutava adorante.
“Lui avrà cura di te,
Jay ed io ne sono felice”
“Davvero …?” – chiese
a bassa voce, un po’ perplesso per quelle sue asserzioni.
Lula sembrò spuntare
dal nulla, ancora in pigiama, brandendo un rasoio giocattolo – “L’ho trovato
papi!” – rise – “Ciao zio Jay!!”
“Ciao amore … Che
combini?”
Il bimbo armeggiò con
la bomboletta, preparandosi a propria volta per una rasatura per finta.
“Non lo facevi mai,
con il tuo papà?” – domandò innocente soldino.
Jared perse un
battito.
“Sì … E’ capitato, ma
non insieme a lui … Non proprio” – e si morse le labbra, ricordando.
Geffen capì.
Jared si riferiva di
certo a quel bastardo, che prima lo illuse di essere un surrogato del genitore
perso prematuramente suicida e che poi abusò di lui, da adolescente.
Glam lo strinse a sé ed
il leader dei Mars trovò rifugio ancora una volta tra quelle ali, ritrovandosi
in un posto sicuro ed agognato.
Colin, testimone
silenzioso ed inerme di quel momento, preferì fare un passo indietro,
rimandando il proprio incontro con Geffen.
Inevitabilmente.
Vincent aspettò il
proprio turno seduto sopra la panchina, oltre la struttura da campo, adibita
alle docce maschili.
Per Sveva e Pam,
invece, c’era un camper dotato di ogni confort.
Louis uscì
raffazzonato, tamponandosi i capelli, già mezzi asciutti per il calore
circostante, quasi inciampando nel francese.
“Ehi mon petit,
bonjour”
“Ciao … Ma non potevi
entrare?” – Boo gli sorrise.
“Non mi sembrava il
caso, anche se è in comune …” – si giustificò, provando ad andarsene.
Louis glielo impedì
parandosi davanti al suo fisico inquieto e vibrante.
“Hai ricevuto il mio
messaggio?”
“Sì” – gli rispose
secco l’affarista, puntandolo con i suoi cieli, troppo simili a quelli di Boo,
per non fondersi nel suo sguardo.
“E non mi hai
risposto”
“Non fare il bambino,
Louis!” – sbottò, svicolando, senza riuscirvi.
Louis lo trattenne,
afferrandolo per i fianchi – “Dove scappi? Io non faccio il bambino, io ero
preoccupato per te!” – ribatté serio.
“Ero in città!” –
sibilò quasi, controllando che non arrivasse nessuno.
“A fare cosa?” –
bissò altrettanto cauto il giovane, senza alzare i toni.
Lux prese un respiro,
sentendosi in trappola, ma per nulla deciso a mentirgli.
“Ho salvato Jimmy da
tre stronzi, in strada, lui era lì per avere litigato con Scott, gli ho poi
offerto da bere e da mangiare, era sconvolto ed impaurito” – spiegò svelto.
Louis gli teneva
ancora le mani addosso e Vincent avrebbe voluto ricambiare quel gesto
vincolante e prezioso.
“Ok … Mi dispiace per
lui …” – replicò smarrito.
“Poi abbiamo preso
una camera, lui non voleva tornare qui ed io neppure” – proseguì asciutto, gli
occhi tristi, il viso tirato.
Boo deglutì a vuoto.
“Capisco …” – ed il
suo cuore andò in fiamme.
“Ho cambiato subito
idea, quando me lo sono ritrovato davanti senza vestiti, pronto a vendicarsi ed
a darmi ciò, che secondo lui, era un semplice conforto …” – sospirò sconfitto.
Due lacrime rigarono
le gote di Louis, che si sentì mancare, per il clima già torrido, nonostante
fosse ancora relativamente presto.
“Ti ho rovinato la
vita, Vincent …” – fece appena in tempo a dire, prima di accasciarsi.
“Louis!!”
Il sorriso di
Farrell, fu la prima cosa che vide.
Poi sentì le dita
strette ad altre dita ed erano quelle di Harry, inginocchiato al suo capezzale,
mentre Colin, seduto sul bordo del letto, gli passava delle pezze fresche sopra
la fronte.
“Ehi cucciolo, bentornato”
– gli sussurrò paterno l’irlandese.
Jared gli passò un’aranciata
fresca e Styles lo baciò sulla bocca un po’ disidratata, prima di dissetarlo a
pieno.
“Bevi tesoro, ma
senza fretta e non muovere il braccio, hai una flebo …” – gli disse piano il
marito, accarezzandolo dappertutto.
“Che mi è successo …?”
– domandò flebile, cercando con una rapida occhiata Lux.
“Un calo di
pressione, nulla di grave” – intervenne Scott, riponendo lo sfigmomanometro.
Jimmy gli passò
accanto, portando a Louis un vassoio con macedonia e ciambelle calde, preparate
da Pam, che era in un angolo a coccolare Petra, insieme a Sveva e Jay Jay.
“Ora devi anche
mangiare, ok?” – gli disse sorridente il ragazzo, ma Louis non ricambiò i suoi
modi amichevoli – “Dov’è Vincent?” – chiese secco, in compenso.
“Non ne ho idea …”
“Davvero Jimmy?” –
insistette brusco.
“Boo cosa ti prende …?”
– si intromise Styles, cogliendo la tensione tra loro.
“Nulla Haz, nulla …” –
e provò a tirarsi su, appoggiandosi a numerosi cuscini.
“Ok campione, adesso
fai rifornimento” – concluse Farrell, per poi invitare i presenti ad andarsene,
per lasciare tranquilla la coppia.
Nessuno esitò.
Geffen gli si
avvicinò, reggendosi sul bastone, che aveva recuperato, non fidandosi di quello
stato di grazia, che sembrava pervaderlo dall’arrivo in Egitto.
Lux stava scolando la
terza birra, tra le dune.
“Vuoi ubriacarti?” –
chiese Glam, sprofondando nella sabbia, riparati da un bell’ombrellone
colorato.
“Non con così poco …
Ci vuole di meglio” – bofonchiò distratto.
“Sì, lo immaginavo …
Che ne dici di questa?” – ed estrasse una bottiglietta di vodka dall’ampia
casacca multi tasche.
“Uh ottima scelta
vecchio mio … Sai che stavo per fottermi il ragazzino del tuo bel dottore?” –
biascicò, buttando giù una prima sorsata, non senza fare poi un grugnito.
Geffen rise.
“Forse avresti fatto
un favore ad entrambi, chi lo sa”
“Sono male assortiti,
l’ho detto anche a Jimmy!” – rivelò alticcio.
“Bella scoperta …
Come tu e Louis?”
Vincent lo spiò di
sguincio, esasperando un po’ il suo stato.
In fondo non era poi
così ubriaco.
“Mon petit ed io
eravamo perfetti” – mormorò con quell’emozione, che neppure il tempo o la
distanza, avrebbero mutato e tanto meno cancellato.
“Non esiste niente di
simile, tra gli esseri umani, intendo di perfetto od assoluto, siamo talmente
fragili ed inaffidabili …”
“Parla per te! E poi
sai che mi riferisco anche a toi e Jared, mi pare ovvio” – protestò, più
lucido.
Il suo accento faceva
sempre sorridere Glam, in senso buono.
“Come vuoi tu, ma
adesso datti una ripulita e vieni a tavola con noi Vincent” – disse rialzandosi
lento ed acciaccato.
L’affarista lo guardò
dal basso verso l’alto – “Tu non morirai mai … Santé!” – ed elevò un ipotetico
calice.
“Alla tua mon ami …
Alla tua.”
SCOTT
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