martedì 8 aprile 2014

ZEN - CAPITOLO N. 276

Capitolo n. 276 – zen



Kurt stava osservando gli esercizi mattutini di Vas e Peter.

Ivan era poco distante dai loro attrezzi, un’autentica palestra a cielo aperto, intento a massaggiare Christopher, con lo stesso olio, usato da lui ed i suoi amici.

Rossi sorrise, affiancandosi al consorte, sopra ad uno sdraio molto ampia.

“La vita di un sovietico è disegnata sul suo corpo …” – disse pacato l’ex agente FBI.

“Davvero?”

“La mafia russa, solitamente, incontra i propri affiliati nelle saune, proprio per leggerne il passato, se sono stati in galera, a quale clan appartengono …” – spiegò, sorseggiando un tè e dando poi un bacio tra i capelli a Kurt, che arrise alle sue attenzioni, costanti e limpide.

“Sai un sacco di cose Dave … Lo sospettavo”

“Si imparano lavorando nel mio settore”

“Ti manca?”

Ed era un po’ come volere dire se gli mancasse anche Spencer.

“Non ci penso da un sacco di tempo, ad essere onesti”

E Rossi lo era a pieno, onesto e solido.

“Peter è guarito bene, David”

“Sì, per fortuna, Vas ne sarebbe morto di dolore se lo avesse perso”

“So cosa vuole dire” – e deglutì, avvolto poi dall’abbraccio dell’altro.

“Lo so anch’io piccolo …” – inspirò, a palpebre chiuse.

“Vas ha qualcosa di femminile … In alcuni gesti, anche se in mezzo a tutti quei muscoli non si direbbe” – Kurt alleggerì il momento di malinconia.

“E’ un tipo dolce, ma credo saprebbe essere spietato, in caso di necessità o se chi ama, fosse in pericolo”

“Tu guardi troppi film di spionaggio Dave”

Risero.



Downey si stiracchiò appena fuori la tenda di Geffen, non senza sussultare appena Jude, alle sue spalle, gli fece il solletico, facendolo poi girare verso la sua bocca, che non gli risparmiò un bacio profondo.

Jared inarcò un sopracciglio, avvicinandosi per salutarli.

“Ciao … Glam come si sente?”

“Direi bene, gli ho dato personalmente la sveglia” – rise Law – “E lui l’ha data a noi, con una bella pedata ahahah Si sta facendo la barba …”

“Ok, allora vado a preparargli la colazione …”

“Va bene Jay, a dopo” – si congedò gentile Robert, per poi allontanarsi con un Jude di ottimo umore.


Leto scosse la testa, poi varcò la soglia, percependo il buon odore della schiuma, usata dall’avvocato, concentrato, in piedi, davanti allo specchio.

Era a torso nudo, dalla vita in giù un telo bianco, a segnarne la figura smagrita, ma tonica ed abbronzata.
L’apparenza era rassicurante.

“Ehi buongiorno Jay …” – lo accolse radioso.

“Glam … Ciao … Aspetta, finisco io”

“Ok, ti ringrazio” – e gli diede un bacio nel collo, lasciandoci qualche fiocco soffice e candido.

Geffen lo pulì con l’asciugamano, che teneva appeso sulla spalla destra – “Aspetta … Ecco fatto” – sorrise, fissandolo a breve distanza.

“Se avessi saputo che facevi le ammucchiate, mi sarei unito a voi, con Colin” – gli bisbigliò il cantante.

Glam rise piano – “Credo che tu e lui abbiate fatto sul serio in questi giorni, mentre qui siamo stati casti e puri”

“Sì, in effetti la vacanza procede a gonfie vele in tale senso” – ed arrossì leggermente, mentre passava l’usa e getta sugli zigomi di Geffen, che lo scrutava adorante.

“Lui avrà cura di te, Jay ed io ne sono felice”

“Davvero …?” – chiese a bassa voce, un po’ perplesso per quelle sue asserzioni.

Lula sembrò spuntare dal nulla, ancora in pigiama, brandendo un rasoio giocattolo – “L’ho trovato papi!” – rise – “Ciao zio Jay!!”

“Ciao amore … Che combini?”

Il bimbo armeggiò con la bomboletta, preparandosi a propria volta per una rasatura per finta.

“Non lo facevi mai, con il tuo papà?” – domandò innocente soldino.

Jared perse un battito.

“Sì … E’ capitato, ma non insieme a lui … Non proprio” – e si morse le labbra, ricordando.

Geffen capì.

Jared si riferiva di certo a quel bastardo, che prima lo illuse di essere un surrogato del genitore perso prematuramente suicida e che poi abusò di lui, da adolescente.

Glam lo strinse a sé ed il leader dei Mars trovò rifugio ancora una volta tra quelle ali, ritrovandosi in un posto sicuro ed agognato.

Colin, testimone silenzioso ed inerme di quel momento, preferì fare un passo indietro, rimandando il proprio incontro con Geffen.
Inevitabilmente.



Vincent aspettò il proprio turno seduto sopra la panchina, oltre la struttura da campo, adibita alle docce maschili.

Per Sveva e Pam, invece, c’era un camper dotato di ogni confort.

Louis uscì raffazzonato, tamponandosi i capelli, già mezzi asciutti per il calore circostante, quasi inciampando nel francese.

“Ehi mon petit, bonjour”

“Ciao … Ma non potevi entrare?” – Boo gli sorrise.

“Non mi sembrava il caso, anche se è in comune …” – si giustificò, provando ad andarsene.

Louis glielo impedì parandosi davanti al suo fisico inquieto e vibrante.

“Hai ricevuto il mio messaggio?”

“Sì” – gli rispose secco l’affarista, puntandolo con i suoi cieli, troppo simili a quelli di Boo, per non fondersi nel suo sguardo.

“E non mi hai risposto”

“Non fare il bambino, Louis!” – sbottò, svicolando, senza riuscirvi.

Louis lo trattenne, afferrandolo per i fianchi – “Dove scappi? Io non faccio il bambino, io ero preoccupato per te!” – ribatté serio.

“Ero in città!” – sibilò quasi, controllando che non arrivasse nessuno.

“A fare cosa?” – bissò altrettanto cauto il giovane, senza alzare i toni.

Lux prese un respiro, sentendosi in trappola, ma per nulla deciso a mentirgli.

“Ho salvato Jimmy da tre stronzi, in strada, lui era lì per avere litigato con Scott, gli ho poi offerto da bere e da mangiare, era sconvolto ed impaurito” – spiegò svelto.

Louis gli teneva ancora le mani addosso e Vincent avrebbe voluto ricambiare quel gesto vincolante e prezioso.

“Ok … Mi dispiace per lui …” – replicò smarrito.

“Poi abbiamo preso una camera, lui non voleva tornare qui ed io neppure” – proseguì asciutto, gli occhi tristi, il viso tirato.

Boo deglutì a vuoto.

“Capisco …” – ed il suo cuore andò in fiamme.

“Ho cambiato subito idea, quando me lo sono ritrovato davanti senza vestiti, pronto a vendicarsi ed a darmi ciò, che secondo lui, era un semplice conforto …” – sospirò sconfitto.

Due lacrime rigarono le gote di Louis, che si sentì mancare, per il clima già torrido, nonostante fosse ancora relativamente presto.

“Ti ho rovinato la vita, Vincent …” – fece appena in tempo a dire, prima di accasciarsi.

“Louis!!”



Il sorriso di Farrell, fu la prima cosa che vide.
Poi sentì le dita strette ad altre dita ed erano quelle di Harry, inginocchiato al suo capezzale, mentre Colin, seduto sul bordo del letto, gli passava delle pezze fresche sopra la fronte.

“Ehi cucciolo, bentornato” – gli sussurrò paterno l’irlandese.

Jared gli passò un’aranciata fresca e Styles lo baciò sulla bocca un po’ disidratata, prima di dissetarlo a pieno.

“Bevi tesoro, ma senza fretta e non muovere il braccio, hai una flebo …” – gli disse piano il marito, accarezzandolo dappertutto.

“Che mi è successo …?” – domandò flebile, cercando con una rapida occhiata Lux.

“Un calo di pressione, nulla di grave” – intervenne Scott, riponendo lo sfigmomanometro.

Jimmy gli passò accanto, portando a Louis un vassoio con macedonia e ciambelle calde, preparate da Pam, che era in un angolo a coccolare Petra, insieme a Sveva e Jay Jay.

“Ora devi anche mangiare, ok?” – gli disse sorridente il ragazzo, ma Louis non ricambiò i suoi modi amichevoli – “Dov’è Vincent?” – chiese secco, in compenso.

“Non ne ho idea …”

“Davvero Jimmy?” – insistette brusco.

“Boo cosa ti prende …?” – si intromise Styles, cogliendo la tensione tra loro.

“Nulla Haz, nulla …” – e provò a tirarsi su, appoggiandosi a numerosi cuscini.

“Ok campione, adesso fai rifornimento” – concluse Farrell, per poi invitare i presenti ad andarsene, per lasciare tranquilla la coppia.

Nessuno esitò.



Geffen gli si avvicinò, reggendosi sul bastone, che aveva recuperato, non fidandosi di quello stato di grazia, che sembrava pervaderlo dall’arrivo in Egitto.

Lux stava scolando la terza birra, tra le dune.

“Vuoi ubriacarti?” – chiese Glam, sprofondando nella sabbia, riparati da un bell’ombrellone colorato.

“Non con così poco … Ci vuole di meglio” – bofonchiò distratto.

“Sì, lo immaginavo … Che ne dici di questa?” – ed estrasse una bottiglietta di vodka dall’ampia casacca multi tasche.

“Uh ottima scelta vecchio mio … Sai che stavo per fottermi il ragazzino del tuo bel dottore?” – biascicò, buttando giù una prima sorsata, non senza fare poi un grugnito.

Geffen rise.

“Forse avresti fatto un favore ad entrambi, chi lo sa”

“Sono male assortiti, l’ho detto anche a Jimmy!” – rivelò alticcio.

“Bella scoperta … Come tu e Louis?”

Vincent lo spiò di sguincio, esasperando un po’ il suo stato.

In fondo non era poi così ubriaco.

“Mon petit ed io eravamo perfetti” – mormorò con quell’emozione, che neppure il tempo o la distanza, avrebbero mutato e tanto meno cancellato.

“Non esiste niente di simile, tra gli esseri umani, intendo di perfetto od assoluto, siamo talmente fragili ed inaffidabili …”

“Parla per te! E poi sai che mi riferisco anche a toi e Jared, mi pare ovvio” – protestò, più lucido.

Il suo accento faceva sempre sorridere Glam, in senso buono.

“Come vuoi tu, ma adesso datti una ripulita e vieni a tavola con noi Vincent” – disse rialzandosi lento ed acciaccato.

L’affarista lo guardò dal basso verso l’alto – “Tu non morirai mai … Santé!” – ed elevò un ipotetico calice.


“Alla tua mon ami … Alla tua.”






SCOTT

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