Capitolo n. 47 - zen
“Colin non puoi
andare più veloce?”
La richiesta di
Robert era carica d’angoscia, così come lo sguardo, che Farrell gli diede in
risposta, insieme a poche parole – “Il fondo stradale è ghiacciato, non voglio
ammazzarmi”
“Hai ragione, scusami”
– e, soffocando un singhiozzo, si rannicchiò sopra il sedile del suv, che li
stava portando al piccolo aeroporto, dal quale Jude sarebbe decollato verso
destinazione ignota.
“Spencer, c’è una
persona che vuole salutarti …”
Il sorriso di Derek
fece capolino sulla soglia della loro camera.
Reid si era coricato,
in preda a brividi ed un’acuta faringite.
Le sue tonsille non
gli davano tregua dall’infanzia e l’idea di rimuoverle, non lo sfiorava nemmeno.
Detestava i camici
bianchi.
“Ehi campione, hai
preso freddo?”
La voce pacata di
Rossi lo avvolse con la proverbiale accortezza, che il veterano dell’FBI usava
con lui.
“Dave … ciao!” – il suo
sorriso radioso, fu l’accoglienza migliore.
L’uomo adorava
Spencer, era come un figlio.
Era anche oltre.
“Cosa mi combini?” –
rise, abbracciandolo, dopo essersi seduto sul bordo.
“Rovino la vacanza al
mio fidanzato” – replicò roco e buffo.
Indossava una t-shirt
di Morgan, in cui letteralmente ballava.
Rossi gli segnò le
sopracciglia con il pollice sinistro, poi gli diede un buffetto.
“Scotti”
“Sì … ho preso delle
pastiglie, ma non funzionano”
“Adesso riposati”
“Ci sono novità a
Quantico?”
“Siamo sulle tracce
di un serial killer, avvistato a San Diego. Stavo andando là, ma ho fatto una
deviazione, sino a domani mattina”
“Wow … Dobbiamo
venirci anche Morgan ed io?” – domandò perplesso.
“No, non sono qui per
questo, volevo salutarvi, mi mancavate” – sorrise bonario, guardando Derek, in
palese ansia per il suo ragazzino.
“Anche tu” – disse schernendosi
nel cuscino Spencer, cercando poi la mano di Rossi, per stringerla
affettuosamente.
“L’uscita è questa
per l’imbarco, si tratta di un air bus, Robert”
“Jude dev’essere in
coda … ma non lo vedo” – disse agitato, scendendo dall’auto.
Colin scrutò il via
vai verso l’aereo, notando Jude ormai in prossimità della scaletta.
“Eccolo!” – ed indicò
l’amico con l’indice destro, dando uno strattone a Downey, che a quel punto si
precipitò verso i cancelli.
Farrell rimase
immobile, poi notò che Robert stava litigando con un addetto della compagnia,
che tentava di spiegargli il divieto di accesso per chi, come lui, era
sprovvisto di biglietto.
L’americano
desistette rabbioso, per poi dirigersi verso la recinzione più vicina al
settore dove Jude stava ormai ritirando la propria carta d’imbarco, appena
controllata da un’avvenente hostess.
“JUDE!!”
Il suo urlo l’avrebbero
sentito fino in Alabama, probabilmente.
L’inglese strizzò le
palpebre, in direzione di quel suono così famigliare, poi tremò, facendo cadere
sul cemento il borsone da viaggio.
Esitò per pochi
secondi, poi, con gli occhi di Robert piantati addosso, così carichi di
disperazione e solitudine, si avviò verso di lui.
Scott fece uno sbuffo
simatico, rimestando la cioccolata calda, offertagli da Glam.
“Che c’è?” – domandò l’avvocato.
“No mi chiedevo”
“Ti prego Scotty, non
adesso” – ringhiò sfinito.
“Ma scusa Glam”
“Alla reception mi
hanno detto che Matt è tornato a casa nostra, contento lui”
“Veramente io pensavo
a Jude” – ribatté secco.
“Jude … ?”
“Non lo sai?”
“Sì … cioè … prima ho
incrociato Jared e mi ha spiegato cosa è successo, ma Robert si è fatto
accompagnare da Colin all’aeroporto, quindi rientreranno a breve, dopo essersi
chiariti”
“Per come ho visto
Law, ne dubito”
“Credi …?”
Geffen notò un
signore distinto avvicinarsi a loro.
“Buonasera, lei è un
medico, vero?” – chiese, rivolgendosi a Scott in maniera educata.
“Sì … ha bisogno di
me?”
“Mi chiamo David
Rossi ed un mio collega sta male, è alloggiato qui, si chiama Spencer Reid. Può
visitarlo?”
“Spencer?” – si intromise
Geffen.
“Sì, lo conosce …?”
“Certo. Sono Glam
Geffen: Morgan e Reid stanno indagando su di me.”
“Geffen …? Non mi
risulta”
“Diciamo che stanno
collaborando con la polizia californiana … Questo non è di alcun rilievo, pensiamo
al ragazzo, d’accordo Scott?”
“Recupero la
valigetta e la seguo”
“La ringrazio …”
“Posso aggregarmi?” –
chiese Glam, fissando Rossi.
“Come vuole … In ogni
caso lei non si ricorda di me?”
“No … dovrei?”
“Un congresso, nel 2005
mi pare, sulle reazioni dei coniugi nell’ambito dei divorzi meno pacifici …”
Glam aggrottò la
fronte.
“Lei intrattenne la
platea con un mini show, illustrando come ad Hollywood nessuno torceva un
capello alla consorte e viceversa, per svariati motivi piuttosto ridanciani e
grotteschi” – disse serio.
“Sì, tipico del
sottoscritto, so fare il buffone come nessuno, mi creda” – bissò inaspettato.
“No, fu divertente
invece, glielo assicuro, signor Geffen”
Le dita di Robert
erano avvinghiate alla rete metallica, intirizzite e screpolate.
“Jude …”
“Ehi …” – ormai era
appiccicato anche lui a quella barriera tra loro, le falangi intersecate a
quelle del compagno, i palmi sigillati.
“Tesoro … No-non
andare … ti supplico” – implorò lieve, sfigurato dalle lacrime, che copiose
scendevano, ora, anche sulle gote arrossate di Law.
Il biondo appoggiò la
tempia sinistra al metallo, ricevendo un bacio umido e vibrante.
Cercò poi la bocca di
Robert, che trovò un varco, nello spazio limitato di quel rombo in acciaio, per
condividere un contatto ulteriormente bagnato e ferroso, insieme a Jude.
Il suo Jude, che se
ne stava andando via.
“Per sempre …” –
mormorò, guardando Downey.
“Jude io …”
“Ti amerò per sempre
Rob, ma non fermarmi adesso, non servirebbe a niente e ci distruggeremmo ancora
di più”
Sembrò volare via,
distaccandosi senza traumatizzarlo, come se fosse un’ultima, infinita carezza,
completata da un bacio intenso, ma breve, come la distanza con quel jet, che lo
avrebbe portato chissà dove.
Robert non doveva saperlo.
Aveva due cellulari
ed il computer: chiunque lo avrebbe potuto raggiungere, ma solo in modo
virtuale.
Esigeva rispetto e
pace.
Li meritava, anche
secondo Downey, che stava scivolando verso l’asfalto luccicante di brina e
vento.
Colin lo raccolse,
costringendolo a non assistere al decollo.
Inutilmente.
Il buio sembrò inghiottire
le luci delle ali, rimescolandole alle stelle, ferme a custodire il suo
bellissimo angelo.
Jared seguì il
drappello di amici, in soccorso a Reid.
“Così lei è Rossi …
Spencer mi ha parlato di voi” – esordì sereno in ascensore, tenendo sul petto
Florelay.
“Di noi …?” – bissò gradevole.
Geffen lanciò un’occhiata
a Jared, che arrossì.
“Sì … lei lo
consiglia sempre al meglio”
“Ci provo” – rise leggero.
“Il vostro lavoro è”
“Orrendo” – sbottò Glam.
Dave annuì – “In
effetti abbiamo a che fare spesso con persone moleste e irrimediabilmente
disturbate”
“Come la capisco” –
sospirò l’avvocato, ricevendo una gomitata dal cantante.
In replica, Glam gli
sfiorò gli zigomi, posando poi un bacio delicato tra i capelli di Jared, prima
ed un secondo sul nasino di Flo, che rise, sgambettando.
“E’ stupenda … Non
trova, detective Rossi?”
“Sì, una meraviglia,
signor Geffen” – ribatté sornione e navigato.
Scott faceva l’indifferente,
inviando un sms a Jimmy, alla pista di pattinaggio con Tim e Kevin.
Nel corridoio
incrociarono Vassily, Peter e Lula, che si gettò tra le braccia di Glam appena
lo vide.
“Papiii!!”
“Soldino di cacio” –
rise, sollevandolo come se fosse una piuma.
“Ciao zii!”
“Lula ti presento
David Rossi, lavora con Spencer e Morgan”
“Ciao mr Rossi!” –
esordì adorabile.
“Ciao, piacere di
conoscerti.”
“Dove andate zio
Jay?!”
“Da Spencer, è malato
…”
“Oh … tanto?”
“Un brutto mal di
gola …”
“Allora ci vuole del
gelato!”
“Ci penso io” – disse
Vassily.
Rossi scrutava quel
drappello bene assortito, nonostante le curiose differenze tra i suoi
componenti.
C’era una solidarietà
innata e questo denotava un legame speciale, nonostante problemi e traumi di
ogni genere, dei quali David sapeva qualcosa, attraverso i giornali.
“Devo vomitare …
perdonami Colin”
Farrell inchiodò,
permettendo a Robert di scendere.
Gli andò poi vicino, sostenendolo.
Quella notte sembrava
non finire mai.
Mai.
Joe Mantegna è Dave Rossi
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