lunedì 4 febbraio 2013

ZEN - CAPITOLO N. 47



Capitolo n. 47  -  zen


“Colin non puoi andare più veloce?”
La richiesta di Robert era carica d’angoscia, così come lo sguardo, che Farrell gli diede in risposta, insieme a poche parole – “Il fondo stradale è ghiacciato, non voglio ammazzarmi”
“Hai ragione, scusami” – e, soffocando un singhiozzo, si rannicchiò sopra il sedile del suv, che li stava portando al piccolo aeroporto, dal quale Jude sarebbe decollato verso destinazione ignota.


“Spencer, c’è una persona che vuole salutarti …”
Il sorriso di Derek fece capolino sulla soglia della loro camera.
Reid si era coricato, in preda a brividi ed un’acuta faringite.
Le sue tonsille non gli davano tregua dall’infanzia e l’idea di rimuoverle, non lo sfiorava nemmeno.
Detestava i camici bianchi.

“Ehi campione, hai preso freddo?”
La voce pacata di Rossi lo avvolse con la proverbiale accortezza, che il veterano dell’FBI usava con lui.
“Dave … ciao!” – il suo sorriso radioso, fu l’accoglienza migliore.
L’uomo adorava Spencer, era come un figlio.
Era anche oltre.

“Cosa mi combini?” – rise, abbracciandolo, dopo essersi seduto sul bordo.
“Rovino la vacanza al mio fidanzato” – replicò roco e buffo.
Indossava una t-shirt di Morgan, in cui letteralmente ballava.
Rossi gli segnò le sopracciglia con il pollice sinistro, poi gli diede un buffetto.
“Scotti”
“Sì … ho preso delle pastiglie, ma non funzionano”
“Adesso riposati”
“Ci sono novità a Quantico?”
“Siamo sulle tracce di un serial killer, avvistato a San Diego. Stavo andando là, ma ho fatto una deviazione, sino a domani mattina”
“Wow … Dobbiamo venirci anche Morgan ed io?” – domandò perplesso.
“No, non sono qui per questo, volevo salutarvi, mi mancavate” – sorrise bonario, guardando Derek, in palese ansia per il suo ragazzino.
“Anche tu” – disse schernendosi nel cuscino Spencer, cercando poi la mano di Rossi, per stringerla affettuosamente.


“L’uscita è questa per l’imbarco, si tratta di un air bus, Robert”
“Jude dev’essere in coda … ma non lo vedo” – disse agitato, scendendo dall’auto.
Colin scrutò il via vai verso l’aereo, notando Jude ormai in prossimità della scaletta.
“Eccolo!” – ed indicò l’amico con l’indice destro, dando uno strattone a Downey, che a quel punto si precipitò verso i cancelli.
Farrell rimase immobile, poi notò che Robert stava litigando con un addetto della compagnia, che tentava di spiegargli il divieto di accesso per chi, come lui, era sprovvisto di biglietto.
L’americano desistette rabbioso, per poi dirigersi verso la recinzione più vicina al settore dove Jude stava ormai ritirando la propria carta d’imbarco, appena controllata da un’avvenente hostess.

“JUDE!!”
Il suo urlo l’avrebbero sentito fino in Alabama, probabilmente.
L’inglese strizzò le palpebre, in direzione di quel suono così famigliare, poi tremò, facendo cadere sul cemento il borsone da viaggio.
Esitò per pochi secondi, poi, con gli occhi di Robert piantati addosso, così carichi di disperazione e solitudine, si avviò verso di lui.


Scott fece uno sbuffo simatico, rimestando la cioccolata calda, offertagli da Glam.
“Che c’è?” – domandò l’avvocato.
“No mi chiedevo”
“Ti prego Scotty, non adesso” – ringhiò sfinito.
“Ma scusa Glam”
“Alla reception mi hanno detto che Matt è tornato a casa nostra, contento lui”
“Veramente io pensavo a Jude” – ribatté secco.
“Jude … ?”
“Non lo sai?”
“Sì … cioè … prima ho incrociato Jared e mi ha spiegato cosa è successo, ma Robert si è fatto accompagnare da Colin all’aeroporto, quindi rientreranno a breve, dopo essersi chiariti”
“Per come ho visto Law, ne dubito”
“Credi …?”

Geffen notò un signore distinto avvicinarsi a loro.
“Buonasera, lei è un medico, vero?” – chiese, rivolgendosi a Scott in maniera educata.
“Sì … ha bisogno di me?”
“Mi chiamo David Rossi ed un mio collega sta male, è alloggiato qui, si chiama Spencer Reid. Può visitarlo?”
“Spencer?” – si intromise Geffen.
“Sì, lo conosce …?”
“Certo. Sono Glam Geffen: Morgan e Reid stanno indagando su di me.”
“Geffen …? Non mi risulta”
“Diciamo che stanno collaborando con la polizia californiana … Questo non è di alcun rilievo, pensiamo al ragazzo, d’accordo Scott?”
“Recupero la valigetta e la seguo”
“La ringrazio …”
“Posso aggregarmi?” – chiese Glam, fissando Rossi.
“Come vuole … In ogni caso lei non si ricorda di me?”
“No … dovrei?”
“Un congresso, nel 2005 mi pare, sulle reazioni dei coniugi nell’ambito dei divorzi meno pacifici …”
Glam aggrottò la fronte.
“Lei intrattenne la platea con un mini show, illustrando come ad Hollywood nessuno torceva un capello alla consorte e viceversa, per svariati motivi piuttosto ridanciani e grotteschi” – disse serio.
“Sì, tipico del sottoscritto, so fare il buffone come nessuno, mi creda” – bissò inaspettato.
“No, fu divertente invece, glielo assicuro, signor Geffen”


Le dita di Robert erano avvinghiate alla rete metallica, intirizzite e screpolate.
“Jude …”
“Ehi …” – ormai era appiccicato anche lui a quella barriera tra loro, le falangi intersecate a quelle del compagno, i palmi sigillati.
“Tesoro … No-non andare … ti supplico” – implorò lieve, sfigurato dalle lacrime, che copiose scendevano, ora, anche sulle gote arrossate di Law.
Il biondo appoggiò la tempia sinistra al metallo, ricevendo un bacio umido e vibrante.
Cercò poi la bocca di Robert, che trovò un varco, nello spazio limitato di quel rombo in acciaio, per condividere un contatto ulteriormente bagnato e ferroso, insieme a Jude.
Il suo Jude, che se ne stava andando via.
“Per sempre …” – mormorò, guardando Downey.
“Jude io …”
“Ti amerò per sempre Rob, ma non fermarmi adesso, non servirebbe a niente e ci distruggeremmo ancora di più”
Sembrò volare via, distaccandosi senza traumatizzarlo, come se fosse un’ultima, infinita carezza, completata da un bacio intenso, ma breve, come la distanza con quel jet, che lo avrebbe portato chissà dove.
Robert non doveva saperlo.
Aveva due cellulari ed il computer: chiunque lo avrebbe potuto raggiungere, ma solo in modo virtuale.

Esigeva rispetto e pace.
Li meritava, anche secondo Downey, che stava scivolando verso l’asfalto luccicante di brina e vento.
Colin lo raccolse, costringendolo a non assistere al decollo.
Inutilmente.
Il buio sembrò inghiottire le luci delle ali, rimescolandole alle stelle, ferme a custodire il suo bellissimo angelo.


Jared seguì il drappello di amici, in soccorso a Reid.
“Così lei è Rossi … Spencer mi ha parlato di voi” – esordì sereno in ascensore, tenendo sul petto Florelay.
“Di noi …?” – bissò gradevole.
Geffen lanciò un’occhiata a Jared, che arrossì.
“Sì … lei lo consiglia sempre al meglio”
“Ci provo” – rise leggero.
“Il vostro lavoro è”
“Orrendo” – sbottò Glam.
Dave annuì – “In effetti abbiamo a che fare spesso con persone moleste e irrimediabilmente disturbate”
“Come la capisco” – sospirò l’avvocato, ricevendo una gomitata dal cantante.
In replica, Glam gli sfiorò gli zigomi, posando poi un bacio delicato tra i capelli di Jared, prima ed un secondo sul nasino di Flo, che rise, sgambettando.
“E’ stupenda … Non trova, detective Rossi?”
“Sì, una meraviglia, signor Geffen” – ribatté sornione e navigato.
Scott faceva l’indifferente, inviando un sms a Jimmy, alla pista di pattinaggio con Tim e Kevin.
Nel corridoio incrociarono Vassily, Peter e Lula, che si gettò tra le braccia di Glam appena lo vide.
“Papiii!!”
“Soldino di cacio” – rise, sollevandolo come se fosse una piuma.
“Ciao zii!”
“Lula ti presento David Rossi, lavora con Spencer e Morgan”
“Ciao mr Rossi!” – esordì adorabile.
“Ciao, piacere di conoscerti.”
“Dove andate zio Jay?!”
“Da Spencer, è malato …”
“Oh … tanto?”
“Un brutto mal di gola …”
“Allora ci vuole del gelato!”
“Ci penso io” – disse Vassily.

Rossi scrutava quel drappello bene assortito, nonostante le curiose differenze tra i suoi componenti.
C’era una solidarietà innata e questo denotava un legame speciale, nonostante problemi e traumi di ogni genere, dei quali David sapeva qualcosa, attraverso i giornali.


“Devo vomitare … perdonami Colin”
Farrell inchiodò, permettendo a Robert di scendere.
Gli andò poi vicino, sostenendolo.
Quella notte sembrava non finire mai.
Mai.



Joe Mantegna è Dave Rossi





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