lunedì 11 febbraio 2013

ZEN - CAPITOLO N. 51



 Capitolo n. 51  -  zen


Il viale di cipressi, che conduceva alla clinica Holman, era deserto.
In lontananza, in un parco dominato da querce secolari, Glam e David scorsero una serie di carrozzelle, alcune riunite intorno a dei tavoli, dove alcuni degenti giocavano a carte, altre più isolate, come quelle dove restava immobile il giudice Miller.

“Eccolo … Pensi ci riconoscerà?” – domandò incerto Geffen.
Rossi annuì.
“Come ti dicevo è vigile, nonostante il suo male lo stia letteralmente distruggendo, forse più dei dispiaceri personali.”

Una carriera brillante, la stima dell’intera comunità, ma una storia familiare densa di nubi e dubbi.
Il suo carattere forte, lo aveva portato ad isolarsi, sia dalla moglie, che dai due figli.
La tragedia di Alexander, infine, si diceva lo avesse lacerato, ma Rossi non ne era convinto.
Lo accennò a Glam.
“So che era omosessuale come Matt, i genitori lo denigrarono, spingendolo al suicidio, anche se il caso fu archiviato come semplice incidente automobilistico”
“E’ la stessa versione raccontatami da Matt, in fondo del suo gemello ho un vago ricordo, erano identici, anche se Alex sembrava più debole …” – sottolineò l’avvocato, ormai a pochi passi dal vecchio amico.


Jude non rispose subito all’ennesima chiamata di Robert.
Intorno a lui, un vocio chiassoso, che indusse l’americano a crederlo in un posto migliore del proprio.
“Ciao …” – disse emozionato, al solo ascoltare il respiro di Law.
“Scusa, ero impegnato … Buongiorno Robert, come state? La bimba?”
“Abbiamo chiuso i bagagli … si torna a casa … E tu?”
“Lavoro”
“Ah”
“C’è un tale casino … il regista non è sveglio per niente” – sorrise.
Downey chiuse gli occhi, immaginandolo con qualche costume di scena, senza sapere assolutamente cosa stesse combinando e soprattutto dove stesse girando.
“Hai firmato per quell’ingaggio che”
“No Rob” – lo interruppe – “E’ stata una proposta inattesa”
“Sì … certo …”
“Mi passi Camilla?”
Su quella richiesta, si sovrappose una voce femminile, poco distante – “Ehi bell’uomo torni in scena sì o no?” – colorata da un riso spontaneo ed acerbo.
“Te la passo … ma devi già andare?” – lo stomaco di Robert si arroventò.
“Sì, la saluto e stacco”
“Mi richiami Jude?”
“Vorrei mia figlia, adesso”
“Certo … scusami” – bissò, mortificato.
La bimba era sul divano, con Pamela, Drake e numerosi giocattoli.
Appena seppe che Jude era all’apparecchio, si precipitò felice.
Downey si fece bastare quella sua gioia, soffocando un pianto, che avrebbe turbato la piccola, inutilmente.


“Non posso crederci … il caro Geffen … canaglia”
Il suo ghigno aveva un che di simpatico.
“Giudice Miller …” – Glam arrise a quella maschera rugosa e densa di malinconia improvvisa.
Si strinsero la mano.
Rossi lo imitò, con la consueta educazione.

“Cosa vi spinge in questo ospizio?” – domandò roco, spostandosi verso una balaustra in pietra, affacciata su di un giardino di rose ed azalee.
“Devo parlarti di Matt …”
“Matt chi?”
“Di tuo figlio, Jeremy.”
“Anche se penserai sia ormai rincoglionito, so bene cosa succede a Los Angeles” – replicò brusco.
“Ok, lo sai … meglio” – Geffen scrollò le spalle.
“Appunto. Sta con te, l’ultima cosa che avrei creduto, come il resto.” – affermò severo.
“Punti di vista, Jeremy”
David rimase in silenzio, poi si sentì puntato da  Miller – “E lei sta zitto?”
“Giudice, la mia presenza non è casuale”
“Cos’ha combinato? Un guaio con l’FBI?”
“Vogliamo scoprirlo. Lei sa anche del caso Mendoza?”
“E questo che centra con Matt? Semmai riguarda mr super ego, qui presente!” – rise aspro.
“No, affatto!” – si intromise Glam – “Tuo figlio centra eccome!”
Miller si grattò la nuca.
“Ti ascolto, ma sii breve, mi annoio facilmente.”
“Matt mi sta ricattando, per un assassino che non ho compiuto, ma del quale lui ha prove tangibili, con cui mi ha inchiodato, imponendomi la sua presenza.” – spiegò con durezza.
“Stai scherzando? Matt non lo farebbe mai!”
“Il Matt che conoscevo io di certo no,  ma la versione più recente del tuo pupillo è ben diversa da quella che entrambi apprezzavamo!”
“Cosa stai farneticando, Geffen …?” – chiese intimorito, da qualcosa che Rossi non tardò a decifrare.
“Lei sa a cosa ci riferiamo, vero giudice?” – intervenne l’agente.
Miller si strofinò la faccia alterata, dando poi le spalle ai due uomini, sempre in piedi, roteando la sedia a rotelle verso un tavolo, dove finì per appoggiarsi con il palmo sinistro.

“Credevo fosse … guarito …” – disse sommesso.
Rossi si accomodò e così Glam.
“Guarito da cosa?”
“Lo tormenterà a vita …”
“Chi?” – insistette Geffen.
“Alexander, giusto giudice?” – asserì pacato David.
Glam lo scrutò, poi tornò a fissare l’anziano magistrato.
“Sì … E’ pane per i suoi denti, detective Rossi.”
“Doppia personalità, lo immaginavo, però lei deve chiarirci come sono andate le cose.”
“A quale scopo? Se Glam è innocente io”
“Lo deve fare per Matt, possiamo aiutarlo, non crede?”
“Sì, era ciò che credevo anch’io, ha ragione, sa?”
David inarcò un sopracciglio – “E sbagliava?”
“A questo punto, ciò che è stato fatto, risulta inutile.”
“Di che parla?”
Il vecchio inspirò greve, poi sembrò liberarsi da un peso, dall’espressione colta dai suoi interlocutori.
“Alexander si dimostrò arrogante sin dalla culla: strappava i giochi a Matt, certo penserete sia ridicolo questo aneddoto, ma colsi un che di inquietante nel suo confrontarsi perenne con il fratello. Arrivò a dominarlo, in ogni senso … Quando li sorpresi, avevano quattordici anni, rintanati in una soffitta della nostra casa, così … osceni!” – ruggì.
Quindi proseguì il suo racconto, commuovendosi.
“Matt forse non lo era neppure, però Alexander si vantava della propria omosessualità, ma non esisteva nessuno al di fuori del loro universo: niente relazioni, niente passioni, era morboso, possessivo, volgare … Il colmo è che tutti lo credevano esattamente l’opposto.”
“E’ vero … io per primo, da come li rammento durante l’adolescenza.”
“Infatti Glam, il tenero Alex, il cucciolo di mamma, un autentico mistificatore, un imbroglione, egocentrico, narcisista. Io dovevo fare qualcosa, Matt stava impazzendo e per poco non rischiò di morire …”
“Voleva uccidersi?”
“No agente Rossi: Matt si era invaghito di Geffen, penso tu lo sappia”
Glam annuì.
“Alex se ne accorse e lo ammazzò di botte”
“Questo quando?”
“Un anno e mezzo fa … Matt ritagliava degli articoli dai giornali, su Geffen appunto ed Alex trovò questo diario e poi … Poi la sua reazione fu smodata: Matt si sfogò, dicendogli che amava Glam e che avrebbe fatto qualsiasi cosa per ritrovarlo, per farsi amare da lui … Un delirio, forse, ma era talmente esasperato … Non so come riuscisse a lavorare, ad avere almeno uno spazio suo nella professione, ma Alex coltivava dei vizi, come le auto da corsa, le scommesse clandestine, il peggio delle abitudini immaginabili, che però lasciarono un minimo di respiro al povero Matt ...”
“Quindi lei intervenne?”
“Sì … Glam lo sa, ho sempre armeggiato con macchine di ogni epoca … il mio hobby mi permise di agire …”
Geffen schiuse le labbra, con stupore.
“Hai … hai ucciso tuo figlio?”
“Manomettere i freni della sua Porsche è stato terribilmente semplice … Raccolga questa confessione agente Rossi, in presenza del mio legale, che nomino seduta stante nel qui convenuto Glam Geffen” – disse quasi austero.
“Mio Dio Jeremy …”
“ERA L’UNICO MODO!!” – esplose.
“Giudice Miller, cosa avvenne in seguito?”
“Matt sembrò rinascere … Per non parlare di come fu felice di avere incontrato Glam in Costa Azzurra, mesi or sono … Mi disse che era un uomo simpatico, gentile, con tanti problemi, che lui avrebbe risolto, con infinito amore … Mi fece tenerezza, per la prima volta …”
“Non glielo ho mai permesso davvero …” – disse flebile Geffen.
“Infatti. Tutto sembrò precipitare, poco prima del mio ricovero. Venne a trovarmi, vaneggiando che lui era tornato … che era … dentro la sua anima, lo vedeva allo specchio, poi se ne andava, ma quando riappariva, la sua testa scoppiava … Non capii, non all’istante almeno.”
“Alexander e Matt sono divenuti un’unica persona, dall’indole completamente opposta.” – concluse quindi Rossi, prendendo appunti sul dossier del giovane.
“Jeremy tu dovevi cercarmi, ti avrei consigliato dei terapisti, per Alex innanzitutto, senza che tu …” – Glam non riusciva neppure a dirlo.
“I miei ragazzi erano e restano … maledetti” – sentenziò glaciale.

“Andiamocene.”
“Detective Rossi lei non”
“Ho raccolto le sue dichiarazioni: non penso fuggirà da qui.”


Robert posò le valigie nell’ingresso.
Viaggiò sopra al suv di Colin e Jared, senza proferire più di venti parole, da Aspen a Los Angeles.

Quando il campanello suonò, si precipitò ad aprire, dopo avere sistemato Camilla, esausta, nella prima poltrona disponibile del living.

Era Christopher.
“Ciao papà, bentornato”
Il suo sorriso era raggiante ed ansioso al tempo stesso.
Downey lo strinse forte.
“Jude ci ha … lasciati …” – singhiozzò in mezzo al suo torace spazioso.
Chris chiuse la blindata, senza fare troppo rumore.
Cullò per qualche minuto Robert, poi lo accompagnò verso la cucina.
“Ti preparo un caffè … Poi mi dirai come sono andate le cose, ok?” – mormorò dolce, senza staccarsi da Downey.
L’attore si sentì come in salvo, in quello stato di emarginazione così lacerante e senza sbocco, in cui Jude lo aveva abbandonato, inesorabilmente.



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