venerdì 8 febbraio 2013

ZEN - CAPITOLO N. 49



Capitolo n. 49 -  zen


Sembravano una famiglia.
Allegra, colorata, dove uno dei due padri era gioviale, affettuoso, con le sue grandi ali, capaci di abbracciarne più di uno, tra quei bimbi, che sembravano tutti figli suoi, mentre invece solo uno si poteva definire tale.
Il suo petto spazioso accoglieva l’ultima arrivata e poi la sua principessa, senza dimenticare la sorellina africana: Florelay, Isotta ed Amélie, cullate a turno dalle più adulte Rebecca e Violet.
Lula correva intorno al tavolo rotondo, raccogliendo le coccole di zio Jared, che per lui era anche un terzo papà, per poi tornare a stringersi a Geffen, che adorava quel convivio inaspettato, insieme ad uno degli uomini che aveva amato maggiormente, durante la sua esistenza sgangherata, ma satura di passioni di ogni genere.

“Altre notizie da Colin?” – chiese improvviso.
“No … a parte un sms di buonanotte. Era distrutto, dalla tensione e dal rammarico per Robert, non voglio nascondertelo” – replicò mesto.
Glam abbassò lo sguardo.
“Potresti darmi quell’indirizzo tesoro …?”


Reid era fradicio.
“Dave puoi prendergli un pigiama? Li ho messi sul divano, sono ancora confezionati, grazie”
“Certo … Ma dovrebbe farsi un bagno oppure una doccia, se ha sfebbrato, come credo” – disse tranquillo.
“Sì, ma non volevo svegliarlo …”
“So-sono sveglio …” – rantolò.
Morgan e Rossi sorrisero.
“Ehi … sei ancora tra noi?”
“Sì amore …” – e lo guardò, ridotto alla stregua di un pulcino bagnato.
“Spencer … sei bellissimo” – esordì ispirato l’agente di colore, spostandogli le ciocche scapigliate ed umide dalla fronte.
“Ehm … sono di troppo, ci vediamo a colazione, ok?” – li interruppe sereno Rossi.
Reid gli tese le mani – “Grazie per esserci stato vicino David … Tu, per noi, sei davvero importante … Vero Derek?”
“Sicuramente” – e gli sorrise radioso.
“Siete incredibili ragazzi …” – mormorò abbracciando entrambi, prima di andarsene.


Le molle della rete cigolarono.
“Anche tu non dormi, Colin?”
“E come si fa, è una tortura questo catorcio!” – bofonchiò, per poi farsi una sana risata.
Aveva scelto di salire al piano superiore di quel giaciglio a castello, più adatto a due adolescenti, di bassa statura, che a loro, nonostante non fossero dei giganti.
“Ora tolgo il materasso e mi piazzo sul pavimento!”
Lo disse e lo fece.
Downey sorrise, rannicchiandosi meglio sotto il piumino.
“Sei un po’ matto … simpatico, però matto da legare Colin” – rise a propria volta.
“Oh finalmente … Ti senti meglio?” – chiese speranzoso.
Robert sospirò – “Tiro avanti … Pensi che Jude mi telefonerà appena arrivato?”
“Non c’è dubbio … poi per Camilla, devi sapere dove si trova …”
“Ogni scelta dipende da lui … anche il mio futuro …”


Rossi incrociò Geffen nella hall.
“Avvocato … Posso parlarle?”
“Certo … In ogni caso, potremmo darci del tu?”
“Come vuole … come vuoi” – sorrise.
Il veterano dell’FBI brandiva un dossier, che Glam notò da subito.
“E’ il mio file?”
“No … Riguarda Matt. E’ da quando sono arrivato qui, che volevo parlarne insieme a te.”
“Capisco …” – replicò assorto.
“Più precisamente del padre, il giudice. Lo conosco ed ora è in una casa di riposo a San Diego, dove sono diretto per il caso che sta seguendo la mia squadra. Credo che lui possa darci delle risposte.”
“Non sapevo si trovasse lì … Matt non me l’ha mai detto”
“Sono sei mesi, non molto, però le sue condizioni mentali sono ottime, mentre il fisico lo sta abbandonando per una malattia degenerativa alle ossa.”
Geffen sorrise amaro.
“Voi sapete sempre tutto …”
“E’ il nostro lavoro Glam.”
“Devo prima fare una cosa, ma non sto scappando”
“Con questo tempaccio? … In quale modo pensi di muoverti da qui?”
“L’unico da queste parti, ma se vuoi tenermi compagnia sarai il benvenuto.”


Kevin diede un morso sulla nuca di Tim, che si ritrasse con uno scatto sgradevole.
Si erano coricati da poco e la serata era stata un mezzo disastro.
Il giovane sembrò preferire Jimmy, in qualsiasi conversazione, tagliando fuori sia il compagno che Scott, piuttosto irritato dal comportamento del suo partner.

“Cos’hai …?” – mormorò tra le sue scapole il bassista, con un tono piuttosto rassegnato.
“Nulla … sono stanco, abbiamo pattinato e”
“Sì, lo avete fatto” – sbottò, mettendosi seduto, cercando le sigarette nel giubbotto di Tim, che sembrò infastidito da quell’invasione nel suo privato.
“Ehi! … Chiedi prima, senza frugare!”
“Hai qualcosa da nascondere?!” – ribatté aspro, strappandogli dalle mani l’indumento, per verificare cosa gli nascondesse; in realtà niente.
Quando Kevin se ne rese conto, arrossì: “Perdonami è che …”
“E’ che sei il solito stronzo!! Non ti fiderai mai di me!!”
Tim si levò con una movenza felina, indossando jeans e maglione sopra al corpo nudo, nella penombra di quella camera, illuminata dal fuoco ormai spento all’interno del caminetto dalla forma ovale.
La sua sensualità era innata.
Kevin azzerò la distanza, afferrandolo per i polsi, costringendolo a ridosso della parete rivestita di legno grezzo, per baciarlo e spogliarlo con forza.
Infilando le mani tra il bordo dei pantaloni e la pelle del giovane, lo sentì bollente e bagnato, sensazione che si acuì, nel discendere tra i suoi glutei, palpandolo ovunque, sino a scoprirgli l’inguine, davanti al quale Kevin si inginocchiò, avido e brutale.
Tim si artigliò ai suoi capelli, per respingerlo, ma solo a parole, perché i suoi gesti lo attraevano maggiormente a sé.
Kevin cominciò a succhiare e pompare, dopo avere inghiottito la sua erezione perfetta: ansiti e tremiti di entrambi si fusero, come le rispettive lacrime, rabbiose ed acri, nei momenti in cui non riuscivano a capirsi e volersi bene.
Sembrò il passaggio di una tempesta, che culminò nell’orgasmo del giovane, incapace di reggersi in piedi, per le contrazioni ed il piacere assurdamente belli.
Quando crollò sul tappeto, Kevin si insinuò in lui, con una dolcezza esasperata dai suoi occhi, spalancati in quelli di Tim, che non voleva smettere di baciarlo.
Fecero l’amore a lungo, senza parlare; era superfluo.




I palmi di Geffen erano grandi ed accoglienti.
La sensazione, che ogni volta gli trasmettevano, non si sarebbe mai cancellata nel cuore di Downey.

“Dove stai andando Glam, con quell’uomo …?”
L’attore sbirciò ancora Rossi, seduto in fondo al corridoio, senza sapere chi fosse.

“Guarda me, piccolo …”
“Glam …”
“Ho letto la tua e-mail, prima di lasciare l’hotel …” – le sue iridi luccicarono, spiate da Colin, attraverso la porta socchiusa, della camera occupata insieme all’amico.
“E’ … è ciò che voglio … cre-credo …”
Geffen sorrise dolce – “Tu eri convinto, nell’istante in cui hai scritto quelle poche righe ed io sono qui per dirti che …” – strizzò le palpebre – “Che va bene così, amore mio” – le riaprì su di lui, inerme e fragile, tra le sue braccia vigorose.
Robert appoggiò la tempia sul petto di Glam, quel frammento gestuale era istintivo ed apparteneva al loro interagire amorevole da quando si erano detti quanto si adoravano.

“Io … io non ti potrò mai dimenticare” – singhiozzò, sentendo le mani di Geffen percorrergli lente la schiena, i fianchi, per poi risalire, intense, sino al suo collo, per un ultimo bacio.
Lo condivisero, percependo entrambi, le rispettive pulsazioni aumentare sino ad un limite pericoloso, ma inevitabile.

“Ciao Robert …”
“Glam …”

Farrell pianse, strangolato da una commozione ingestibile.

Rossi seguì Geffen, in un rispettoso silenzio, colpito da quel distacco così dolorosamente tangibile, da fargli capire parecchie cose su di lui e su quanto fosse innocente.




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