Capitolo n. 49 - zen
Sembravano una
famiglia.
Allegra, colorata,
dove uno dei due padri era gioviale, affettuoso, con le sue grandi ali, capaci
di abbracciarne più di uno, tra quei bimbi, che sembravano tutti figli suoi,
mentre invece solo uno si poteva definire tale.
Il suo petto spazioso
accoglieva l’ultima arrivata e poi la sua principessa, senza dimenticare la
sorellina africana: Florelay, Isotta ed Amélie, cullate a turno dalle più
adulte Rebecca e Violet.
Lula correva intorno
al tavolo rotondo, raccogliendo le coccole di zio Jared, che per lui era anche
un terzo papà, per poi tornare a stringersi a Geffen, che adorava quel convivio
inaspettato, insieme ad uno degli uomini che aveva amato maggiormente, durante
la sua esistenza sgangherata, ma satura di passioni di ogni genere.
“Altre notizie da
Colin?” – chiese improvviso.
“No … a parte un sms
di buonanotte. Era distrutto, dalla tensione e dal rammarico per Robert, non
voglio nascondertelo” – replicò mesto.
Glam abbassò lo
sguardo.
“Potresti darmi
quell’indirizzo tesoro …?”
Reid era fradicio.
“Dave puoi prendergli
un pigiama? Li ho messi sul divano, sono ancora confezionati, grazie”
“Certo … Ma dovrebbe
farsi un bagno oppure una doccia, se ha sfebbrato, come credo” – disse
tranquillo.
“Sì, ma non volevo
svegliarlo …”
“So-sono sveglio …” –
rantolò.
Morgan e Rossi
sorrisero.
“Ehi … sei ancora tra
noi?”
“Sì amore …” – e lo
guardò, ridotto alla stregua di un pulcino bagnato.
“Spencer … sei
bellissimo” – esordì ispirato l’agente di colore, spostandogli le ciocche
scapigliate ed umide dalla fronte.
“Ehm … sono di
troppo, ci vediamo a colazione, ok?” – li interruppe sereno Rossi.
Reid gli tese le mani
– “Grazie per esserci stato vicino David … Tu, per noi, sei davvero importante
… Vero Derek?”
“Sicuramente” – e gli
sorrise radioso.
“Siete incredibili
ragazzi …” – mormorò abbracciando entrambi, prima di andarsene.
Le molle della rete
cigolarono.
“Anche tu non dormi,
Colin?”
“E come si fa, è una
tortura questo catorcio!” – bofonchiò, per poi farsi una sana risata.
Aveva scelto di
salire al piano superiore di quel giaciglio a castello, più adatto a due
adolescenti, di bassa statura, che a loro, nonostante non fossero dei giganti.
“Ora tolgo il
materasso e mi piazzo sul pavimento!”
Lo disse e lo fece.
Downey sorrise,
rannicchiandosi meglio sotto il piumino.
“Sei un po’ matto …
simpatico, però matto da legare Colin” – rise a propria volta.
“Oh finalmente … Ti
senti meglio?” – chiese speranzoso.
Robert sospirò –
“Tiro avanti … Pensi che Jude mi telefonerà appena arrivato?”
“Non c’è dubbio … poi
per Camilla, devi sapere dove si trova …”
“Ogni scelta dipende
da lui … anche il mio futuro …”
Rossi incrociò Geffen
nella hall.
“Avvocato … Posso
parlarle?”
“Certo … In ogni
caso, potremmo darci del tu?”
“Come vuole … come
vuoi” – sorrise.
Il veterano dell’FBI
brandiva un dossier, che Glam notò da subito.
“E’ il mio file?”
“No … Riguarda Matt.
E’ da quando sono arrivato qui, che volevo parlarne insieme a te.”
“Capisco …” – replicò
assorto.
“Più precisamente del
padre, il giudice. Lo conosco ed ora è in una casa di riposo a San Diego, dove
sono diretto per il caso che sta seguendo la mia squadra. Credo che lui possa
darci delle risposte.”
“Non sapevo si trovasse
lì … Matt non me l’ha mai detto”
“Sono sei mesi, non
molto, però le sue condizioni mentali sono ottime, mentre il fisico lo sta
abbandonando per una malattia degenerativa alle ossa.”
Geffen sorrise amaro.
“Voi sapete sempre
tutto …”
“E’ il nostro lavoro
Glam.”
“Devo prima fare una
cosa, ma non sto scappando”
“Con questo
tempaccio? … In quale modo pensi di muoverti da qui?”
“L’unico da queste
parti, ma se vuoi tenermi compagnia sarai il benvenuto.”
Kevin diede un morso
sulla nuca di Tim, che si ritrasse con uno scatto sgradevole.
Si erano coricati da
poco e la serata era stata un mezzo disastro.
Il giovane sembrò preferire
Jimmy, in qualsiasi conversazione, tagliando fuori sia il compagno che Scott,
piuttosto irritato dal comportamento del suo partner.
“Cos’hai …?” –
mormorò tra le sue scapole il bassista, con un tono piuttosto rassegnato.
“Nulla … sono stanco,
abbiamo pattinato e”
“Sì, lo avete fatto” –
sbottò, mettendosi seduto, cercando le sigarette nel giubbotto di Tim, che
sembrò infastidito da quell’invasione nel suo privato.
“Ehi! … Chiedi prima,
senza frugare!”
“Hai qualcosa da
nascondere?!” – ribatté aspro, strappandogli dalle mani l’indumento, per verificare
cosa gli nascondesse; in realtà niente.
Quando Kevin se ne
rese conto, arrossì: “Perdonami è che …”
“E’ che sei il solito
stronzo!! Non ti fiderai mai di me!!”
Tim si levò con una
movenza felina, indossando jeans e maglione sopra al corpo nudo, nella penombra
di quella camera, illuminata dal fuoco ormai spento all’interno del caminetto
dalla forma ovale.
La sua sensualità era
innata.
Kevin azzerò la
distanza, afferrandolo per i polsi, costringendolo a ridosso della parete
rivestita di legno grezzo, per baciarlo e spogliarlo con forza.
Infilando le mani tra
il bordo dei pantaloni e la pelle del giovane, lo sentì bollente e bagnato, sensazione
che si acuì, nel discendere tra i suoi glutei, palpandolo ovunque, sino a
scoprirgli l’inguine, davanti al quale Kevin si inginocchiò, avido e brutale.
Tim si artigliò ai
suoi capelli, per respingerlo, ma solo a parole, perché i suoi gesti lo attraevano
maggiormente a sé.
Kevin cominciò a
succhiare e pompare, dopo avere inghiottito la sua erezione perfetta: ansiti e
tremiti di entrambi si fusero, come le rispettive lacrime, rabbiose ed acri,
nei momenti in cui non riuscivano a capirsi e volersi bene.
Sembrò il passaggio
di una tempesta, che culminò nell’orgasmo del giovane, incapace di reggersi in
piedi, per le contrazioni ed il piacere assurdamente belli.
Quando crollò sul
tappeto, Kevin si insinuò in lui, con una dolcezza esasperata dai suoi occhi,
spalancati in quelli di Tim, che non voleva smettere di baciarlo.
Fecero l’amore a lungo,
senza parlare; era superfluo.
I palmi di Geffen
erano grandi ed accoglienti.
La sensazione, che ogni
volta gli trasmettevano, non si sarebbe mai cancellata nel cuore di Downey.
“Dove stai andando Glam,
con quell’uomo …?”
L’attore sbirciò
ancora Rossi, seduto in fondo al corridoio, senza sapere chi fosse.
“Guarda me, piccolo …”
“Glam …”
“Ho letto la tua
e-mail, prima di lasciare l’hotel …” – le sue iridi luccicarono, spiate da
Colin, attraverso la porta socchiusa, della camera occupata insieme all’amico.
“E’ … è ciò che
voglio … cre-credo …”
Geffen sorrise dolce –
“Tu eri convinto, nell’istante in cui hai scritto quelle poche righe ed io sono
qui per dirti che …” – strizzò le palpebre – “Che va bene così, amore mio” – le
riaprì su di lui, inerme e fragile, tra le sue braccia vigorose.
Robert appoggiò la
tempia sul petto di Glam, quel frammento gestuale era istintivo ed apparteneva
al loro interagire amorevole da quando si erano detti quanto si adoravano.
“Io … io non ti potrò
mai dimenticare” – singhiozzò, sentendo le mani di Geffen percorrergli lente la
schiena, i fianchi, per poi risalire, intense, sino al suo collo, per un ultimo
bacio.
Lo condivisero,
percependo entrambi, le rispettive pulsazioni aumentare sino ad un limite
pericoloso, ma inevitabile.
“Ciao Robert …”
“Glam …”
Farrell pianse,
strangolato da una commozione ingestibile.
Rossi seguì Geffen,
in un rispettoso silenzio, colpito da quel distacco così dolorosamente tangibile,
da fargli capire parecchie cose su di lui e su quanto fosse innocente.
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