martedì 19 febbraio 2013

ZEN - CAPITOLO N. 55



Capitolo n. 55  -  zen


Scott fece un respiro lungo, mentre Glam si allacciava la camicia, seduto sul lettino dove il medico lo aveva visitato.
L’uomo scrutò per un attimo la sagoma di Denny, accomodatosi compostamente su di una panchina nella sala d’attesa, adiacente il suo studio e Geffen notò la sua espressione un po’ perplessa.
“Un consiglio sincero lo accetti Glam?” – chiese improvviso, prendendo appunti sulla cartella del suo paziente preferito.
“Certo …” – sorrise, rimettendosi in piedi.
“Il tuo cuore ha subito uno stress notevole, quindi … poca ginnastica” – e gli strizzò l’occhiolino, in maniera simpatica e complice.
Anche Geffen si sporse a guardare il suo associato.
“Temo tu stia fraintendendo Scotty”
“Temo tu stia mentendo, Glammy”
Risero.
“Tornando seri … Evita sforzi, rilassati, niente lavoro, niente galoppate”
“Scott!”
“Quel ragazzino sprizza sesso da ogni poro e pende adorante da ogni cosa tu dica Glam”
“Non è poi così acerbo … Anzi”
“E’ una meraviglia e tu gli vuoi bene, soprattutto dopo Haiti … Ed ora deve andare a Rio per quell’intervento, è piuttosto scosso”
“Te l’ha detto lui?” – domandò turbato o forse solo infastidito dalla prediche dell’amico, che annuì, tornando alla scrivania, per prescrivere un nuovo farmaco a Geffen, ormai completamente rivestito.



Avevano dormito abbracciati, contemplando ogni singolo respiro reciproco, assaporando il sorriso, che nasceva sulle loro labbra così spontaneo e vivace, appena potevano sfiorarsi, senza che accadesse nulla di preciso.
A parte un continuo baciarsi.
Trovare le parole giuste, dopo una notte così intensa, in cui l’unica frase fu “Robert perdonami”, non era semplice.

Giunsero sul set, accolti con parecchio entusiasmo.
Era incredibile averli lì e, soprattutto, dopo molto gossip velenoso, vederli felici.

“E Debra …?”
“Debra cosa, amore?” – gli chiese dolce Law, accarezzandogli la fronte con il pollice, per poi alzargli il mento, per assaporare la sua bocca meglio.
“Sembrate affiatati …” – aggiunse timido.
Jude strabuzzò i suoi cristalli in modo buffo.
“Eh?!”
Lei piombò nel camerino, ormai da dividere in tre.
“Non ci credo, quel C and C mi ha di nuovo fatto la predica!” – sbraitò furiosa.
“C and C …?” – chiese Downey incuriosito.
“Parla del regista, cornuto e cretino o viceversa” – gli bisbigliò Jude, già ad un passo dal ridere fragorosamente – “Ehi Deb, cara, che succede?”
“Dice che ho dei piedi orrendi!! Che mi devo tagliare le unghie!!” – piagnucolò.
Robert era sbigottito: non stava scherzando.
Jude, garbato, prese il suo set da manicure, per svolgere una mansione, di cui andava fiero, visto che figli e parenti si rivolgevano a lui all’occorrenza, per avere dita perfette.
“Non ci credo … tu non …” – mormorò l’americano.
“Su Deb … ci penso io!” – e rise.
Lei, piuttosto giuliva, si accomodò su di uno sgabello, accanto a Law, che ammiccò verso Downey.
“Spero non ti dispiaccia Robert, ma tuo marito è delizioso ed altruista come nessuno!” – cinguettò lei.
“Ehm sì … vedo …”
Appena si tolse le scarpe, Jude alle spalle della fanciulla fece una smorfia inequivocabile.
Robert socchiuse la finestrella, nonostante già si gelasse, facendo poi finta di cercare il suo costume di scena.

Quando Deb uscì, ci fu un minuto di silenzio.
“Io mi auguro che miss Camembert non abbia più bisogno dei tuoi servigi, Jude …” – disse spaesato.
“Veramente noi la chiamiamo madame Roquefort” – glissò lui con eleganza british ed un pochino stronza.
Fu esilarante, così come complicato riprendersi, dopo quello spassoso siparietto.


Denny si fece una doccia veloce, mostrandosi poi a Geffen, disteso sul divano, nel living di Palm Springs.
Indossava solo un micro telo, che scivolò via, appena si rannicchiò accanto all’avvocato.
Glam lo prese sotto l’ala, dandogli un bacio paterno tra i capelli.
“Vestiti piccolo, prenderai un malanno …” – disse piano, chiudendo le palpebre stanche, ma con i sensi stimolati dal profumo di Denny.
“Qui fa caldo, c’è il camino acceso” – obiettò con un candore amorevole, nel collo di Geffen, che perse un battito.
Si stava facendo sera.
Denny salì a cavalcioni sulle gambe di quello che non sapeva più come definire: l’indice destro di Glam corse piano sulle cicatrici del ragazzo, che si contrasse in un dispiacere evidente.
Sembrava vergognarsi, anche se la vista di lui era a dire poco splendida.
“Mangio pochissimo … Ho il terrore di ingrassare, sai Glam? Da adolescente ero una palla di lardo, solo che adesso non riesco a fare i miei esercizi … queste fanno male … bruciano” – ed indicò i segni odiosi, che lo avevano deturpato, liberando una lacrima, che zampillò dal suo sguardo pulito.
“Vieni qui …”
Geffen gli tese le braccia, poi lo avvolse, dopo che Denny si allungò veloce sopra di lui, sorridendo.
Con una coperta, il più anziano sembrò custodire entrambi, in un calore confortevole e carico di aspettative, ma solo nel cuore di Denny, che si fece bastare quei momenti preziosi insieme a Glam, prima che cambiasse idea, prima che Robert tornasse, prima che Jared si materializzasse prepotente nell’animo di lui, che sentiva di amare.
Peccato non poterglielo dire.


Jude si cambiò con attenzione.
L’appuntamento con Robert era in un ristorante intimo e raccolto, poco distante dal loro hotel.
Downey lo avrebbe aspettato lì.
Quando Law giunse sul posto, si accorse che non c’era nessuno, a parte loro.
Un maitre estremamente gentile lo introdusse nella saletta fatta riservare dal compagno.
“Ciao Jude … Grazie Oscar”
Lo abbracciò con tenerezza e trasporto, dandogli poi un bacio mozzafiato.
“Il mio uomo …” – sussurrò Jude, provando una sensazione, che temeva avere perduto nei meandri della memoria.
A Robert le gambe sembrarono cedere, ma un ulteriore bacio, gli ridiede vigore, affinché quella serata divenisse speciale ed irripetibile.


“Mi sono mancate le tue mani su di me …” – Robert gemette nel collo di Jude, che lo stava sovrastando, nel letto del primo motel incontrato per strada.
“Lo so Rob” – ansimò, per poi toccarlo veramente.
“Le … le tue mani dentro di me …” – si tese, al tocco più profondo dell’altro, che lo stava preparando con metodo e senza fretta, seppure non vedesse l’ora di congiungersi a lui, il più possibile.
Si guardarono, poi Jude sparse baci sulle sue tempie, soffermandosi, chiudendo le palpebre, con devozione, con amore autentici.
“Ti adoro Robert …” – disse lieve, poi sprofondò nella sua bocca succosa, che lo accolse, come tutto il resto di Downey, aggrappato a lui, con gambe, braccia, con quelle labbra sigillate a Jude, tremando  all’unisono, nel terrore fosse solo un sogno.
La testiera iniziò a sbattere contro la tappezzeria moderna, ma era una stanza isolata ed a loro non importava granché di essere “ascoltati”.
Il peso di Jude era piacevole, devastante, totale per Robert, che piangeva e godeva di lui, come neppure avrebbe immaginato.
Vennero insieme, più e più volte, consumandosi a vicenda, in un possesso spregiudicato, ma a tratti innocente, come i loro sorrisi, mentre si liberavano i volti dai capelli fradici, si leccavano e succhiavano, anche in porzioni di pelle rimaste sino ad allora ignorate.
La speranza tacita rimase il convincersi che da lì potevano ricominciare.
Una volta per tutte.




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