Capitolo n. 55 - zen
Scott fece un respiro
lungo, mentre Glam si allacciava la camicia, seduto sul lettino dove il medico
lo aveva visitato.
L’uomo scrutò per un
attimo la sagoma di Denny, accomodatosi compostamente su di una panchina nella
sala d’attesa, adiacente il suo studio e Geffen notò la sua espressione un po’
perplessa.
“Un consiglio sincero
lo accetti Glam?” – chiese improvviso, prendendo appunti sulla cartella del suo
paziente preferito.
“Certo …” – sorrise,
rimettendosi in piedi.
“Il tuo cuore ha
subito uno stress notevole, quindi … poca ginnastica” – e gli strizzò
l’occhiolino, in maniera simpatica e complice.
Anche Geffen si
sporse a guardare il suo associato.
“Temo tu stia
fraintendendo Scotty”
“Temo tu stia
mentendo, Glammy”
Risero.
“Tornando seri …
Evita sforzi, rilassati, niente lavoro, niente galoppate”
“Scott!”
“Quel ragazzino
sprizza sesso da ogni poro e pende adorante da ogni cosa tu dica Glam”
“Non è poi così
acerbo … Anzi”
“E’ una meraviglia e
tu gli vuoi bene, soprattutto dopo Haiti … Ed ora deve andare a Rio per
quell’intervento, è piuttosto scosso”
“Te l’ha detto lui?”
– domandò turbato o forse solo infastidito dalla prediche dell’amico, che
annuì, tornando alla scrivania, per prescrivere un nuovo farmaco a Geffen,
ormai completamente rivestito.
Avevano dormito
abbracciati, contemplando ogni singolo respiro reciproco, assaporando il
sorriso, che nasceva sulle loro labbra così spontaneo e vivace, appena potevano
sfiorarsi, senza che accadesse nulla di preciso.
A parte un continuo
baciarsi.
Trovare le parole
giuste, dopo una notte così intensa, in cui l’unica frase fu “Robert
perdonami”, non era semplice.
Giunsero sul set,
accolti con parecchio entusiasmo.
Era incredibile
averli lì e, soprattutto, dopo molto gossip velenoso, vederli felici.
“E Debra …?”
“Debra cosa, amore?”
– gli chiese dolce Law, accarezzandogli la fronte con il pollice, per poi
alzargli il mento, per assaporare la sua bocca meglio.
“Sembrate affiatati
…” – aggiunse timido.
Jude strabuzzò i suoi
cristalli in modo buffo.
“Eh?!”
Lei piombò nel
camerino, ormai da dividere in tre.
“Non ci credo, quel C
and C mi ha di nuovo fatto la predica!” – sbraitò furiosa.
“C and C …?” – chiese Downey incuriosito.
“Parla del regista, cornuto
e cretino o viceversa” – gli bisbigliò Jude, già ad un passo dal ridere
fragorosamente – “Ehi Deb, cara, che succede?”
“Dice che ho dei
piedi orrendi!! Che mi devo tagliare le unghie!!” – piagnucolò.
Robert era
sbigottito: non stava scherzando.
Jude, garbato, prese
il suo set da manicure, per svolgere una mansione, di cui andava fiero, visto
che figli e parenti si rivolgevano a lui all’occorrenza, per avere dita perfette.
“Non ci credo … tu
non …” – mormorò l’americano.
“Su Deb … ci penso
io!” – e rise.
Lei, piuttosto
giuliva, si accomodò su di uno sgabello, accanto a Law, che ammiccò verso
Downey.
“Spero non ti
dispiaccia Robert, ma tuo marito è delizioso ed altruista come nessuno!” –
cinguettò lei.
“Ehm sì … vedo …”
Appena si tolse le
scarpe, Jude alle spalle della fanciulla fece una smorfia inequivocabile.
Robert socchiuse la
finestrella, nonostante già si gelasse, facendo poi finta di cercare il suo
costume di scena.
Quando Deb uscì, ci
fu un minuto di silenzio.
“Io mi auguro che
miss Camembert non abbia più bisogno dei tuoi servigi, Jude …” – disse
spaesato.
“Veramente noi la
chiamiamo madame Roquefort” – glissò lui con eleganza british ed un pochino
stronza.
Fu esilarante, così
come complicato riprendersi, dopo quello spassoso siparietto.
Denny si fece una
doccia veloce, mostrandosi poi a Geffen, disteso sul divano, nel living di Palm
Springs.
Indossava solo un
micro telo, che scivolò via, appena si rannicchiò accanto all’avvocato.
Glam lo prese sotto
l’ala, dandogli un bacio paterno tra i capelli.
“Vestiti piccolo,
prenderai un malanno …” – disse piano, chiudendo le palpebre stanche, ma con i
sensi stimolati dal profumo di Denny.
“Qui fa caldo, c’è il
camino acceso” – obiettò con un candore amorevole, nel collo di Geffen, che
perse un battito.
Si stava facendo
sera.
Denny salì a
cavalcioni sulle gambe di quello che non sapeva più come definire: l’indice
destro di Glam corse piano sulle cicatrici del ragazzo, che si contrasse in un
dispiacere evidente.
Sembrava vergognarsi,
anche se la vista di lui era a dire poco splendida.
“Mangio pochissimo …
Ho il terrore di ingrassare, sai Glam? Da adolescente ero una palla di lardo,
solo che adesso non riesco a fare i miei esercizi … queste fanno male …
bruciano” – ed indicò i segni odiosi, che lo avevano deturpato, liberando una
lacrima, che zampillò dal suo sguardo pulito.
“Vieni qui …”
Geffen gli tese le
braccia, poi lo avvolse, dopo che Denny si allungò veloce sopra di lui,
sorridendo.
Con una coperta, il
più anziano sembrò custodire entrambi, in un calore confortevole e carico di
aspettative, ma solo nel cuore di Denny, che si fece bastare quei momenti
preziosi insieme a Glam, prima che cambiasse idea, prima che Robert
tornasse, prima che Jared si materializzasse prepotente nell’animo di lui, che
sentiva di amare.
Peccato non
poterglielo dire.
Jude si cambiò con
attenzione.
L’appuntamento con
Robert era in un ristorante intimo e raccolto, poco distante dal loro hotel.
Downey lo avrebbe
aspettato lì.
Quando Law giunse sul
posto, si accorse che non c’era nessuno, a parte loro.
Un maitre
estremamente gentile lo introdusse nella saletta fatta riservare dal compagno.
“Ciao Jude … Grazie
Oscar”
Lo abbracciò con
tenerezza e trasporto, dandogli poi un bacio mozzafiato.
“Il mio uomo …” –
sussurrò Jude, provando una sensazione, che temeva avere perduto nei meandri
della memoria.
A Robert le gambe
sembrarono cedere, ma un ulteriore bacio, gli ridiede vigore, affinché quella
serata divenisse speciale ed irripetibile.
“Mi sono mancate le
tue mani su di me …” – Robert gemette nel collo di Jude, che lo stava
sovrastando, nel letto del primo motel incontrato per strada.
“Lo so Rob” – ansimò,
per poi toccarlo veramente.
“Le … le tue mani
dentro di me …” – si tese, al tocco più profondo dell’altro, che lo stava
preparando con metodo e senza fretta, seppure non vedesse l’ora di congiungersi
a lui, il più possibile.
Si guardarono, poi
Jude sparse baci sulle sue tempie, soffermandosi, chiudendo le palpebre, con
devozione, con amore autentici.
“Ti adoro Robert …” –
disse lieve, poi sprofondò nella sua bocca succosa, che lo accolse, come tutto
il resto di Downey, aggrappato a lui, con gambe, braccia, con quelle labbra
sigillate a Jude, tremando all’unisono,
nel terrore fosse solo un sogno.
La testiera iniziò a
sbattere contro la tappezzeria moderna, ma era una stanza isolata ed a loro non
importava granché di essere “ascoltati”.
Il peso di Jude era
piacevole, devastante, totale per Robert, che piangeva e godeva di lui, come
neppure avrebbe immaginato.
Vennero insieme, più
e più volte, consumandosi a vicenda, in un possesso spregiudicato, ma a tratti
innocente, come i loro sorrisi, mentre si liberavano i volti dai capelli
fradici, si leccavano e succhiavano, anche in porzioni di pelle rimaste sino ad
allora ignorate.
La speranza tacita
rimase il convincersi che da lì potevano ricominciare.
Una volta per tutte.
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