One shot – Sette rose rosse
Francia, 22 novembre 2011
Sette rose rosse.
Jared Leto continuava a fissarle, chiuso nel suo camerino dopo un concerto allegro, ma massacrante.
Continuava a pensare a quel treno, sul quale avrebbe voluto salire, dimenticandosi per un giorno chi era e cosa faceva per vivere.
“La prostituta della musica … no, questa frase l’ha detta Freddie Mercury ed io non ho il diritto, temo, di farla mia … anche se un fondo di verità esiste.”
Stava parlando al telefono con un vecchio amico, Balt Getty, che lo aveva invitato in Toscana per il week end, ma Jared aveva declinato.
Sperava in altro, ma ormai quei pensieri erano agli sgoccioli, come il tour dei Mars.
Sette rose rosse: erano ancora lì.
Certo, avrebbe voluto gettarle nella spazzatura, con quel biglietto scritto da un computer, come da istruzioni del mittente, che non si era mosso dalla California, per volare in Francia a cercarlo.
§ Ti penso ogni giorno, da quei giorni … Mi hai insegnato a credere in me stesso ed a scegliere … Quando è successo, mi hai urlato che era tardi, ma io non perdo le speranze Jared, ti amo troppo per arrendermi: ci crederò, anche per te. Colin Farrell §
Accidenti: nome e cognome.
Ovvio che era solo un messaggio stampato da una macchina laser, poteva averlo inviato chiunque, anche se Jared sapeva che era autentico.
Stava già inventandosi la scusa, peraltro credibile, nel caso qualcuno lo avesse trovato tra le sue cose: ci sono un mare di persone che credono …
Credono, sì, loro lo fanno, ma Jared era stanco e sapeva i dettagli ed i motivi, che lo avevano portato a chiudersi, preferendo quell’agonia ad una storia senza futuro.
Sette anni.
Erano trascorsi da una notte indimenticabile, a New York, dove il cast di Alexander the great si era riunito per la prèmiere del film, più criticato del momento.
Jared si era preparato con cura, in albergo, dove occupava una suite faraonica, persino più bella di quella assegnata al protagonista assoluto di quella pellicola scomoda: il suo ragazzo irlandese.
Era nella doccia, avevano fatto l’amore per l’intero pomeriggio, promettendosi l’impossibile.
“Voglio una casa a Dublino dove invecchiare con te Jay …” – gli mormorava piano, sfiorando la sua fronte, baciandola, pochi istanti prima, al centro del letto disfatto dal loro appartenersi quasi selvaggio.
Il cantante annuiva, stringendosi a lui, con la convinzione di poterlo perdere ad ogni respiro, fuori da quella dimensione rassicurante, dove si ritrovavano sempre di nascosto, un hotel, l’abitazione di Jared, a volte quella di Farrell, dove capitava e con poco preavviso.
Adesso era da solo, dopo una serie di sbagli, da parte di quel pazzo, che sapeva stupirlo, rapendolo la notte prima del suo compleanno, tre anni prima, per poi risvegliarsi in un resort ad alta quota, in mezzo ad un centinaio di pacchetti colorati, con altrettanti regali inaspettati.
Quel Colin non esisteva più, ma neppure il mostro, che aveva spinto l’attore più volte al limite del baratro, dal quale Jared lo aveva salvato, con sacrificio e devozione, ripagati con l’ennesimo fendente dritto al cuore: la gravidanza di un’attrice co-protagonista nell’ultimo film di Farrell.
Lui gliene aveva parlato, di quella ragazza polacca, carina e disponibile: in fondo non si erano mai vietati reciprocamente qualche avventura, ma poi la fedeltà era divenuta il fulcro di quel loro legame in continua evoluzione.
Peccato non fosse reciproca: Jared lo scoprì nel peggiore dei modi.
Fu la fine, per molti motivi.
L’umiliazione di quel secondo figlio, che era in realtà un progetto condiviso con Colin, rendendo partecipi persino il fratello Eamon ed il compagno Steven, che stavano per sposarsi e che riflettevano su di un’adozione.
Jared fantasticava sui nomi, sui giocattoli che avrebbe comprato per il loro cucciolo o per la bimba, che sognavano, sentendosi poi come il re degli stupidi, per essersi illuso così tanto.
Era stato il peggiore dei loro giorni, quei giorni che adesso Colin rammentava in quella missiva amorevole.
Si erano rivisti, mentre Colin diceva nelle interviste, schernendosi, che si era innamorato della madre di Henry, per poi smentire vigorosamente di fronte a Jared, che scuotendo la testa, ripeteva – “Non ti credo più Cole.”
Sette rose rosse.
L’ultima, corrispondeva quindi ai dodici mesi, dal 15 ottobre 2010 al 15 ottobre 2011.
Jared stava ripercorrendo, con il fiato spezzato, la settimana che si era preso per stare con Colin a Los Feliz.
Era fondamentale chiarirsi una volta per tutte.
Farrell gli era stato devoto, nonostante i pochi appuntamenti rispettati a fatica per i reciproci impegni: era corso ovunque Jared dicesse, pur di farlo sentire importante.
“Sono cambiato … e sto bene Jay, sto alla grande! Sono … sono pulito …” – e la sua voce roca, diventava flebile, bagnata di lacrime, nel sentire che il suo Jay era distante, anche se continuava a fare l’amore con lui come la prima volta, in Marocco, quando infransero le barriere alzate dallo stesso Colin, per la paura di non sapere gestire un amore già fuori controllo.
Eppure non si era mai sentito tanto felice quanto libero.
Lo ammise quel 15 di ottobre 2010, in una New York, che ormai rappresentava l’epicentro di un uragano senza fine.
Jared traboccava di gioia, palpabile, al ritiro di un premio con la band, sul palco, dove le canzoni non riflettevano più la sua rabbia recondita, mentre le eseguiva: ormai erano solo dei pezzi musicali, non lo specchio di un disastro, che pensava superato.
Sbagliava.
Con il passare delle settimane, le date con i Mars aumentavano, così come i contratti sottoscritti da Colin, un altro colossal, anche una commedia, forse quello era il loro momento, ma unicamente per la carriera.
“Dirlo al mondo … Jared io capisco le tue esigenze, ma in questo periodo …”
“Le mie esigenze??! Oh sì, certo, molto meglio fare credere che ti scopi Rihanna o quell’altra, Jessica Biel, giusto Colin??”
“Ma lo sai che sono tutte palle, le ho anche smentite sui giornali, ufficialmente, non puoi rimproverarmi per le fandonie che qualche stronzo si inventa di sana pianta! E con Jessica ci lavoro, è una collega, stop!”
“Sì … una collega, è il tuo piatto forte …”
Quella frase era un sibilo cattivo, così come lo schiaffo che Colin gli diede.
Quel pomeriggio di fine giugno si concluse sul pavimento a picchiarsi, scaricando nei calci e nei pugni, tutto il livore e la disperazione accumulati.
Jared aveva conservato un messaggio vocale, registrato sulla sua segreteria, in una notte di luglio.
§ Sono Colin … ti chiamo da casa, a Los Feliz, ho i bambini per qualche giorno e … e ci manchi … ti vorremmo qui con noi, ma vedo su internet che sei in Costa Azzurra … e non da solo … E’ … è carina, spero che … in realtà non spero niente, non riesco neppure a respirare, per quello che mi stai facendo … tanto è soltanto una stronza, si vede ad un chilometro e poi so benissimo che ti farà solo del male, come quei suoi amici di New York, quelli che tu segui come un cagnolino in attesa di un osso!! §
Aveva concluso urlando e piangendo, Jared si sentì morire.
Guardò il profilo della bionda al suo fianco, ci aveva soltanto dormito, non le piaceva, sembrava incredibile, avrebbero pensato le sue innumerevoli fan, che uno come Jared Leto avesse fallito.
Il suo orgoglio era infastidito, ma la ragazza non significava nulla neppure per lui, era un altro, l’aspetto di quella vicenda, che lo stava mortificando: il sentirsi usato, da numerose persone, che lo invitavano alle feste, alle sfilate, che gli ripetevano quanto fosse bello, intrigante, ma che poi riducevano quella pseudo amicizia a qualche foto spedita subito on line, per suscitare interesse mediatico.
Shannon, il fratello, aveva provato a spiegarglielo, ma Jared voleva sentirsi partecipe di qualcosa, qualunque cosa non fosse Colin.
Le serate diventavano frenetiche, le interviste, poi i meet and greet, l’onnipresente fotografo della grande mela, detestato da Farrell, l’esistenza di Jared gli sembrò all’improvviso come una valanga, che aumentava di volume mano a mano che raggiungeva la valle.
Colin iniziò a scrivergli e-mail ogni giorno, spedendogli foto di Henry e James, mostrandogli gli orari della palestra dove faceva yoga, filmando la spesa distribuita sul tavolo della cucina, dove spiccavano pop corn e bevande dalle strane tinte verdastre.
Jared si arrese, volando da lui sul finire di quel settembre 2011.
Colin lo stritolò, per almeno mezz’ora, dopo essere crollato insieme a lui sul parquet, nella residenza di Los Feliz; il suo pianto devastava il cuore di Jared, che continuava a ripetergli – “Sono qui Cole, ora calmati … ti amo … ti amo.”
Peccato che non ci fossero stati progressi.
Farrell gli mostrò i tre nuovi copioni, che lo avrebbero impegnato sino al giugno del 2012, ovviamente dopo un giorno ed una notte trascorsi tra il materasso e la doccia.
Jared fissava il vuoto, ripensando alla sbornia presa a New York, al modo in cui aveva liquidato quella sgualdrina, al risveglio nell’alloggio di Terry, con questi che vomitava in bagno e due ragazze semi nude, barcollanti nel corridoio, il mal di testa nauseante, che lo afflisse per ore, nel complesso una sequenza di fotogrammi svilenti.
Perfettamente identici a quelli di cui era protagonista in quell’istante, con Colin che gli sciorinava i dettagli dei diversi personaggi, nei cui panni doveva calarsi.
“Sai Cole … vorrei rendermi conto, una volta per tutte, se anche con me stai recitando, visto che sembra non riuscirti di meglio da fare … Fingi con chiunque, ora temo tu lo stia facendo anche con me.”
“Cosa diavolo dici …?”
“Se vuoi posso ripetertelo, ma non servirà a niente, per l’ennesima, fottuta volta!!”
Sette rose rosse.
Jared prese il cellulare.
Messaggi.
Nuovo messaggio.
§ … Se tu avessi imparato a scegliere, come dici, non saremmo a questa fine, peraltro annunciata … La cosa buffa sai quale rimane, Cole? … Che non mi sono mai sentito tanto solo come adesso … adesso che un milione di persone mi guardano, mi parlano, mi salutano, dicono di amarmi, di adorarmi … Sono sentimenti fatti di una purezza da non sottovalutare, ma rimarranno incastrati nelle loro risa, nei gesti, che riserveranno a chi amano concretamente … Una proiezione d’amore, potrei definirla così … Probabilmente meno vuota di ciò che mi ha unito a te, amore mio … §
Invio.
Messaggio inviato.
“Ok, perfetto … meglio spegnere e …” – pensò ad alta voce, interrompendosi nel sentire un suono, oltre la porta, piuttosto tipico, di un telefonino che aveva appena ricevuto un sms.
Era come cristallizzato: una coincidenza, è solo una … Bussarono.
Rimase immobile.
Bussarono ancora, con maggiore veemenza.
Quando si decise ad aprire, venne investito da un profumo di dopo barba così caro ai suoi sensi, dalla luce di un sorriso, che conosceva alla perfezione, dall’abbraccio di un uomo forte, che amava da sette anni.
Accolse il suo bacio, come una benedizione.
Quando Colin si staccò da lui, quei quarzi screziati corsero quasi roteando, su tutto il volto di Jared: era accaduto anche in Africa, dopo il loro primo, vero, bacio.
Lo stava ammirando, pronto a commuoversi come il suo ragazzo americano.
“Pensavo che mi ringraziassi per i fiori, con quel tuo sms …” – ironizzò, sforzandosi di non sciogliersi.
“Lo faccio ora, se non ti dispiace Cole …”
“Dovremo fare parecchie cose insieme da oggi in poi … sono sette anni che aspettiamo Jay … E se anche non fossi d’accordo, dirò al resto del mondo quanto ti ho amato e quanto ancora ti amo … ok?” – affermò con aria di sfida.
“Credi sia la scelta migliore, per te?” – replicò serio Jared, abbassando lo sguardo.
“Guardami Jared!”
Lui obbedì, mordendosi il labbro inferiore, forse poco convinto.
“E’ l’unica scelta possibile. Per noi. Forse la tua sarà fantastica, ma la mia vita non ha un senso ed io sono stufo marcio di nascondermi e …” – Jared lo interruppe con un bacio, sigillandosi a quelle labbra carnose ed adorabili, togliendogli anche il minimo dubbio, se mai fosse esistito, sul volere un futuro senza Colin James Farrell.
Finalmente.
THE END
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