venerdì 25 novembre 2011

One shot – Il centro del mio mondo

One shot – Il centro del mio mondo


“Watson, lo riconosco, il suo ombelico è perfetto!”
La voce di Holmes arrivò alle orecchie addormentate del collega, in quel mattino di agosto, in una Londra afosa e semi deserta.
Watson fece un balzo: si era assopito semi nudo, sopra alle lenzuola ricamate, dono della sua fidanzata.
“Holmes ma dico, è uscito di senno??!”
“Assolutamente, facevo solo una constatazione. Dunque, sono le dieci, pensa di rimanere coricato ancora a lungo?”
“No … no, mi scusi, ma è domenica … non ho impegni particolari, se non una passeggiata con Mary ed il tè dai futuri suoceri.” – e sorrise, distratto dalla selezione dei vestiti per quel pomeriggio.
“Pranziamo insieme, quindi …” – chiese fiducioso Holmes, con un filo di voce.
“Se le va … sì, certo, faccio un bagno e la raggiungo.” – replicò sorridente il medico.
“Ci penso io, riempio la vasca, prometto di non combinare pasticci come … l’ultima volta …”
“Oh sì, quando ha gettato in acqua una salamandra, per verificare quel suo esperimento, lo ricordo perfettamente Holmes.” – ribattè severo, per poi ridere sotto ai baffi.
Holmes si ritirò timidamente nella stanza accanto, aprendo i rubinetti e sciogliendo i Sali.
Watson lo sorvegliava, ma poi, vedendo che era tutto in ordine, si immerse tranquillo.
Holmes seguì con un palese imbarazzo quel movimento elegante, in cui il sembiante perfetto dell’amico si scontrava con la schiuma, creando un’onda ipnotizzante.
“Sherlock, che succede?” – chiese con un’insolita dolcezza nella voce.
“Nulla … nulla John …”
“Eppure conosce il mio corpo, anzi, è reciproco …”
“Sì, però lei è il mio medico.”
“Ciò non toglie la nostra confidenza, magari quando abbiamo indossato insulsi travestimenti, come ad esempio quando …” – e cominciò a ridere allegro, per poi spegnersi di fronte al volto scuro dell’altro.
“Holmes … ma cosa le prende?”
“Niente … pensavo.”
“A cosa?”
“Le serve la spugna Watson?”
“Pensava a questo?”
“No.”
“Allora a cosa Holmes?”
“Non importa.”
“A me importa Sherlock!” – ribattè scocciato.
“John …” – ed inspirò, per poi sollevarsi, dal momento che si era accucciato vicino al bordo di quella tinozza in rame, piuttosto pregiata.
Watson gli afferrò il polso sinistro, per bloccarlo.
“Devo cambiarmi John, per il nostro pranzo o ha cambiato idea …?”
“Voglio mangiare con lei, pensavo fosse chiaro.” – disse quasi smarrito.
“Sì, come il sole … grazie John, mi bussi quando è pronto, a dopo.” – e sparì.


Avevano raggiunto in carrozza, condotta da Watson, un paesino fuori Londra, dove spesso si recavano per trascorrere poche ore in santa pace, lontano dai casi, senza mai staccare la spina da ragionamenti ed elucubrazioni sugli stessi; quell’occasione era differente, il silenzio tra loro inconsueto.
Holmes aveva spiegato una coperta, per poi apparecchiare con piatti e tovaglioli, sufficienti per quel semplice pic nic.
“Credevo preferisse andare da Mac Neal.”
“No Watson, ritengo che questa collina sia incantevole e poi nonnina si è impegnata a prepararci … vediamo … sandwich con pollo ed insalata … uova sode, marmellate, formaggio francese … e birra, sì, è fresca …”
“Grazie, lei non ne beve Holmes?”
“Ovvio che sì … potremmo … potremmo darci del tu, almeno in queste amene circostanze?” – e rise nervoso.
“Nessun problema, potremmo anche farlo sempre.”
“Lei è troppo austero dottore per concedermi tanto …” – e sorrise.
“E tu sei troppo testardo per ammettere quello che ti tormenta Sherlock.”
L’investigatore tossì.
“Non strozzarti, avanti bevi, passerà subito …” – disse, dandogli dei lievi colpi sulla schiena.
“John non sto morendo!” – protestò, provando a divincolarsi, ma Watson lo bloccò nel suo abbraccio robusto, attirandolo a sé, per dargli un bacio sulla tempia, serrando le palpebre, imprimendo in quell’azione qualcosa di profondo.
“Sei insopportabile Sherlock …” – gli sussurrò, agganciando il mento di Holmes con le sue falangi pallide, ma decise, voltando il suo volto arrossato, per baciarlo con una passione incredibile.
Holmes credette per un secondo che il proprio cuore potesse dissolversi, per poi accogliere quel bacio come un dono di inestimabile valore.
“John …” – mormorò, stendendosi sotto di lui, che prese posto tra le gambe di Holmes, senza smettere di accarezzargli le spalle, la schiena, scivolando sino ai suoi fianchi magri, premendoli contro ai propri, facendosi sentire senza equivoci: “Ti voglio così tanto Sherlock … sto impazzendo da giorni … no, è una bugia … da quando ti conosco …” – e lo baciò nuovamente.
Holmes si distaccò soltanto quando iniziava a fare fatica per respirare.
“Ma allora John … Miss Mary … non capisco.”
Watson fece una strana smorfia, come infastidito da quella curiosità, ma il motivo era ben diverso.
“Ti racconterò una storia Sherlock … Comincia quando tutti iniziano a chiederti un segno, un gesto, una scelta, per soddisfare il loro sfacciato egoismo. Mio padre, è stato il primo della lista: mi sono arruolato, battendomi con onore, tornando ferito dalla guerra, per poco mutilato … Mia madre, invece, non faceva altro che ricamare, immaginando quanti corredi avrebbe preparato per i futuri nipoti … Non so neppure se ce ne saranno, ma lei ha messo in archivio tutti i suoi dilemmi, conoscendo Mary. Danno per scontata la mia vita, forzandola sopra a binari precostituiti, dei quali potere andare orgogliosi, che poi a me stia bene o meno, a loro non è mai importato, sai?”
“Mi dispiace John …” – e nel mormorarlo, gli sfiorò le guance con un altro bacio.
“Se solo sapessero … Tu mi hai insegnato ciò che conosco, mi hai aperto mille porte, senza mai fissare dei limiti alle mie decisioni, ma soprattutto ti sei fidato di me Sherlock … hai affidato la tua vita a me, in numerose occasioni …”
“Sei tutto ciò che ho John, sei tutto ciò che voglio, per me … ti amo, io ti amo John …” – e stringendolo a sé, questa volta fu lui a baciarlo intensamente.


Il riverbero del lampione arrivava diretto dalla finestra aperta nella camera di Holmes: erano le tre del mattino.
“Sì … confermo … il tuo ombelico è la perfezione John!” – e ridendo gli morse gli addominali con leggerezza, per poi disegnare arabeschi di saliva appassionati, come i suoi respiri.
Watson impigliò le proprie dita tra quelle ciocche scure e ribelli, mentre i suoi gemiti acuivano l’eccitazione di Holmes, che risalì veloce, ad imprigionare la sua bocca in quella del suo amato, che era pronto a riceverlo, per una seconda volta.
“Il centro del mio mondo … tu sei questo John … per sempre.” – gli sussurrò commosso, mentre il suo membro scorreva scabrosamente tra le cosce di Watson, inebriato da troppe sensazioni per riuscire a replicargli qualcosa, se non l’ennesimo bacio.

THE END

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