lunedì 28 novembre 2011

GOLD - CAPITOLO N. 305

Capitolo n. 305 - gold


Dreams and nightmares


Il badge era sul sedile: Geffen lo fissò, dopo avere letto un sms di Jared.
L’indirizzo lo conosceva, era un resort dove di solito ospitava ricchi clienti dello studio.
Quando lo passò nel lettore, ebbe una sensazione strana.
Jared lo stava aspettando.
“Ehi, sei puntuale Glam … sai che le pareti di questo posto sono insonorizzate?” – e sorrise, versandosi un drink.
“Jared ma cosa …”
“Ho scelto questa suite per un solo motivo … quando mi farai urlare, nessuno mi sentirà.”
Geffen sbarrò le palpebre, sentendo il cuore dimenarsi nel suo petto, come se fosse impazzito e pensò la stessa cosa di Jared.
“Se stai pensando a Kevin, lui è d’accordo, vero?”
Il compagno di Glam spuntò alle sue spalle, cingendole amorevole – “Ciao daddy, Jared non sta mentendo …” – e gli diede un bacio nel collo: l’avvocato si girò di scatto, afferrandolo per le braccia – “Ma state dando i numeri???”
“Glam tu hai bisogno di Jared … e di me … vorrà dire che non vi lascerò soli, sarà divertente …” – e lanciò un’occhiata maliziosa a Jared, che rise allegro.
“Kevin!!?”
Una luce bluastra investì le sue iridi chiare, come un lampo sinistro.
“Daddy! Svegliati, ma che ti prende?”
Geffen si ritrovò seduto sul proprio letto, il fiato corto, in un bagno di sudore.
“Un … un sogno …”
“Doveva essere brutto …” – e sorrise, prendendo una salvietta e tamponandolo ovunque.
Gli diede un bacio, che dall’affettuoso divenne improvvisamente sensuale: “Daddy … non doveva essere tanto male il tuo sogno … sei … eccitato …” – e ridacchiò complice.
“Kevin c’eri tu … in effetti … e …” – “Capisco …” – sussurrò, scendendo veloce lungo il suo busto, arrivando veloce alla sua erezione, che non tardò ad inghiottire con foga.
Geffen trasalì, sentendosi poi imbarazzato a morte, ma il suo ragazzo non accennava a fermarsi, portandolo ad un orgasmo sconvolgente.


“Eccoci qui. Sicuro di volere salire Jay?”
“Sì Glam, ormai ho deciso di parlare con Brian e spero serva. Andiamo?”

I rumori erano un misto di risate e musica: la porta si spalancò, senza che loro avessero suonato, visto che Brian stava salutando il suo ospite.
Un ragazzo molto carino, che Glam e Jared non conoscevano.
“Ehi … e voi cosa ci fate qui?” – biascicò Brian, nel vederli. Era ubriaco fradicio.
Il suo amico molto meno, ma le pupille e l’odore di marijuana erano evidenti.
“Mioddio …” – mormorò Jared.
“Volevamo parlarti Brian, ci fai entrare?” – intervenne Geffen e lui acconsentì.
“Benvenuti, ma se cercate Just è uscito all’alba, con il tuo uomo, Jay.”
“No, ti sbagli. Colin è a Chicago con Jude sino a domani.”
Brian fece spallucce – “Fa poca differenza, non trovate … un goccio?”
“Sono le nove di mattina, neppure tu dovresti …” – “Dovrei cosa mister rock star?!” – gli inveii contro, perdendo l’equilibrio, cadendo rovinosamente tra il divano ed il tavolo del leaving.
“Faccio un caffè, forse è meglio.”
“No Glam, ci penso io, è … è casa mia …”
“Brian noi vogliamo darti una mano, per il lavoro …” – disse quasi timidamente Leto, l’aria sconvolta per avere realizzato come fosse degenerata la loro convivenza.
“Lavoro? Ma che cazzo dici … Dio ho la testa che mi scoppia …”
“Jared sta cercando di dirti che vorrebbe finanziare il tuo pub, sempre che tu voglia ancora aprirne uno!” – esclamò Geffen, già a corto di pazienza.
“Co-cosa ti gridi …? Andate al diavolo … voi non sapete niente di me!”
“Brian ascoltami …” – “Fanculo Jared!! Non mi serve la vostra pietà! Non faccio parte di questa congregazione di stronzi! Andatevene, fottetevi a vicenda, visto che ce l’avete nel sangue, giusto Jay??!!” – e spinse il cantante verso Glam, che lo sostenne, con un’espressione di esasperazione, pronto a scagliarsi su Brian e prenderlo a schiaffi.
Jared lo trattenne, chiedendogli di andarsene subito.


Miss Levine aveva occhi piccoli e pungenti come spilli.
Seguiva le evoluzioni dei suoi allievi, attenta come un’aquila, pronta ad effettuare una picchiata su chi avesse sbagliato quella coreografia.
Il primo ballerino era Jamie, preciso e talentuoso, ma oltremodo disturbato dalla terapia di Foster, che gli aveva applicato dei cerotti imbevuti di un nuovo composto, a rilascio graduale, molto meno invasivo di una flebo in vena.
Di contro l’assunzione di vitamine concentrate, gli dava un’energia assurda, quanto discontinua.
“Jamie il salto era doppio!!” – esplose nel mezzo dell’esecuzione.
L’insegnante interruppe il brano, avvicinandosi a lui – “Lo vuoi vincere o no quel provino, guarda che dipende dal gioco di squadra e se inizi a confondere la sequenza anche tu, allora siamo finiti!!” – lo rimproverò a mezza voce, ma con veemenza.
“Non … non si ripeterà, promesso.” – disse ossigenandosi, le iridi infiammate per il disappunto.
Jamie era un vero stakanovista e non ammetteva errori.
“Come ti senti?” – chiese velatamente preoccupata.
“Sono al cento per cento! Accidenti, riprendiamo, ok?”
“Ok signor Cross e voi avete sentito??! Avanti!”


Hopper era rientrato in anticipo, portando qualcosa dal take away ed un paio di dvd.
Ormai era un’abitudine quando tornavano stanchi dal lavoro, ma Jamie quel pomeriggio rincasò più scuro del solito.
“Tesoro tutto a posto?” – gli chiese Marc, stringendolo con tenerezza.
“Ho avuto una lezione pesante … Hai preso la cena?”
“Sì, carne e verdure, ti vanno?”
“Insomma … cioè sarebbero perfette, ma ho lo stomaco chiuso.”
“Mi dispiace, posso fare qualcosa?”
“Guarirmi.” – replicò sfiduciato, rilassandosi sul suo addome, una volta che si erano distesi.
“Vuoi dormire Jamie? Riposati …”
“Sì, come un vecchio cencio malato!” – ruggì, sentendosi in trappola, per quella vita così severa con lui.
“Jamie ascoltami …” – “Parole!! Non servono a cambiare le cose!”
“Lo so perfettamente.” – ribattè calmo Hopper, ritrovandosi con il ballerino al centro del materasso.
“Io ci vivo, usando quelle giuste Jamie, ma so che per te non fanno differenza, anche se amarti potrebbe essere una cura migliore rispetto a quelle di Foster, sempre ammesso che tu mi conceda uno spazio, una possibilità.” – e raccolse i suoi zigomi incerti, nei palmi tiepidi e profumati.
“Ti amo Marc …”
Le lacrime, apparse nel cielo dei suoi occhi, bagnarono quel suo convincimento.
Marc sorrise, baciandolo, per poi spogliarlo lentamente.
Jamie era accaldato, un effetto collaterale.
“Prendimi subito … Marc …” – lo ripeteva, le sue dita come artigli tra i capelli di Hopper, avide ed impazienti, ma lui stava attento a quei cerotti, come gli aveva chiesto di fare il medico.
Jamie colse quella premura, come qualcosa di irritante: “Smettila di ricordarmi quanto sono diverso!”- protestò piangendo con rassegnazione.
Marc lo avvolse maggiormente, posandolo tra diversi cuscini, per poi entrare in lui, con un’unica spinta.
Jamie schiuse la bocca, emettendo un suono di appagamento virile.
“Mi … mi sento normale solo quando facciamo l’amore Marc …” – ansimò, rifugiandosi come un cucciolo impaurito, sotto al suo mento, dove depositò baci e piccoli morsi convulsi.


Jared fissava le altalene, nel parco accanto al quale Geffen aveva parcheggiato.
Stava rannicchiato sul sedile unico dell’hummer, concentrato su quel paesaggio deserto.
“Fa freddo anche a Los Angeles, i bimbi non vengono a giocarci …”
“A quest’ora temo sia improbabile Jay.”
“Lo pensano tutti, credo …”
“Cosa?”
“Di noi … di me …”
“Di che parli, adesso?”
“Sanno cosa ho fatto a Colin, ma anche a te Glam …” – e tirò su dal naso, chiudendosi maggiormente.
Geffen si spostò, sfiorandogli quel punto al centro delle scapole, dove spesso lo baciava, mentre stavano insieme e replicò quel gesto, pentendosi un secondo dopo.
Jared si girò come al rallentatore, rifugiandosi sul suo petto, ritrovando il suo abbraccio.
“Jared andiamo a casa …”
“Guardami e ripetilo, se è questo che vuoi sul serio Glam.” – ribattè deciso, sgranando quelle gemme incantevoli.
“Ti voglio bene ragazzino … te ne voglio troppo …” – e posò un altro bacio, ma questa volta sul cuore di Jared, dopo avergli aperto la camicia, provando un’estasi tremendamente bella.
“Jay … ti dispiace …? Solo per un po’ …” e lui in risposta annuì, chiudendo gli occhi.

Il tempo tra quell’attimo ed il successivo, nella mente di Jared sembrò annullarsi.
Le lenzuola erano fresche, la prima sensazione che avvertì, mentre notava due lanterne grandi, con all’interno delle candele a cilindro di colore bianco latte.
Il loro bagliore danzava sulle pareti vestite di damaschi pregiati, in quella camera ignota ai suoi ricordi.
Diversamente l’odore di Glam gli era così familiare e gradevole: non smetteva di baciarlo e leccarlo, ricambiato da Jared, che succhiava la sua lingua, in baci inebrianti.
Senza sapere come, si ritrovò ad armeggiare con una confezione di gel, finendo per spargerlo copiosamente sul membro di Glam, che ne raccolse a propria volta, invadendolo per prepararlo, con quelle estremità oscenamente capaci.
Jared inghiottì un singulto, poi un altro, ma era come in una bolla ovattata, si sentiva confuso, provando fremiti progressivi dall’inguine al ventre, che si contrasse dolorosamente, nell’istante in cui Geffen lo prese con brutalità.
Un lamento straziato sembrò rompere quella cortina di emozioni distorte, provocandogli un risveglio agitato: Jared annaspò verso il comodino della propria stanza, accendendo l’abat jour sopra al cassettone, avvertendo dei passi frettolosi avvicinarsi.
Era Robert, ospitato con Camilla alla End House, in assenza di Jude e Colin.
Stava passando in corridoio con un bicchiere di latte ed accorse immediatamente, sentendo Jared in difficoltà.
“Tesoro, hai avuto un incubo?”
“Rob … ma …”
“Aspetta, faccio venire Brandon.”
“Brandon …?”
“Certo, lui, Kurt e Martin dormono al piano di sopra, partono lunedì … bevi questo.”
“Grazie … Mi dispiace … Glam dov’è?”
“Glam? Ti ha accompagnato, ha bevuto un aperitivo con noi e poi è andato a prendere Lula a scuola, te ne sei dimenticato?”
Faticosamente l’epilogo di quella giornata si materializzò nella sua memoria confusa.
Geffen si era rimesso al volante, subito dopo quel bacio.
Aveva ripreso il controllo in pochi secondi, spezzando quella sorta di incantesimo tra loro, per l’ennesima volta.



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