One shot > Dopo di noi
Dicembre 2011
Pov Robert Downey Junior
Vorrei non sciupare il momento e le parole, Jude, adesso che sei qui.
Ti ho aspettato tanto, lo ammetto, per poi non riuscire a dire nulla.
Solo ti guardo, ora.
Sei bellissimo.
Credo che l’ultimo treno, in questi giorni, per viverti, sia partito.
Se n’è andato, come hai fatto tu, senza rancore, mi hai sussurrato, mentre io non sapevo fare altro che morire.
Sento ancora i tuoi passi allontanarsi nel corridoio di questo albergo americano: ammettilo, detesti gli Stati Uniti, ridevo prendendoti in giro, mentre andavamo in giro con una cabrio scassata ed in incognito.
Quando convincemmo il venditore che noi non eravamo noi, dicendo una verità, che si rilevò in tutta la propria amarezza pochi mesi dopo quell’attimo di gioia.
Un’avventura senza un senso compiuto, come tutto, da quando stiamo insieme.
Mi fai sentire unico, Jude, mi fai sentire meraviglioso, ogni volta che mi prendi con te e sollevi questa anima, che non ha più bisogno di mangiare o bere o semplicemente respirare.
Ti amo Jude.
Se questo bastasse a rivedere un’alba, dopo di noi, lo ripeterei all’infinito, ma so che non sarà così.
In quella settimana, centinaia di chilometri, i tuoi sorrisi, i silenzi in cui mi ripetevi quanto ti fossi legato a me, amore …
Un volo di gabbiani segna l’orizzonte, così vicino ai tuoi occhi, per sfumatura e luce.
Mi chiedo se ora starai amando qualcuno, un nuovo ragazzo oppure una delle tue donne stupende.
Sono stupido, sì, ma non faccio che pensarti, anche quando sono in mezzo agli altri e mi parlano, loro parlano, ma cosa dicono …?
Tremando compongo il tuo numero, solo per ascoltare la segreteria, sapendo che non mi risponderai.
Hai cancellato un messaggio, in cui per gioco entrambi dicevamo di non essere in casa, anche se nella realtà non l’abbiamo mai avuta.
Era il tuo appartamento, intriso dei nostri melodrammi, che spesso finivano in risate, tra cuscini e lenzuola, vittime delle nostre ardite acrobazie.
Eri capace di sedurmi anche nel bel mezzo di una cena, mentre un regista ci esponeva un copione o mia moglie elencava appuntamenti ed interviste.
La formalità non è mai stata il nostro forte Jude.
Il vento, lui sì che era perfetto, mentre correvamo verso sud.
Faccio fatica a restare sveglio, mentre scorro le foto, scattate con una polaroid e trasferite su diapositive, che non usa più nessuno.
Il progresso non fa per me, nonostante in molti credano il contrario.
Volevo riaverti con me.
Volevo convincerti, di qualcosa per cui neppure io sono certo, vista la situazione.
L’hai capito dopo cinque minuti, rassicurandomi che non avresti fatto casino alla prima di questa sera, sai cosa mi importa??
“Non me ne importa niente, cazzo Jude!!”
“Il lavoro ti ha salvato Rob, ammettilo. E poi deluderesti troppe persone.” – dici pacato, accendi una sigaretta, me ne offri ed io tremando faccio un passo indietro.
Sei gelido, è normale, dopo quello che ti ho fatto.
E’ poi tanto grave?
Certo.
Illudere l’amore degli altri, delittuoso direi.
“Così sfoggeremo un bel sorriso, faremo battute, eh Jude …?” – balbetto confuso.
Scrolli le spalle.
“A te riesce a meraviglia … indossare una maschera Rob.”
Terribilmente vero.
Neppure un bacio, un abbraccio, da quando sei entrato nella mia stanza d’albergo.
Nessun sorriso.
“Judsie …”
“Dio, non chiamarmi in quel modo.” – poi sbuffi, come infastidito ed annoiato, ma come ci riesci??
“Jude …” – e mi riprendo quella minima distanza, ma sei tu, ora, a spostarti verso la finestra.
Scosti la tendina, guardi nel parcheggio.
“Ben è arrivato, devo andare. A più tardi Rob.”
“Ben? … Te lo porti a letto, vero??”
I tuoi occhi mi lacerano.
Ti afferro per le braccia, sono fuori di me – “DIMMELO!!!”
Le mie urla non sfiorano minimamente il tuo silenzio serafico.
Scompari, scivoli via, ti dilegui, verso l’ascensore, mentre il cellulare suona, tu rispondi, senza tradire alcun disappunto – “Sto arrivando Ben … Sì, qui ho finito.”
La moquette ha un sapore sterile.
I battiti del mio cuore reclamano spazio nel petto, dove ti addormentavi, dopo avermi sussurrato un “ti amo”, carico di speranze, l’ho compreso tardi Jude.
Susan corre per la camera, prende il mio abito, mi scuote, mi supplica.
“Dobbiamo andare!” – non sa ripetere altro.
“Non ci riesco … scusami.”
“Ma sei impazzito Downey!!?”
“Non agitarti … farai del male al bambino …”
“Ma figurati, sto benissimo!”
Lo so, cara, sei una roccia, nulla scalfisce il tuo domani.
Hai avuto tutto, lasciandomi con niente.
Sono severo, egoista, il vecchio Robert, che frantumava le aspettative altrui, stancando chiunque.
Questo giro è toccato a Jude ed è stato il peggiore.
Si mettano in fila, quelli che credevano in me, per poi restare a bocca asciutta: mi importa meno di niente.
Mai mi sono sentito in questo modo, se non per Jude.
La serata sarà un fallimento, questo lei dice a Guy, che sta arrivando come un missile, ma non servirà.
Voglio Jude, lo rivoglio, sulla nostra decappottabile scassata, verso sud …
Mi chiudo in bagno.
Eccolo, il melodramma.
Stavolta più reale, stavolta non sto giocando, la primadonna isterica l’ho lasciata nell’appartamento londinese di Jude, che mi canzonava e poi mi toccava … mi manchi angelo mio …
Che sapore avranno le piastrelle di questo pavimento?
Il sangue correrà nelle fughe, arrossandole?
Sono patetico, forse questa taglierina non è così affilata come sembra, lo voglio scoprire immediatamente.
Ridacchio ebete solo immaginando i titoli del giorno successivo: § Inspiegabile gesto dell’attore Robert Downey Junior, al culmine del successo e presto padre. §
Tremo.
“Sarà una bambina … la volevi tanto Rob …” – la frase di Jude, che parava il colpo, che lo metabolizzava, sentendosi spezzare, quando glielo rivelai.
“Io la volevo con te …” – avevo ribattuto, con disperazione sorda.
Mi aveva stretto, per consolarmi o per non crollare.
“Esco a prendere un po’ d’aria Rob … devo … devo farlo …”
Ero da lui, in Inghilterra: Jude non rincasò, dirigendosi con Ben direttamente all’aeroporto, per destinazione ignota.
Me lo meritavo.
Resto immerso in quei ricordi, senza accorgermi che stanno bussando come ossessi e minacciano di sfondare la porta.
Rido.
E poi piango: è la sua voce.
“Rob, Cristo santo apri …”
So che i suoi palmi lambiscono quella barriera sottile tra noi: vi ci appoggio i miei, alla stessa altezza, so che è così.
Segue la mia fronte e di là c’è la sua.
“Sì … sto aprendo …”
Appaio, stravolto e Jude è impietrito, Guy in affanno per lo spavento, come i suoi tre assistenti, Susan seduta, in lacrime.
“Mi dispiace …” – ed avvolgo Jude, anche se le sue braccia restano immobili lungo il suo corpo adorabile, ma per poco.
“Potete pensare a mia moglie …? Uscite tutti, grazie.”
E’ con Jude che voglio restare.
Io voglio Jude.
Finitela di raccontarvi balle, perché io l’ho appena fatto.
Per sempre.
THE END
JUDE LAW ED IL SUO ASSISTENTE BEN
Nessun commento:
Posta un commento