Capitolo n. 125 - zen
Jared buttò la borsa
ai piedi del lavabo, sul cui bordo appoggiò i palmi aperti e gelidi.
Prese un lungo
respiro; il suo volo era in ritardo di trenta minuti.
Lo avevano annunciato
mentre si dirigeva all’imbarco, senza salutare nessuno.
“Non ti senti bene?”
La voce di Colin lo
fece trasalire.
Leto si girò di
scatto, le iridi frammentate da un rossore lasciato dal pianto notturno, in cui
aveva dormito nello stesso letto insieme al marito, dandosi reciprocamente le
spalle, senza parole.
“Perderai l’aereo, io
me la saprò cavare, è solo nausea” – replicò asciutto.
“Mangia qualcosa, hai
saltato la colazione”
Jared fece una
risatina, andando verso le toilette, dove voleva chiudersi, per vomitare o
prendere uno dei suoi ansiolitici.
“Ti preoccupi, che
gentile, dopo avermi sputato in faccia, davvero notevole Farrell”
L’irlandese fece un
passo verso di lui, dimezzando la distanza – “Ti ho solo detto quello che mi
pesava sullo stomaco da mesi o forse anni, tu hai fatto lo stesso, mi pare”
“Le cose che ho detto
erano dettate dal mio stupido orgoglio ferito, è così che l’hai chiamato? Non
le ho mai pensate, al contrario di te” – obiettò, addossandosi al muro, più per
un capogiro, che per sfuggirgli.
“Jared volevo
scusarmi, a casa parleremo e”
“A casa??” – esclamò,
dandogli una spinta, perché troppo vicino – “E non toccarmi, cazzo!!”
Farrell strinse i
pugni – “Abbiamo dieci figli, supereremo questa crisi”
“Non dopo quello che”
“Ero incazzato, ero
deluso, vorresti per una volta guardare le cose anche DALLA MIA PROSPETTIVA
JAY??!”
Il suo tono cresceva,
come i suoi ansiti, per il disagio di non sapere come risolvere, come tornare a
comunicare.
Sembrava sul serio
tutto perduto.
“La tua …
prospettiva?” – sibilò.
“Sì … Ascoltando il
mio cuore …” – aggiunse più pacato, gli occhi lucidi.
“Era il tuo cuore ad
insultarmi ieri?” – chiese il cantante, inspirando e strizzando le palpebre,
livido.
“Sentirsi umiliati ed
inadatti può spingere a questo … Abbiamo esagerato”
“Cole vuoi farmi
complice di questo momento di merda? Non sei in grado di assumertene la
responsabilità esclusiva?” – lo sbeffeggiò.
“Rivolti le cose, non
ti fa onore Jared”
“Ed a te fa onore
avere mandato in pezzi il padre dei tuoi bambini??” – e gli diede uno strattone
più energico, facendolo cadere contro dei posacenere a colonna, in metallo
lucido.
Farrell si rialzò o
almeno era quello che pensava di fare, ma Jared lo colpì di nuovo, con una
sberla sulla schiena, poi un’altra, così lui rispose con un pugno alla coscia
sinistra di Leto, che perse l’equilibrio, non senza scalciare, andando a segno
di nuovo, ma sul fianco destro del compagno.
Imprecando, si
aggrovigliarono, picchiandosi come accadeva a scuola, per Jared, quando se la
prendevano con lui e Shannon e, nel medesimo contesto, capitava a Colin, per
difendere il fratello Eamon, dal bullismo omofobo dilagante.
Farrell risultò più robusto,
quindi il leader dei Mars sgusciò via da quell’incastro fatto di lacrime,
sudore, rabbia.
L’attore lo afferrò
per i capelli di nuovo lunghi e fluenti, come del resto la barba, che
incorniciava il suo viso bellissimo, anche in quel frangente.
Lo afferrò per il
bavero della camicia, così lui fece con la t-shirt di Colin.
“Sei uno stronzo …
bastardo” – ringhiò Jared.
“Tu non sei migliore
di me! Finiscila o ti farai male”
“Mai quanto me ne hai
già fatto da quando ti conosco!!”
“Smettila Jared!!”
Ancora uno schiaffo o
almeno Leto ci provò, senza andare a segno; il moro gli afferrò i polsi, sbattendolo
sul pavimento e, sovrastandolo, lo bloccò.
“Io non volevo farti
alcun male!! E se è successo, non posso tornare indietro Jared!!”
“Ed io dovrei
dimenticare per questa evidenza, eh Colin??!” – inveii, a corto di ossigeno.
“Non ho detto questo …”
– ed allentando la presa, gli permise di sedersi, come era lui, in evidente
affanno.
Jared soffiò via i
capelli dalle labbra, ma Colin glieli spostò ai lati, dandogli una doppia
carezza amorevole, come il suo sguardo stravolto.
“Non”
“Vorrei solo
abbracciarti Jared”
“E tu credi che”
“NO! No amore … La ferita
rimarrà aperta in eterno, me l’ha insegnato il nostro Yari, sai? Raccontandomi
una storia, su dei chiodi ficcati in una staccionata, per ogni colpa ammessa
dal protagonista del racconto …”
Gli zaffiri di Leto
tremolarono vividi – “Gliela avevo narrata io, quando litigò con Misaki …”
“So anche questo Jay”
– sorrise mesto – “Una volta rimossi, per ogni perdono ottenuto, restava il
buco nel legno … Il danno non si rimediava … Rimaneva e basta” – iniziò a
piangere – “Così che ogni pentimento, così come ogni comprensione e scusa accettata,
diventavano inutili …”
Jared annuì – “Tu
stai parlando di …”
“Di quello che ti ho
fatto ad Haiti … Non mi perdonerai mai questo lo posso capire"
“Cole io …”
“Hai ragione, ma insieme
abbiamo poi coltivato quei semi, da cui sono nate piante solide, all’ombra
delle quali ci siamo ritrovati e siamo stati di nuovo felici … Io me lo auguro:
i nostri bimbi sono la cosa più preziosa che ho al mondo, Jared, dopo di te”
“Dopo di …”
Farrell lo strinse,
con la spontaneità e la dolcezza, che non riusciva più a contenere, seppure ci
fosse cautela in quel suo gesto, senza che servisse.
Leto affondò le
guance arrossate nell’incavo del suo collo, singhiozzando sempre più
intensamente.
Si sollevarono
insieme, lavandosi nei punti in cui si erano picchiati, mettendosi un cerotto
su di una nocca, per Jay e sullo zigomo, per Colin.
Tenendosi per mano si
avviarono verso lo sportello, dove un’hostess controllava i biglietti per Los
Angeles.
Farrell corse a modificare
il suo, avvertendo con un sms Eamon sul cambio di programma.
“Se volevi andare da
tua mamma …”
“Tua suocera ci vedrà
il mese prossimo, alla fine del film, se sei d’accordo Jay …”
“Sì, le porteremo i
nipoti” – sorrise.
Gli diede un bacio,
sulla tempia, incastrando poi i loro profili.
“Cole io ti amo”
“Anch’io. Più che
mai.”
Jude controllò l’ora,
poi si grattò la nuca.
Forse sarebbe stato
meglio aspettarli all’appartamento, nel centro di Londra.
Eppure preferì andare
nella sezione arrivi di Heathrow, camuffandosi un
minimo, perché ancora molto famoso in Inghilterra, quanto Downey.
Appena li vide, ebbe un tremito lungo la spina dorsale.
Fece un cenno, scontrandosi con il sorriso di Robert e
l’espressione corrugata di Geffen.
Era imbarazzante ed al tempo stesso curioso, quasi
assurdo, quello che stava accadendo.
“Jude …”
“Bentornato … Non so cosa … cosa dire …”
Preferì avvolgerlo, con le sue ali smagrite, ma solide.
“Jude …”
“Non ci lasceremo più … Lo sai questo, vero?” – domandò
guardandolo.
Il resto dell’universo era sparito.
Così come Glam: se ne resero conto un istante dopo,
quando era tardi per sperare di averlo ancora lì con loro.
“Papà ha riportato zio Rob a zio Jude”
Lula era assorto, nello scrutare il tramonto.
Kevin e Tim lo osservavano, in pensiero per la sua
malinconia e lo stato d’animo di Geffen, senza più avere avuto notizie da lui.
“Papà sta bene, soldino?”
Lula lo guardò – “Sì, è libero … E’ in città”
“A Londra?”
“Per poco, tornerà presto a Los Angeles” – sorrise.
“Noi gli staremo vicini” – sussurrò Tim.
“Okkei …” – e si rifugiò sul petto del giovane, che non
mancò di coccolarlo, come adorava fare con Lula.
Kevin li cullò entrambi, dando un lungo bacio a Tim,
per consolare quel disagio, che avvertiva nel ragazzo, ma non senza subire il
desiderio di tornare quanto prima in California, per assistere l’ex.
Anche se era sbagliato, anche se non doveva, però era
più forte di lui.
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