sabato 1 giugno 2013

ZEN - CAPITOLO N. 125

Capitolo n. 125  -  zen


Jared buttò la borsa ai piedi del lavabo, sul cui bordo appoggiò i palmi aperti e gelidi.
Prese un lungo respiro; il suo volo era in ritardo di trenta minuti.
Lo avevano annunciato mentre si dirigeva all’imbarco, senza salutare nessuno.

“Non ti senti bene?”
La voce di Colin lo fece trasalire.
Leto si girò di scatto, le iridi frammentate da un rossore lasciato dal pianto notturno, in cui aveva dormito nello stesso letto insieme al marito, dandosi reciprocamente le spalle, senza parole.

“Perderai l’aereo, io me la saprò cavare, è solo nausea” – replicò asciutto.
“Mangia qualcosa, hai saltato la colazione”
Jared fece una risatina, andando verso le toilette, dove voleva chiudersi, per vomitare o prendere uno dei suoi ansiolitici.
“Ti preoccupi, che gentile, dopo avermi sputato in faccia, davvero notevole Farrell”

L’irlandese fece un passo verso di lui, dimezzando la distanza – “Ti ho solo detto quello che mi pesava sullo stomaco da mesi o forse anni, tu hai fatto lo stesso, mi pare”
“Le cose che ho detto erano dettate dal mio stupido orgoglio ferito, è così che l’hai chiamato? Non le ho mai pensate, al contrario di te” – obiettò, addossandosi al muro, più per un capogiro, che per sfuggirgli.
“Jared volevo scusarmi, a casa parleremo e”
“A casa??” – esclamò, dandogli una spinta, perché troppo vicino – “E non toccarmi, cazzo!!”
Farrell strinse i pugni – “Abbiamo dieci figli, supereremo questa crisi”
“Non dopo quello che”
“Ero incazzato, ero deluso, vorresti per una volta guardare le cose anche DALLA MIA PROSPETTIVA JAY??!”
Il suo tono cresceva, come i suoi ansiti, per il disagio di non sapere come risolvere, come tornare a comunicare.
Sembrava sul serio tutto perduto.
“La tua … prospettiva?” – sibilò.
“Sì … Ascoltando il mio cuore …” – aggiunse più pacato, gli occhi lucidi.
“Era il tuo cuore ad insultarmi ieri?” – chiese il cantante, inspirando e strizzando le palpebre, livido.
“Sentirsi umiliati ed inadatti può spingere a questo … Abbiamo esagerato”
“Cole vuoi farmi complice di questo momento di merda? Non sei in grado di assumertene la responsabilità esclusiva?” – lo sbeffeggiò.
“Rivolti le cose, non ti fa onore Jared”
“Ed a te fa onore avere mandato in pezzi il padre dei tuoi bambini??” – e gli diede uno strattone più energico, facendolo cadere contro dei posacenere a colonna, in metallo lucido.
Farrell si rialzò o almeno era quello che pensava di fare, ma Jared lo colpì di nuovo, con una sberla sulla schiena, poi un’altra, così lui rispose con un pugno alla coscia sinistra di Leto, che perse l’equilibrio, non senza scalciare, andando a segno di nuovo, ma sul fianco destro del compagno.

Imprecando, si aggrovigliarono, picchiandosi come accadeva a scuola, per Jared, quando se la prendevano con lui e Shannon e, nel medesimo contesto, capitava a Colin, per difendere il fratello Eamon, dal bullismo omofobo dilagante.

Farrell risultò più robusto, quindi il leader dei Mars sgusciò via da quell’incastro fatto di lacrime, sudore, rabbia.
L’attore lo afferrò per i capelli di nuovo lunghi e fluenti, come del resto la barba, che incorniciava il suo viso bellissimo, anche in quel frangente.
Lo afferrò per il bavero della camicia, così lui fece con la t-shirt di Colin.
“Sei uno stronzo … bastardo” – ringhiò Jared.
“Tu non sei migliore di me! Finiscila o ti farai male”
“Mai quanto me ne hai già fatto da quando ti conosco!!”
“Smettila Jared!!”
Ancora uno schiaffo o almeno Leto ci provò, senza andare a segno; il moro gli afferrò i polsi, sbattendolo sul pavimento e, sovrastandolo, lo bloccò.
“Io non volevo farti alcun male!! E se è successo, non posso tornare indietro Jared!!”
“Ed io dovrei dimenticare per questa evidenza, eh Colin??!” – inveii, a corto di ossigeno.
“Non ho detto questo …” – ed allentando la presa, gli permise di sedersi, come era lui, in evidente affanno.
Jared soffiò via i capelli dalle labbra, ma Colin glieli spostò ai lati, dandogli una doppia carezza amorevole, come il suo sguardo stravolto.
“Non”
“Vorrei solo abbracciarti Jared”
“E tu credi che”
“NO! No amore … La ferita rimarrà aperta in eterno, me l’ha insegnato il nostro Yari, sai? Raccontandomi una storia, su dei chiodi ficcati in una staccionata, per ogni colpa ammessa dal protagonista del racconto …”
Gli zaffiri di Leto tremolarono vividi – “Gliela avevo narrata io, quando litigò con Misaki …”
“So anche questo Jay” – sorrise mesto – “Una volta rimossi, per ogni perdono ottenuto, restava il buco nel legno … Il danno non si rimediava … Rimaneva e basta” – iniziò a piangere – “Così che ogni pentimento, così come ogni comprensione e scusa accettata, diventavano inutili …”
Jared annuì – “Tu stai parlando di …”
“Di quello che ti ho fatto ad Haiti … Non mi perdonerai mai questo lo posso capire"
“Cole io …”
“Hai ragione, ma insieme abbiamo poi coltivato quei semi, da cui sono nate piante solide, all’ombra delle quali ci siamo ritrovati e siamo stati di nuovo felici … Io me lo auguro: i nostri bimbi sono la cosa più preziosa che ho al mondo, Jared, dopo di te”
“Dopo di …”
Farrell lo strinse, con la spontaneità e la dolcezza, che non riusciva più a contenere, seppure ci fosse cautela in quel suo gesto, senza che servisse.
Leto affondò le guance arrossate nell’incavo del suo collo, singhiozzando sempre più intensamente.

Si sollevarono insieme, lavandosi nei punti in cui si erano picchiati, mettendosi un cerotto su di una nocca, per Jay e sullo zigomo, per Colin.
Tenendosi per mano si avviarono verso lo sportello, dove un’hostess controllava i biglietti per Los Angeles.
Farrell corse a modificare il suo, avvertendo con un sms Eamon sul cambio di programma.

“Se volevi andare da tua mamma …”
“Tua suocera ci vedrà il mese prossimo, alla fine del film, se sei d’accordo Jay …”
“Sì, le porteremo i nipoti” – sorrise.
Gli diede un bacio, sulla tempia, incastrando poi i loro profili.
“Cole io ti amo”
“Anch’io. Più che mai.”


Jude controllò l’ora, poi si grattò la nuca.
Forse sarebbe stato meglio aspettarli all’appartamento, nel centro di Londra.
Eppure preferì andare nella sezione arrivi di  Heathrow, camuffandosi un minimo, perché ancora molto famoso in Inghilterra, quanto Downey.

Appena li vide, ebbe un tremito lungo la spina dorsale.
Fece un cenno, scontrandosi con il sorriso di Robert e l’espressione corrugata di Geffen.
Era imbarazzante ed al tempo stesso curioso, quasi assurdo, quello che stava accadendo.

“Jude …”
“Bentornato … Non so cosa … cosa dire …”
Preferì avvolgerlo, con le sue ali smagrite, ma solide.
“Jude …”
“Non ci lasceremo più … Lo sai questo, vero?” – domandò guardandolo.

Il resto dell’universo era sparito.

Così come Glam: se ne resero conto un istante dopo, quando era tardi per sperare di averlo ancora lì con loro.


“Papà ha riportato zio Rob a zio Jude”
Lula era assorto, nello scrutare il tramonto.
Kevin e Tim lo osservavano, in pensiero per la sua malinconia e lo stato d’animo di Geffen, senza più avere avuto notizie da lui.
“Papà sta bene, soldino?”
Lula lo guardò – “Sì, è libero … E’ in città”
“A Londra?”
“Per poco, tornerà presto a Los Angeles” – sorrise.
“Noi gli staremo vicini” – sussurrò Tim.
“Okkei …” – e si rifugiò sul petto del giovane, che non mancò di coccolarlo, come adorava fare con Lula.

Kevin li cullò entrambi, dando un lungo bacio a Tim, per consolare quel disagio, che avvertiva nel ragazzo, ma non senza subire il desiderio di tornare quanto prima in California, per assistere l’ex.
Anche se era sbagliato, anche se non doveva, però era più forte di lui.





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