Capitolo n. 139 - zen
Il letto a
baldacchino era immerso nella penombra della suite.
I loro corpi, al
centro, in ginocchio ed abbracciati.
Quello di Ivo,
avvolgeva la figura di Tim, che ne sembrava assorbita, nonostante il loro
fisico fosse piuttosto simile ed ugualmente madido, dopo il secondo amplesso.
Si stavano
contemplando e divorando a vicenda, intensamente.
Sembrava tutto
perfetto.
Gli zampilli della
doccia schizzavano sulle mattonelle chiare; Tim disse qualcosa, Ivo ne rise,
raggiungendolo, già vestito, per sollecitarlo.
“Dai muoviti lumaca!
Voglio andare a bere qualcosa nel bistrot che abbiamo visto dal taxi” – esclamò
allegro, tornando nel salottino.
“Ok arrivo!”
Il giovane indossò un
telo intorno ai fianchi, ma fu stoppato sulla soglia, da un bacio irruente, ma
all’apparenza carico di gioia, da parte del professore, che arpionò i suoi
zigomi asciutti, per poi fissarlo – “Dio quanto ti amo Tim” – disse rapito dai
suoi opali.
“Anch’io sai …?” –
mormorò, quasi intimorito.
“Ti ho preso un
regalo: una giacca di pelle come la mia, ti piace?”
“Wow, grazie, la
indosso subito, fa un po’ fresco là fuori” – replicò ammirandola.
“Ok … Sì, è perfetta”
– mormorò, facendogliela mettere.
“Bene, mi vesto, così
andiamo …” – concluse sbrigativo, dirigendosi ad un divanetto per recuperare
jeans e maglietta.
La finestra era
aperta sulla piazza, dove brulicavano decine di turisti.
Tim la conosceva già,
ci era stato anche insieme a Kevin: avevano preso dello zucchero filato da un
venditore ambulante, che aveva sorriso loro, dicendo che erano una gran bella coppia.
Per qualche secondo
Tim rimase come incantato al davanzale.
“Ehi che succede?” –
domandò curioso l’insegnante, azzerando la distanza ed affiancandolo.
“Niente … amo questo
posto”
“Davvero?”
Tim arrossì, senza
guardarlo; poi si avvicinò per dargli un bacio leggero nel collo, ma Ivo gli
assestò un pugno od una gomitata, non fu ben chiaro all’ex di Kevin, che si
ritrovò riverso sul tappeto, con l’altro addosso.
Urlò, dopo una serie
di schiaffi, riuscendo a mala pena a parare altri colpi ed al fine a liberarsi
di lui, fuori di sé.
Ivo si rannicchiò,
sedendosi, quasi dondolando, lo sguardo allucinato dalla gelosia.
Tim pianse, ma,
nonostante tutto, gli sfiorò la schiena, come a volerlo consolare.
Ivo, in compenso, si
scostò da lui, inveendo a mezza voce, per poi andarsi a chiudere in bagno.
Parigi gli faceva
sempre quell’effetto.
Jared rivedeva gli
stessi luoghi, per l’ennesima volta, dove aveva vissuto parti della propria
esistenza significative ed indimenticabili.
Sia con Farrell che
con Geffen, che rimaneva assorto, seduto a fianco dell’autista, a bordo della
navetta, noleggiata da Rossi per dirigersi all’hotel.
Leto quasi lo spiava,
abbarbicato al busto di Colin.
“Sei stanco amore?” –
chiese con tenerezza l’irlandese, accarezzandogli i capelli lunghi.
“Un po’ confuso …
cosa ci facciamo qui?” – replicò preoccupato.
“Aiutiamo un membro
della nostra famiglia … un po’ pazza” – e sorrise in direzione di Spencer,
piazzato con Derek davanti a loro.
Seguivano verso il
lato guida Louis ed Harry, poi Scott, Jimmy, Robert, Jude, Rossi e Kevin.
Jared pensò che
mancava il resto della squadra di Quantico: un mini esercito di persone, pronte
a mettere sul rogo Ivo Steadman.
Law rimaneva il più
dubbioso.
Robert aveva definito
il suo pensiero quasi romantico, nei
riguardi di quel professore dallo sguardo destabilizzante.
Lui non guardava, lui
tagliava il proprio interlocutore: così l’aveva definito l’americano, nel
discorrere a proposito di quanto stava accadendo.
Con ciò
quell’impronta parziale pesava quanto un macigno sulle sorti di Ivo, come non
mai.
Harry aveva le mani
gelide.
Louis gliele baciò,
sussurrando – “Siamo quasi arrivati piccolo …”
“Ci pensi mai?”
“A cosa?”
“A quello che poteva
farti Lou” – e deglutì a vuoto, per stringerlo forte un secondo dopo.
“Ecco io non credevo
fosse così pericoloso … Un caratteraccio, ma nulla più” – disse quasi
soffocato, ma con il desiderio di non muoversi più da lì.
Rossi sorrise.
“Spesso questo tipo
di individui sa nascondere alla perfezione la propria indole … In compenso
hanno buoni atteggiamenti, al contrario Ivo è sempre stato scostante a quanto
pare” – osservò perplesso.
“In effetti era
intrattabile, poi c’erano dei picchi di … non so spiegarmi … Come arrendevolezza
… Forse il disperato bisogno di essere amato e quindi, consapevole di essere
irritante, si sforzava di apparire migliore” – rimarcò Louis.
“La casistica è
piuttosto variegata e prodiga di esempi, però quasi interamente orientati sul
profilo delineato da David ovvero un atteggiamento mite, che invece cela un
autentico mostro” – si inserì Reid.
Derek scrollò il capo
rasato – “Questa è una belva, sadica, spietata: vi evito i dettagli dei vari
casi”
“Non è buono …?”
Ivo lo chiese mesto.
L’affogato al caffè,
scelto da Tim, non riusciva a scendere
oltre la metà da più di dieci, gelidi, minuti.
“No è che … ho lo
stomaco chiuso” – si giustificò, incapace di sopportare la sua vista, sebbene fosse
mortificato.
“Ok …” – prese un
lungo respiro – “E’ … E’ stato un giorno magnifico poi abbiamo avuto un
diverbio, tu pensavi a Kevin e” – disse concitato.
“No, no aspetta! A me
piace questa città, non puoi accusarmi a prescindere di essere perso nel
ricordo di lui, quando invece poteva essere benissimo il contrario!” – sibilò
aspro.
“Tim ascolta”
“No, ascoltami tu,
cazzo! Ciò che ho fatto con lui o con chiunque non lo posso cancellare e può
darsi, SOTTOLINEO PUO’ DARSI, che abbia una malinconia, un frammento vagante
nel mio cuore, anche dei tizi peggiori abbia frequentato, insomma è la mia vita
prima, durante e dopo di te, Ivo!” – protestò fissandolo greve.
“Sì … Hai ragione. Ti
chiedo perdono, non accadrà più.”
Una frase incolore,
come la sua compostezza.
Nota
dell’autrice: la parte iniziale è liberamente ispirata ad alcune sequenze del
film No nigh is too long, dove i protagonisti sono appunto gli attori Lee
Williams (Tim) e Marc Warren (Ivo Steadman)
Due sequenze del film No night is too long XD
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