Capitolo n. 42 - zen
Kevin bussò alla
suite di Glam molto presto.
Lula voleva salutarlo
prima di andare sulla pista degli slittini.
“Ehi … ciao tesoro,
buongiorno soldino” – li salutò l’uomo, visibilmente assonnato, prendendo in
braccio il figlio, che gli fece subito una coccola.
“Notte in bianco
daddy?” – lo ricambiò dolce l’ex, accorgendosi un istante dopo che nel
salottino c’era Matt, intento a leggere un quotidiano.
“Come stai Lula?
Kevin … salve”
Il bassista gli
rispose con un cenno, rivolgendosi poi a Geffen, che teneva sotto controllo le
rispettive reazioni.
“Ciao zio Matt … hai
ancora l’emi … emic …”
“Emicrania” – sorrise
– “No piccolo, ma grazie per essertene preoccupato” – e gli porse una barretta
al latte e cereali.
“Yum grazie, questa
la mangio più tardi, posso papi?”
“Certo, ma non
esagerare ok?” – ribatté amorevole Glam, sempre rapito dalla sua simpatia
innata.
“Okkeii!”
“Va bene, adesso vado
in palestra, ho la schiena a pezzi, Tom è disponibile per una terapia, ma non
vorrei approfittarne, del resto è in vacanza con il suo vichingo” – spiegò
fissando Kevin.
Il giovane stava
facendo lo stesso dal proprio arrivo e sembrava che i due avessero anche un
dialogo silente, parallelo a quello vocale.
Matt iniziò ad
innervosirsi: rovesciò la bottiglia di Evian, dimenticata sul tavolino, si
accese quindi una sigaretta spegnendola un attimo dopo, in maniera nevrotica,
il tutto osservato attentamente da Lula.
“Scu scusate, so che
è vietato … Sto provando a smettere” – e si lisciò la faccia, con i palmi
gelidi.
Geffen non ricordava
che lui fumasse in realtà, ma era un dettaglio sul quale non aveva certezza
alcuna.
“Daddy noi togliamo
il disturbo … fammi sapere se hai bisogno qualcosa, per i tuoi acciacchi” – e
gli sorrise affettuoso, sfiorandogli il braccio sinistro con una carezza, che
sembrò invece una stilettata all’addome di Matt, ormai paonazzo.
Appena sparirono in
corridoio, il giovane si avventò su Glam.
“Dobbiamo parlare!”
“Di cosa, accidenti?!
Mi tieni sepolto sotto le tue paranoie e vorresti pretendere chissà cosa, è
assurdo!” – sbottò, respingendolo.
“Pensi di dormire sul
divano per sette notti?!”
Geffen rise acido –
“Non tieni conto di quelle a Los Angeles, aumenta la cifra, ti conviene.”
Glam si era convinto
che la presenza dell’FBI gli fosse tornata utile: Matt stava maturando l’idea
che l’avvocato si costituisse o che, peggio, lo denunciasse, seppure le prove
conservate da lui erano schiaccianti.
Era un gioco di
specchi e presto o tardi uno di essi sarebbe andato, inevitabilmente, in frantumi.
“Il grand’uomo ti
aspetta?”
Chris si allungò come
un enorme puma, tra le lenzuola ancora segnate dal loro amplesso: Tom rise,
vestendosi velocemente.
“Sai che per me il
lavoro è una cosa sacra e poi il suo studio mi ha dato un anticipo pazzesco,
per mansioni che neppure ho espletato.”
“Perché Geffen è
partito, si è rimesso in piedi da solo, ha riacquistato peso e forma, anche
senza di te, quindi cosa vuole ora?” – domandò scocciato, prendendo un altro
biscotto dal vassoio, che Tom aveva fatto portare in camera.
“Avrà sempre dei
disturbi, dopo l’incidente subito” – spiegò serio.
“Questo lo posso
anche accettare, Tommy, però non farti coinvolgere dai suoi casini.”
“Di che parli?” –
replicò infastidito dalla sua severità.
“E’ un tipo strano,
facile all’ira”
“Senti chi parla!” –
e gli regalò una smorfia degna del Muppet Show, per poi dileguarsi senza
concedere a Chris nuove illazioni.
Morgan era già agli
allenamenti e l’attesa di Chris si stava prolungando.
Reid stava
rannicchiato su di una panca per gli addominali, preso completamente dalla
lettura di un vecchio libro sulla cultura indiana.
Quando Geffen li vide
fu tentato di rivelare loro quanto stava accadendo con Matt, ma il
sopraggiungere allegro di Tom lo distolse da quell’idea.
“Ehi, sono in ritardo?”
“Ciao Tommy … no,
anzi, credevo di esserlo io, tutto bene?”
“Sì, anche se oggi è
grigio e non si può sciare”
“Lula non ha
rinunciato alla gara di bob con il resto della brigata di pesti” – disse
sorridendo, notando l’arrivo di Chris, con in bella mostra un busto da
culturista, molto simile a quello di Derek.
Spencer e Tom si
scambiarono un’occhiata, specialmente al rispettivo aspetto esile ma ben
proporzionato.
Sorrisero, provando
un’istintiva simpatia.
Glam si accomodò,
controllando i messaggi, ma un paio di scarpe conosciute, si palesarono sotto
al suo naso, con un incedere piuttosto incerto e zoppicante.
“Jared …?” – mormorò
scrutandolo.
“Ciao … sono caduto
con i pattini … sul ghiaccio” – si lamentò – “Tom potresti rimettermi in
sesto?” - e si sforzò di sorridere,
senza darla bere a nessuno, specialmente a Geffen, che lo prese in braccio,
senza esitare.
“Sei sempre il solito
e poi nelle tue condizioni, dopo Haiti, miseria …” – brontolò in ansia.
Jared si appese al
suo collo, celando un sorriso a Glam, che ne avvertì il respiro, profumato di
miele.
“Ecco, solleva il
polpaccio … qui serve un antidolorifico, cerco Scott?”
Il tono di Tom era
gentile: si erano appartati in un ambulatorio, dove nessuno era di guardia,
forse impegnato con un’emergenza.
Geffen stava seduto a
fianco del lettino, all’altezza della testa di Jared, provvedendo a carezzarne
le tempie e la fronte, in un arabesco tracciato dall’indice e dal pollice
sinistri, così saturi di tenerezza, da imbarazzare il terapista.
“Ci penso io Tom …
poi cerco Colin” – disse calmo.
“Ok Glam, prendo
della garza, magari provvediamo ad una fasciatura. Come andiamo Jared?” – e
sorrise.
“Bene … fa meno male
se rimango disteso … Cole è con i gemelli, hanno un po’ di febbre”
“Avviso Pamela, per
sostituirlo, così Colin arriverà subito”
“Mi strapazzerà, lui
non voleva che io”
“Almeno uno dei due
ha buon senso Jay” – scherzò, dandogli un buffetto.
Tom uscì, con la
scusa di una telefonata.
Jared ebbe un
fremito.
“Aspetta, cerco una
coperta … ah eccone una”
“Grazie Glam …”
“Cosa sono questi
occhi lucidi?” – gli domandò dolce, sistemando la coltre morbida e colorata.
“E’ … è per la mia
stronzaggine” – rivelò strangolato da un pianto incipiente.
“Ci ho fatto
l’abitudine, sai …? Ciò nonostante mi ferisci ancora così tanto” – ed andò a
risistemarsi su quello sgabello scomodo.
“Mi dispiace Glam … e
questo dimostra quanto io sia stupido ed inguaribile …”
Geffen gli sfiorò gli
zigomi e poi le guance, con la sua bocca calda e la barba appena accennata –
“Non permetterò mai che ti si possa fare del male. Da parte di nessuno, credimi
Jay” – proferì assorto e doloroso.
Jared deglutì a
vuoto, trovandosi la bocca di Glam ad un centimetro dalla propria, perplesso
anche davanti a quella frase inspiegabile.
“Glam io …”
“Ti voglio così bene
…” – inspirò, sentendo i passi di qualcuno avvicinarsi.
Era Farrell.
“La conosci la favola
del rospo, che si gonfiava il petto, per dimostrare di essere migliore del suo
antagonista?”
Spencer bisbigliò
quella battuta sagace ad un Tom incantato dal suo statuario poliziotto.
Con Derek, davanti ad
un enorme specchio, Chris sollevava pesi, alternando le movenze atletiche a
grasse battute, che il collega apprezzava a pieno.
“Più o meno …
comunque loro sono fatti così Spencer, forse in minima parte lo fanno anche per
noi” – disse sgranando i suoi pozzi celesti.
Reid annuì, facendo
spallucce – “Sarà …” – e strizzò le palpebre, in maniera buffa – “Usciamo a
fare un pupazzo di neve Tommy?” – chiese entusiasta.
“Ok … se proprio ci
tieni …”
“Al cento per cento!”
– e brandendo la sua mano destra, l’esperto di statistiche più dotto di
Quantico, lo allontanò da quel santuario di steroidi e sudore, per realizzare
uno dei suoi giochi preferiti da bambino.
Mai cresciuto, pensò
Derek, che lo seguì con lo sguardo, colmo di sconfinata tenerezza e malinconia.
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