sabato 26 gennaio 2013

ZEN - CAPITOLO N. 42



Capitolo n. 42  -  zen



Kevin bussò alla suite di Glam molto presto.
Lula voleva salutarlo prima di andare sulla pista degli slittini.
“Ehi … ciao tesoro, buongiorno soldino” – li salutò l’uomo, visibilmente assonnato, prendendo in braccio il figlio, che gli fece subito una coccola.
“Notte in bianco daddy?” – lo ricambiò dolce l’ex, accorgendosi un istante dopo che nel salottino c’era Matt, intento a leggere un quotidiano.
“Come stai Lula? Kevin … salve”
Il bassista gli rispose con un cenno, rivolgendosi poi a Geffen, che teneva sotto controllo le rispettive reazioni.
“Ciao zio Matt … hai ancora l’emi … emic …”
“Emicrania” – sorrise – “No piccolo, ma grazie per essertene preoccupato” – e gli porse una barretta al latte e cereali.
“Yum grazie, questa la mangio più tardi, posso papi?”
“Certo, ma non esagerare ok?” – ribatté amorevole Glam, sempre rapito dalla sua simpatia innata.
“Okkeii!”
“Va bene, adesso vado in palestra, ho la schiena a pezzi, Tom è disponibile per una terapia, ma non vorrei approfittarne, del resto è in vacanza con il suo vichingo” – spiegò fissando Kevin.
Il giovane stava facendo lo stesso dal proprio arrivo e sembrava che i due avessero anche un dialogo silente, parallelo a quello vocale.
Matt iniziò ad innervosirsi: rovesciò la bottiglia di Evian, dimenticata sul tavolino, si accese quindi una sigaretta spegnendola un attimo dopo, in maniera nevrotica, il tutto osservato attentamente da Lula.
“Scu scusate, so che è vietato … Sto provando a smettere” – e si lisciò la faccia, con i palmi gelidi.
Geffen non ricordava che lui fumasse in realtà, ma era un dettaglio sul quale non aveva certezza alcuna.
“Daddy noi togliamo il disturbo … fammi sapere se hai bisogno qualcosa, per i tuoi acciacchi” – e gli sorrise affettuoso, sfiorandogli il braccio sinistro con una carezza, che sembrò invece una stilettata all’addome di Matt, ormai paonazzo.
Appena sparirono in corridoio, il giovane si avventò su Glam.
“Dobbiamo parlare!”
“Di cosa, accidenti?! Mi tieni sepolto sotto le tue paranoie e vorresti pretendere chissà cosa, è assurdo!” – sbottò, respingendolo.
“Pensi di dormire sul divano per sette notti?!”
Geffen rise acido – “Non tieni conto di quelle a Los Angeles, aumenta la cifra, ti conviene.”
Glam si era convinto che la presenza dell’FBI gli fosse tornata utile: Matt stava maturando l’idea che l’avvocato si costituisse o che, peggio, lo denunciasse, seppure le prove conservate da lui erano schiaccianti.
Era un gioco di specchi e presto o tardi uno di essi sarebbe andato, inevitabilmente, in frantumi.


“Il grand’uomo ti aspetta?”
Chris si allungò come un enorme puma, tra le lenzuola ancora segnate dal loro amplesso: Tom rise, vestendosi velocemente.
“Sai che per me il lavoro è una cosa sacra e poi il suo studio mi ha dato un anticipo pazzesco, per mansioni che neppure ho espletato.”
“Perché Geffen è partito, si è rimesso in piedi da solo, ha riacquistato peso e forma, anche senza di te, quindi cosa vuole ora?” – domandò scocciato, prendendo un altro biscotto dal vassoio, che Tom aveva fatto portare in camera.
“Avrà sempre dei disturbi, dopo l’incidente subito” – spiegò serio.
“Questo lo posso anche accettare, Tommy, però non farti coinvolgere dai suoi casini.”
“Di che parli?” – replicò infastidito dalla sua severità.
“E’ un tipo strano, facile all’ira”
“Senti chi parla!” – e gli regalò una smorfia degna del Muppet Show, per poi dileguarsi senza concedere a Chris nuove illazioni.


Morgan era già agli allenamenti e l’attesa di Chris si stava prolungando.
Reid stava rannicchiato su di una panca per gli addominali, preso completamente dalla lettura di un vecchio libro sulla cultura indiana.
Quando Geffen li vide fu tentato di rivelare loro quanto stava accadendo con Matt, ma il sopraggiungere allegro di Tom lo distolse da quell’idea.

“Ehi, sono in ritardo?”
“Ciao Tommy … no, anzi, credevo di esserlo io, tutto bene?”
“Sì, anche se oggi è grigio e non si può sciare”
“Lula non ha rinunciato alla gara di bob con il resto della brigata di pesti” – disse sorridendo, notando l’arrivo di Chris, con in bella mostra un busto da culturista, molto simile a quello di Derek.
Spencer e Tom si scambiarono un’occhiata, specialmente al rispettivo aspetto esile ma ben proporzionato.
Sorrisero, provando un’istintiva simpatia.
Glam si accomodò, controllando i messaggi, ma un paio di scarpe conosciute, si palesarono sotto al suo naso, con un incedere piuttosto incerto e zoppicante.
“Jared …?” – mormorò scrutandolo.
“Ciao … sono caduto con i pattini … sul ghiaccio” – si lamentò – “Tom potresti rimettermi in sesto?” -  e si sforzò di sorridere, senza darla bere a nessuno, specialmente a Geffen, che lo prese in braccio, senza esitare.
“Sei sempre il solito e poi nelle tue condizioni, dopo Haiti, miseria …” – brontolò in ansia.
Jared si appese al suo collo, celando un sorriso a Glam, che ne avvertì il respiro, profumato di miele.


“Ecco, solleva il polpaccio … qui serve un antidolorifico, cerco Scott?”
Il tono di Tom era gentile: si erano appartati in un ambulatorio, dove nessuno era di guardia, forse impegnato con un’emergenza.
Geffen stava seduto a fianco del lettino, all’altezza della testa di Jared, provvedendo a carezzarne le tempie e la fronte, in un arabesco tracciato dall’indice e dal pollice sinistri, così saturi di tenerezza, da imbarazzare il terapista.
“Ci penso io Tom … poi cerco Colin” – disse calmo.
“Ok Glam, prendo della garza, magari provvediamo ad una fasciatura. Come andiamo Jared?” – e sorrise.
“Bene … fa meno male se rimango disteso … Cole è con i gemelli, hanno un po’ di febbre”
“Avviso Pamela, per sostituirlo, così Colin arriverà subito”
“Mi strapazzerà, lui non voleva che io”
“Almeno uno dei due ha buon senso Jay” – scherzò, dandogli un buffetto.
Tom uscì, con la scusa di una telefonata.

Jared ebbe un fremito.
“Aspetta, cerco una coperta … ah eccone una”
“Grazie Glam …”
“Cosa sono questi occhi lucidi?” – gli domandò dolce, sistemando la coltre morbida e colorata.
“E’ … è per la mia stronzaggine” – rivelò strangolato da un pianto incipiente.
“Ci ho fatto l’abitudine, sai …? Ciò nonostante mi ferisci ancora così tanto” – ed andò a risistemarsi su quello sgabello scomodo.
“Mi dispiace Glam … e questo dimostra quanto io sia stupido ed inguaribile …”
Geffen gli sfiorò gli zigomi e poi le guance, con la sua bocca calda e la barba appena accennata – “Non permetterò mai che ti si possa fare del male. Da parte di nessuno, credimi Jay” – proferì assorto e doloroso.
Jared deglutì a vuoto, trovandosi la bocca di Glam ad un centimetro dalla propria, perplesso anche davanti a quella frase inspiegabile.
“Glam io …”
“Ti voglio così bene …” – inspirò, sentendo i passi di qualcuno avvicinarsi.
Era Farrell.


“La conosci la favola del rospo, che si gonfiava il petto, per dimostrare di essere migliore del suo antagonista?”
Spencer bisbigliò quella battuta sagace ad un Tom incantato dal suo statuario poliziotto.
Con Derek, davanti ad un enorme specchio, Chris sollevava pesi, alternando le movenze atletiche a grasse battute, che il collega apprezzava a pieno.
“Più o meno … comunque loro sono fatti così Spencer, forse in minima parte lo fanno anche per noi” – disse sgranando i suoi pozzi celesti.
Reid annuì, facendo spallucce – “Sarà …” – e strizzò le palpebre, in maniera buffa – “Usciamo a fare un pupazzo di neve Tommy?” – chiese entusiasta.
“Ok … se proprio ci tieni …”
“Al cento per cento!” – e brandendo la sua mano destra, l’esperto di statistiche più dotto di Quantico, lo allontanò da quel santuario di steroidi e sudore, per realizzare uno dei suoi giochi preferiti da bambino.
Mai cresciuto, pensò Derek, che lo seguì con lo sguardo, colmo di sconfinata tenerezza e malinconia.







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