giovedì 17 gennaio 2013

ZEN - CAPITOLO N. 37



Capitolo n. 37  -  zen


Scott lo visitò con perizia, ciò nonostante Matt sembrava insofferente alle sue attenzioni, quasi premurose.
Al suo arrivo Glam gli aveva spiegato i sintomi accusati dal suo fidanzato “a sorpresa” ed ad una prima vista, il paziente gli era apparso spaesato quanto sconvolto.
La bellezza di Matt era indiscutibile, così la dolcezza dei suoi occhi, almeno in quegli istanti.

Scott gli misurò la pressione, costatandone il livello anomalo: nulla che non potesse essere risolto da un’iniezione, che risollevò in pochi minuti anche l’umore del giovane, mutandolo in qualcosa di completamente diverso rispetto agli atteggiamenti pregressi.
Il suo sguardo divenne malizioso: da solo con Scott, sembrava analizzarlo con meticolosità.
Era un uomo affascinante e, mentalmente, Matt si chiese quanto il medico avesse da spartire insieme a Geffen, oltre ad una complicità innata.

“Siete molto amici, voi due, vero …?”
“Come scusa?” – replicò distratto, ma affabile.
“Con il mio Glam … ecco, lui mi ha raccontato molte cose di sé, ma non proprio tutto” – ed abbracciando il guanciale, si girò a pancia in giù, come un felino pericoloso, ma terribilmente intrigante.
“Il … tuo Glam?” – Scott rise, suscitando una reazione stizzosa nel suo interlocutore, che si alzò sui gomiti.
“Nessuno mi prende sul serio! Certo che è mio, è … è il mio uomo!”
“Ok … Ok, calmati, non ti fa nemmeno bene agitarti così, solo che io conosco bene Glam e credo appartenga unicamente a Lula. Tutto qui.” – gli espose quasi con serenità, oltre all’esperienza per esserci passato, non senza soffrirne parecchio e con relative cicatrici, mai rimarginatesi completamente.
“Ed a Jared no? E Robert, Kevin? Che mi dici di loro?” – insistette, dominandosi a stento.
“Loro sono … Sono essenziali nel suo percorso, non li abbandonerà mai e questo non so se è una fortuna o meno … Per chi li ama, intendo: Glam sa essere il migliore degli spettri od il peggiore, a seconda del punto di vista.”
“Il mio lo vede come … come una persona complicata, ma da amare … ecco”
Gli fece quasi tenerezza, su quell’ultima affermazione, sottolineata da un tono infantile, come se Geffen fosse un peluche od un gioco ambito, da un bambino capriccioso quanto Matt.
“Sai che ti dico? Buona fortuna …” -  e se ne andò, senza fretta.


“Papi … sta arrivando!”
Lula rise, accucciolandosi maggiormente sul petto di Kevin, sopra al divano.
Erano appena tornati dall’ospedale e, dopo avere avvisato Geffen sul buon esito delle analisi, guardavano un cartone, mangiando pop corn e pizza.
“Chi amore?”
“Zio Tim!!”
Suonarono.
“Cavoli, vado subito ad aprirgli!” – sorrise felice, certo che Lula non sbagliasse.

Tim sgranò i suoi opali di cenere vivida, appena se lo ritrovò ad un metro, oltre la soglia.
“Vassily mi ha detto che potevo …”
“Tesoro … ciao, vieni, certo e poi hai le chiavi …”
Kevin lo abbracciò forte ed a Tim sembrò che nulla fosse cambiato tra loro.
Come se avessero scambiato un saluto la mattina presto, facendo una ricca colazione tra le lenzuola, dopo una lunga notte di sesso, dove forse risiedeva l’unica simbiosi solida, tra loro.
Così credeva Tim e,  non bastandogli, al solo ricordarlo, si distaccò brusco.
“Sono qui per … per la mia roba e per Lula …” – affermò, chiudendosi a riccio.
“Lula ti ha … sentito … gli manchi”
“C’è anche Glam?” – domandò secco, avanzando di poco.
“No”
“Beh quando arriva digli che”
“Lui non arriva Tim.” – spiegò con dignità, trattenendo le lacrime per il cumulo di emozioni, che gli gravava nel petto.
“Come sarebbe io non cap” – ma il trillo del suo cellulare, interruppe la conversazione.
Tim rispose, arrossendo.
“No … no, ho quasi fatto, lasciami cinque minuti Ivo, per favore non rompere” – masticò agitato.
Riattaccò, riponendo l’apparecchio nelle tasche dei jeans attillati e sexy.
Era di un eccitante così spontaneo, che Kevin se lo immaginò sui sedili della berlina di quel professore, a cavalcioni delle sue gambe, mentre lo cavalcava madido e lucente, traboccando in singulti lussuriosi, come succedeva tra loro, in un tempo così inaccessibile, ora.
“Lui è qui?”
“Ivo …? Sì, mi ha accompagnato” – disse in palese imbarazzo.
“Stai con lui?” – bissò più diretto ed asciutto il bassista.
“No … cioè …”
Tim si grattò la nuca, appoggiandosi al muro retrostante.
“Non ti devo delle spiegazioni Kevin, non ti devo un bel cazzo di niente!” – sbottò livido.
“E allora perché tremi? Eh?! E perché ti fai scopare da lui ogni volta che tra noi va a finire male?!” – tuonò con impeto, avvicinandosi troppo.
Lo schiacciò contro la tappezzeria, affondando le sue labbra in quelle di Tim, che non voleva soccombere nuovamente, ma che si sentiva il cuore pazzo di gioia per quella svolta non calcolata.
Si oppose aprendo i palmi sul petto nudo sotto la camicia di Kevin, percependo le sue pulsazioni, imbizzarrite al pari delle proprie.
La mano sinistra del biondo gli tappò la bocca, mentre con quella libera Kevin azionò l’interfono, quasi ansimando.
“Vassily fammi una cortesia … Dì al tizio oltre i cancelli che Tim resta qui con me. Se hai problemi, io sono qui.”
Fissò Tim, poi gli sorrise, baciandolo ancora ed ancora.


“Non so esattamente di cosa si tratti, ma  il tuo … Scusa, non riesco a dirlo … Forse perché non ci credi neppure tu.”
Glam lo scrutò, sorseggiando una birra gelida.
“Cosa intendi, Scotty?” – ribatté serafico.
“Se di là ci fosse Jared oppure Robert, staresti sulle spine, facendo mille domande … Invece non te ne importa, di Matt, intendo.”  - chiarì con fervore.
“Hai sempre giudicato i miei legami, ma io non voglio parlarti di Matt, mi dispiace”
“Non vuoi perché non c’è granché da dire Glam!”
“E sia …” – allargò le braccia – “… e sia” – ribadì, più debole, rimettendosi in poltrona – “Sono a pezzi, voglio dormire Scott …”
“D’accordo, nessun problema, sai dove trovarmi” – chiuse stizzito e consapevole che Geffen gli stava mentendo, incomprensibilmente.


Tim scivolò via dalle ali di Kevin, appena furono nella loro camera.
“Tu … tu fai sempre così … Ma io non sono un giocattolo!”
Lo spunto per quella ribellione gli sgorgò rabbioso dallo stomaco, dove un cespuglio di rovi, lo stava facendo sanguinare di orgoglio all’apparenza tardivo.
“E tu non puoi fare a meno di cercarmi, Tim, ed io ringrazio il cielo … Perché  arrivi e mi doni un conforto, a cui non potrei mai rinunciare” – disse scosso nel profondo.
“Tu giochi con me … e se mi sono arreso non è per poco amore, ma per il semplice svilimento … perché il fantasma di Glam mi umilia di continuo!”
“Non ti ho mai rinfacciato di non avere combattuto per noi Tim … Tu hai rispettato il mio obiettivo di ricongiungere la mia famiglia, intorno a Lula … Che ti vuole così bene … Almeno su questo credimi” – sembrò supplicarlo.
“Infatti io volevo sapere di lui …”
Un lieve bussare sembrò esaudire la ragione per la quale Tim si era recato alla Joy’s House.
“Papi sei lì?”
“Sì, Lula, vieni pure … c’è anche”
L’uscio bianco si aprì – “Zio Tim!”
I suoi carboni avvamparono di allegria, mentre i cieli di Tim si incresparono di commozione sincera.
“Ehi piccolo …”
“Sei arrivato finalmente! Papi Kevin non fa che parlare di te e di come riconquistarti, sai!?” – e rise contagioso, appendendosi al collo del giovane, che lo cullò amorevole.
“Soldino di cacio … sei una peste, ma io voglio crederti”
“E certo, parola di lupetto!” – e facendogli l’occhiolino, lo stritolò di baci e coccole.


Matt sbucò dalla doccia, avvolto in un asciugamano ridotto.
Geffen fumava in veranda, rimescolando le sensazioni alle immagini di Lula, di Kevin, che gli aveva appena inviato un sms, dove gli raccontava di Tim, passando poi a Jared, che spediva foto di Florelay, perfettamente integrata nel nucleo dei due artisti alla End House, con frasi come “… sei nel nostro cuore Glam, non dimenticarlo mai, arenandosi poi nella pece liquida, con cui Robert lo lambiva, ammirandolo, anche se non se ne sentiva mai meritevole.
“Piccolo mio …” – sussurrò, provando un vuoto dentro capace di annientarlo.

Matt lo cinse da dietro, con l’accortezza di fargli sentire la sua pelle umida e tonica.
Geffen fece come uno scatto, poi si girò a lui, che sorrise, ammaliatore nella sua incantevole perfezione.
“Potrei renderti molto felice Glam e … soddisfatto”
Si umettò le labbra, poi sparì dalla sua vista, inginocchiandosi.
A Glam sembrò il principio della propria fine: nulla di più.






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