Capitolo n. 37 - zen
Scott lo visitò con
perizia, ciò nonostante Matt sembrava insofferente alle sue attenzioni, quasi
premurose.
Al suo arrivo Glam
gli aveva spiegato i sintomi accusati dal suo fidanzato “a sorpresa” ed ad una
prima vista, il paziente gli era apparso spaesato quanto sconvolto.
La bellezza di Matt
era indiscutibile, così la dolcezza dei suoi occhi, almeno in quegli istanti.
Scott gli misurò la
pressione, costatandone il livello anomalo: nulla che non potesse essere
risolto da un’iniezione, che risollevò in pochi minuti anche l’umore del
giovane, mutandolo in qualcosa di completamente diverso rispetto agli
atteggiamenti pregressi.
Il suo sguardo
divenne malizioso: da solo con Scott, sembrava analizzarlo con meticolosità.
Era un uomo
affascinante e, mentalmente, Matt si chiese quanto il medico avesse da spartire
insieme a Geffen, oltre ad una complicità innata.
“Siete molto amici,
voi due, vero …?”
“Come scusa?” –
replicò distratto, ma affabile.
“Con il mio Glam …
ecco, lui mi ha raccontato molte cose di sé, ma non proprio tutto” – ed abbracciando
il guanciale, si girò a pancia in giù, come un felino pericoloso, ma
terribilmente intrigante.
“Il … tuo Glam?” –
Scott rise, suscitando una reazione stizzosa nel suo interlocutore, che si alzò
sui gomiti.
“Nessuno mi prende
sul serio! Certo che è mio, è … è il mio uomo!”
“Ok … Ok, calmati,
non ti fa nemmeno bene agitarti così, solo che io conosco bene Glam e credo
appartenga unicamente a Lula. Tutto qui.” – gli espose quasi con serenità,
oltre all’esperienza per esserci passato, non senza soffrirne parecchio e con
relative cicatrici, mai rimarginatesi completamente.
“Ed a Jared no? E
Robert, Kevin? Che mi dici di loro?” – insistette, dominandosi a stento.
“Loro sono … Sono
essenziali nel suo percorso, non li abbandonerà mai e questo non so se è una
fortuna o meno … Per chi li ama, intendo: Glam sa essere il migliore degli
spettri od il peggiore, a seconda del punto di vista.”
“Il mio lo vede come …
come una persona complicata, ma da amare … ecco”
Gli fece quasi
tenerezza, su quell’ultima affermazione, sottolineata da un tono infantile,
come se Geffen fosse un peluche od un gioco ambito, da un bambino capriccioso
quanto Matt.
“Sai che ti dico?
Buona fortuna …” - e se ne andò, senza
fretta.
“Papi … sta
arrivando!”
Lula rise,
accucciolandosi maggiormente sul petto di Kevin, sopra al divano.
Erano appena tornati
dall’ospedale e, dopo avere avvisato Geffen sul buon esito delle analisi,
guardavano un cartone, mangiando pop corn e pizza.
“Chi amore?”
“Zio Tim!!”
Suonarono.
“Cavoli, vado subito
ad aprirgli!” – sorrise felice, certo che Lula non sbagliasse.
Tim sgranò i suoi
opali di cenere vivida, appena se lo ritrovò ad un metro, oltre la soglia.
“Vassily mi ha detto
che potevo …”
“Tesoro … ciao,
vieni, certo e poi hai le chiavi …”
Kevin lo abbracciò
forte ed a Tim sembrò che nulla fosse cambiato tra loro.
Come se avessero
scambiato un saluto la mattina presto, facendo una ricca colazione tra le
lenzuola, dopo una lunga notte di sesso, dove forse risiedeva l’unica simbiosi
solida, tra loro.
Così credeva Tim
e, non bastandogli, al solo ricordarlo,
si distaccò brusco.
“Sono qui per … per
la mia roba e per Lula …” – affermò, chiudendosi a riccio.
“Lula ti ha … sentito
… gli manchi”
“C’è anche Glam?” –
domandò secco, avanzando di poco.
“No”
“Beh quando arriva
digli che”
“Lui non arriva Tim.”
– spiegò con dignità, trattenendo le lacrime per il cumulo di emozioni, che gli
gravava nel petto.
“Come sarebbe io non
cap” – ma il trillo del suo cellulare, interruppe la conversazione.
Tim rispose,
arrossendo.
“No … no, ho quasi
fatto, lasciami cinque minuti Ivo, per favore non rompere” – masticò agitato.
Riattaccò, riponendo
l’apparecchio nelle tasche dei jeans attillati e sexy.
Era di un eccitante
così spontaneo, che Kevin se lo immaginò sui sedili della berlina di quel
professore, a cavalcioni delle sue gambe, mentre lo cavalcava madido e lucente,
traboccando in singulti lussuriosi, come succedeva tra loro, in un tempo così
inaccessibile, ora.
“Lui è qui?”
“Ivo …? Sì, mi ha
accompagnato” – disse in palese imbarazzo.
“Stai con lui?” – bissò
più diretto ed asciutto il bassista.
“No … cioè …”
Tim si grattò la
nuca, appoggiandosi al muro retrostante.
“Non ti devo delle
spiegazioni Kevin, non ti devo un bel cazzo di niente!” – sbottò livido.
“E allora perché tremi?
Eh?! E perché ti fai scopare da lui ogni volta che tra noi va a finire male?!” –
tuonò con impeto, avvicinandosi troppo.
Lo schiacciò contro
la tappezzeria, affondando le sue labbra in quelle di Tim, che non voleva
soccombere nuovamente, ma che si sentiva il cuore pazzo di gioia per quella
svolta non calcolata.
Si oppose aprendo i
palmi sul petto nudo sotto la camicia di Kevin, percependo le sue pulsazioni,
imbizzarrite al pari delle proprie.
La mano sinistra del
biondo gli tappò la bocca, mentre con quella libera Kevin azionò l’interfono,
quasi ansimando.
“Vassily fammi una
cortesia … Dì al tizio oltre i cancelli che Tim resta qui con me. Se hai
problemi, io sono qui.”
Fissò Tim, poi gli
sorrise, baciandolo ancora ed ancora.
“Non so esattamente di
cosa si tratti, ma il tuo … Scusa, non
riesco a dirlo … Forse perché non ci credi neppure tu.”
Glam lo scrutò,
sorseggiando una birra gelida.
“Cosa intendi,
Scotty?” – ribatté serafico.
“Se di là ci fosse
Jared oppure Robert, staresti sulle spine, facendo mille domande … Invece non
te ne importa, di Matt, intendo.” - chiarì
con fervore.
“Hai sempre giudicato
i miei legami, ma io non voglio parlarti di Matt, mi dispiace”
“Non vuoi perché non
c’è granché da dire Glam!”
“E sia …” – allargò le
braccia – “… e sia” – ribadì, più debole, rimettendosi in poltrona – “Sono a
pezzi, voglio dormire Scott …”
“D’accordo, nessun
problema, sai dove trovarmi” – chiuse stizzito e consapevole che Geffen gli
stava mentendo, incomprensibilmente.
Tim scivolò via dalle
ali di Kevin, appena furono nella loro camera.
“Tu … tu fai sempre
così … Ma io non sono un giocattolo!”
Lo spunto per quella
ribellione gli sgorgò rabbioso dallo stomaco, dove un cespuglio di rovi, lo
stava facendo sanguinare di orgoglio all’apparenza tardivo.
“E tu non puoi fare a
meno di cercarmi, Tim, ed io ringrazio il cielo … Perché arrivi e mi doni un conforto, a cui non potrei
mai rinunciare” – disse scosso nel profondo.
“Tu giochi con me … e
se mi sono arreso non è per poco amore, ma per il semplice svilimento … perché il
fantasma di Glam mi umilia di continuo!”
“Non ti ho mai
rinfacciato di non avere combattuto per noi Tim … Tu hai rispettato il mio
obiettivo di ricongiungere la mia famiglia, intorno a Lula … Che ti vuole così
bene … Almeno su questo credimi” – sembrò supplicarlo.
“Infatti io volevo
sapere di lui …”
Un lieve bussare
sembrò esaudire la ragione per la quale Tim si era recato alla Joy’s House.
“Papi sei lì?”
“Sì, Lula, vieni pure
… c’è anche”
L’uscio bianco si
aprì – “Zio Tim!”
I suoi carboni
avvamparono di allegria, mentre i cieli di Tim si incresparono di commozione
sincera.
“Ehi piccolo …”
“Sei arrivato
finalmente! Papi Kevin non fa che parlare di te e di come riconquistarti, sai!?”
– e rise contagioso, appendendosi al collo del giovane, che lo cullò amorevole.
“Soldino di cacio …
sei una peste, ma io voglio crederti”
“E certo, parola di
lupetto!” – e facendogli l’occhiolino, lo stritolò di baci e coccole.
Matt sbucò dalla
doccia, avvolto in un asciugamano ridotto.
Geffen fumava in
veranda, rimescolando le sensazioni alle immagini di Lula, di Kevin, che gli
aveva appena inviato un sms, dove gli raccontava di Tim, passando poi a Jared,
che spediva foto di Florelay, perfettamente integrata nel nucleo dei due
artisti alla End House, con frasi come “… sei nel nostro cuore Glam, non
dimenticarlo mai, arenandosi poi nella pece liquida, con cui Robert lo lambiva,
ammirandolo, anche se non se ne sentiva mai meritevole.
“Piccolo mio …” –
sussurrò, provando un vuoto dentro capace di annientarlo.
Matt lo cinse da
dietro, con l’accortezza di fargli sentire la sua pelle umida e tonica.
Geffen fece come uno
scatto, poi si girò a lui, che sorrise, ammaliatore nella sua incantevole
perfezione.
“Potrei renderti
molto felice Glam e … soddisfatto”
Si umettò le labbra,
poi sparì dalla sua vista, inginocchiandosi.
A Glam sembrò il principio
della propria fine: nulla di più.
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