Capitolo n. 40
- zen
Geffen li accolse in maniera educata, facendoli
poi accomodare nel proprio studio.
“Tenente, non conosco i signori …”
“Sono dell’FBI di Quantico, Derek Morgan ed il
dottor Spencer Reid”
“Salve …” – Reid fece un cenno, mentre Derek annuì
al – “Piacere” – pronunciato flebilmente da Glam, ormai sprofondato in
poltrona.
“Sono stressato da un
sacco di casini, quindi penso che la vostra visita stia per diventare la ciliegina
sulla torta di questa giornata …” – e si versò da bere, dopo avere estratto dal
cassetto della scrivania, una pregiata bottiglia di cognac.
“E’ per il caso
Mendoza.” – precisò Chris, ormai seduto come gli altri.
“Ah, il fantasma di
Oliviero mi perseguita” – Geffen rise amaro.
“A Port au Prince
sono in un vicolo cieco, credono che sia sfuggito loro qualcosa e noi siamo qui
per trovarlo, considerato che lei aveva un ottimo movente per uccidere Mendoza”
– spiegò secco, fissandolo.
Geffen non aveva
alcuna difficoltà a reggere il suo sguardo severo, ma era incuriosito da ciò
che stava facendo Reid, con in mano un tomo, preso dall’adiacente libreria.
“Memoria eidetica?” –
domandò l’uomo, notando la velocità con cui Spencer stava divorando letteralmente
quelle pagine di norme e cavilli.
“Sì, infatti” –
precisò Morgan, togliendo delicatamente il volume dalle mani affusolate del
collega, che protestò risentito – “Ehi, non ho finito!”
“Posso prestarglielo”
– Glam sorrise, chiedendo poi via interfono alla governante di portare caffè e
la sua torta di cioccolato, preparata per l’arrivo imminente di Lula.
A Palm Springs, dopo
un pranzo silenzioso insieme a Robert, Geffen non era riuscito a restare alla
villa, ad attendere il bimbo, scortato da Vassily.
Preferì
riaccompagnare Downey, come promesso, in Los Angeles, dove ora il body guard
stava per raggiungerlo con il suo soldino di cacio.
Il loro arrivo fu
simultaneo a quello scambio di battute tra Geffen e Reid, che stava già per
ingranare la quarta e sgranargli una sequela di raccolte forensi, da fare
invidia al primo della classe di Harward.
“Papiii!!”
Era la luce, quel
cucciolo, quando entrava in una stanza e per Glam non esisteva null’altro che
tenerlo sul petto, facendolo roteare e ridere, come soltanto Lula sapeva fare.
“Angelo mio … sei
ancora arrabbiato?”
“Naaaaa ahahaha Ho
capito che non devo sciare, però tu mi porti ad Aspen lo stesso, vero? C’è
Violet, la mia Violet!”
“Ovvio che sì …” –
replicò pensieroso, riprendendo posto, con in grembo un Lula attento ai
presenti.
“Ciao zio Chris, come
sta zio Tom?”
Il poliziotto arrise
nel solo ascoltare il nome del compagno.
“Bene, prima o poi
dobbiamo mangiarci una mega pizza, ok? Ti sei ripreso al meglio, ne sono felice”
“Lo siamo tutti …” –
disse Glam.
Reid era come
ipnotizzato dagli occhi scuri di Lula, che ben presto arrivò a lui.
“Ciao … come ti
chiami?”
“Spencer …”
“Bel nome … La tua
mamma quando l’ha scelto era orgogliosa, come ora … Ti sta chiamando!”
“Co cosa …?”
La vibrazione del
cellulare di Reid confermò la sensazione di Lula.
“Mio Dio è lei … Sì
mamma, pronto …!” – rispose concitato.
Lei, al capo opposto,
lo salutò in modo allegro, facendogli gli auguri di compleanno in netto
anticipo.
Era solita
confondersi con le date, per cui Spencer fu molto dolce a farle notare lo
sbaglio, perché assecondarla e mentirle sarebbe stata una macroscopica
sciocchezza.
Era una donna colta e
brillante, anche se schizofrenica e ricoverata da anni in una casa di cura
privata, dove Spencer le faceva spesso visita, anche con Morgan, piuttosto
basito dalla situazione creatasi in quell’elegante contesto.
Riattaccò
imbarazzato.
“Non sapevo avessi
questo dono piccolo …”
Lula fece una smorfia
– “Il dono più grande sono i miei papà: cosa volete dal mio papi Glam?”
“E’ … è una faccenda
tra adulti Lula, però niente di male, credimi” – precisò Chris.
Vassily entrò,
chiedendo permesso e, facendo tremare il parquet ad ogni passo, si occupò del
bambino.
“Soldino devi
preparare la valigia con zio Matt, lo sai” – gli disse baritonale, scrutando i
tre interlocutori di Geffen, che annuì – “Infatti siamo in ritardo, tra poco
arrivano zio Colin e zio Jared, tesoro …”
“Con Violet! Yeahh
okkeiii vado da zio Matt!”
“Piuttosto
particolare come balia quel russo …” – esordì Reid, una volta che Vassily e
Lula furono usciti.
Geffen rise – “Lei è
buffo, sa? Un tipo davvero interessante, dal cervello grande più di questo
edificio, ma con una comicità spiccata”
Spencer avvampò, perché
le iridi di Glam lo avevano investito come un treno in corsa.
“Lei, invece, è il
tipico maschio alpha, direi super alpha per come si pone, con un indole paterna
straordinaria, nelle sue eccezioni migliori, ma anche un ego vasto quanto il
quartiere, dove sorge l’edificio di cui sopra” – ribatté diretto, puntandolo
con i suoi fanali da cerbiatto.
Morgan deglutì acido,
infastidito da quel loro interagire, che aveva escluso sia lui che Chris.
“Ha tracciato il mio
profilo, è il suo lavoro, questo lo comprendo, però risponda ad una semplice
domanda: mi crede capace di sventrare una persona, dopo averla tramortita, strapparle il cuore e sparpagliarlo ovunque,
mentre è ancora viva?”
Reid serrò le palpebre
a fessura, per un istante quasi impercettibile.
“Un uomo, che guarda
il figlio, come fa lei, signor Geffen, non penso sia capace di questo.” – lo esaudì
sincero.
Geffen si alzò – “Per
quanto amo Lula, le assicuro che potrei fare anche di peggio.” – disse granitico,
poi aggiunse – “Ma essendo un legale, a quanto si dice preparato, occorrono le
prove, insindacabili e schiaccianti, per inchiodarmi e rinchiudermi per il caso
Mendoza. Sbaglio Chris?”
“No, non sbaglia. Se
ci sono, le troveremo, non si dia pena.”
“Affatto, anzi … Vi
esorto a non mollare la presa: venite con noi in Colorado, per una settimana.
Cosa ne pensa agente Morgan?”
“D’accordo” – replicò
gelido.
“Affare fatto: ho
bisogno anche di Tom e della sua professionalità. La mia schiena è a pezzi.”
Chris aggrottò la
fronte.
“A me lei sembra in
ottima forma, signor Geffen, però non potrei di sicuro lasciarlo a casa.”
“Perfetto. Si parte
alle nove, dopo una cena leggera giù nel salone. Sarete i benvenuti. A più
tardi.”
Jared spuntò nell’ingresso
con il trasportino di Flo.
Sembrò precipitarsi
da Glam, che lo avvolse con gioia.
C’era parecchia
confusione intorno al buffet ed i due funzionari dell’FBI vennero presentati a
tutti, senza dare molte spiegazioni.
Leto si dimostrò
cordiale da subito, almeno all’apparenza.
“Glam posso parlarti?”
“Sì … ok, devo finire
di caricare l’auto, mi aiuti?”
“Certo … Colin pensi
tu a Flo ed i gemelli?” – e gli diede un bacio.
Farrell capì e non lo
ostacolò, notando il fastidio mal celato di Matt, poco distante da loro.
“Non ti fidi più di
me, Glam?”
Il quesito gli arrivò
tra le scapole, a pochi centimetri dalle quali Jared gli stava parlando, rigido
e dispiaciuto.
Geffen riguadagnò la
vista di quel blu oceano, che tempestava gli occhi del cantante, visibilmente
scosso e lo accarezzò tra le chiome troppo lunghe per la sua età, così come la
barba, peraltro curata.
Era incantevole, come
un’abitudine dura a morire.
“Assolutamente Jay”
“Dunque cosa mi
nascondi? Ti decidi a raccontarmelo od a sfogarti?”
“Peggiorerebbe le
cose, te lo garantisco …” – disse in un anelito supplichevole, affinché lo
lasciasse in pace.
“Allora sii onesto:
sei felice con Matt?”
“No”
“Ma perché diavolo
stai insieme a lui??!” – sbottò, gesticolando.
“Perché me lo merito”
Jared si tormentò il
mento, poi gli zigomi, arrendendosi.
“Sei un rebus! Ci
rinuncio temporaneamente perché hai la casa piena di gente pronta a partire per
la settimana bianca Glam, ma non sperare che io”
“Ti voglio bene Jared”
– lo interruppe secco – “Ed anche tu sarai nel mio cuore sino alla fine”
Si scrutarono, lucidi
e vinti dalle circostanze.
“Tu … tu mi hai detto
delle cose ah Haiti Glam … poi è arrivato Colin, portando nella mia vita
Florelay …” – si commosse, reprimendo un singulto di costernazione.
“Era la nostalgia di
noi … A volte ci penso … penso alla nostra isola, ad Isotta … Tu sai cosa
voglio dire Jay …” – ed appoggiandosi al suv, si asciugò con il palmo destro
una lacrima dispettosa.
“Certo che lo so … mi
hai sconvolto ed io credevo …”
Un vocio dalla
terrazza li distrasse.
Gli amici li stavano
reclamando, era tempo di andare.
“Non importa ciò che
credevo Glam … L’ho capito guardando negli occhi l’amore che Colin si porta
dentro da quando stiamo insieme … Quello che non ho più ritrovato nei tuoi, dal
momento in cui ti sei innamorato di Robert. Quindi non voglio più ascoltarti
nelle tue malinconiche rivisitazioni di un passato morto e sepolto. Ok?” – e tirando
su dal naso, fece per andarsene.
Geffen strinse i
pugni, vincendo il nodo che sentiva stringergli la gola, improvviso, odioso.
“Allora da dove nasce
la tua rabbia, Jared?” – esplose.
Leto non gli diede
risposta, andandosene via correndo.
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