martedì 22 gennaio 2013

ZEN / CAPITOLO N. 40



 
Capitolo n. 40  -  zen


Geffen li accolse in maniera educata, facendoli poi accomodare nel proprio studio.
“Tenente, non conosco i signori …”
“Sono dell’FBI di Quantico, Derek Morgan ed il dottor Spencer Reid”
“Salve …” – Reid fece un cenno, mentre Derek annuì al – “Piacere” – pronunciato flebilmente da Glam, ormai sprofondato in poltrona.
“Sono stressato da un sacco di casini, quindi penso che la vostra visita stia per diventare la ciliegina sulla torta di questa giornata …” – e si versò da bere, dopo avere estratto dal cassetto della scrivania, una pregiata bottiglia di cognac.
“E’ per il caso Mendoza.” – precisò Chris, ormai seduto come gli altri.
“Ah, il fantasma di Oliviero mi perseguita” – Geffen rise amaro.
“A Port au Prince sono in un vicolo cieco, credono che sia sfuggito loro qualcosa e noi siamo qui per trovarlo, considerato che lei aveva un ottimo movente per uccidere Mendoza” – spiegò secco, fissandolo.
Geffen non aveva alcuna difficoltà a reggere il suo sguardo severo, ma era incuriosito da ciò che stava facendo Reid, con in mano un tomo, preso dall’adiacente libreria.
“Memoria eidetica?” – domandò l’uomo, notando la velocità con cui Spencer stava divorando letteralmente quelle pagine di norme e cavilli.
“Sì, infatti” – precisò Morgan, togliendo delicatamente il volume dalle mani affusolate del collega, che protestò risentito – “Ehi, non ho finito!”
“Posso prestarglielo” – Glam sorrise, chiedendo poi via interfono alla governante di portare caffè e la sua torta di cioccolato, preparata per l’arrivo imminente di Lula.

A Palm Springs, dopo un pranzo silenzioso insieme a Robert, Geffen non era riuscito a restare alla villa, ad attendere il bimbo, scortato da Vassily.
Preferì riaccompagnare Downey, come promesso, in Los Angeles, dove ora il body guard stava per raggiungerlo con il suo soldino di cacio.

Il loro arrivo fu simultaneo a quello scambio di battute tra Geffen e Reid, che stava già per ingranare la quarta e sgranargli una sequela di raccolte forensi, da fare invidia al primo della classe di Harward.
“Papiii!!”
Era la luce, quel cucciolo, quando entrava in una stanza e per Glam non esisteva null’altro che tenerlo sul petto, facendolo roteare e ridere, come soltanto Lula sapeva fare.
“Angelo mio … sei ancora arrabbiato?”
“Naaaaa ahahaha Ho capito che non devo sciare, però tu mi porti ad Aspen lo stesso, vero? C’è Violet, la mia Violet!”
“Ovvio che sì …” – replicò pensieroso, riprendendo posto, con in grembo un Lula attento ai presenti.
“Ciao zio Chris, come sta zio Tom?”
Il poliziotto arrise nel solo ascoltare il nome del compagno.
“Bene, prima o poi dobbiamo mangiarci una mega pizza, ok? Ti sei ripreso al meglio, ne sono felice”
“Lo siamo tutti …” – disse Glam.
Reid era come ipnotizzato dagli occhi scuri di Lula, che ben presto arrivò a lui.
“Ciao … come ti chiami?”
“Spencer …”
“Bel nome … La tua mamma quando l’ha scelto era orgogliosa, come ora … Ti sta chiamando!”
“Co cosa …?”
La vibrazione del cellulare di Reid confermò la sensazione di Lula.
“Mio Dio è lei … Sì mamma, pronto …!” – rispose concitato.
Lei, al capo opposto, lo salutò in modo allegro, facendogli gli auguri di compleanno in netto anticipo.
Era solita confondersi con le date, per cui Spencer fu molto dolce a farle notare lo sbaglio, perché assecondarla e mentirle sarebbe stata una macroscopica sciocchezza.
Era una donna colta e brillante, anche se schizofrenica e ricoverata da anni in una casa di cura privata, dove Spencer le faceva spesso visita, anche con Morgan, piuttosto basito dalla situazione creatasi in quell’elegante contesto.

Riattaccò imbarazzato.
“Non sapevo avessi questo dono piccolo …”
Lula fece una smorfia – “Il dono più grande sono i miei papà: cosa volete dal mio papi Glam?”
“E’ … è una faccenda tra adulti Lula, però niente di male, credimi” – precisò Chris.
Vassily entrò, chiedendo permesso e, facendo tremare il parquet ad ogni passo, si occupò del bambino.
“Soldino devi preparare la valigia con zio Matt, lo sai” – gli disse baritonale, scrutando i tre interlocutori di Geffen, che annuì – “Infatti siamo in ritardo, tra poco arrivano zio Colin e zio Jared, tesoro …”
“Con Violet! Yeahh okkeiii vado da zio Matt!”

“Piuttosto particolare come balia quel russo …” – esordì Reid, una volta che Vassily e Lula furono usciti.
Geffen rise – “Lei è buffo, sa? Un tipo davvero interessante, dal cervello grande più di questo edificio, ma con una comicità spiccata”
Spencer avvampò, perché le iridi di Glam lo avevano investito come un treno in corsa.
“Lei, invece, è il tipico maschio alpha, direi super alpha per come si pone, con un indole paterna straordinaria, nelle sue eccezioni migliori, ma anche un ego vasto quanto il quartiere, dove sorge l’edificio di cui sopra” – ribatté diretto, puntandolo con i suoi fanali da cerbiatto.
Morgan deglutì acido, infastidito da quel loro interagire, che aveva escluso sia lui che Chris.
“Ha tracciato il mio profilo, è il suo lavoro, questo lo comprendo, però risponda ad una semplice domanda: mi crede capace di sventrare una persona, dopo averla tramortita,  strapparle il cuore e sparpagliarlo ovunque, mentre è ancora viva?”
Reid serrò le palpebre a fessura, per un istante quasi impercettibile.
“Un uomo, che guarda il figlio, come fa lei, signor Geffen, non penso sia capace di questo.” – lo esaudì sincero.
Geffen si alzò – “Per quanto amo Lula, le assicuro che potrei fare anche di peggio.” – disse granitico, poi aggiunse – “Ma essendo un legale, a quanto si dice preparato, occorrono le prove, insindacabili e schiaccianti, per inchiodarmi e rinchiudermi per il caso Mendoza. Sbaglio Chris?”
“No, non sbaglia. Se ci sono, le troveremo, non si dia pena.”
“Affatto, anzi … Vi esorto a non mollare la presa: venite con noi in Colorado, per una settimana. Cosa ne pensa agente Morgan?”
“D’accordo” – replicò gelido.
“Affare fatto: ho bisogno anche di Tom e della sua professionalità. La mia schiena è a pezzi.”
Chris aggrottò la fronte.
“A me lei sembra in ottima forma, signor Geffen, però non potrei di sicuro lasciarlo a casa.”
“Perfetto. Si parte alle nove, dopo una cena leggera giù nel salone. Sarete i benvenuti. A più tardi.”


Jared spuntò nell’ingresso con il trasportino di Flo.
Sembrò precipitarsi da Glam, che lo avvolse con gioia.
C’era parecchia confusione intorno al buffet ed i due funzionari dell’FBI vennero presentati a tutti, senza dare molte spiegazioni.
Leto si dimostrò cordiale da subito, almeno all’apparenza.
“Glam posso parlarti?”
“Sì … ok, devo finire di caricare l’auto, mi aiuti?”
“Certo … Colin pensi tu a Flo ed i gemelli?” – e gli diede un bacio.
Farrell capì e non lo ostacolò, notando il fastidio mal celato di Matt, poco distante da loro.


“Non ti fidi più di me, Glam?”
Il quesito gli arrivò tra le scapole, a pochi centimetri dalle quali Jared gli stava parlando, rigido e dispiaciuto.
Geffen riguadagnò la vista di quel blu oceano, che tempestava gli occhi del cantante, visibilmente scosso e lo accarezzò tra le chiome troppo lunghe per la sua età, così come la barba, peraltro curata.
Era incantevole, come un’abitudine dura a morire.
“Assolutamente Jay”
“Dunque cosa mi nascondi? Ti decidi a raccontarmelo od a sfogarti?”
“Peggiorerebbe le cose, te lo garantisco …” – disse in un anelito supplichevole, affinché lo lasciasse in pace.
“Allora sii onesto: sei felice con Matt?”
“No”
“Ma perché diavolo stai insieme a lui??!” – sbottò, gesticolando.
“Perché me lo merito”
Jared si tormentò il mento, poi gli zigomi, arrendendosi.
“Sei un rebus! Ci rinuncio temporaneamente perché hai la casa piena di gente pronta a partire per la settimana bianca Glam, ma non sperare che io”
“Ti voglio bene Jared” – lo interruppe secco – “Ed anche tu sarai nel mio cuore sino alla fine”
Si scrutarono, lucidi e vinti dalle circostanze.
“Tu … tu mi hai detto delle cose ah Haiti Glam … poi è arrivato Colin, portando nella mia vita Florelay …” – si commosse, reprimendo un singulto di costernazione.
“Era la nostalgia di noi … A volte ci penso … penso alla nostra isola, ad Isotta … Tu sai cosa voglio dire Jay …” – ed appoggiandosi al suv, si asciugò con il palmo destro una lacrima dispettosa.
“Certo che lo so … mi hai sconvolto ed io credevo …”
Un vocio dalla terrazza li distrasse.
Gli amici li stavano reclamando, era tempo di andare.
“Non importa ciò che credevo Glam … L’ho capito guardando negli occhi l’amore che Colin si porta dentro da quando stiamo insieme … Quello che non ho più ritrovato nei tuoi, dal momento in cui ti sei innamorato di Robert. Quindi non voglio più ascoltarti nelle tue malinconiche rivisitazioni di un passato morto e sepolto. Ok?” – e tirando su dal naso, fece per andarsene.
Geffen strinse i pugni, vincendo il nodo che sentiva stringergli la gola, improvviso, odioso.
“Allora da dove nasce la tua rabbia, Jared?” – esplose.
Leto non gli diede risposta, andandosene via correndo.



Nessun commento:

Posta un commento