lunedì 1 ottobre 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 206



Capitolo n. 206  -  sunrise


Ivo succhiò piano il lobo sinistro di Tim, risalendo poi lungo il suo collo al mento, per baciarne la bocca, profondamente.
La schiena del giovane si inarcò: quella grande scrivania in quercia massiccia era spaziosa, ma scomoda.
L’attrito dei loro corpi nudi rendeva meno gradevole l’amplesso, ma l’eccitazione, che li aveva assaliti, dopo essersi chiusi a chiave nel laboratorio di Paleontologia, dissolveva ogni disagio.
I lampi illuminavano la stanza, avvolte dalle prime ombre della sera.
Il guardiano sarebbe passato entro i successivi dieci minuti ed Ivo lo sapeva: acuì il ritmo dei suoi fianchi e della sua mano, impegnata a dare il massimo del piacere al suo giovane amante.
Vennero insieme, come spesso accadeva quando facevano sesso oppure l’amore:  dovevano decidere quale dei due, si era consumato tra loro dopo la fine delle lezioni, quel giorno.


Glam era seduto al suo tavolo da lavoro, nel suo nuovo studio alla Star House,   arredato in modo scarno.
Accese la lampada diplomatica scelta da Robert, sfiorandone la base, dove l’attore aveva seguito con i polpastrelli un cartiglio, dalla foggia originale: a Geffen sembrava di sentire la sua risata, mentre gli spiegava la storia di questo tizio, quasi sempre ubriaco, che cesellava le Churcill, ma di cui l’avvocato non aveva mai sentito parlare.
Probabilmente Downey si stava inventando tutto, ma era così adorabile nel suo entusiasmo.
Glam soffocò un pianto sul nascere, sentendosi stupido: commiserarsi era inutile e penoso.

Dei passi veloci lo distrassero, finché non vide apparire Jared, come un angelo indemoniato da una rabbia cieca.
La tempesta, che si era abbattuta su Los Angeles, amplificava ogni suo gesto.

“Chi ti ha dato questo indirizzo?” – domandò Geffen, senza alzarsi dalla poltrona e togliendosi gli occhialini da lettura.
“Doveva restare segreto forse?!” – replicò ansante Leto, fissandolo.
Glam prese fiato – “Bagnato come un pulcino, sempre lo stesso, cercati un bagno, fatti la doccia e sparisci, non ho voglia di ascoltare lamentele o qualunque cosa tu voglia propinarmi Jared” – e si rimise a sfogliare il giornale economico, che non gli interessava affatto.
Il cantante glielo strappò, riducendolo a brandelli e liberando spazio sul ripiano, dove allineò le tre fotografie, prese a Palm Springs, dopo essersele sfilate da sotto la t-shirt fradicia.
“Ecco le vedi??!” – urlò.
Glam non disse niente.
Jared prese un biglietto da un dollaro dalla tasca dei jeans e lo fece sbattere sull’immagine centrale, quella che ritraeva lui, con Glam, Lula ed Isotta.
Dall’altra tasca, estrasse la triad, donata a Geffen e ritrovata in un cestino, nel living della villa sull’oceano.
“Questo è ciò che vale, PER TE, la nostra famiglia e questo è ciò che me la ricordava sempre, quando vedevo questo ciondolo sulla tua pelle!! Perché sulla mia, questi ricordi, li ho tenuti da quando MI SONO INNAMORATO DI TE BASTARDO!!” – concluse tremante, girandosi per andarsene.

La porta si spalancò e Jared si ritrovò davanti Lula, con gli occhi sgranati.
“Zio Jared …”
“Angelo mio …” – e crollando in ginocchio, lo prese tra le braccia.
“Zio non stai bene …? Perché piangi?” – chiese preoccupato, guardando al contempo Geffen, statico e senza più battiti nel petto.
“Non angosciarti soldino di cacio …” – disse, tornando a contemplarlo affettuosamente, accarezzando le sue guance rotonde.
“Papà ti ha aiutato?”
Ci fu qualche secondo di silenzio, poi Jared annuì.
“Sì certo … Il tuo papà mi ha sempre aiutato, lo sai” – e gli sorrise, seppure sfigurato dalle lacrime.
“Non abbastanza”
Il suo tono era come un vento caldo ed avvolgente, che raccolse entrambi, improvviso, alle spalle di Jared, sopraffatto dall’emozione.
Le dita di Geffen affondavano nei suoi capelli, così come in quelli di Lula, arruffando questi ultimi, mentre il bimbo sorrideva felice per quelle coccole così amorevoli.
Jared si era dimenticato di respirare e di esistere.
Si appoggiò totalmente a Glam, che lo prese in braccio, sollevandosi con lui – “Lula ascolta, ora zio Jared dovrebbe riposare …”
“Anch’io ho sonno!” – disse saltellando e Geffen sorrise.
Jared aveva il volto affondato nel collo dell’avvocato, mentre restava appeso a lui, percependo il resto dei rumori e dei suoni ovattati.
“Tesoro chiedi alla cuoca di preparaci del cioccolato caldo, scommetto che è l’unica cosa che zio Jay riuscirà a mangiare, stanco com’è”  - e gli fece l’occhiolino.
Lula obbedì, correndo verso il piano inferiore.

“Dov’è Colin?” – gli domandò Glam, facendolo stendere sul letto di una camera per gli ospiti lasciata ammobiliata dal proprietario precedente.
“A Chicago, con Claudine … per un film …” – rispose flebile.
“Quindi hai approfittato del campo libero, per piombare qui e farmi una scenata Jay” – e nel dirlo calmo, gli passò l’indice sinistro sulla fronte, liberandola dai capelli ormai asciutti.
“Tu mi hai … ucciso Glam …” – e nascose il viso nel cuscino.
“Jared siamo cresciuti, anche se spesso ne dubito, per te” – e sospirò, cercando nel comodino una maglia, che ricordava di avere visto dimenticata lì, ancora imbustata.
Era di una taglia piuttosto comoda.
“Con quali risultati? Io che faccio l’isterico, secondo te e”
“Secondo me?”
“Ero disperato Glam …” – e si mise seduto, per togliersi la maglietta ed i pantaloni.
Con la testa bassa mormorò una richiesta – “Posso farmela quella doccia …?” – e tirò su dal naso.

Lula bussò garbatamente questa volta: “Cioccolate in arrivo!” – esclamò, facendo strada a miss Derado.
“Lei è una delle zie di Phil, cercava un lavoro e … eccola qui. Grazie Penelope …”
Era una signora cinquantenne giunonica ed affabile.
Se ne andò subito, dando un buffetto a Lula.
“Sarà anche estate, ma questa la si beve volentieri a prescindere, vero Lula?” – disse dolcemente Geffen, facendo accomodare il figlio accanto a Jared.
“Certo papà! Zio dormi qui, vero? Posso restare con voi?”
“Sì … cioè io non lo so tesoro”
“Devi avvisare Colin, poi resta pure, io torno di là”
“No papà, rimani qui con noi … In mezzo!” – Lula rise, battendo il palmo destro sul copriletto verde acqua.
“Io vado a lavarmi …” – disse sfuggente Jared, tagliuzzato ed offeso, da quel comportamento severo, ma necessario, almeno a parere di Geffen, che sembrava parlargli da una dimensione a parte, nella quale lui non era gradito.
“D’accordo Lula, fila a metterti il pigiama e tu fai quella chiamata, mi raccomando Jay.”
Appena il bimbo fu uscito, Jared indossò il pullover e senza più girarsi indietro, a denti stretti, pose fine a quell’agonia: “Non ti obbligherò ad alcun sacrificio Glam, tolgo il disturbo, ma se hai un minimo di coraggio pensa a tutte le cose che mi hai detto, alle promesse, alle tue assicurazioni sul fatto che non avresti mai smesso di amarmi: a quanto pare erano tutte stronzate!”


Colin non riusciva a prendere sonno: si rivoltava tra quelle lenzuola, così stropicciate ed invivibili, che le gettò sulla moquette.
Indossava solo i boxer, ma anche quelli lo infastidivano: abbassò le palpebre, sentendole pesanti, forse la stanchezza della giornata, tra interviste, photocall e contratti da analizzare e firmare, stava avendo il sopravvento.
Un bussare deciso lo fece saltare sul materasso.
“Cazzo, ma chi diavolo è?!” – pensò ad alta voce, annaspando per accendere l’abat jour e poi andare ad aprire.
“Cole, sono io …!”
“Jared? … Jay … amore”
Si strinsero forte.
“Piccolo, Dio mio sei qui …”
“Owen mi ha prestato il jet …” – ma la sua spiegazione andò a frantumarsi in una sequenza di singhiozzi, da fare spaventare Farrell.
“I bambini stanno bene, Jared rispondimi …!”
“Sì … sì tesoro, sono io che sto male … e sono venuto a cercarti … e mi sento uno stronzo … mi dispiace … mi dispiace da morire Cole”
“Ehi … tranquillo … vieni, beviamo qualcosa”

Si sdraiarono, spogliandosi completamente.
Colin spense la luce, cinturando Jared, come se dovesse cadere da un momento all’altro in un abisso immaginario.
L’irlandese non voleva porgli inutili quesiti: ormai conosceva quell’ossessione, che tormentava il marito da quando aveva incontrato Glam sul proprio cammino.
Era un disagio radicato ed inguaribile: si poteva imparare ad ovviare, come se fosse un ostacolo, ma alla fine Jared ci ricascava regolarmente, quasi con sadismo, viste le conseguenze amare e costanti.

“Po-potresti toccarmi Cole … come la prima volta …?”
“Jared …” – gli mancò l’aria, forse per la voce roca di Jared, forse per quell’atmosfera così intima, bagnata di lacrime e contatto pelle a pelle, in un’aura di vicinanza e confidenza assolute.
Colin cominciò a baciarlo, sulla bocca, sul collo, sui capezzoli, lo sterno, oltrepassando l’ombelico e ritrovandosi tra il mento e la gola l’erezione di Jared, turgida e speziata.
La ingoiò, come se la sua vita dipendesse da quello e ricordò una sequenza simile, all’interno di un’auto noleggiata a New York, per un giro in città, dopo le riprese di Phone Booth.
Forse Jared non si riferiva a quell’episodio, forse ricordava il Marocco, ma quella pioggia di forse stava mandando Farrell in visibilio.
Si sentiva divorare dalla felicità, in un connubio esaltante di odori, sensazioni, scariche di adrenalina e desiderio puro di lui.
Precipitò tra le sue cosce, le alzò sulle proprie spalle, facendole ancorare, mentre si spingeva con la lingua nella fessura di Jared, aggrappato alle sbarre del letto, il capo all’indietro, tra il cuscino e la testata in ottone, posseduto da un  movimento ondulatorio, che sublimava il loro amplesso nel modo migliore.
Affondare in lui fu un tutt’uno con il gridare un ansito sulle labbra di Jared, dove Colin si ricongiunse, avido di molteplici baci.
Gli arpionò gli zigomi, leccandoli, arridendo alla libidine che leggeva in ogni espressione del leader dei Mars, in preda a spasmi dilaganti dalla sua prostata, inondata come da una febbre continua.
“Co-Cole … sto venendo … Cole …!”  - quasi si strozzò, assicurandosi a lui e perdendo completamente il controllo del proprio bacino.
Jared liberò il proprio seme, senza ulteriori stimolazioni, mentre Colin raggiungeva un orgasmo sensazionale, per intensità ed appagamento.
Forse stavano tremando, come la loro prima volta.
Forse era tempo di ricominciare.
“Voglio andare avanti Cole …”
Farrell pianse e, per Jared, fu il modo più vero di dirgli quanto lo amasse.


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