Capitolo n. 206 -
sunrise
Ivo succhiò piano il
lobo sinistro di Tim, risalendo poi lungo il suo collo al mento, per baciarne
la bocca, profondamente.
La schiena del
giovane si inarcò: quella grande scrivania in quercia massiccia era spaziosa,
ma scomoda.
L’attrito dei loro
corpi nudi rendeva meno gradevole l’amplesso, ma l’eccitazione, che li aveva
assaliti, dopo essersi chiusi a chiave nel laboratorio di Paleontologia, dissolveva
ogni disagio.
I lampi illuminavano
la stanza, avvolte dalle prime ombre della sera.
Il guardiano sarebbe
passato entro i successivi dieci minuti ed Ivo lo sapeva: acuì il ritmo dei
suoi fianchi e della sua mano, impegnata a dare il massimo del piacere al suo
giovane amante.
Vennero insieme, come
spesso accadeva quando facevano sesso oppure l’amore: dovevano decidere quale dei due, si era
consumato tra loro dopo la fine delle lezioni, quel giorno.
Glam era seduto al
suo tavolo da lavoro, nel suo nuovo studio alla Star House, arredato in modo scarno.
Accese la lampada
diplomatica scelta da Robert, sfiorandone la base, dove l’attore aveva seguito
con i polpastrelli un cartiglio, dalla foggia originale: a Geffen sembrava di
sentire la sua risata, mentre gli spiegava la storia di questo tizio, quasi sempre
ubriaco, che cesellava le Churcill, ma di cui l’avvocato non aveva mai sentito
parlare.
Probabilmente Downey
si stava inventando tutto, ma era così adorabile nel suo entusiasmo.
Glam soffocò un
pianto sul nascere, sentendosi stupido: commiserarsi era inutile e penoso.
Dei passi veloci lo
distrassero, finché non vide apparire Jared, come un angelo indemoniato da una
rabbia cieca.
La tempesta, che si
era abbattuta su Los Angeles, amplificava ogni suo gesto.
“Chi ti ha dato
questo indirizzo?” – domandò Geffen, senza alzarsi dalla poltrona e togliendosi
gli occhialini da lettura.
“Doveva restare
segreto forse?!” – replicò ansante Leto, fissandolo.
Glam prese fiato –
“Bagnato come un pulcino, sempre lo stesso, cercati un bagno, fatti la doccia e
sparisci, non ho voglia di ascoltare lamentele o qualunque cosa tu voglia
propinarmi Jared” – e si rimise a sfogliare il giornale economico, che non gli
interessava affatto.
Il cantante glielo
strappò, riducendolo a brandelli e liberando spazio sul ripiano, dove allineò
le tre fotografie, prese a Palm Springs, dopo essersele sfilate da sotto la
t-shirt fradicia.
“Ecco le vedi??!” –
urlò.
Glam non disse
niente.
Jared prese un
biglietto da un dollaro dalla tasca dei jeans e lo fece sbattere sull’immagine
centrale, quella che ritraeva lui, con Glam, Lula ed Isotta.
Dall’altra tasca,
estrasse la triad, donata a Geffen e ritrovata in un cestino, nel living della
villa sull’oceano.
“Questo è ciò che
vale, PER TE, la nostra famiglia e questo è ciò che me la ricordava sempre,
quando vedevo questo ciondolo sulla tua pelle!! Perché sulla mia, questi
ricordi, li ho tenuti da quando MI SONO INNAMORATO DI TE BASTARDO!!” – concluse
tremante, girandosi per andarsene.
La porta si spalancò
e Jared si ritrovò davanti Lula, con gli occhi sgranati.
“Zio Jared …”
“Angelo mio …” – e
crollando in ginocchio, lo prese tra le braccia.
“Zio non stai bene …?
Perché piangi?” – chiese preoccupato, guardando al contempo Geffen, statico e
senza più battiti nel petto.
“Non angosciarti
soldino di cacio …” – disse, tornando a contemplarlo affettuosamente,
accarezzando le sue guance rotonde.
“Papà ti ha aiutato?”
Ci fu qualche secondo
di silenzio, poi Jared annuì.
“Sì certo … Il tuo
papà mi ha sempre aiutato, lo sai” – e gli sorrise, seppure sfigurato dalle
lacrime.
“Non abbastanza”
Il suo tono era come
un vento caldo ed avvolgente, che raccolse entrambi, improvviso, alle spalle di
Jared, sopraffatto dall’emozione.
Le dita di Geffen
affondavano nei suoi capelli, così come in quelli di Lula, arruffando questi
ultimi, mentre il bimbo sorrideva felice per quelle coccole così amorevoli.
Jared si era
dimenticato di respirare e di esistere.
Si appoggiò
totalmente a Glam, che lo prese in braccio, sollevandosi con lui – “Lula
ascolta, ora zio Jared dovrebbe riposare …”
“Anch’io ho sonno!” –
disse saltellando e Geffen sorrise.
Jared aveva il volto
affondato nel collo dell’avvocato, mentre restava appeso a lui, percependo il
resto dei rumori e dei suoni ovattati.
“Tesoro chiedi alla
cuoca di preparaci del cioccolato caldo, scommetto che è l’unica cosa che zio
Jay riuscirà a mangiare, stanco com’è” -
e gli fece l’occhiolino.
Lula obbedì, correndo
verso il piano inferiore.
“Dov’è Colin?” – gli
domandò Glam, facendolo stendere sul letto di una camera per gli ospiti lasciata
ammobiliata dal proprietario precedente.
“A Chicago, con
Claudine … per un film …” – rispose flebile.
“Quindi hai
approfittato del campo libero, per piombare qui e farmi una scenata Jay” – e
nel dirlo calmo, gli passò l’indice sinistro sulla fronte, liberandola dai
capelli ormai asciutti.
“Tu mi hai … ucciso
Glam …” – e nascose il viso nel cuscino.
“Jared siamo
cresciuti, anche se spesso ne dubito, per te” – e sospirò, cercando nel
comodino una maglia, che ricordava di avere visto dimenticata lì, ancora
imbustata.
Era di una taglia
piuttosto comoda.
“Con quali risultati?
Io che faccio l’isterico, secondo te e”
“Secondo me?”
“Ero disperato Glam
…” – e si mise seduto, per togliersi la maglietta ed i pantaloni.
Con la testa bassa
mormorò una richiesta – “Posso farmela quella doccia …?” – e tirò su dal naso.
Lula bussò
garbatamente questa volta: “Cioccolate in arrivo!” – esclamò, facendo strada a
miss Derado.
“Lei è una delle zie
di Phil, cercava un lavoro e … eccola qui. Grazie Penelope …”
Era una signora
cinquantenne giunonica ed affabile.
Se ne andò subito,
dando un buffetto a Lula.
“Sarà anche estate,
ma questa la si beve volentieri a prescindere, vero Lula?” – disse dolcemente
Geffen, facendo accomodare il figlio accanto a Jared.
“Certo papà! Zio
dormi qui, vero? Posso restare con voi?”
“Sì … cioè io non lo
so tesoro”
“Devi avvisare Colin,
poi resta pure, io torno di là”
“No papà, rimani qui
con noi … In mezzo!” – Lula rise, battendo il palmo destro sul copriletto verde
acqua.
“Io vado a lavarmi …”
– disse sfuggente Jared, tagliuzzato ed offeso, da quel comportamento severo,
ma necessario, almeno a parere di Geffen, che sembrava parlargli da una
dimensione a parte, nella quale lui non era gradito.
“D’accordo Lula, fila
a metterti il pigiama e tu fai quella chiamata, mi raccomando Jay.”
Appena il bimbo fu
uscito, Jared indossò il pullover e senza più girarsi indietro, a denti
stretti, pose fine a quell’agonia: “Non ti obbligherò ad alcun sacrificio Glam,
tolgo il disturbo, ma se hai un minimo di coraggio pensa a tutte le cose che mi
hai detto, alle promesse, alle tue assicurazioni sul fatto che non avresti mai
smesso di amarmi: a quanto pare erano tutte stronzate!”
Colin non riusciva a
prendere sonno: si rivoltava tra quelle lenzuola, così stropicciate ed
invivibili, che le gettò sulla moquette.
Indossava solo i
boxer, ma anche quelli lo infastidivano: abbassò le palpebre, sentendole
pesanti, forse la stanchezza della giornata, tra interviste, photocall e
contratti da analizzare e firmare, stava avendo il sopravvento.
Un bussare deciso lo
fece saltare sul materasso.
“Cazzo, ma chi
diavolo è?!” – pensò ad alta voce, annaspando per accendere l’abat jour e poi
andare ad aprire.
“Cole, sono io …!”
“Jared? … Jay …
amore”
Si strinsero forte.
“Piccolo, Dio mio sei
qui …”
“Owen mi ha prestato
il jet …” – ma la sua spiegazione andò a frantumarsi in una sequenza di
singhiozzi, da fare spaventare Farrell.
“I bambini stanno
bene, Jared rispondimi …!”
“Sì … sì tesoro, sono
io che sto male … e sono venuto a cercarti … e mi sento uno stronzo … mi
dispiace … mi dispiace da morire Cole”
“Ehi … tranquillo …
vieni, beviamo qualcosa”
Si sdraiarono,
spogliandosi completamente.
Colin spense la luce,
cinturando Jared, come se dovesse cadere da un momento all’altro in un abisso
immaginario.
L’irlandese non
voleva porgli inutili quesiti: ormai conosceva quell’ossessione, che tormentava
il marito da quando aveva incontrato Glam sul proprio cammino.
Era un disagio
radicato ed inguaribile: si poteva imparare ad ovviare, come se fosse un
ostacolo, ma alla fine Jared ci ricascava regolarmente, quasi con sadismo,
viste le conseguenze amare e costanti.
“Po-potresti toccarmi
Cole … come la prima volta …?”
“Jared …” – gli mancò
l’aria, forse per la voce roca di Jared, forse per quell’atmosfera così intima,
bagnata di lacrime e contatto pelle a pelle, in un’aura di vicinanza e
confidenza assolute.
Colin cominciò a
baciarlo, sulla bocca, sul collo, sui capezzoli, lo sterno, oltrepassando l’ombelico
e ritrovandosi tra il mento e la gola l’erezione di Jared, turgida e speziata.
La ingoiò, come se la
sua vita dipendesse da quello e ricordò una sequenza simile, all’interno di un’auto
noleggiata a New York, per un giro in città, dopo le riprese di Phone Booth.
Forse Jared non si
riferiva a quell’episodio, forse ricordava il Marocco, ma quella pioggia di
forse stava mandando Farrell in visibilio.
Si sentiva divorare
dalla felicità, in un connubio esaltante di odori, sensazioni, scariche di
adrenalina e desiderio puro di lui.
Precipitò tra le sue
cosce, le alzò sulle proprie spalle, facendole ancorare, mentre si spingeva con
la lingua nella fessura di Jared, aggrappato alle sbarre del letto, il capo all’indietro,
tra il cuscino e la testata in ottone, posseduto da un movimento ondulatorio, che sublimava il loro
amplesso nel modo migliore.
Affondare in lui fu un
tutt’uno con il gridare un ansito sulle labbra di Jared, dove Colin si
ricongiunse, avido di molteplici baci.
Gli arpionò gli
zigomi, leccandoli, arridendo alla libidine che leggeva in ogni espressione del
leader dei Mars, in preda a spasmi dilaganti dalla sua prostata, inondata come da
una febbre continua.
“Co-Cole … sto
venendo … Cole …!” - quasi si strozzò, assicurandosi
a lui e perdendo completamente il controllo del proprio bacino.
Jared liberò il
proprio seme, senza ulteriori stimolazioni, mentre Colin raggiungeva un orgasmo
sensazionale, per intensità ed appagamento.
Forse stavano
tremando, come la loro prima volta.
Forse era tempo di
ricominciare.
“Voglio andare avanti
Cole …”
Farrell pianse e, per
Jared, fu il modo più vero di dirgli quanto lo amasse.
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