Capitolo n. 210
- sunrise
Le regole della loro
casa, affacciata sulle acque cristalline del Mediterraneo, in quell’angolo di
Grecia, non erano mutate.
Jude, varcata la
soglia, con il cuore in gola, vide da subito gli abiti di Robert appesi nell’ingresso:
sorrise, accostandosi alla casacca e poi ai jeans scoloriti, come se l’essenza
del marito vi abitasse in qualche modo, rimandata dalla fragranza usata dall’americano
ogni mattina, come dopo barba.
Se l’era sagomata a
pizzetto, accorciando di poco anche i capelli, tirati all’indietro, a scoprire
il suo volto lievemente abbronzato, rivelato da una postura morbida, a pancia
in giù sopra il lettino prendisole, nel bel mezzo del patio, protetto da lunghi
tendaggi bianchi.
Era la tonalità
dominante, anche per gli arredi ed i serramenti, che spiccavano sul celeste
dell’intonaco appena rifatto.
Downey non aveva mai
abbandonato quel luogo, né nei propri pensieri e tanto meno all’atto pratico di
conservarlo al meglio, nonostante non ci andassero da tempo.
Un tempo sprecato ad
odiarsi, quando invece si amavano da morire.
“Credevo non saresti
arrivato mai”
La voce di Rob era
roca, le palpebre ancora calate, nudo, bellissimo, come Jude, che si era
spogliato velocemente, per poi raggiungerlo, sedendosi sul bordo di quel
giaciglio accogliente per due, il loro posto, quello giusto per entrambi.
Era così chiaro quel
concetto nelle rispettive menti, da fare male.
Un male che soltanto
Downey stava percependo, costernato verso Glam, di certo sulle sue tracce,
almeno quanto Law, che adesso posava baci leggeri tra le sue scapole.
“Ti amo Robert …”
“Lo so”
“Guardami”
“No, non ancora Jude”
Bastarono alcuni
istanti di silenzio, poi il vento tiepido sembrò come accompagnarli all’interno,
nella camera da letto, intatta e rinnovata con un letto in ferro battuto
enorme.
Un acquisto deciso
curiosando da un antiquario in Atene, durante l’ultima vacanza, Jude lo
rammentò all’improvviso, dopo essersi chiesto mentalmente chi avesse scelto
quell’autentico catafalco.
Rise, portando il
compagno in braccio sino al loro talamo nuziale.
“Oggi ti sposo di
nuovo … Oggi io ti voglio insieme a me, come non mai Robert” – sussurrò vivido,
infilandogli all’anulare una fede d’oro bianco, con un rubino al centro,
luminoso ed infuocato quanto il suo respiro.
Estélle scorreva le
immagini sul tablet di Geffen, sonnecchiante sulla sdraio del loro gazebo.
Matt era poco
distante, seduto ad ammirare le evoluzioni di un catamarano al largo, attraverso
un binocolo digitale.
“E questo …?”
“E’ Lula, mio figlio”
– Glam sorrise.
“E lui?”
“Kevin il mio ex
marito e padre di Lula, l’abbiamo adottato ad Haiti”
“Wow …” – disse assorta
– “Questo è Jared, Jared Leto!” – esclamò arridendo allo scatto con lui ed
Isotta – “Quando ero piccola andavo ai suoi concerti, sai Glam?”
“Cioè ieri …?” – rise
anche lui, seppure non ne avesse il minimo spirito.
“Spiritoso … vediamo …
ah, tua moglie?”
“Non ci siamo mai
sposati, ma è Pamela, l’ho amata moltissimo, è con le nostre gemelle”
Estélle si grattò la
nuca, sistemandosi il bikini ridottissimo e spostando le lunghe chiome bionde
dietro le spalle.
“Ok … E questa?
Questa è tua moglie!” – ed indicò Sveva.
“No … ma lui è Jay
Jay, il bimbo che è nato pochi mesi fa … abbiamo avuto una breve relazione”
“Cavoli …”
“Estélle non ci sono
le mie prime tre mogli in quell’album, in compenso vedrai i miei ragazzi,
compreso il primogenito Richard, che mi ha dato due splendidi nipotini”
“Con il suo uomo??”
“No, lui non è gay …
almeno non credo” – sorrise, sollevandosi.
“Sei un uomo
complicato Glam …”
“Insomma … e di te
cosa mi dici? Sei la ragazza di Matt?”
“No …”
“Ah allora quella
morettina, come si chiama …?”
“Laila?? Nooo …” –
rise di gusto.
“E’ single,
possibile?”
“Strano tu non lo
capisca Glam”
Matt si voltò - “Sono gay, ci vuole tanto a dirglielo Estèlle?
Ahahah”
“Ieri sera mi ha
confessato, quando eravamo allo Sporting e tu non ci sei venuto” – il suo tono
era di rimprovero, ma assai buffo – “… che sei stato la sua prima cotta!”
“Estélle! Non ti si
può confidare niente!” – ma non era arrabbiato, in compenso Matt arrossì
vistosamente.
Glam provò un certo
disagio – “Lusingato, ma c’è di meglio in giro, da parecchio” – e sbuffando
raccolse le proprie cose.
“Dove vai?” – domandò
Matt perplesso.
“Devo tornare a Los
Angeles, ve l’avevo detto” – rispose distratto.
“Sì, ma credevo
scherzassi” – replicò il giovane, deluso.
“Il mio lavoro sai …”
“Il tribunale è
chiuso ad agosto e pure il tuo studio” – osservò Matt con velata malizia.
“Forse torna da Jared”
– si intromise limpida Estélle.
“No, Jared ha un
marito ed una cospicua prole a cui badare” – precisò l’avvocato incolore.
“Scusa Glam …”
“Figurati piccolina” –
e le diede un bacio sulla tempia – “Fai la brava, magari ci vediamo in città
per un drink, con Matt ovviamente”
“Anche senza di lui!”
– e gli fece una boccaccia, mentre Matt le rivolgeva una smorfia.
Geffen sorrise
fissandoli – “Siete carini, ripensateci” – e strizzò l’occhiolino a Matt, che
ormai era paonazzo.
Jude lo baciò con
dolcezza, ma Robert rispose con maggiore passione e coinvolgimento al suo primo
approccio.
Se lo portò tra le
gambe, con una pretenziosità capace di spiazzare Jude, intento ad avere la
massima delicatezza in principio di quell’amplesso così agognato.
Prese del gel, in un
cestino appositamente celato tra i cuscini, ma Rob lo scagliò via, puntandogli
quei suoi fanali scuri sul volto, dove Jude li sentì come conficcarsi: “Ti
voglio sentire … il più possibile”
“Robert …”
Downey si portò le
dita della mano destra di Jude in bocca, dove le leccò, lubrificandole avido ed
in abbondanza.
“Queste basteranno” –
ribadì in un singulto, che presto si propagò tra le mura ormai dissoltesi,
quando Jude lo penetrò con quelle falangi bagnate e prepotenti.
Robert cercò
immediatamente il suo sesso, spingendo verso di esso i propri fianchi
impazienti.
Jude affondò,
brandendo i glutei di Robert, che lievitarono grazie a quella presa sicura,
quanto bastava per ricevere a pieno quelle sue spinte carnali, pronte ad
inabissarsi sino alla parte più fervente di lui.
Gridò forte,
inarcandosi, dibattendosi quasi, come se una parte di sé rifiutasse quel congiungersi
irruento, ma reclamato.
Avrebbe voluto che
Jude si sdoppiasse, per averlo ovunque, che si moltiplicasse ulteriormente, in
una proiezione erotica lussuriosa e febbrile.
Sentirsi prendere,
dandogli piacere, con ogni suo abisso, succhiandolo, mordendolo, stringendolo,
pompandolo.
Robert venne
copiosamente al solo pensarlo, mentre la sua prostata rimandava fitte di
piacere assordante per intensità e vigore.
Jude stava tremando,
vinto da un orgasmo, che gli era arrivato in ogni fibra nervosa,
polverizzandola.
Baciava Robert,
immaginando, però, che potesse essere stato in quel modo anche con Glam:
detestò l’idea, che percorse la via dal suo cervello al cuore, come una
scudisciata feroce.
Urlò, come trafitto,
stritolando poi i polsi di Downey, che sbarrò i suoi occhi in quelli di Jude,
sfigurato dallo sforzo e dal pianto per quella supposizione legittima.
Sapeva quanto Robert
avesse amato Geffen e non voleva immaginare quanto ancora fosse legato a lui.
Sentimenti del genere
non si cancellano da un colpo di spugna, stupido chi ci crede, pensò l’inglese
mestamente.
“Io ti amo Jude” –
disse convinto.
Law annuì, tornando a
baciarlo, narcotizzando le incertezze con il sapore di Robert, che continuava a
subirlo, provando una sottile, scomoda, felicità.
La parte di sé, che
Glam aveva adorato già soltanto in qualità di amico, stava facendo a pugni con
quel Robert, che restava esclusiva di Jude, nel perenne sottomettersi alla sua
indole possessiva e dominante.
Il cellulare di
Robert stava accumulando chiamate e messaggi, spento da più di ventiquattrore.
Tra essi, anche uno
di Geffen, ormai in hotel, in procinto di liberare la suite dell’hotel a Biot,
al tramonto.
§ Rispetto la tua
decisione Robert, ma fammi sapere almeno se stai bene. Glam §
Con Jude erano scesi
al mercato del pesce.
Camminavano tra i
banchi, tenendosi per mano e baciandosi in ogni anfratto.
Le iridi e gli zigomi
segnati da ore di appartenenza, celati da occhiali scuri.
“Sei bellissimo …”
Jude glielo mormorava
ad ogni passo.
Robert gli sorrideva,
con timidezza, senza proferire nulla, ma il cuore gli pulsava nel collo ed a
Jude bastava.
Si allontanò per
cercare un bagno, scegliendo un bar.
Downey si appoggiò ad
un muretto, per cercare un minimo segnale di Geffen e quando lesse quel suo
sms, perse un battito.
Rispose immediato.
§ Siamo in Grecia …
sto bene, grazie, ma sono preoccupato per te … Rdj §
§ Non sei lontano, lo
immaginavo, ma l’indirizzo del vostro rifugio è segreto, anche se avrei potuto
scoprirlo, non sarebbe servito. Sono in Provenza, sto ripartendo. Abbi cura di
te, ciao GG §
L’attore lo chiamò
all’istante.
Glam esitò nel
rispondere, ma poi non riuscì a reprimere l’impulso di ascoltare la sua voce.
Dovette accontentarsi
del respiro di Robert, per almeno trenta, interminabili secondi.
“Amore …” – disse stremato,
pensando che Downey avrebbe riattaccato.
“Ciao … Sei in
Provenza?”
“Per me era qui che
avremmo potuto ricominciare Rob” – disse senza commuoversi.
Ancora silenzio.
Geffen prese fiato,
raccolse le ultime forze, senza accorgersi che Matt era nel salotto: la porta
era rimasta aperta, nella fretta di preparare i bagagli e rientrare a casa.
“Mi hai sempre
assistito Robert, ma erano circostanze particolari e non capivamo quanto
fossero preziosi quei momenti tra noi, dove tu non biasimavi le mie debolezze” –
disse triste.
“Non capisco …”
“Credevo di essere
inadeguato, invece sono un essere umano, più fragile di chi appare come tale,
ma che poi sceglie, decide, rivelandosi anche spietato, seppure sia nel giusto”
“Mi dispiace se”
“Non farlo: che almeno
questa fine non sia patetica Robert!”
“Glam …”
“Sono disgustato,
ORRIBILMENTE DISGUSTATO, da come nessuno comprenda i miei limiti, tranne Kevin!”
– sbottò, dando un pugno nella parete alle sue spalle, rendendosi conto della
presenza di Matt, palesemente turbato da quel suo sfogo.
“Glam io non voglio
che”
“Tu cosa ci fai qui …?”
– disse a mezza voce, con stupore.
Downey provò un senso
di disagio, decodificandolo come una gelosia istintiva.
“Glam chi è arrivato …?
Glam?”
Geffen chiuse la
telefonata, spense il palmare, gettandolo sul divano, dopo essersi avvicinato a
Matt, che arretrò imbarazzato.
“Non era chiuso …
Perdonami, volevo accompagnarti a Nizza Glam …” – si giustificò, balbettando.
“Hai paura di me?” –
domandò secco.
“No … no,
assolutamente” – ribatté quasi risentito.
“Ma cosa vuoi, posso
saperlo Matt?? Sono stufo marcio di casini e”
“Me ne vado
immediatamente, non pensavo ti incazzassi, sono un idiota” – e provò a
guadagnare l’uscita, ma Geffen lo bloccò.
Le sue mani grandi si
erano come arpionate ai bicipiti di Matt, ansante contro la tappezzeria, immobilizzato
da Glam, che lo scrutò alterato.
“Mi stai facendo male
…”
Glam lo lasciò,
mortificato nello sguardo per quella reazione esacerbata.
Matt chinò la testa,
inspirando – “Ti … ti preparo un bagno caldo, se vuoi …”
“Che diavolo stai
dicendo …?” – disse flebile e sbigottito.
“Aiuta a rilassarsi …
ecco …”
Matt accennò un
sorriso.
Era buono, innocente
e sincero: accanirsi su di lui, per sfogare le proprie frustrazioni, era stato riprovevole,
pensò Geffen.
“Scusami Matt … per
prima”
“So cosa vuole dire
essere feriti da chi si ama … anche se ho solo venticinque anni” – e scrollò le
spalle, azzerando la distanza tra loro.
“Sto bene, torna dai
tuoi amici Matt”
“Se ti succedesse
qualcosa, Kevin mi ucciderebbe, anche se non lo conosco” – sorrise pulito.
“Kevin … già” – e si
strofinò la faccia distrutta.
“Ti manca?” – gli chiese
con tenerezza, senza ottenere risposta.
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