lunedì 8 ottobre 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 210



Capitolo n. 210  -  sunrise


Le regole della loro casa, affacciata sulle acque cristalline del Mediterraneo, in quell’angolo di Grecia, non erano mutate.
Jude, varcata la soglia, con il cuore in gola, vide da subito gli abiti di Robert appesi nell’ingresso: sorrise, accostandosi alla casacca e poi ai jeans scoloriti, come se l’essenza del marito vi abitasse in qualche modo, rimandata dalla fragranza usata dall’americano ogni mattina, come dopo barba.
Se l’era sagomata a pizzetto, accorciando di poco anche i capelli, tirati all’indietro, a scoprire il suo volto lievemente abbronzato, rivelato da una postura morbida, a pancia in giù sopra il lettino prendisole, nel bel mezzo del patio, protetto da lunghi tendaggi bianchi.
Era la tonalità dominante, anche per gli arredi ed i serramenti, che spiccavano sul celeste dell’intonaco appena rifatto.
Downey non aveva mai abbandonato quel luogo, né nei propri pensieri e tanto meno all’atto pratico di conservarlo al meglio, nonostante non ci andassero da tempo.
Un tempo sprecato ad odiarsi, quando invece si amavano da morire.

“Credevo non saresti arrivato mai”
La voce di Rob era roca, le palpebre ancora calate, nudo, bellissimo, come Jude, che si era spogliato velocemente, per poi raggiungerlo, sedendosi sul bordo di quel giaciglio accogliente per due, il loro posto, quello giusto per entrambi.
Era così chiaro quel concetto nelle rispettive menti, da fare male.
Un male che soltanto Downey stava percependo, costernato verso Glam, di certo sulle sue tracce, almeno quanto Law, che adesso posava baci leggeri tra le sue scapole.
“Ti amo Robert …”
“Lo so”
“Guardami”
“No, non ancora Jude”
Bastarono alcuni istanti di silenzio, poi il vento tiepido sembrò come accompagnarli all’interno, nella camera da letto, intatta e rinnovata con un letto in ferro battuto enorme.
Un acquisto deciso curiosando da un antiquario in Atene, durante l’ultima vacanza, Jude lo rammentò all’improvviso, dopo essersi chiesto mentalmente chi avesse scelto quell’autentico catafalco.
Rise, portando il compagno in braccio sino al loro talamo nuziale.
“Oggi ti sposo di nuovo … Oggi io ti voglio insieme a me, come non mai Robert” – sussurrò vivido, infilandogli all’anulare una fede d’oro bianco, con un rubino al centro, luminoso ed infuocato quanto il suo respiro.


Estélle scorreva le immagini sul tablet di Geffen, sonnecchiante sulla sdraio del loro gazebo.
Matt era poco distante, seduto ad ammirare le evoluzioni di un catamarano al largo, attraverso un binocolo digitale.
“E questo …?”
“E’ Lula, mio figlio” – Glam sorrise.
“E lui?”
“Kevin il mio ex marito e padre di Lula, l’abbiamo adottato ad Haiti”
“Wow …” – disse assorta – “Questo è Jared, Jared Leto!” – esclamò arridendo allo scatto con lui ed Isotta – “Quando ero piccola andavo ai suoi concerti, sai Glam?”
“Cioè ieri …?” – rise anche lui, seppure non ne avesse il minimo spirito.
“Spiritoso … vediamo … ah, tua moglie?”
“Non ci siamo mai sposati, ma è Pamela, l’ho amata moltissimo, è con le nostre gemelle”
Estélle si grattò la nuca, sistemandosi il bikini ridottissimo e spostando le lunghe chiome bionde dietro le spalle.
“Ok … E questa? Questa è tua moglie!” – ed indicò Sveva.
“No … ma lui è Jay Jay, il bimbo che è nato pochi mesi fa … abbiamo avuto una breve relazione”
“Cavoli …”
“Estélle non ci sono le mie prime tre mogli in quell’album, in compenso vedrai i miei ragazzi, compreso il primogenito Richard, che mi ha dato due splendidi nipotini”
“Con il suo uomo??”
“No, lui non è gay … almeno non credo” – sorrise, sollevandosi.
“Sei un uomo complicato Glam …”
“Insomma … e di te cosa mi dici? Sei la ragazza di Matt?”
“No …”
“Ah allora quella morettina, come si chiama …?”
“Laila?? Nooo …” – rise di gusto.
“E’ single, possibile?”
“Strano tu non lo capisca Glam”
Matt si voltò  - “Sono gay, ci vuole tanto a dirglielo Estèlle? Ahahah”
“Ieri sera mi ha confessato, quando eravamo allo Sporting e tu non ci sei venuto” – il suo tono era di rimprovero, ma assai buffo – “… che sei stato la sua prima cotta!”
“Estélle! Non ti si può confidare niente!” – ma non era arrabbiato, in compenso Matt arrossì vistosamente.

Glam provò un certo disagio – “Lusingato, ma c’è di meglio in giro, da parecchio” – e sbuffando raccolse le proprie cose.
“Dove vai?” – domandò Matt perplesso.
“Devo tornare a Los Angeles, ve l’avevo detto” – rispose distratto.
“Sì, ma credevo scherzassi” – replicò il giovane, deluso.
“Il mio lavoro sai …”
“Il tribunale è chiuso ad agosto e pure il tuo studio” – osservò Matt con velata malizia.
“Forse torna da Jared” – si intromise limpida Estélle.
“No, Jared ha un marito ed una cospicua prole a cui badare” – precisò l’avvocato incolore.
“Scusa Glam …”
“Figurati piccolina” – e le diede un bacio sulla tempia – “Fai la brava, magari ci vediamo in città per un drink, con Matt ovviamente”
“Anche senza di lui!” – e gli fece una boccaccia, mentre Matt le rivolgeva una smorfia.
Geffen sorrise fissandoli – “Siete carini, ripensateci” – e strizzò l’occhiolino a Matt, che ormai era paonazzo.


Jude lo baciò con dolcezza, ma Robert rispose con maggiore passione e coinvolgimento al suo primo approccio.
Se lo portò tra le gambe, con una pretenziosità capace di spiazzare Jude, intento ad avere la massima delicatezza in principio di quell’amplesso così agognato.

Prese del gel, in un cestino appositamente celato tra i cuscini, ma Rob lo scagliò via, puntandogli quei suoi fanali scuri sul volto, dove Jude li sentì come conficcarsi: “Ti voglio sentire … il più possibile”
“Robert …”
Downey si portò le dita della mano destra di Jude in bocca, dove le leccò, lubrificandole avido ed in abbondanza.
“Queste basteranno” – ribadì in un singulto, che presto si propagò tra le mura ormai dissoltesi, quando Jude lo penetrò con quelle falangi bagnate e prepotenti.
Robert cercò immediatamente il suo sesso, spingendo verso di esso i propri fianchi impazienti.
Jude affondò, brandendo i glutei di Robert, che lievitarono grazie a quella presa sicura, quanto bastava per ricevere a pieno quelle sue spinte carnali, pronte ad inabissarsi sino alla parte più fervente di lui.
Gridò forte, inarcandosi, dibattendosi quasi, come se una parte di sé rifiutasse quel congiungersi irruento, ma reclamato.
Avrebbe voluto che Jude si sdoppiasse, per averlo ovunque, che si moltiplicasse ulteriormente, in una proiezione erotica lussuriosa e febbrile.
Sentirsi prendere, dandogli piacere, con ogni suo abisso, succhiandolo, mordendolo, stringendolo, pompandolo.
Robert venne copiosamente al solo pensarlo, mentre la sua prostata rimandava fitte di piacere assordante per intensità e vigore.
Jude stava tremando, vinto da un orgasmo, che gli era arrivato in ogni fibra nervosa, polverizzandola.
Baciava Robert, immaginando, però, che potesse essere stato in quel modo anche con Glam: detestò l’idea, che percorse la via dal suo cervello al cuore, come una scudisciata feroce.
Urlò, come trafitto, stritolando poi i polsi di Downey, che sbarrò i suoi occhi in quelli di Jude, sfigurato dallo sforzo e dal pianto per quella supposizione legittima.
Sapeva quanto Robert avesse amato Geffen e non voleva immaginare quanto ancora fosse legato a lui.
Sentimenti del genere non si cancellano da un colpo di spugna, stupido chi ci crede, pensò l’inglese mestamente.

“Io ti amo Jude” – disse convinto.
Law annuì, tornando a baciarlo, narcotizzando le incertezze con il sapore di Robert, che continuava a subirlo, provando una sottile, scomoda, felicità.
La parte di sé, che Glam aveva adorato già soltanto in qualità di amico, stava facendo a pugni con quel Robert, che restava esclusiva di Jude, nel perenne sottomettersi alla sua indole possessiva e dominante.



Il cellulare di Robert stava accumulando chiamate e messaggi, spento da più di ventiquattrore.
Tra essi, anche uno di Geffen, ormai in hotel, in procinto di liberare la suite dell’hotel a Biot, al tramonto.
§ Rispetto la tua decisione Robert, ma fammi sapere almeno se stai bene. Glam §

Con Jude erano scesi al mercato del pesce.
Camminavano tra i banchi, tenendosi per mano e baciandosi in ogni anfratto.
Le iridi e gli zigomi segnati da ore di appartenenza, celati da occhiali scuri.
“Sei bellissimo …”
Jude glielo mormorava ad ogni passo.
Robert gli sorrideva, con timidezza, senza proferire nulla, ma il cuore gli pulsava nel collo ed a Jude bastava.
Si allontanò per cercare un bagno, scegliendo un bar.
Downey si appoggiò ad un muretto, per cercare un minimo segnale di Geffen e quando lesse quel suo sms, perse un battito.
Rispose immediato.
§ Siamo in Grecia … sto bene, grazie, ma sono preoccupato per te … Rdj §
§ Non sei lontano, lo immaginavo, ma l’indirizzo del vostro rifugio è segreto, anche se avrei potuto scoprirlo, non sarebbe servito. Sono in Provenza, sto ripartendo. Abbi cura di te, ciao GG §
L’attore lo chiamò all’istante.
Glam esitò nel rispondere, ma poi non riuscì a reprimere l’impulso di ascoltare la sua voce.
Dovette accontentarsi del respiro di Robert, per almeno trenta, interminabili secondi.
“Amore …” – disse stremato, pensando che Downey avrebbe riattaccato.
“Ciao … Sei in Provenza?”
“Per me era qui che avremmo potuto ricominciare Rob” – disse senza commuoversi.
Ancora silenzio.
Geffen prese fiato, raccolse le ultime forze, senza accorgersi che Matt era nel salotto: la porta era rimasta aperta, nella fretta di preparare i bagagli e rientrare a casa.

“Mi hai sempre assistito Robert, ma erano circostanze particolari e non capivamo quanto fossero preziosi quei momenti tra noi, dove tu non biasimavi le mie debolezze” – disse triste.
“Non capisco …”
“Credevo di essere inadeguato, invece sono un essere umano, più fragile di chi appare come tale, ma che poi sceglie, decide, rivelandosi anche spietato, seppure sia nel giusto”
“Mi dispiace se”
“Non farlo: che almeno questa fine non sia patetica Robert!”
“Glam …”
“Sono disgustato, ORRIBILMENTE DISGUSTATO, da come nessuno comprenda i miei limiti, tranne Kevin!” – sbottò, dando un pugno nella parete alle sue spalle, rendendosi conto della presenza di Matt, palesemente turbato da quel suo sfogo.
“Glam io non voglio che”
“Tu cosa ci fai qui …?” – disse a mezza voce, con stupore.
Downey provò un senso di disagio, decodificandolo come una gelosia istintiva.
“Glam chi è arrivato …? Glam?”
Geffen chiuse la telefonata, spense il palmare, gettandolo sul divano, dopo essersi avvicinato a Matt, che arretrò imbarazzato.

“Non era chiuso … Perdonami, volevo accompagnarti a Nizza Glam …” – si giustificò, balbettando.
“Hai paura di me?” – domandò secco.
“No … no, assolutamente” – ribatté quasi risentito.
“Ma cosa vuoi, posso saperlo Matt?? Sono stufo marcio di casini e”
“Me ne vado immediatamente, non pensavo ti incazzassi, sono un idiota” – e provò a guadagnare l’uscita, ma Geffen lo bloccò.

Le sue mani grandi si erano come arpionate ai bicipiti di Matt, ansante contro la tappezzeria, immobilizzato da Glam, che lo scrutò alterato.
“Mi stai facendo male …”
Glam lo lasciò, mortificato nello sguardo per quella reazione esacerbata.
Matt chinò la testa, inspirando – “Ti … ti preparo un bagno caldo, se vuoi …”
“Che diavolo stai dicendo …?” – disse flebile e sbigottito.
“Aiuta a rilassarsi … ecco …”
Matt accennò un sorriso.
Era buono, innocente e sincero: accanirsi su di lui, per sfogare le proprie frustrazioni, era stato riprovevole, pensò Geffen.
“Scusami Matt … per prima”
“So cosa vuole dire essere feriti da chi si ama … anche se ho solo venticinque anni” – e scrollò le spalle, azzerando la distanza tra loro.
“Sto bene, torna dai tuoi amici Matt”
“Se ti succedesse qualcosa, Kevin mi ucciderebbe, anche se non lo conosco” – sorrise pulito.
“Kevin … già” – e si strofinò la faccia distrutta.
“Ti manca?” – gli chiese con tenerezza, senza ottenere risposta.




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