mercoledì 31 ottobre 2012

ZEN - PROLOGO - PRIMA PARTE



 Z  E N

Prologo – Prima parte

E’ buio.
Il crepitare dei ricordi, lungo una vita condivisa insieme, passò nella mente di Robert Downey Junior come un dardo avvelenato.
Era impossibile.
Una voce nella sua testa lo stava urlando.
Jude, invece, l’aveva perduta completamente, avventandosi sull’auto dove suo marito e Glam Geffen avevano di sicuro consumato e bruciato le loro emozioni, facendo lo stesso con il suo cuore, andato in mille pezzi per il dolore di questo ennesimo tradimento: niente li avrebbe separati, non erano amanti.
Robert e Glam si adoravano ad una profondità per Jude inesplorata.
Faceva un male assordante e cattivo: lui, nonostante ci fossero mille ed un motivo per non compiere quel gesto estremo, la figlia Camilla, non esitò a speronarli, per gettarli in quel dirupo, verso il quale, invece, fu lui a volare, su di un hummer, dove con premeditazione aveva disattivato gli air bag, così da farne un autentico ariete, trasformandosi da guerriero, assetato di vendetta, in Icaro, senza scampo apparente.

Per una strana e malevola coincidenza, lo stesso sistema di sicurezza sul mezzo di Geffen, aveva subito un malfunzionamento, per via delle modifiche apportate al blindato, al fine di renderlo inespugnabile, inutilmente: l’avvocato aveva quasi sfondato il parabrezza, con la fronte, dal quale il sangue, adesso, sgorgava a fiotti.
Robert era come paralizzato dalla paura, ma in qualche modo riuscì a chiamare i soccorsi, con il palmare di Glam, che non dava segni di vita.
Da quell’abisso, al contrario, si elevò come una lingua di fuoco, provocata dall’esplosione dell’auto di Jude.
Downey ebbe un sobbalzo, che gli frantumò il petto, poi spalancò lo sportello e si precipitò verso il bordo del precipizio: le fiamme stavano divorando il suo fiato, ma nel vento gli sembrò di udire qualcosa.


Colin si tolse il giaccone, facendolo indossare a Jared, non senza insistere.
“Sono più robusto di te, non discutere …” – disse baciandogli le tempie, per scaldarlo in qualsiasi maniera possibile.
La temperatura si era abbassata ulteriormente.
“Tu … tu moriresti per me, Cole, vero?”
“Certo.”  - gli sorrise.
Jared lo fissò, intensamente.
“Io non riuscirei a sopravvivere senza di te Cole”
“Dovresti farlo, perché di noi due rimarrebbe il migliore … per i nostri figli, per tutto” – e lo baciò tra i capelli, stringendolo.
“E’ … è così dal primo momento Colin”
“Ti amo da quando sono al mondo … Tu … tu avevi cinque anni ed eri al parco insieme a Constance e Shannon, quando incontraste mamma Rita, che mi portava a spasso, sul passeggino … avevo un mese appena …”
Jared schiuse le labbra, un po’ stupito, Colin rise, poi continuò nel suo racconto.
“Tuo fratello mi tirò per i piedini … rompeva già le palle da allora al sottoscritto”
Scoppiarono a ridere.
“Al contrario, tu allungasti la mano, per calmarmi, perché mi lamentai all’istante per quel fastidioso scherzetto di Shan … E …” – deglutì, strizzando le palpebre – “E con il pollice tracciasti un segno qui, tra le mie sopracciglia, dicendo che mi sarei subito addormentato … Accadde, ma non senza che tu ed io ci fissassimo, per un attimo interminabile Jay … per tutta la vita amore …”
“Colin, ma …”
“E’ la storia che ho raccontato ai nostri bambini, ad ognuno di loro, per spiegare l’amore che ci lega … so che è pura fantasia, ma è … credibile,  non trovi?” – sorrise radioso.
Jared si appese al suo collo, quasi soffocandolo, per il carico di sentimenti, che improvvisi si dilatarono nel suo corpo, appagandolo di quelle certezze, di cui era stato privato sino a quella notte.


Robert cambiò prospettiva, per sincerarsi di non avere avuto un’allucinazione: Jude era aggrappato disperatamente a dei cespugli, scalzo, con la punta dei piedi intento ad annaspare tra le rocce, per cercare un punto di appoggio, che alleviasse lo sforzo delle braccia, tremanti, come i suoi zigomi, le sue iridi, la sua bocca, ansante, ma ancora in grado di chiedere aiuto.
“JUDE!!!”
“AIUTO ROBERT!! NON CE LA FACCIO PIU’!!! AIUTAMI!!”
Downey si precipitò all’hummer, inserì la retromarcia ed attivò il la carrucola con il gancio di traino: con le mani, poi,  ne agevolò la discesa sino a Jude, che afferrò il cavo di acciaio, piangendo ed imprecando.
“Ora ti faccio risalire!!”
Ritornò alla guida, procedendo lentamente: Jude ebbe la fortuna di strisciare su di un sentiero di sabbia, con qualche minima sporgenza, fatta di sassi ed arbusti: Robert tirò la leva del freno e tornò da lui, afferrandolo per la camicia, ormai a brandelli, sino a farlo appoggiare a ciò che restava della balaustra: erano stremati entrambi.
Due ambulanze ed un’auto della polizia erano ormai a due curve da loro: Glam non si era mosso, addossato al finestrino, esanime.
Robert sollecitò i paramedici, affinché non perdessero tempo con lui e Jude, ma due infermieri quasi li intrappolarono nelle coperte, dando loro ossigeno ed inserendo una flebo, per idratarli.
Convulsamente, si diressero verso l’ospedale più vicino.


“E se non dovessimo farcela Colin?”
I timori di Jared stavano salendo, quanto una brezza gelida, che, in compenso spazzò via le nubi, rivelando una luna piena, che illuminò l’interno di quel capanno per la caccia, abbandonato da anni.
“Cerchiamo di arrivare a domani mattina, poi qualcuno verrà a cercarci … spero”
“Hai fame?”
“Per fortuna no … E tu amore?”
“Sto ancora digerendo le melanzane stufate con le cipolle di mia suocera” – rise, rannicchiandosi meglio sul petto di Farrell, che iniziò a cullarlo.
“Cantami qualcosa Jay …”
“Ok …”
La sua intonazione era dolce ed ispirata, quel pezzo Colin non lo conosceva: il cantante dei Mars, infatti, se lo stava inventando per l’occasione.


Robert era come cristallizzato sulla lettiga, quasi dimenticato in un angolo del pronto soccorso, dove poi qualcuno si accorse di lui, spingendolo in un ambulatorio, dove Jude stava bevendo un tè caldo.
L’inglese aveva lo sguardo fisso nel vuoto, forse lo stesso che aveva intravisto prima di buttarsi dall’hummer, salvandosi miracolosamente.
“Ne vuoi …?” – domandò a sorpresa, porgendo il bicchiere di carta a Downey, che scosse il viso contratto – “No, ti ringrazio …”
“E per cosa? Per averti quasi ucciso, Rob?” – sbottò duramente.
Downey non replicò, irritandolo ancora di più.
“Anzi, mi correggo, per AVERVI quasi fatto fuori, mentre quel bastardo ti scopava come una puttana??!!!” – inveii, fremendo livido.
§ Mentre Glam mi faceva l’amore … § - pensò Robert affranto, liberando due lacrime amare, che gli segnarono le guance scarne ed ispide – “Sì … mentre mi scopava come una puttana …” – mormorò, ripetendo, alienato, l’accusa mortificante di Jude.

Il via vai di persone, oltre le porte scorrevoli di quella camera incolore, sembrava un fiume, che, purtroppo, non avrebbe portato via l’angoscia di quell’incubo, che era appena cominciato.







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