domenica 7 ottobre 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 209



Capitolo n. 209  - sunrise


Jay Jay era quasi pronto.
Pamela e le altre lo lasciarono a Glam, tornato da solo nella nursery.
Jude era fuggito via, probabilmente per inseguire Robert.
Lui aveva un’idea precisa sulla destinazione verso la quale l’americano si sarebbe diretto, ma anche Geffen coltivava la speranza di trovarlo, ma in un luogo completamente diverso, il che avrebbe decretato la scelta definitiva maturata da Downey.
Correre non serviva: Robert si sarebbe fermato ed avrebbe atteso, anche se sfinito da quella situazione logorante: le ore di viaggio sarebbero servite per riflettere e da una città significativa per Glam, cioè Parigi, l’attore avrebbe preso un aereo, sino ad un posto speciale.
Era come se Geffen gli leggesse nella mente, ma restava nel suo cuore, tutta l’emozione per averlo amato così tanto.

Un bussare educato, poi la sua voce, un po’ tremolante.
“Ciao Glam, posso …?”
L’avvocato si girò verso quella sorgente di tanta gioia in passato, ma che adesso non voleva più riconoscere come tale.
Il motivo?
Se lo ripeteva di continuo: lo aveva amato troppo.
“Ciao Jared … certo, vieni” – gli disse con quella dolcezza paterna, che innescò in Leto un sorriso radioso, scavandolo tra quegli zigomi scarni.
Glam lo strinse a sé.
Sembrava cancellarsi tutto, quando accadeva: quel loro ritrovarsi, quel loro assolversi, senza fine.
“Non sapevo se”
“Rimani qui …” – il tono di Geffen era come una carezza.
“Ho visto Rob …”
“E’ andato via” – ed il suo respiro faticò ad emergere da quel petto così spazioso e forte, dove Jared si stava perdendo.
“Stai soffrendo … ti abbiamo deluso Glam”
Si guardarono.
“No piccolo, no … Voi mi avete lasciato solo.” – replicò senza cattiveria alcuna.

 “Glam ieri pomeriggio … tornati da Chicago, con Colin, siamo andati da una collega di Brandon … Sono entrato in terapia, volevo lo sapessi” – e deglutì a vuoto, fissandolo.
“Ne sono felice …”
Geffen lo prese per i polsi, con amorevole cura e si spostarono verso il grande fasciatoio, dove Jay Jay stava sgambettando divertito da una giostrina carillon dai mille colori.
Era saldamente ancorato ad un trasportino imbottito e comodo, semplicemente adorabile in un completino bianco, calzoncini e camicia, dalla foggia adulta.
“Gli manca la cravatta …” – sussurrò commosso Jared, ancora sotto l’ala di Geffen sorridente – “Sì, è buffo, non trovi?”
“E’ bellissimo Glam, come tutti i tuoi figli …” – e chinando il capo verso il suo cuore, il cantante ricevette un bacio intenso tra i capelli corti.
“Grazie per non essere mancato”
Jared si morse le labbra, esitò, ma poi volle saperlo – “Andrai a cercarlo …?”
“Parto appena abbiamo finito qui”
“Ok … io spero che ecco … tu meriti un mare di felicità Glam”
“L’ho afferrata per la coda in parecchie occasioni …” – sorrise amaro – “Poi è volata via, sempre per un soffio: forse sono io quello sbagliato, ormai potrei anche convincermene”
Il leader dei Mars si girò di scatto, brandendo i suoi zigomi – “No questo non è vero!!”
“Jared …”
“Non devi pensarlo assolutamente accidenti!!” – ribadì, lacerato in mille brandelli colpevoli.
“Colgo l’evidenza … il risultato insomma …”
“La verità è che quando abbiamo avuto bisogno, tu ci sei sempre stato, con abnegazione! Ci hai trattato come se fossimo la cosa più preziosa al mondo, ci hai amati sacrificandoti … e noi … noi siamo stati così stronzi, così egoisti … tranne Kevin, voglio che tu lo sappia come la penso Glam”
“Ora smetti di tremare Jay” – gli sorrise, posando un bacio casto sulla sua fronte umida per il caldo e l’emozione.
“Anche ora tu …”
“Ho provato a cacciarti dalla mia vita, per un’unica ragione Jared: ti ho amato in ogni respiro, in ogni attimo di noi. Ho sempre creduto a ciò che affermavo, non erano stronzate, lo sappiamo entrambi” – sorrise, scuotendo il capo stanco – “… ed una parte di me non rinnegherà mai questi sentimenti … Ciò che resta, invece, vuole riavere Robert, ad ogni costo” – ed inspirò, staccandosi piano da lui.
Era un incastro che andava scomponendosi, come al rallentatore: le braccia che scorrevano lungo i fianchi, i polsi quasi a sussultare, nel breve contatto, le mani, ingabbiate di fremiti, ancora attratte da una lunga carezza, dalla base delle dita ai polpastrelli, che sembravano dirsi addio.
“Grazie Glam per avermi perdonato e … e per il resto … buona fortuna”


L’avrebbe ricordato in eterno, quel vicolo che risaliva lungo il paese, arrampicandosi tra le mura in pietra di case dai soffitti bassi, visibili dalle finestre lasciate aperte, attraverso le quali filtravano luci soffuse, risa e battute in Francese, che Glam non aveva il tempo di ascoltare.
Percorreva veloce quel cammino, verso il punto più elevato, dal quale si poteva vincere o cadere, inesorabilmente.
Un’ambulante, dalle chiome rossastre, gli porse un mazzolino di rose vermiglie: “Cinq euro … seulement cinq monsieur!”
Il suo sorriso era accattivante e l’uomo estrasse dalla tasca quel modesto importo di denaro, in cambio di un pensiero che Robert avrebbe di certo gradito, proprio perché semplice e spontaneo quanto lui.

Altre voci, oltre quei muretti illuminati da candele: c’era qualcuno.
Eppure il calpestio sui ciottoli del giardino, il tintinnio di un brindisi, indicava la realtà peggiore per Geffen.
Una signora, dall’aria affabile, gli venne incontro.
“Buonasera … Lei è …?”
Glam si sentì avvampare.
“Nessuno … io, mi scusi, ho sbagliato indirizzo”
“Prenda una coppa di champagne, stiamo festeggiando il compleanno di Sophie” – e rise, cordiale, porgendogli un calice scintillante, nel riverbero della sera.
“No … non è il caso …”
“Sa, vedendo i fiori pensavo …”
Geffen scrollò le spalle, imbarazzato, poi glieli omaggiò – “Per Sophie … anche se non la conosco, buonasera” – e se ne andò.

C’era gente, più del consueto, un andirivieni chiassoso e spensierato: nessuno scendeva verso la piazza, ma Glam aveva fretta di andarsene, di scomparire, letteralmente.
“Glam!”
Una voce, improvvisa.
La cercò tra quella minuscola folla, ma non poteva essere Robert: c’era una nota più squillante, soprattutto ora che il suo nome si ripeteva.
Una mano si elevò tra cappelli di paglia ed ombrelli, che sembrarono fiorire nel dischiudersi improvvisi, per il temporale che investì le comitive di turisti.
Un ragazzo gli si avvicinò, sorridente.
Era bellissimo.
“Glam, ciao, non mi riconosci?”
Geffen rimase perplesso, il cuore a mille per la delusione di non avere rintracciato Downey: “No … non saprei”
“Matt, Matt Miller, il figlio del giudice Miller …”
“Matt …? Sei cresciuto … ti ricordo che giocavi con tuo fratello a baseball … Alexander si chiama o sbaglio?”
“Sì … si chiamava, è … è morto l’anno scorso in un incidente d’auto …” – spiegò cambiando umore.
“Mi dispiace … Non l’ho saputo”
La pioggia li stava bagnando, ma loro erano come bloccati in una frazione di spazio racchiusa tra un rampicante di glicine ed una persiana verde smeraldo, che una signora tentava di chiudere, inutilmente.
“Può capitare … Sei in vacanza?” – nel domandarlo ritrovò il buon umore.
“No … no cercavo una persona, ma l’ho perduta” – disse frastornato.
“E se ce ne andassimo da qui? Siamo fradici ahhahah”
“Andiamo dove?”
“Con i miei amici! Eccoli …”
Da di un nugolo si staccò una ragazza, giovane quanto Matt e li raggiunse.
“Lei è Estélle … Ti presento Glam Geffen”
“Salve!”
“Un amico di papà …”
“Capisco, piacere di conoscerti” – e gli porse la mano, solare.
“Sì, anche per me … ragazzi ascoltate devo prendere un aereo … Piacere di averti rivisto Matt”
“Un aereo a quest’ora? A Nizza?”
“Sì, ma è privato … un jet di un conoscente”
“Ma no, andiamo a Montecarlo, vieni anche tu Glam!” – disse con un saltello Estélle.
Era splendida e simpatica.
Geffen voleva solo dileguarsi.
L’età media di quella compagnia scatenata era di venticinque anni e lui si sentì inadeguato, ma, soprattutto, con alcuna voglia di aggregarsi a loro.
“E poi le previsioni sono pessime, meglio non volare” – aggiunse Matt.
“Magari un’altra volta … A Los Angeles” – abbozzò.
“No, no, no! Domani mattina ad Antibes, guai se non vieni!” – propose lei, coinvolgendo anche le sue amiche.
In trenta secondi Geffen fu presentato a tutti.
“Se proprio ci tenete …” – poi pensò - § Che diavolo sto facendo …? §
“Ok andata! A domani … ciao Glam”
Matt lo salutò con una pacca sulla schiena, come se si conoscessero da sempre: era d’estate, era la Costa Azzurra ad un passo da quel borgo provenzale, antico e magico.
Era un modo per distrarsi ed azzerare pensieri, per non marcire in un isolamento, al quale, forse, Glam si era condannato con le proprie mani.
Mani dalle quali, Robert era scivolato via, apparentemente.






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