Capitolo n. 211 -
sunrise
Ripassare quella
lezione, per l’ennesima volta, a Tim sembrò una tortura.
Rannicchiato su di
una panchina del campus, riconobbe da subito quelle scarpe griffate, appena
alzò il capo da quel libro, scarabocchiato di appunti e faccine.
“Ciao …”
“Kevin? …”
“Posso sedermi?” –
gli sorrise, porgendo al ragazzo un caffè.
“Sì, certo” – e nel
dirlo, con un tono leggermente agitato, Tim spostò lo zaino ed il pullover in
cotone, dono del bassista.
“Mi fa piacere tu non
l’abbia gettato” – disse lui, sfiorandone la trama colorata di un celeste
tenue.
Tim scrollò le spalle
– “Perché avrei dovuto?”
Kevin inspirò,
tormentandosi le mani, che Tim in quell’istante avrebbe voluto addosso e
dappertutto.
“Per un’associazione
di idee” – sorrise mesto – “Tu detesti me e”
“Non è vero!” – lo interruppe
brusco.
“Sul serio?” –
domandò secco Kevin, puntandolo con i propri occhi intensi ed ancora troppo
presi da quel ribelle, che si era sforzato in mille modi per essere accettato
nella sua vita incasinata da Glam e non solo.
“Certo …” – ribatté timidamente,
dandogli una carezza sul polso sinistro.
Kevin gli prese la
mano, con delicatezza, poi la unì all’altra e ne baciò i palmi freschi – “Vieni
con me Tim” – mormorò, serrando le palpebre, senza più respirare.
“Ho … ho un esame e …”
Kevin tornò a
guardarlo – “E … e stai con Ivo, adesso?”
“No”
“Però ci vai a letto,
non posso biasimarti” – aggiunse serio, ma senza eccedere né in un rimprovero e
tanto meno in una critica.
Era la pura
constatazione dei fatti e non sbagliava.
“Capita … a volte …” –
spiegò arrossendo il giovane, avvicinandosi del tutto a Kevin, che lo accolse
nel proprio abbraccio caldo e tremante.
“Mi sei mancato Tim …”
– gli disse sommesso nel collo, liscio, morbido al tatto delle sue labbra
generose, che presto non ebbero più alcuna esitazione a baciarlo,
profondamente.
Tim sembrava
inghiottirlo, ingordo di lui e della sua smisurata capacità di farlo sentire
importante, quando ci credeva, come in quell’attimo bellissimo per entrambi.
Ivo stava arrivando,
in lontananza.
“Faccio il dentista …
ho uno studio, potrai essere mio paziente, ad una tariffa speciale!”
Matt rise, era
logorroico e lo stava distraendo con tutte le sue chiacchiere, sul lavoro, gli
amici di Los Angeles e le avventure in Costa Azzurra.
Glam si stava facendo
quel bagno, che l’altro gli aveva preparato con attenzione.
Matt se ne stava a
gambe incrociate sul tappeto in spugna bordeaux, a lato della vasca e parlava,
parlava …
C’era troppa schiuma.
Geffen appoggiò le
dita chiuse alla propria guancia destra, in una sorta di rassegnazione.
“Matt …”
“Sì?”
“Mi stai raccontando
un mare di cose, ma in realtà non stai dicendo niente, lo sai, vero?”
“In che senso?” – ed inarcò
un sopracciglio, turbato.
“Cosa nascondi?”
“Veramente nulla Glam
… ti do questa impressione?”
“Un pochino …” – e rise.
“Mi sembri uno sbirro”
“Lo sono”
“Indaghi su di me?” –
e fece una smorfia tesa.
“Non sei il primo a
piombare nella mia esistenza all’improvviso, trovando uno spazio, per poi
riservarmi sorprese: sto citando esperienze passate, ovvio, però ne sono rimasto
bruciato”
Geffen si riferiva a
Coleman, ma non aveva intenzione di spiegarlo a Matt.
Così come il termine
di paragone lo portava a Scott, in un’ottica positiva, più consona al suo nuovo
conoscente.
Anche su di lui,
comunque, Glam non voleva condividere alcuna considerazione con Matt, repentinamente
taciturno.
“Spero di non averti
offeso …”
“No Glam, però con il
carico di vissuto che ti porti appresso, riesco a capire la tua diffidenza”
“Diffidenza? Parola
grossa, non dobbiamo mica fidanzarci Matt” – disse simpatico, però l’effetto
nello stomaco del suo interlocutore non fu gradevole.
“Francamente … sì hai
ragione, non so neppure cosa ci faccio io qui Glam”
“Realisticamente, solo
del mal, oltre a perdere il tuo tempo, lo dico … con benevolenza o almeno ci
provo”
Matt si irrigidì.
“Ti faccio così pena?”
“Assolutamente no” –
ed uscì, prendendo l’accappatoio appoggiato ad una sedia.
Geffen si tamponò,
dando la schiena a Matt, spostatosi sul davanzale, per consentirgli quelle
operazioni, portate a termine senza imbarazzo dall’uomo.
“Dirti quella cosa …
sulla mia cotta per te, da ragazzino, è stata una stronzata”
“Estèlle è vivace e
siete entrambi due ragazzini, se è per questo” – Glam rise, con fare paterno,
però Matt non apprezzava il suo atteggiamento.
“Non avrò mai una
storia con una donna, come hai fatto tu, visto che è assurdo, contro natura,
per un omosessuale!” – sbottò convinto.
“Può succedere,
magari anche a te Matt, non escludere mai a priori, visto che a me è accaduto
proprio il contrario, con le persone del mio stesso sesso intendo”
“Forse tu coglievi le
occasioni, da opportunista” – bissò polemico.
Glam lo scrutò, senza
indispettirsi: “Sì, l’essenziale è migliorarsi”
“In cosa?”
“Come padre, almeno
per me è stato così.”
“Da etero eri un
pessimo genitore?”
“Ero un fantasma in
quel … ruolo” – e si appoggiò alla parete piastrellata, le braccia incrociate
dietro i fianchi.
Matt sembrò cadere in
una riflessione silenziosa.
“Il giudice Miller
come ha reagito davanti al tuo orientamento? Lo ricordo molto conservatore”
Matt ebbe un
sussulto, tornando al presente, grazie al quesito di Glam.
“Alexander era il mio
gemello, anche in questo … Due al prezzo di uno” – rise, ma con gli occhi
lucidi – “Lui si è ammazzato. Il suo incidente, in auto, è stato un suicidio,
ma lo so unicamente io: la lettera che mi ha lasciato non la farò mai leggere a
nostro padre, non merita di sapere quanto Alex soffrisse per il suo rifiuto e
tanto meno quanto lo amasse, nonostante i continui insulti.”
Glam restò immobile,
destabilizzato da quella rivelazione tanto sincera, quanto spontanea.
Matt sorrise,
asciugandosi le guance, mentre stava per andarsene – “Ora lo sai anche tu, ma
te ne dimenticherai in fretta”
Geffen lo bloccò,
senza irruenza.
Lo strinse a sé e
Matt si sciolse in singhiozzi liberatori, quanto composti.
Kurt salì sulla sua
motocicletta, bloccando tra la sella ed il serbatoio una borsa in carta,
contenente un paio di stivali per Jamie.
Voleva fargli una
sorpresa, sapendo che gli piacevano.
Quando arrivò all’attico
di Hopper, che gli aprì mentre usciva per recarsi al lavoro, trovò il ballerino intento a giocare con
Julian.
“Ehi piedini
ciccioni, vieni qui!”
Il bimbo sgambettò
sino a lui, facendosi prendere in braccio.
“Ciao Kurt … Qual
buon vento?”
“Pensierino per te” –
e gli porse quel dono inatteso.
“Oh mamma cos’è?”
“Aprilo e lo saprai,
tanto io mi diverto con questo adorabile fagotto!”
Kurt notò dei vassoi
colmi di tramezzini e salatini.
“Ti stai ingozzando
come al battesimo di Jay Jay? Sei forse incinto Jam? Ahahah”
“Ridi, ridi … ci sono
novità …”
“Sentiamole …” - e si accomodarono sul divano.
“Ecco vedi … per l’utero
in affitto … ci abbiamo ripensato”
“Come mai Jam?”
“Non me la sono
sentita” – e sbuffò, malinconico.
“Mi dispiace, se la
cosa ti fa stare male Jamie”
“No, l’argomento è
stato sviscerato ed anche Marc è d’accordo … Specialmente perché un suo collega
gli ha inviato un file dalla Turchia, dove c’è un orfanotrofio con molti
bambini in difficoltà e noi vorremmo tanto accogliere nella nostra famiglia … lei”
– e sorridente, mostrò a Kurt una foto.
“Si chiama Elettra …
ha quattro anni e la direttrice dell’istituto dice che fa i salti di gioia da
quando ha saputo che potrebbe avere un posto dove essere amata”
Jamie lo disse così
ispirato ed innocente da commuovere Kurt, che lo prese a sé con emozione.
“E tu sarai zio Kurt
anche per la nostra principessa” – aggiunse, tirando su dal naso, ormai alle
lacrime anche lui.
Julian indicava la
futura sorellina con singulti allegri, provando a ripetere il suo nome
complicato.
Risero all’unisono.
“Partiamo domani …
andiamo a prenderla, con il jet di Antonio e l’assistenza di Vassily. Marc ne
ha parlato con Glam e lui pensa sia la scelta migliore … Augurami buona fortuna
Kurt”
“Andrà tutto bene Jam
… ti adoro, sai?”
“Anch’io … e saresti
davvero un angelo se potessi tenere Julian da voi …”
“Brandon ne sarà
entusiasta quanto me, non preoccuparti.”
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