mercoledì 24 ottobre 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 217



Capitolo n. 217  -  sunrise


“Sciogli questa sotto la lingua Glam …”
Matt aveva visto l’auto di Geffen ferma in quella piazzola, sotto ad un temporale, che non accennava a placarsi, come le pulsazioni dell’uomo, in lieve affanno, mentre fissava il giovane alla stregua di un angelo, pronto a salvarlo.
Lo tamponò con un fazzoletto, sorridendogli – “Va meglio?”
“Sì, grazie … cosa ci fai tu qui?”
“E tu, Glam?”
“Sono quasi arrivato a casa, quella villa, in fondo al viale Matt …”
“Ti ci accompagno, ok? Guido io, intanto tu spostati, ce la fai?”
“Sì, la tua pillola ha fatto effetto a quanto pare”
“Devi sottoporti un ecocardiogramma Glam, forse è meglio andare all’ospedale” – propose calmo.
“No, ci andremo domani, anche per le vaccinazioni di Lula, devo trovarmi in ambulatorio, lo porterà Kevin” – spiegò, leggermente confuso da tutte quelle emozioni contrastanti.
Lo sguardo di Matt lo stava come penetrando, quasi volesse scoprire quel lato segreto di lui, che non riusciva a decodificare e, soprattutto, conquistare, in qualche modo.


“Ho bisogno di una pausa Jared … facciamo un viaggio, che ne dici?”
Semplicemente un progetto, ma senza alcuna inflessione di serenità, nel sottoporre quella prospettiva, che Colin vedeva come una soluzione ai loro problemi di coppia.
“Non … non lo so amore … siamo pronti con il disco, dovremmo fare interviste, promozione …” – disse senza avere il coraggio di incrociare il suo sguardo sofferto, mentre riordinava convulsamente i vestiti di Isotta.
I gemelli si erano appena addormentati e Colin si sporse a scrutarli nei loro lettini.
“Per Ryan e Thomas ogni cosa è facile …”
“Credi? Con due genitori come noi, prima o poi andranno dall’analista anche loro”  e ridacchiò nervoso, quasi isterico.
Farrell avvertì un fastidio profondo, poi una rabbia sorda.
“Quanto sei cinico Jay” – replicò severo, puntandolo.
Jared ebbe un’esitazione – “Stavo … stavo scherzando Cole”
“Peccato che qui non stia ridendo nessuno” – aggiunse secco, poi uscì dalla nursery.
Jared lo rincorse, provando a trattenerlo – “Dove stai andando?” – chiese, mortificato dal senso di colpa, che ormai non l’avrebbe più abbandonato, sino ad un necessario quanto improbabile chiarimento.
“Da mio fratello, a Dublino, ok?” – esclamò, divincolandosi bruscamente.
“Da … da Eamon?”
“Ho solo lui come fratello! E pensavo di avere anche un marito, ma devo sempre dividerlo con qualcun altro e con tutti i suoi casini del cazzo!!”
“Non lasciarmi Colin …”
L’irlandese batté i pugni contro la parete, inspirando greve – “Non ti sto lasciando” – ringhiò, dandogli le spalle.
Jared, sfiorò con le dita tremanti le scapole del compagno, sperando che quel litigio non degenerasse oltre: quindi vi posò un bacio nel mezzo, inspirando il profumo buono di lui, anche se la pelle di Colin era celata da una camicia grigio scuro, che gli stava a meraviglia.
Colin Farrell era un uomo bellissimo, che a quarantatre anni poteva avere ancora  il mondo ai suoi piedi: chiunque poteva innamorarsi di lui ed essere facilmente riamato, se la corda che li univa si fosse spezzata irrimediabilmente.

Fecero l’amore, a lungo, nel buio; poi Colin partì, promettendo di tornare dopo tre giorni.
A Jared non rimase che credergli.


Matt gli preparò un bagno caldo.
“Non dovevi …”
“Ormai ci sono abituato Glam, che sia qui od in Costa Azzurra” – sorrise complice – “… spero non sia bollente”
“Ti unisci a me?”
Matt arrossì.
“Ce-certo” – balbettò, adorabile.
Geffen lo percepiva così, senza stupirsene: Matt era il prototipo dell’amante perfetto, del fidanzato ideale, del bravo ragazzo americano.
Unico difetto: trentatre anni meno di Glam, che si sforzava di anestetizzare i propri sensi, mentre Matt si denudava, lentamente, ma senza vergognarsi di lui.
Si immerse, sporgendosi per baciare Geffen, già rilassato in acqua.
Lui ricambiò, senza toccarlo, se non con la sua bocca dapprima dolce, poi progressivamente aggressiva ed avvolgente, come le sue ali muscolose, che brandirono il busto di Matt, ormai seduto a cavalcioni sopra le gambe dell’avvocato.
Era di statura minuta, anche se proporzionata a quel fisico allenato e tonico.
I suoi fianchi erano deboli, se paragonati a quelli di Glam e nell’attimo in cui le rispettive posizioni si capovolsero, divennero addirittura inermi, mentre i suoi li invadevano, per possederlo.
Matt deglutì, affondando il viso madido nel collo di Geffen, che sorrise, baciando la tempia destra del giovane e smorzando ogni iniziativa.
Era sbagliato, senza attenuanti.
“Vieni, usciamo” – e lo prese per i polsi, con quei modi affettuosi, capaci di fare perdere la testa anche ad una statua di granito.
“Glam …”
“Vorrei che mi lasciassi solo Matt, non voglio perpetrare i miei sbagli, danneggiando una brava persona come sei tu, credimi” – e gli accarezzò le guance tremanti.
Matt, in risposta, lo baciò, senza alcuna volontà di staccarsi da lui, incollandosi a quel suo corpo statuario e virile, che sognava di stringere dall’adolescenza
“Mi toccavo, pensandoti … ero un sedicenne … Glam” – ed afferrandogli le dita, se le portò all’inguine, quasi forzandolo ad assaporare la sua carne, nel punto più vivo e palpitante di sensazioni e desideri.
Geffen si dominò, come neppure lui si credeva in grado di fare.
“Tesoro devi andartene …” – e, sciogliendo quel groviglio, Glam prese un accappatoio e glielo porse.
Matt abbassò lo sguardo lucido.
Quella battaglia era perduta.


“Hai una faccia … perché Jared non è con te?”
Eamon lo accolse con gioia, ma la stessa andò smorzandosi appena Colin gli raccontò le ultime ore.
“Qualunque cosa io faccia, non vedo progressi” – si lamentò, sorseggiando un caffè orribile.
Steven gli fece l’occhiolino, affinché il cognato non rimproverasse Eamon per le sue scarse capacità in cucina.
La nebbia avvolgeva il quartiere, in cui i due avevano acquistato un immenso attico, dagli arredi spartani.
“Bello questo posto …” – disse Colin distratto.
“L’abbiamo scelto tra una decina, non ce ne piaceva uno e” – Steven era logorroico, ma i suoi toni diventavano gradevoli, quasi una cantilena, se chi ascoltava ci faceva l’abitudine.
Suonarono.
“Vado io!” – si intromise Eamon, riponendo il coltello con cui stava tagliando una delle crostate di mamma Rita.
Colin ne andava pazzo, ma la sua fetta finì nel piatto, appena vide palesarsi Jared  con la sua sacca ed il bberry nel palmo sinistro.
“Ho provato ad avvisarti … ma il tuo cellulare era spento”- mormorò il cantante, con quell’innocenza, che annullava ogni rancore tra di loro.
Colin si precipitò ad abbracciarlo, accogliendolo sul suo cuore: non poteva farne a meno.
Come una droga: la migliore di cui avesse mai abusato.




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