Capitolo n. 217 -
sunrise
“Sciogli questa sotto
la lingua Glam …”
Matt aveva visto l’auto
di Geffen ferma in quella piazzola, sotto ad un temporale, che non accennava a
placarsi, come le pulsazioni dell’uomo, in lieve affanno, mentre fissava il
giovane alla stregua di un angelo, pronto a salvarlo.
Lo tamponò con un
fazzoletto, sorridendogli – “Va meglio?”
“Sì, grazie … cosa ci
fai tu qui?”
“E tu, Glam?”
“Sono quasi arrivato
a casa, quella villa, in fondo al viale Matt …”
“Ti ci accompagno, ok?
Guido io, intanto tu spostati, ce la fai?”
“Sì, la tua pillola
ha fatto effetto a quanto pare”
“Devi sottoporti un
ecocardiogramma Glam, forse è meglio andare all’ospedale” – propose calmo.
“No, ci andremo
domani, anche per le vaccinazioni di Lula, devo trovarmi in ambulatorio, lo
porterà Kevin” – spiegò, leggermente confuso da tutte quelle emozioni
contrastanti.
Lo sguardo di Matt lo
stava come penetrando, quasi volesse scoprire quel lato segreto di lui, che non
riusciva a decodificare e, soprattutto, conquistare, in qualche modo.
“Ho bisogno di una
pausa Jared … facciamo un viaggio, che ne dici?”
Semplicemente un
progetto, ma senza alcuna inflessione di serenità, nel sottoporre quella prospettiva,
che Colin vedeva come una soluzione ai loro problemi di coppia.
“Non … non lo so
amore … siamo pronti con il disco, dovremmo fare interviste, promozione …” –
disse senza avere il coraggio di incrociare il suo sguardo sofferto, mentre
riordinava convulsamente i vestiti di Isotta.
I gemelli si erano
appena addormentati e Colin si sporse a scrutarli nei loro lettini.
“Per Ryan e Thomas
ogni cosa è facile …”
“Credi? Con due
genitori come noi, prima o poi andranno dall’analista anche loro” e ridacchiò nervoso, quasi isterico.
Farrell avvertì un
fastidio profondo, poi una rabbia sorda.
“Quanto sei cinico
Jay” – replicò severo, puntandolo.
Jared ebbe un’esitazione
– “Stavo … stavo scherzando Cole”
“Peccato che qui non
stia ridendo nessuno” – aggiunse secco, poi uscì dalla nursery.
Jared lo rincorse,
provando a trattenerlo – “Dove stai andando?” – chiese, mortificato dal senso
di colpa, che ormai non l’avrebbe più abbandonato, sino ad un necessario quanto
improbabile chiarimento.
“Da mio fratello, a
Dublino, ok?” – esclamò, divincolandosi bruscamente.
“Da … da Eamon?”
“Ho solo lui come
fratello! E pensavo di avere anche un marito, ma devo sempre dividerlo con
qualcun altro e con tutti i suoi casini del cazzo!!”
“Non lasciarmi Colin …”
L’irlandese batté i
pugni contro la parete, inspirando greve – “Non ti sto lasciando” – ringhiò, dandogli
le spalle.
Jared, sfiorò con le
dita tremanti le scapole del compagno, sperando che quel litigio non
degenerasse oltre: quindi vi posò un bacio nel mezzo, inspirando il profumo
buono di lui, anche se la pelle di Colin era celata da una camicia grigio scuro,
che gli stava a meraviglia.
Colin Farrell era un
uomo bellissimo, che a quarantatre anni poteva avere ancora il mondo ai suoi piedi: chiunque poteva
innamorarsi di lui ed essere facilmente riamato, se la corda che li univa si
fosse spezzata irrimediabilmente.
Fecero l’amore, a
lungo, nel buio; poi Colin partì, promettendo di tornare dopo tre giorni.
A Jared non rimase
che credergli.
Matt gli preparò un
bagno caldo.
“Non dovevi …”
“Ormai ci sono
abituato Glam, che sia qui od in Costa Azzurra” – sorrise complice – “… spero
non sia bollente”
“Ti unisci a me?”
Matt arrossì.
“Ce-certo” –
balbettò, adorabile.
Geffen lo percepiva
così, senza stupirsene: Matt era il prototipo dell’amante perfetto, del
fidanzato ideale, del bravo ragazzo americano.
Unico difetto: trentatre
anni meno di Glam, che si sforzava di anestetizzare i propri sensi, mentre Matt
si denudava, lentamente, ma senza vergognarsi di lui.
Si immerse,
sporgendosi per baciare Geffen, già rilassato in acqua.
Lui ricambiò, senza
toccarlo, se non con la sua bocca dapprima dolce, poi progressivamente
aggressiva ed avvolgente, come le sue ali muscolose, che brandirono il busto di
Matt, ormai seduto a cavalcioni sopra le gambe dell’avvocato.
Era di statura
minuta, anche se proporzionata a quel fisico allenato e tonico.
I suoi fianchi erano
deboli, se paragonati a quelli di Glam e nell’attimo in cui le rispettive
posizioni si capovolsero, divennero addirittura inermi, mentre i suoi li
invadevano, per possederlo.
Matt deglutì,
affondando il viso madido nel collo di Geffen, che sorrise, baciando la tempia
destra del giovane e smorzando ogni iniziativa.
Era sbagliato, senza
attenuanti.
“Vieni, usciamo” – e lo
prese per i polsi, con quei modi affettuosi, capaci di fare perdere la testa
anche ad una statua di granito.
“Glam …”
“Vorrei che mi
lasciassi solo Matt, non voglio perpetrare i miei sbagli, danneggiando una
brava persona come sei tu, credimi” – e gli accarezzò le guance tremanti.
Matt, in risposta, lo
baciò, senza alcuna volontà di staccarsi da lui, incollandosi a quel suo corpo
statuario e virile, che sognava di stringere dall’adolescenza
“Mi toccavo,
pensandoti … ero un sedicenne … Glam” – ed afferrandogli le dita, se le portò
all’inguine, quasi forzandolo ad assaporare la sua carne, nel punto più vivo e palpitante
di sensazioni e desideri.
Geffen si dominò,
come neppure lui si credeva in grado di fare.
“Tesoro devi
andartene …” – e, sciogliendo quel groviglio, Glam prese un accappatoio e
glielo porse.
Matt abbassò lo
sguardo lucido.
Quella battaglia era
perduta.
“Hai una faccia … perché
Jared non è con te?”
Eamon lo accolse con
gioia, ma la stessa andò smorzandosi appena Colin gli raccontò le ultime ore.
“Qualunque cosa io
faccia, non vedo progressi” – si lamentò, sorseggiando un caffè orribile.
Steven gli fece l’occhiolino,
affinché il cognato non rimproverasse Eamon per le sue scarse capacità in
cucina.
La nebbia avvolgeva
il quartiere, in cui i due avevano acquistato un immenso attico, dagli arredi
spartani.
“Bello questo posto …”
– disse Colin distratto.
“L’abbiamo scelto tra
una decina, non ce ne piaceva uno e” – Steven era logorroico, ma i suoi toni
diventavano gradevoli, quasi una cantilena, se chi ascoltava ci faceva l’abitudine.
Suonarono.
“Vado io!” – si intromise
Eamon, riponendo il coltello con cui stava tagliando una delle crostate di
mamma Rita.
Colin ne andava
pazzo, ma la sua fetta finì nel piatto, appena vide palesarsi Jared con la sua sacca ed il bberry nel palmo
sinistro.
“Ho provato ad
avvisarti … ma il tuo cellulare era spento”- mormorò il cantante, con quell’innocenza,
che annullava ogni rancore tra di loro.
Colin si precipitò ad
abbracciarlo, accogliendolo sul suo cuore: non poteva farne a meno.
Come una droga: la
migliore di cui avesse mai abusato.
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